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venerdì 21 luglio 2017

Nespresso velenoso

E fu Nespresso.
Dalla Betta.
Una deliziosa nota rassicurante, materna e casalinga, nel marasma dimmerde che mi sto prendendo e nella piattezza pneumatica dei miei pensieri e della mia volontà.

Caffè, nero e caldo, anche se ci sono mille gradi fuori.
“Aha lo descriveresti così?” ghignavano le mie troiocompagne del liceo, assodando che la mia descrizione del caffè fosse la descrizione di “ciò che mi piace nel sesso” e se lo dice Madonnamoderna ci mancherebbe, puttanamiche, certo che sì.

Nero e caldo. Anche adesso che ci sono mille gradi fuori.
Ma oggi aggiungo anche: muscoloso, sudato, duro, grosso e lungo e in tutti gli orifizi in cui riesce a infilarmelo.
Saggezza dell’età, lo so.

In fin dei conti, però, avevano ragione loro a credere ai test di Puttanamadonnamoderna.
Che l’ho capito bene dopo, nella vita, a botte di antidepressivi e colloqui dimmerda: in fin dei conti Troiadimmerdamoderna è migliore di tanti luminari e luminaresse.

Nespresso e una sfinge muta, riccia, dalle curve mozzafiato.
Il mio, di fiato.
Mozzato dapprima vedendola dal di dietro, con quel culo imperial coloniale, poi dal davanti, dove ci sono sì le mammelle matrondittatoriali, ma soprattutto gli occhi sporchi che ridono.
Perché la Betta ha lo sguardo lurido, non c’è niente da fare. Ce l’ha anche quando non vuole, immaginiamoci se vuole.

“Perché vieni qui Taz? Non mi rispondere ‘per bere il caffè’, sii serio un secondo.” – mi chiede d’improvvsio, placida, con gli occhi lerci.
“Per te, Betta, per vederti, per te insomma...” – rispondo planando dalle natiche al suolo.
 “Per me.” – chiosa la femmina avvelenata, stingendo le labbra buccali, con un punto finale che dice più di cento manuali.
E poi incalza, innervosita, non più sorridente, ma con l’occhio cattivo.

“Cioè mi vuoi scopare.”
“Non ho detto questo.” – che i punti so metterli anche io.
“Ah. Perché siamo ‘amici’ quindi…” – e lì mi infastidisco io, con quel virgolettato fatto con le dita che odio, perché se ti sto sul culo non mi invitare, machiccazzo sei, chiccazzo ti conosce.

“Ok, ho capito, è ora di andare” – e mi alzo deciso, mezza tazzina irrisolta.
Lei non mi ferma e io sono gonfio di incazzatura come un cobra. E se anche fosse stato un “sì ti voglio scopare” che cazzo sono ‘sti atteggiamenti? Nell’albergo sotto la neve mi facevo le seghe o c’eri anche tu, cazzo di quella merdafrocia?

E in una manciata di nanosecondi, i due neuroni che non mi sono bruciato ancora fanno conti, rapidi, fulminei, che uno schiaffone glielo voglio dare, pesante, che faccia male, ma non son sicuro, eppure devo rischiare, non son sicuro, ma devo provare, lo devo a me stesso, lo devo alla salma dell’Immenserrimo TazioSuperstar ora defunto, scomparso, deceduto, certamente venuto meno.
Molto meno.
E me lo devo cazzomerda.

“Ventotto gennaio” – le dico girandomi secco e drammatico come si confaceva al compianto Tazionissimo UltraSuperStar.
“Cosa?” – chiede lei, secca, non capendo. Ed allora a tutto vapore, controfigura di un Uomo, fallo per TazioIlDivino, fallo per la sua memoria immemore stette la salma immobile orba di tanto spiro.

“Ventotto gennaio duemiladodici. La prima volta che ci siamo baciati. Non ricordo quella di quando ci siamo scopati, però.”
E poi via, senza girarmi.

Che i punti qui li metto solo io, cazzomerda.

