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sabato 3 dicembre 2011

Domiziana


Vorrei iniziare dicendo, forse dicendomi, che un post è di una utilità pazzesca per fissare ed essere consapevoli dei fatti che occorrono nella vita. Veramente. Per cui sarà lungo, ma variegato, leggetimi vi prego. E se pure, così, per pura simpatia, mi dite cosa avete provato leggendolo, cosa ne pensate in senso generale, vi sarò grato. Vi amo.

Detta questa banalità, ieri sera ci siamo ben incontrati, sì.


Ed abbiamo iniziato al wine bar. Eh sì, ho cambiato programma. Ho pensato che il wine bar andasse meglio per almeno un paio di motivi: innanzitutto la qualità del cibo e del vino sono infinitamente superiori a quella della Solita e, secondariamente, l’allegra confusione genera l’esigenza di abbandonarlo in tempi contenuti, se si vuole avere un minimo di conversazione decente. Sono un genio, lo so.

E allora abbiamo spiluccato il frittino, spiluccato il primino, assaggiato la polpettina, la verdurina, la patatina e io, con macha sicurezza, ho ordinato il vino. Così, senza consultazione, perché il maschio inossidabile sa lui di vino, altro che. Peccato aver imparato ieri sera, proprio mentre spiluccavo il frittino ed ero convinto di aver ordinato il padre di tutti gli Chardonnay, che la Domi è un’intenditrice sopraffina di vini e liquori, di cose alcoliche insomma, con alle spalle anche due corsi tenuti da sommellier professionisti e, appena si sistema, conta di divenire lei stessa sommellier.

Io adoro essere violentemente schienato al tappeto da una donna, specie se costei mi fa sesso anche per come tiene tra le dita lo stelo del calice.

Poi usciamo. E io ho un desiderio di riscatto, ovviamente, specie dopo che mi è stato distrutto lo Chardonnay che adoro. Comincia a piovere di nuovo e io senza tante cerimonie la porto da me. E qui vinco un punto, perché lei quando vede tutte le pareti grigie dice “wow! Mi piace un casino! Voglio anche io!”.
Poi si siede sul DivinDivan apprezzandone stile e design e io armeggio con una scatola di legno e lei mi chiede e io, vualàz, estraggo dalla medesima una bottiglia di Armagnac del 1962, quasi cinquant’anni di invecchiamento, wow, lo diciamo tutti, anche il Pestalozzi che sta auscultando da casa sua col bicchiere sul muro.
Tiro fuori i napoleon e le dico che vorrei il suo illustre parere su quell’Armagnac.

Verso e comincio a dire, come fanno quelli veri: “Devi sapere” con un sorrisetto da grand’uomo e una pronuncia vagamente alla ScilvioB “ che dietro a questa bottiglia c’è tutta una storia che…” e agito la mano sinistra per dire ‘cara mia non sto neanche a raccontarti’ che accende la sua curiosità e mi dice “… dai racconta …” e io sorrido coglione e continuo a roteare la mano sinistra e lei “… dai Taz, allora? …” e io a quel punto mi siedo accanto a lei e dico “L’ho comperata pagandola in contanti” e lei “… ok e? …” e io “E basta. Ma tutti i fighi c’hanno la storia dietro alla bottiglia e io per una volta ho voluto provare l’ebbrezza.” e sono stato mandato elegantemente a cagare e io amo essere mandato a cagare da una donna che mi fa sesso anche solo per essersi seduta sul DivinDivan.

Perché oh, ragazzi, come direbbe Bersani, ieri sera la Domi era bella vera eh. Le ballerine col fiocchettino, la calza coprente, il vestitino con le bretellone stampato Prince of Wales rosa e turchese con sotto il maglioncino nero, ma che figa, ragazzi. Oh ragazzi! Che ieri sera non eravam mica lì a tagliare i bordi ai toast eh, ragazzi!

Comunque l’Armagnac le è piaciuto molto.
E poi io ho dovuto essere Tazio, perché è meglio essere Tazio da subito, che diventare Tazio dopo essersi spacciati per Tizio, che diventa un casino. E allora le ho detto “Domi, io te lo dico paro paro eh: io c’avrei voglia di fumarmi una cannetta se a te non urta la sensibilità e i principi” e lei mi guarda e dice “ La cannetta!!!!! Mamma mia che flashback!!! Erano dieci anni che non la sentivo evocare!!!” e, a quel punto, chiedo se è un modo garbato per dirmi che sono vecchio e rincoglionito e lei mi dice di sì e ride e io credo di essere restato lì con lo sguardo di Will il Coyote, ma poi si è alzata a sbaciucchiarmi, dicendomi che andava anche a lei di dar due tiri alla cannetta, ma che dovevo stare leggero.

E così cannetta leggera e altro Armagnac, che momenti natalizi. Luce bassa, musica jazz giusta, caldino proveniente per lo più dall’Armagnac, che momenti. Poi la Domi lascia cadere le ballerine, solleva un tantino il bordo del vestito e mi si siede in braccio, a cavalcioni.
Una delizia.

