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giovedì 25 agosto 2016

Vita e fianchi

Affondo i denti nel panone farcito di immondizia saporitissima, che è notte e mi posso permettere di cenare alle 23:00 che la Concia Concetta è scesa in Calabria Saudita e mentre sbavo olio e cipolla bruciata che condisce la carne di porco tritata davanti al camper sozzo che erige la tenda recante la scritta “Panini”, accanto a me giunge una manzetta sui 35 bruciata rossissima dal sole, sfoggiando un abitino dozzinale che si regge avvinghiato sulle tette evidentemente sguarnite di doloroso reggiseno, doloroso a giudicare dal Pantone che le tinge petto e spalle sulle quali colano sporchi capelli mossi che sfuggono dalla fontana spiritosa acconciata col mollone alla sommità del cranio e mentre ordina una lattina di birra con idioma palesemente veneto, le adocchio i piedi ignudi infilati in gustose infradito nere, di gomma, gomma di basso costo che le tinge di nero pneumatico la pelle ancora polverosa di sabbia, sabbia che rende arduo il permanere di un cerotto all’alluce destro che spegne d’incanto la veloce fantasia di accoppiarmi con lei in un lurido cesso di qualche stazione di servizio che lascia aperta la porta nottetempo.

Sono meno sano dieteticamente, meno riposato sonnolentamente, desideroso di sesso occasionale, magari non protetto, magari nel corso dell’uso di droghe naturali o sintetiche, annaffiando l’evento di whisky del Lidl l’evento speciale.

Butto il mezzo panone e mi avvio alla mia auto, rendendomi conto di essere in procinto di avviarmi verso il letto e le droghe ammesse dalla società benpensante, avvertendo un profondo senso di fastidio.
Cos’ho da raccontare? Cos’ho da rivivere con sguaiata soddisfazione triviale, ora che sono radiocomandato da medici e fidanzata remota e ho lasciato la banchina del porto della goduria lurida per navigare nelle sicure e controllate acque del buon agire?

Mi interrogo sino a casa, negandomi persino della sega della buona notte, sgocciolando la droga della salute in una tazzina piena d’acqua accanto alla quale pongo di rito una morositas che mi toglie quel gusto di trielina e mi avvio tra le braccia del pusher Morfineo, con appesa sul pigiama la coccarda del Ragazzo Morigerato dell’anno e mi caco un po’ il cazzo, ma poi dormo.

Dovrò tornare a Londra per una visitina di controllo e non potrò esimermi dal fantasticare di annusare quei collant di gesso che le infermiere indosseranno al mio cospetto e poi mi ricongiungerò alla mia fidanzata in albergo e ceneremo leggeri, poi passeggeremo, poco ma bene, per poi tuffarci o in una montella canonicomissionaria velocesvelta o in un sano sonno ristoratore.

Mi interrogo cosa scrivo a fare di una vita così.

4 commenti:

  1. Ne scrivi perché sai che noi sappiamo che tu sai che noi sappiamo (etc. etc., ad lib).
    Hip.

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  2. Scrivi perché sei una persona generosa e sai che non scrivendo ci toglieresti il piacere di leggerti. E non vuoi questo. Scrivi perché leggerti può essere terapeutico (sicuramente per noi ma anche per te). Che dire carissimo Tazio? Sicuramente non sei stato bene e non stai ancora benissimo, ma già scrivere può essere il primo passo per una rinascita. E tu scrivi da dio. Lo hai già fatto e sai come si fa. Sesso, alcool, droghe tutto in quantità esagerata perché non basta mai e ogni volta serve qualcosa di più e più forte. Ora passare alla vita monacale è troppo uno shock. Una via di mezzo, no? Cosa ti fa star bene Tazio? quello devi cercare e noi facciamo il tifo per Te. Spero di non essere stato troppo pesante e noioso (sai l'età avanza). Noi tuoi lettori ti vogliamo bene: Potremmo pure organizzare il Tazio day, se tu volessi, tanto ti vogliamo bene. Un abbraccio grande.

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  3. Sei stato molto fraterno e buono e ti/vi voglio bene anche io.

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