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domenica 12 febbraio 2017

Siluro


Venerdì tango.
Madame, che eleganza, siete splendida, oh monsieur anche voi non siete male e allora via tra sorrisi e pelle di schiena nuda, la salida, media luna, gancio, gancio, monsieur siete virtuoso, madame per voi questo ed altro, scarpe nere col cinturino, calze di microrete nere e il vestito nero lungo con la schiena nuda e una sola spalla coperta, con relativa manica.

Mi stanno invidiando tutti madame, risata golosa, non dica sciocchezze monsieur, semmai sono io l’invidia delle mie amiche laggiù, mi lusingate madame, gancio, media luna, baldosa, voi madame, siete pura emozione, ti devo dire una cosa Tazio, dimmi Marghe, quando mi dai del voi mi fai diventare… frizzante? Mugolo di piacere e le sussurro “avete un culo irresistibile madame”, “monsieur!”, cosa indossate sotto l’abito madame? Mutandine e le calze da danza monsieur, m’imbarazzate, con voce tremante e roca, gancio, stop alle danze, repentino, abbraccio, bacio di classe in mezzo alla pista, ma le lingue nelle bocche incollate danzano un loro caminito del tutto speciale.

***

A casa mia, nella notte tanguera, già nudi e famelici.
“Adoro leccarvi i piedi madame” – “saranno sudati. monsieur, mi sento in imbarazzo”, ma certo, fa nulla, scusate, ma vi tolgo io dall’imbarazzo madame, spalancate le gambe come una zoccola, che passo alla vostra ficona carnosa, che quella non v’imbarazza, ma non lo dico, lo faccio, allargandole le gambe a dismisura e deglutendo tutta quella carne tenera di femmina, succhiando, tirando, ossessivo, maniaco, per tutto il tempo che mi separa dal suo sussulto un po’ singhiozzato e contorto.

“Vieni” mi invita a mezza voce, scomposta, sudata, tirandomi per le braccia ed io ricerco facilmente un blando invito tra quella carne con suga e saliva e le riempio la sorca in un guizzo elettrizzante, la chiavo, sì la chiavo di brutto, di peso, di reni, di cazzo e coglioni, la pistono, la pompo, la fotto, la sbatto, la monto, la svango, la sformo, la allargo, la riempio e poi odo un bramire di pornocerva erotica in calore e allora accelero, perché la mia Dama deve provare l’orgasmo più squassante del globo e sono unghie nella mia schiena, bacino che accompagna il mio, gambe che mi abbracciano il culo, bocca aperta e occhi chiusi da cui il trucco si scioglie e si disfa, vene delle tempie, del collo, rughe e tendini e un imperativo assoluto “Vieni! Vieni! Vieni! Con me! Adesso! Vieni!” e come deluderla e frullo il mio cazzo di vene e pelle e cappella e le sborro nel più profondo dell’utero godendo con lei.

Ma continuo e scopo di ritmo, con la medesima durezza, “Ti è restato ancora duro…” ed io non rispondo ma la pompo, riprendo il ritmo del motore assatanato mentre lei accenna ad un brivido d’orgasmo a cui fa seguire un “Basta, tesoro, ti prego, basta, basta, basta…”.

E perché basta? Perché mi hai già fatta venire da impazzire, tesoro, vieni qui, abbracciami e io eseguo con ‘sta ceppa bizzarra che mi guarda con un occhio solo e mi dice “mbeh?” e ci facciamo le coccoline deliziose e poi, alla volta delle tre e ventidue vengo richiamato alla veglia, poiché domani è il compleanno di Davide, nipotino prodigio di un’intelligenza astrale e bellezza inumana al pari di qualsiasi bambino di tre anni per la nonna e allora via, nella notte, verso Margheritopoli, da dove la prelevai ieri sera, via nella nottr accompagnato da un racconto lento sulle gesta miracolose di quel nano che, domani, sarà il celebratissimo protagonista di un pranzone emiliano/lombardo in suo onore.

Buonanotte madame, buonanotte monsieur.
Ritorno calmo alla tana, rollandomi una canna bandita in sua presenza e medito lungo le mie aspettative e a com’è usuale il mio piegarle alla realtà, anche quando questa sarebbe assai bella se fosse, ma in realtà non è.

Padrona, feticista, sensuale ed ageè, intelligente, dagli appetiti sopiti poiché mai soddisfatti, ma che delizia taziocerebrale, ma poi siam sicuri?
Perché mi sa che sto per prendere l’ennesima inculata sonora da una bella e colta signora che di farmi da padrona (ad eccezione degli aspetti noiosi e fastidiosi del concetto) non ci sente nemmeno, ma nemmanco mai in vita sua ci si è dedicata, o soffermata per errore, perché a lei piace alla missionaria, che c’ha “l’anca” (penso a me che ne ho due, che eroe) e mi concede le sue estremità inferiori giusto perché la scarsa confidenza non le consente ancora di ritrarle a scatto con una seccata frase di noia, che a suo tempo arriverà e che buona st’erbetta nella notte frescazza e bisogna agire di sorpresa, prima di essere sorpresi, che di ‘sti tempi non se ne sente un gran di bisogno.

Ma tanto domani è sabato, il sabato taziale.
Va recuperato, con o senza padrona.
Anzi, senza vien anche meglio, secondo muà.




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