Ieri sera ho fatto una considerazione. Magari ci avrete già pensato tutti e io arrivo in ritardo come al solito.
E la considerazione è relativa al profumo della figa. Profumo e sapore. Non tutte le fighe profumano uguali, né sono saporite uguali. Ma scoprire il profumo, ma no, meglio chiamarlo odore, non siamo sulle pagine di un romantico libertino francese, orbene, scoprire l’odore della sua figa tra i profumi del suo corpo è stato un flashback vero.
Mi ha ricordato la mia prima morosina, a diciassette anni. Sapeva di talco e cose note e poi, lì in mezzo, tac, l’odore della sua figa. Che mi ha stordito perché è un odore universale, un sapore universale, è nel DNA. Io sapevo che la figa aveva quell’odore ero preparato geneticamente, non mi ha stupefatto, ma mi ha fatto sentire ricongiunto ad un incognito noto e acui si sa d’istinto di essere destinati.
L’odore e il sapore della figa piace a tutti, maschi e femmine. Pensateci.
Non occorre fare salti a Lesboworld per darmi ragione.
Qual è la donna che, mentre viene masturbata dal manzo di turno, quando il medesimo manzo compie la liturgia para porno di metterle il dito masturbatore in bocca non lo lecca? Nessuna.
Chi è che dice “mi fa schifo?” nessuna.
E perché? Perché l’odore e il sapore della figa sono l’odore ed il sapore della vita. Ecco perché.
Perché vanno al di là del sesso, o meglio, sono l’impronta digitale del sesso.

Annusi e lecchi e capisci d’istinto se quella donna, quella donna con quel sesso odoroso a quel modo, potrà cambiarti la vita o no. Una ragazza apre le gambe e ti fa annusare la femmina, la madre, la donna.
E’ il momento più intimo e profondo, quando per la prima volta annusi la figa della donna che desideri.

Perdonate la digressione, ma sentivo di doverlo dire.

Una delizia.
L’ho assaggiata tutta, senza lasciare inesplorato nemmeno un micron quadrato del suo corpo. Bella. Bella e schiva, affascinante. Timida. Ma non di atteggiamento, di natura. Ed è stupendo quando una donna timida di natura apre le meravigliose gambe offrendo vista e accesso a quel pugno di carne grinzosa, bagnata, nuda, calda, odorosa, offrendo la più intima intimità, consentendo la conoscenza della forma del suo ano, del suo sapore, divenendo vulnerabile, vulnerabile al piacere, al godimento, accantonando la forma, sciogliendosi nell’impudica mollezza primordiale, come sapientemente ha scritto Psykhe nel suo blog.

Bello, ve lo giuro. Bello perché fatto con sentimento, divertimento, tranquillità. Bello adattarsi ai suoi tempi, alle sue propensioni, senza divenire il conducente furioso di una biga lanciata al galoppo nel circo, ma un semplice compagno con cui dividere, condividere e creare quel divertente e confortevole piacere che entrambi volevamo.

E’ bellissima. Ha un corpo stupendo, lo adoro.
Ha i segni del costume, appena visibili. Non potete immaginare quanto mi abbiano sedotto i segni. Non me li sarei aspettati. E dietro, sulle natiche, c’ha proprio il triangolo. Niente perizomi, il triangolo.
“Hai mai preso il sole nuda?” chiedo.
“Nuda… cioè nuda, nuda, senza mutande? Sì in Grecia e in Spagna e… in giardino se sono sola” e ride.
Nuda nuda senza mutande. Perché c’è anche un nuda in topless, evidentemente. La adoro.

Che poi io c’ho un culo neanche mio, va detto. Sì, perché la Domi ha dei piedi che mi fanno svenire. Sì lo so, svenire parlando di piedi non è una scelta felice, ma ciò che intendo è che sono di una bellezza e sensualità che mette a cuccia tutte le altre. Non c’è partita. Bellissimi, sensualissimi, arrapanti. Perfetti.
E baciandoglieli glielo dico, le esprimo con garbo signorile il mio punto di vista e lei sorride e mi dice una cosa: “Lei non è il primo che me lo dice monsieur” muovendo le dita contro le mie labbra rispettosamente bacianti. Gli sprazzi. Timidezza, poi audacia, poi timidezza di nuovo.
E’ bellissima.
“Un giorno le confesserò una cosa, monsieur, ma non stasera. Avrei bisogno di un altro Armagnac per confessare e devo guidare” prendendomi in mano l’uccello, masturbandomi con grazia e levità, mentre le lecco le dita dei piedi e penso.

Penso che devo assolutamente annusarle ancora la figa e lo faccio senza tanti convenevoli.
Annuso profondamente e rumorosamente, mentre lei mugola con un sorriso molle e mi arruffa i capelli.
Potrà cambiarmi la vita o no questa donna dal sesso odoroso a questo modo? Potrà?
O lo ha già fatto?

La osservo ritornare nella notte, completamente vestita come quando demoliva il mio Chardonnay preferito e per la prima volta sento il dispiacere profondo di non poter continuare a stare con lei.
E’ stato bellissimo.

E oggi è sabato e io sono felice.

4 commenti:

  1. è stata una serata bellissima, molto umana, un adagio teso dove il piacere era nell'annusarvi e scoprirvi reciprocamente e l'uno difronte all'altra. c'era anche la tenerezza e l'attenzione, i tuoi rimandi e chissà quali sono stati i suoi. non ho la più pallida idea di come evolverà tutto questo però mi sento di dirti di non starci a pensare. non ti chiedere se ti cambierà la vita, se tu lo farai con lei, se pianterete agrumi insieme e se li vedrete crescere. spesso queste dolci attese e aspettative ti hanno bruciato prima ancora che la cosa iniziasse a delinearsi per davvero provocando idealizzazioni e delusioni. andate piano, non c'è fretta.

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  2. La penso come te. Non ho nessuna intenzione di assegnare alla Domi un ideale mio.
    O di fare quello di cui sono stato accusato, cioè di prendere le persone e adattarle al format che ho in testa per poi scrostarle via se non sono conformi alla parte.
    L'idea degli agrumi mi tenta, ma è dicembre.
    Pensiamo a un sano panettone, direi.

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  3. per me una fetta di pandoro, grazie :)

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  4. Vista da qua, la Domi sembra star bene ovunque, da Gardland a Vienna, passando per la Patagonia.
    Sai Tazio, assomiglia tanto ad una conturbante ballerina di Fado.

    k

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