E poi vaffanculo Betta.
Vacci di corsa.
Vaffanculo.
Tu e il tuo Nespresso dimmerda.

Ma avrà capito?





domenica 16 luglio 2017

Ylenia ti amo


Nella notte calda e solitaria, guido ascoltando i Simple Minds.
Camicia aperta, finestrino aperto, mi sale la voglia, accosto, sfodero il cazzo sotto il lampione giallo e meno, scappello e incappello, lo intosto, mi eccito, mi piaccio, il negrobianco, che cazzo da animale, che cappella, ma dai che si parte, vado a troie, stradali, luride, sudate, stupende.

Guido lento verso la zona e mi accarezzo la minchia, cambio automatico ti amo, senti come tira, mi tira il carro, eccone due, no, più avanti, che posso accostare parlando al finestrino mio, mostrando, esibendomi davanti a una sconosciuta, proviamo quella, sì quella mi arrapa.

“Ciao ammore icomestai? Uh! Sei già pronto ammore, che beggazo che hai, tanta voglia stassera, ma Ylenia ti toglie voglia ammore, sono 70 in macchina boca e figa coguanto…”
“Ascolta tesora, io ti pago anche di più, ma voglio leccarti tutta, dalla testa ai piedi, completamente nuda e poi voglio il culo…”

Si guarda intorno e ci pensa.

“Trecento e facciamo anche un po’ di  roba buona…” – e le faccio il segno internazionale del VickSinex.
Tu hai? Tu fai vedere…” – e mostro di straforo.
“Andiamo…” – e fa il giro della macchina e sale.
“Ho io posto sicuro no problemi, dire strada” – e mi sale l’ansia di venire sgozzato da due rumeni fatti di crack che mi inculano i soldi e la bamba, ma procedo con la minchia di marmo e Ylenia si accende una sigaretta e fa scivolare la sinistra sulla mazza ferrata, carezzandola con garbo.

“Tanto arapato eh? Senti come tira gazo, duro duro” – e ride segandomi leggera con la manina calda. Stupendo.

Nel capannone abbandonato, senza muri e senza porte, sapete quei capannoni che se io fossi un poliziotto in pensione e in dialisi controllerei di continuo?, beh nel capannone ci facciamo due belle curette inalanti veloci, così, per l’inverno, generose, poi lentamente comincio a divorarla come un Pitonsaurus TRex, leccandola, annusandola, facendole diventare i capezzoli due cazzi, che buon odore di femmina giovane da sesso, sudata, apri le gambe amore che te la lecco, depilata, ma con pistina di atterraggio, dio ma quante piste stasera, che traffico aereo, ma anche che sguazzo qui in mezzo, dolce e acida, piscia e lubrificante, odore di fica e puzzo di cesso, divina, secondo me gode davvero quando le lavoro il bottoncino, poi giù, fammi visitare il culetto amore, fammi sentire le crespelle carnose, amarognole, calde, ti contorci e spalanchi eh, ti piace Ylenia rumena zozzona eh? la cura inalante ti ha mandato a palla, come me, che la sto facendo dal pomeriggio, ma io prendo gli antibiotici anche, girati sulla pancia che ti mangio il culo, chiappe molli, ma belle e graziose, segno del costume perizomeo, guarda lì che bocciolone, non vedo l’ora di farmelo, ma intanto giù, via i sabot tacco novantasei e su i piedi, come i piedi no?, non esistono no qui amore, senti che delizia, senti la pelle sudata, la pelle a pezzetti sotto le dita, polverosa e che bel profumo di formaggino fresco di femmina, non stagionato, ti lavi, brava, è il mestiere che logora, senti amore, le senti abbastanza aperte le vie aeree? O è il caso che insistiamo con la cura?, meglio insistere, sono d’accordo.

E insistiamo.

Che botta cristoddio, se anche la polizia fosse in macchina me ne chiaverei, senti, ansimante Ylenia, facciamo cento zucche in più e saltiamo la storia del goldone e blahbla, che fa caldo e poi mi suda il cazzo?, e tiro fuori le cento zucche, mentre lei si dà all’ugola d’oro e mi tira una bocca di qualità medio bassa, ma accetta lo scoperto e la chiavo cabrio senza tanti preamboli.

