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sabato 20 aprile 2013

Mattuppe

Mattuppensa, dico.
Ho checkoutato l'albergoninternazionaldissanguante e ho preso un taxi, prima che il Ponze mi placcasse al bar. Sono salito e ho chiesto al simpatico taxista che cazzo avrebbe fatto lui al mio posto, in termini di reazione col Ponze.
E mentre gli raccontavo lui rideva, rideva, che c'hanno 'na risata sti ragazzi qua che ti fa saltare via. E abbiamo chiacchierato e, a un certo punto gli ho detto di proseguire, di menarmi in giro per Dakar e poi ci siamo fermati a pranzo assieme in un posto che conosceva lui e in sei minuti ero in un mare di pelle nera, tutta maschia, ma mi sono divertito come un pollo.
Io sono il Toubab, mi fa un piacere pazzesco. Non "el negher", ma Toubab.
Sentite come suona elegante, charmoso? Che gente, cazzarola, mi piacciono da morire.
Leghisti, segnatevela, magari vi farà felici.

Il pranzo è durato come un matrimonio, ma senza bomboniere. Tutti attorno al tavolo a pianificare il mio viaggio. Eravamo in dodici? E abbiamo avuto dieci ipotesi, ciascuna più sgangherata delle altre, fantastico, non mi sono divertito così dai tempi dell'appendicite, credetemi. E ognuno la esponeva con quel tono ultimativo, disperato, artistico, teatrale e sofferto, rumoroso e drammatico. Fermo il fatto che non gliene chiavava di meno. Avrei voluto ammazzarli.
Io continuavo a chiedere, anche con fermezza, se qualcuno fosse interessato, a pagamento, a portarmi a questa cazzo di fottuta Saint-Louis, ma niente. Mi prendevano per il culo per come parlo dimmerda il francese. E poi sedevo nel Gran Consiglio dei Saggi Economisti, tutti giù a sbiasciare tra francese e wolof la soluzione più economica.

Che gente, che posto, che giornata, li adoro.
Poi, alla fine, Maurice il tassista mi ha infilato nel dedalo di villi intestinali della Dakar vera, portandomi al Libellule, albergo gestito da suo cognato Ibrahem. E durante il tragitto mi ha detto che lui, volendo, a Saint-Louis mi ci porta. Grande Maurice, ne ero matematicamente certo. Per cui, alla fine, ci siamo trovati io, Maurice, Ibrahem e Sara, giunonica moglie d'ebano della silfide Ibrahem e io ero il Toubab e loro degli dei e sono volati i numeri di cellulare, le risate, i bagliori dei denti e io ho deciso che vivrò qui per sempre.

Adesso non è per fare il coglionazzo italiano eh, ma ocio.
Ho una camera spaziosa, bella, con una vista magica sull'incrocio infernale, un bagno condiviso ok, prima colazione e cena compresa, quando voglio, con Ibra e Sara nella loro cucina. Questo in virtù del fatto che sono fratello adottivo di Maurice e che ho pagato dodici pranzi al prezzo di due tramezzini e una birra e un tour personale per Dakar al prezzo di due pacchetti di Marlboro.

Qui c'ho un agitatore sul soffitto, tutto è pulitissimo, loro sono spaziali come fratellanza, belli, simpatici, caldi e sereni, ma vi voglio anche dire in euro cosa pago al giorno all inclusive: 8,50 euro, al cambio. Sì, avete letto giusto, 8,50.
Ottoeuroecinquanta.
Ah. E c'è anche il wifi. Incluso, intendo. In Senegal. Il wifi. Incluso. Negli ottoeuroecinquanta.

Non ritenete anche voi che il concetto di 'decrescita felice'  meriti una riflessione?
Un pochino sì, dai, diciamocelo.

venerdì 19 aprile 2013

Pigna nel culo

Decido di cenare in albergo e scendo. Il signore è da solo? Sì son da solo, prego di qua e mi sistema vicino ad un tavolo buffet dove c'era scoppiata sopra la cornucopia dell'abbandonaza. A fianco al mio tavolo un altro tavolo con un altro tizio da solo.
Ed io ero lì che tremavo perchè tutti, sottolineo tutti, i dettagli in lui gridavano che era italiano. Un incrocio tra quel farabutto di Massimo Ponzellini e quel grande attore che fu Adolfo Celi. Insomma il genere e l'età ce li avete.

E l'inevitabile, troppo presto, arriva.
"Prima volta a Dakar?" mi chiede così, diretto, fottendosene della mia voglia di fare conversazione, fottendosene di tutto, come se ci conoscessimo da sempre.
"Sì" rispondo da pirla, che avrei potuto sciogliermi in qualche sorry, ma il rischio che magari lui l'inglese lo sapesse era alto e così mi sarei ritrovato a farmi farcire le palle comunque  e per giunta in inglese. Non c'era scampo.
L'italiano all'estero non dà scampo.

"Appena posso vengo qui per rilassarmi, per me Dakar è il massimo" mi comunica, sfidando la sorte di un checcazzomenefregateloseichiesto improvviso.
"Sei qui per lavoro?" incalza portandomi quasi alla frattura del cazzo e io rispondo di no e lui fa un sorriso complice e, tagliando la carne, mi dice che sono nel posto giusto, io chiedo per cosa, lui mi dice per le femmine, ovviamente e mastica.

E mi dispensa una non richiesta lezione sulle femmine africane.
La lezione si articola in alcuni moduli, base e avanzati:
a) le africane ci stanno tutte
b) le africane hanno sempre voglia
c) le africane si fanno fare di tutto
d) mai pagare un'africana professionista più di 35.000 franchi, cioè cinquanta euro.
Ma che meraviglia, ma ora so tutto, mi dico, domani parto e me ne vado a Gravellona Toce, che Adolfo Ponzellini Celi mi ha rivelato tutti i segreti delle africane in quattro mosse. Che senso ha rimanere ancora in Senegal?

