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mercoledì 18 settembre 2013

Sollevante

E niente, stavo seduto lì ad aspettare il treno che da Milano mi riportava a casa che c'era 'sta tipa asiatica, scosciata all'inguine, con ai piedi due scarpe che dire assurde è dire poco, che scartabellava compulsiva nei suoi sacchetti pieni di carte e io sudavo dal caldo, che le stazioni e i treni li ho sempre digeriti pochino.

Perché il Ruggi ha fatto “un blitz” su Milano ed io dovevo assssssssolutamente esserci e allora, siccome c'ho solo quel cadavere di Smart del cazzo, mi sono prenotato il mio bel trenone e sono venuto a Milano dove dovevo asssssssssssolutamente essere presente.
E la mia inderogabile presenza era finalizzata a una cenalusso con due “fighe da urlo”, che il Ruggi aveva imbastito dalla Francia non so nemmeno come cazzo, però devo dire che c'aveva ragione: le fighe erano veramente da urlo, ma non nel senso che viene in mente subito, ma nell'altro.

“Tipo immaginati la scena: questo che dice 'sta cosaaaaa no? e io e lei che ci guardiamo tipo allucinaaate [risata vacua] MA TI RENDI CONTO? [risata vacua] allucinaaante!”
Il modello “coppiadifighesimpaticissime” si snoda lungo questo odioso cliché, spargendo vuotezza penetrante, ammorbante, rivoltante e nauseante, capace di coprire ed annullare qualsiasi tratto di chiavabilità (e sulla carta, credetemi, ve ne erano a quadrizzeffe) trasmettendo la sensazione che, prima o dopo, il virus sarebbe penetrato nel tuo corpo, trasformandoti in un mostro neorealista postmoderno preapocalittico.

“Il tuo amico starà dicendo 'ma dove le ha trovate queste due pazze furiose'?” chiede una al Ruggi, con una formula interrogativa che, palesemente, prescindeva dalla mia presenza. E io zitto, osservato da tutti e tre che mi guardavano ghignando. Già.
Perché il template “coppiadifighesimpaticissime” è quasi sempre disponibile anche nella versione “coppiadifighesimpaticissimetotalmentepazzefuriose” che fa più simpatia e più il da ridere di simpatia mista a eccitazione.
Secondo loro.

E mentre stavo lì a sudare aspettando 'sto cazzo di treno dimmerda, l'asiatica si toglie le scarpe dimmerda e, indaffarata a scartabellare, fa prendere aria ai piedi sudati. Cristoddio.
Perchè a me i piedi delle asiatiche attizzano da morire. In particolare quelli ornati da unghie più lunghe di qualche millimetro del dito del piede e smaltate di rosso nero finto Chanel, il famoso rossonero Chinael. Diossantissimo, quella ginnastica stretching piega le dita in giù, piega le dita in su, apri le dita che l'aria passi in mezzo ad asciugare, chiudi, piega in giù, piega in su, accompagnata da una voglia pazza di annusarglieli, ha avuto un effetto di vasodilatazione che ha modellato nelle mie mutande una ceppa di minchia randazza randella che meritava una sega istantanea.

Altro che le cadaveriche “fighe da urlo”.
“Cosa ne dite, ci facciamo quattro salti al Pincopallo che la Nicòl e già là?” dice una mimando l'atto della dance. No, la dance no. E poi 'sta Nicòl (che non so chi cazzo sia) mi evoca pericolose eventualità mostruose che non voglio manco scrivere. Per cui si schiude in me la contessina Tazia, meravigliosa sissy stagionata che, con eleganza, declina adducendo motivazioni relative ad un'improvvisa cefalea, sotto lo sguardo al laser del Ruggi.
Ma fottiti, tu e le tue troie inutilmente costose. Basta che paghi, coglione. Non ti servo io, ma soldi e bamba e ti fanno pure il numerello lesboscicc.

E così torno in albergo, a carico del Ruggi, dove compro film porno sat, a carico del Ruggi, mi bevo il frigo bar, a carico del Ruggi e accoppo il cazzo strangolandolo ripetutamente fino a farlo vomitare.
E poi, la mattina dopo, prendo il sedere e lo metto in un treno.

Con 'na tronca di marmo così, causa piedi asiatici.
E questo apre nella mia testa di puttaniere incallito un nuovo task filed under “Sollevante” folder, che trovo un naming molto smart. Ve lo spiego?
Nah, dai. Lo capisce anche K.