E’ carina, anzi è proprio bellina, mi piace tanto, no, anzi, tantissimo e la bacio, provo un intenerimento abnorme, una voragine sentimentale e la abbraccio mentre mi abbranca con le gambe i fianchi, ti faccio male amore? “No è belo con-tinua…”, mi fa piacere che madame gradisca, sento che la amo, dal cuore, la voglio, la traforo triturando trucioli, mi abbraccia e la bacio di istinto e lei mi bacia aprendo la bocca, oh!, ma che stranezza, che bella intimità, pompo come un subwoofer innamorato pazzo e lei mugola un dolce canto rumeno, scritto dal Conte Dracula, molto carino, orecchiabile, ritmato da un movimento di bacino, un ballo propiziatorio, credo, ma dai che son contento Yle che sei venuta, sai? ma adesso dammi il buchino odoroso che anche io voglio riempirti di sborrona calda e si rigira, mentre io la fermo, su un fianco amore, entra meglio, mentre sapiente maestro di glandigitalidizzazizzazione, cerco il punto di rottura e spingo, piano, carezzandola, dicendole che è proprio bella e mi piace tanto, ma tantotantotanto e le innesto il  mostro nel culo, mentre lei si rende conto dell’enormità a cui assiste attonita e si attacca alla portiera con le manine, male amore?, no, continuo?, sì, entra, entro, senti come strozza col muscoletto sensuale e poi zac, l’ampiezza tenera del budello odoroso, ma senti che incularella che ci stiamo imbastendo Yle eh? e mi muovo lento, lascio che i muscoli si arrendano e poi comincio a fottere quel culetto dalle chiappe molline, mentre lei riversa il capo all’indietro, guancina sudata a guanciona sudata, ansima, la bacio e le strizzo le mammellette incazzate, la inculo, ti faccio male amore?, “No tu bravo, tu fare bene….” eccerto Ylenia, mica sono un puttaniere così, io sono IL puttaniere, fidati.

E cerca le mie mani e mi stringe con le sue, mentre io aumento il pompaggio e lei cerca di aprirsi più che può, mentre l’odorino di fossa biologica sale lento e caldo, a segnale che il tappo è tolto e si può cominciare a pompar la fogna.
Oh, Ylenia zozzona, ma quanto ti piace il supercazzone nel sederino eh? ciuccia adesso, ciucciamelo col culo, che voglio svuotarti nell’intestino i coglioni, dai, dai, dai e sborro grugnendo, mentre la mia odalisca stradale spinge il culo all’indietro per agevolare il mio, di espurgo.

***

“Ma tu paga putane per farle godere e snifare?” – mi chiede sudata marcia, mentre tenta di rinfrescarsi con delle merde di salviettine umidificate, che gliele avrà fatte il pappa a sputi, considerando che son secche e senza profumo, boh.

“Sì” – rispondo io sistemandomi – “ma solo quelle buone, sai, io sono Babbo Nasale” - e lì si ride che non vi dico.
Le annuso per l’ultima volta i formaggini piccolini e delicati come forma e come stagionatura, unghiettine rosse, lei dice nonononononono, ride, si rivolta zampettando come un satiro e mi dà un biglietto, fatto alla stazione, con su il suo nome e il cellulare.

La amo.

E’ splendida e dolcissima. E anche una ragazza tanto cara. Tanto. Eh.
Ma io sono su Saturno, che se stiamo lì un altro po’ me la spoglio e me la richiavo.
E ho amato a mille una cosa, che i puttanieri che mi leggono apprezzeranno: ha messo il cellulare in silenzioso e non ha risposto mai, anche se quel coso illuminava la borsa ogni tre secondi.

Brava.
Bella serata, era da tanto. Grazie Yle, ti amo.
E bacino e sorriso e via.
La amo!

Ah le donne! Come si fa a non amarle, quando son così sincere?
Ha!












Un pensiero a tutti voi