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venerdì 23 marzo 2012

Pomeriggio mascalzone


Il gioco è lo start, tu giochi, io gioco, si ride e si scherza, ci si stuzzica e ci si irride, ti prendo, che bella, la pelle, le tette, la pancia, i bei peli selvatici, che fai, lascia fare, ma no, ma sì, si ride, ti tira, mi tira, vieni qui, che fai, adesso senti, ti piego, ti apro, ti schiudo, ti osservo, due ali d’angelo scure ed in mezzo il buchino carnoso, peloso, odoroso, appiccicoso, ti lecco, sorridi, ti adagi, mi esorti spingendo il bel culo contro il mio muso, ti succhio, ti irroro, ti inondo, ti grufolo, ti grugnisco, mi sorridi da stupenda puttana cercando di vedere che faccio, passando gli occhietti sotto l’ascella e poi ruggisci, ti perlustro di dentro, un dito, due dita, le uncino, ti tocco i tessuti lisci e bollenti, ti allargo, ti fotto il sedere umidiccio, tre dita e ti allargo, mugoli e ansimi, le ruoto, dilato, ti scopo e ti annuso, le assaggio, le succhio, poi dentro, le infilo, le sfilo, lecco intorno, oscilli, ondeggi, ti tieni, c’è il sole, siamo fuori, sia di casa, sia di testa, poi mi alzo e lo impugno, lo dirigo tra le ali dell’angelo zuppo e spingo e tu vocalizzi e mi esorti a far piano e io lo farò, non sia mai, anche se t’entrerei dentro dritto e diretto come un treno a vapore birmano, che quel buco del culo mi manda su Marte, che quando si è su Marte non si arriva e non si parte, ma ci si trattiene e ci si incula, ma con amore, con passione, con dedizione, che bruciorino magnifico alla cappella mentre ti entro nel culo e tu ansimi e poi sospendi di respirare e finalmente ce l’hai, ce l’hai tutto nel culo, piano piano, senza ledere, senza dolore, solo piacere e ti inarchi, quando senti il mio pube che preme sulle natiche belle e mi dici che hai i brividi fino alle caviglie e le gambe ti diventano molli e ti chiedo se godi e mi dici che godi, che è bellissimo sentirsi pieni di cazzo dal culo alla gola e ti dico che lo so e sorridi, poi mi piego su di te come il lupo mannaro e ti lecco la pelle salata di sudore e di odore e ti palpo, ti tocco, ti sussurro sozzerie che ti fanno sorridere laida e cerchi le mie mani, mentre il cazzo si fa strada avanti e indietro nel tuo budellino caldo vischioso e odoroso, che lo voglio squassare, allargare, sfibrare e rendere elastico e lo vuoi anche tu, me lo dici, vuoi prenderlo tutto, te lo do tutto e ti stropicci la fregna pisciona con la manina, mentre ti trivello il sedere con amore, passione e una ceppa di minchia che me la sento dura fino alla nuca, io adoro incularti, bella Squinzietta e tu mi dici che lo sai e che ti piace prenderlo nel culo a quel modo, nuda, all’aperto, appoggiata al tavolo su cui poco prima mangiavamo e appena comincio a sentire che stai cominciando a venire dal tormento di fica io ti monto, come giumenta in calore, come scrofetta sozzetta, come puttanella vogliosa, ti sbatto la minchia a martello nel culo e tu vieni vocalizzando disperata, vittima compiaciuta della carneficina che il mostro con un occhio solo sta perpetuando nel tuo intestino retto e non riesco a resistere e vengo, grugnendo, sbattendo e tu sorridi, a occhi chiusi, strizzando il buchino per quel po’ che riesci e poi sguscio ti giro e ti bacio, ti prendo in braccio e ti porto sull’erba, sugli asciugamani, dove ti tempesto di baci e carezze.

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Ho bigiato, oggi pomeriggio.
Non ce l’ho fatta, non avevo cazzi, né testa, né voglia di restarti lontano.
Te lo dico dritto d’un fiato e tu mi guardi seducente e felice, diluita nella luce radiosa del sorriso perfetto.
Accendi e mi passi.
Ti succhio un capezzolo ancora durissimo e mugoli.
Mi accarezzi la testa.
Mi passi.
Ti guardo.
Mi sussurri.
“Sono felice Taz”
“Anche io Squinzietta”
Oh sì.
Sì.

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