All'interno del mio delizioso loop depressivo mi ritrovo invecchiato ogni giorno molto più di quel che la fisiologia mi riserverebbe. Stagnazione, déjà vu, tritoeritrito, ETA sempre più breve, rottura di coglioni perenne, incapacità di concentrazione, incapacità di immaginazione, assenza di spunto, assenza di stimoli, rifiuto del passato.

E il treno va e mi riporta a casa.
Che anche questo è un modo di dire che dovrei rivedere.

domenica 15 settembre 2013

Om

Hey tu, tipa un po' freak con le ballerine un po' trash e la gonna un po' grunge, ti posso offrire un giro un po' smart? Ma certo tipo un po' old con la faccia da cool che hai bevuto too much, offrimi 'sto giro un po' smart che poi vediamo l'outlook.
Marcella, Taziello, ma chiamami Taz, che visto che c'ho la faccia da cool c'ha il suo perchè  nel segmento bathroom.

E si chiacchiera.
E si beve.
L'outlook ci diceva bene e allora vai, altro giro altra corsa.
Oh tipa, che ink ti sei fatta sulla spalla di left che quando ti slippa la shirt si vede l'upside? E' un ink che si chiama Om, che è un mantra buddhista, capisci? Capisco Marcella, ma quand'ero giovane io se lo facevano i cannaioli e si chiamava bambulè che, allora come oggi, non ho mai capito che cazzo volesse dire, ma ciò non mi ha mai impedito di farmi le canne sino a questa sera. Ma fumi erba allora? Ma sì. Ma dai? Ma sì. Ma sai che sei proprio un bel pezzo di cool, tipo un po' old? Grazie tipa un po' freak, senti che dici se ci facciamo l'ultimo giro e poi ci rolliamo un bel joint? Dico che mi pare molto smart come plan.

E allora, nella penombra dell'arco storico rollo 'sto joint con la tipa un po' freak, cercando di accelerare i tempi verso la fuck, che era quella che maggiormente mi interessava.
Molti giri di rosso e un bel cannone purino senza nemmeno l'ombra di tabacco ci riducono come due idioti che ridono e barcollano, poi la tipa barcolla troppo e mentre sta per cadere la salvo agganciando la mia lingua alla sua e di lì si comincia a limonare duro, nella penombra dello storico arco. Divento una dea Kalì e la palpo a sterminio, mentre lei diventa una polipa che mi palpa a sterminio e il randello si intosta e la tipa lo avverte e ride sbrodolosa e mi dice “ti va di scopare?” e io mi sento un coglione a rispondere di sì, perchè mi pareva un'ovvietà da non sottoporre a ulteriore verifica.

Mi prende per mano e ci facciamo sei viuzze e poi apre un portone messo male e entriamo in un androne puzzolente di muffa e poi, da lì, infiliamo una porticina e entriamo nella sua topaia, metaforico preludio all'entrata nella sua topa. Via le scarpette, piedini non male, via le braghette, via qua, via là e patatam: la tipa un po' freak vive con tre marmotte un po' wild, due accasate sotto le braccia e una in mezzo alle gambe, che resto di stucco che tutto quel pelo su una donna sola non l'avevo mai visto, ma forse neanche su tre. Si stende sul letto e si accarezza i peli guardandomi sozza quel femore di giraffa duro che puntava a Saturno, scappellato, perchè il mio cazzo randazzo è un signore e, davanti a una donna, si scappella sempre.

Ed è subito tafferruglio.
Bella, morbida, capezzolacea e culacea, biancacea, ma soprattutto odoracea, che quando mi dedico all'ispezione linguale delle dita carucce, un aroma di Camembert mi giunge alle nari, ma d'altronde si sa, la ballerina a pelle fa suonare il piedino. L'entusiasmo cresce quando, incuriosito dalle marmotte ascellari, le avvicino per un bacino di bonsuar e l'ascella mi accoglie con un delizioso profumo di sudore che mi manda in bestia animale e il porco mannaro esce, con le sembianze del Taziosaurus Penis che non ritrovavo più da tempo. Per un punto non facciamo settanta, entrambi dediti alla suzione genitale dell'altro e la Marcella, cazzo di quella merda, tira delle pompe selvagge e si incaponisce a volerlo prendere tutto in bocca, infoiata come una scrofa lituana, emettendo dei suoni di vomito che mi spaventano un po'. Lecco la pantegana irsutissima con indomita passione, godendone l'odore ed il muco biancastro che gocciola da quelle carnose labbrone un po' scure e sento che la giovine mi gomma e capisco che è aria di monta.

Monta suina sublime, sudati e infoiati come calamari alla griglia, la Marcy galoppa come Mae West e sbatte in basso quel culo da troia, piantandosi nella cervice uterina la Mazza Taziale, tormentandosi le flaccide tettuzze, ansimando in calore ultraterreno.
Le allargo le chiappe e cerco il buchino dianzi leccato e mi sollevo a sedere con lei che cavalca e le grugnisco sozzo che la voglio inculare e lei mi sorride con quella bocca bellissima e quei denti stupendi e mi chiede “ah mi vuoi inculare...” e io rispondo “sì mi ti voglio inculare...” e lei mi dice scanzonata e sorridente “ti piacerebbe incularmi eh...” e io dico “p******o sì...” e lei mi afferra la testa posando la fronte sulla mia e seria, sozza e violenta sancisce  “fammi venire e poi te lo faccio mettere”.
Benedetta sia l'erbetta, vieni qui tipa un po' freak, che adesso ti faccio fare il giro delle sette chiesette, di lato, di sopra, di dietro, a rovescio, trivello come un texano e la Marcy gode come due troie, viene e riviene e non osa interrompere quell'opera mineraria all'interno della sua ficona, mi lascia fare, lascia che il Taziello ari, fresi, dissodi, estirpi, ranghini ed erpichi, accogliendo con mugolii vicini all'urlo del maiale sgozzato, cotanta dedizione ai suoi punticini sensibili.

Son lì che la pompo alla chiocciola e mi viene da prenderle i piedi e premere le luride piante sulla mia faccia e l'aroma caseario mi fa scivolare il controllo e sento che il getto birichino sale di corsa e mollo tutto e mi sgommo e lei capisce, ma che brava, e si tuffa a spompinare con una foga esemplare che mi prende il tremito e grugnisco e lei rapida se lo toglie di bocca segandomi a palla, dirigendo gli schizzi su quelle mammellette un po' flaccide dai capezzoli rosei, impreziositi di perle di sborra direttamente munte dalla Mazza Randazza Rampazza.

E si giace ansimanti.
Poi la Marcella va in cesso a pisciare e a sciacquarsi le tette e la fica, torna e si stende.
E mi dice che per essere un tipo un po' old con la faccia da cool, c'ho un gran bel pezzo di cock, ma above all, lo usare da god.
Trovo il coraggio e le chiedo da quanto non si shavva le armpit e la cunt e lei mi risponde da tre anni. Mi dice che si shavva solamente le gambe per via del lavoro, ma che se è on vacation manco quelle, perchè lei è fatta così, lei è wild.
E rolla una canna.

Fumiamo tranquilli nel suo monolocale semiinterrato con le finestre ad altezza soffitto che danno sul cortiletto interno. C'ha tutto. C'ha il clima la TV, il frigo i fornelli e la lavastoviglie.
Tutto stipato in un buco microscopico che visto d'impatto pare una cantina con ammassate delle cose e invece tutto c'ha un suo senso.

“Mi devi un'inculata” le rammento scappellando ed incappellando il randello mentre ci passiamo la canna, nudi e odorosi. Lei sorride, che è bella di viso, soffia il fumo e mi dice che sono un gran porco e, seppur convenendone, mi permetto di sottolineare che nemmeno lei è una santa e giaciamo scomposti a fumare l'hashish nel limbo dei nostri pensieri.

Poi mi chiede se sto con qualcuna o qualcuno e io le dico che sono campione di solitudine e lei si affretta a dirmi che sta con una tipa, ma che adesso la tipa è a Glasgow e quindi lei si dà da fare sì, ma non è possibile null'altro. Un monito a non innamorarmi di lei, che accolgo, aggiungendo in ogni caso che l'assfuck non si shifta. E lei ride, chiedendomi inutilmente se mi piaccia veramente così tanto il suo culone e io non le rispondo nemmeno e la metto di pancia leccandole il peloso buco del culo, mentre lei finisce la canna.

Quanti cazzoni avrà preso la tipa un po' freak, dall'aria un po' grunge e dall'odore molto wild, per poter prendere il mio col solo ausilio della saliva?
Poi penso a quella sfigata a Glasgow, convinta che la sua tipa stia a casa alla sera a guardare Piazza Pulita, mentre invece fa piazza pulita di ogni tronco di minchia che le si presenti dinnanzi.

E mi sento un po' triste per lei.
E anche un po' per me.

Però questo non mi impedisce di venirle nel culo quando lei, masturbandosi, viene.
Perché sono una persona adulta e so dominare le emozioni, quando occorre.