"Certo" continua "se ti piace roba tosta, roba selvaggia, roba senza limiti, devi farti un'angolana, nello specifico eh" mi dice con serietà del tipo "ci siamo tutti su 'sto cosa no?". Non chiedo spiegazioni sui concetti di selvaggia, senza limiti e tosta, perchè dei suoi parametri non me ne fotte un cazzo di meno e, anzi, mi infastidiscono come una pigna nel culo.
E poi non voglio sapere.
E sarei anche ingolosito da smettere di sentirlo, ma niente.

"Qui le femmine migliori le trovi al Casino du Port, al Cafè Rome e al Casino du Cap Vert, ma al Cap Vert ogni tanto ci son casini, così ti consiglio o il du Port o il Cafè Rome."
Che fortuna trovare un connazionale disposto ad insegnarmi l'abc della vita. Sarà stato parente di K.
Ma io, se non me lo diceva lui, come avrei mai potuto venire a conoscenza di questi posti fantastici? Ad un coglione come me sarebbe bastato notare le tredicimila pubblicità che ricoprono ogni cantone della hall dell'albergo? Non credo. Avrei mai capito che la barista ammiccante nelle foto sottintendeva che ci potesse essere qualcosa in più del poker? Ma mai e poi mai da solo ce l'avrei fatta. Mai.
Per fortuna che ho incontranto Massimo Adolfo Celi in Ponzellini.

"Quanto ti fermi?" gli chiedo.
"Almeno otto giorni, tu?" mi risponde.
"Non so ancora" rispondo.
"Dai domani ci vediamo al bar della piscina e ci organizziamo una seratona" mi dice.
"Ok" dico.

Quindi, stamattina, nell'ordine: cambiare albergo subito, lavorare sul plan del viaggio, conoscere un po' Dakar.
Tiro su la borsa e faccio il check-out.
A dopo.

giovedì 18 aprile 2013

Da Casà a Dakar

Un viaggio un po' complesso, ritardo, casino, caldo. Sì, in aereo faceva caldo e c'era puzza di piedi e ascelle.
Al check point nessuno s'è cagato il mio libretto di vaccinazione in entrata, quello per cui a momenti muoio, la vaccinazione pesante che rappresentava l'orgoglio personale di una carriera africana piuttosto promettente. Mi sono offeso. Non si fa così.
Bei manzi militari neri, sessuali e lucidi, eccitanti, che sbrigativi e nervosi, dicevano via, via, via e tanti saluti, se vi viene la febbre gialla morite, ciao, il vostro da Casà non è turismo, stronzi. Poi il trasferimento in albergo con un taxi puzzolente di nafta e arbre magique, stanchezza, fretta, fame. Poi, finalmente, un letto costoso ed impersonale su cui posare il mio regale ed abusato culo. Albergo internazionaldissanguante, frigo bar ben fornito, spuntino in camera alle tre di notte senza una pince, gentilissimi più dei parenti, denti bianchi rassicuranti.
Un'umidità da bestie, una notte nera che più nera non l'avevo mai vista, l'aria condizionata rumorosissima, il caldo torrido nel bagno.
E poi sono crollato, dopo avere appeso il do not disturb alla maniglia.
E ho dormito come un macigno.

Quando mi sono svegliato erano quasi le undici locali, cioè le vostre tredici, io sto dietro di due, qui. Ho tirato le cortine della finestrona che dà sul terrazzo e mi sono accorto che, davanti a me, si stagliava scintillante e irrequieto l'Oceano Atlantico che, visto così e da questa altezza (sono al decimo piano) fa veramente un bel "buongiorno, Tazio amore, spero tu gradisca questo umile omaggio".

Cazzo raga, è stato un bel botto.
Sono uscito nudo sul terrazzo, col cazzo mezzo duro, a sentire il caldo del sole sulla cappella. Che bella cappella scappellata che c'ho.
Il caldo del sole africano, il caldo del calore di Dio.
E ho pensato: per di là c'è l'arcipelago di Capo Verde, superato il quale c'è un pacco d'acqua e poi l'America.
E mi è venuto un brividino.

Sono in Africa, quella Nera, quella Vera. Nella culla dell'umanità. Sì.

Dakar, a pelle, non mi ha messo un entusiasmo da urlo, vi dirò. L'ho gironzolata qua attorno, ma mi sembra (sicuramente a torto) una cittadonazza incasinata, rumorosa e puzzolente, con impatti irridenti tra lusso e povertà, coesistenti nel medesimo luogo. Non è diversa da niente, se non per il fatto che se ti porti vicino alla costa c'è l'Oceano scintillante e pescioso, magico più che in Marocco, anche se è lo stesso. O forse no. No.
Qui è tutto verdissimo, irrigatissimo, fioritissimo. Tutto molto turistico-business, ma palesemente di serie B. Non è Dubai, insomma.
Che poi, chi l'ha rivista Dubai negli ultimi dieci anni?
E poi, ancora, chi cazzo se ne fotte di Dubai Finterland?

Si mangia ovunque, dappertutto, a qualsiasi ora. Mi sono fatto ammaliare da una pentolaccia piena di riso al sugo di pesce, che adesso non chiedetemi come si chiama il piatto che ve lo dirò, ma vi garantisco che era una roba da lacrima. Superbo.
La gente se ne sbatte di me, ma se io chiedo qualsiasi cosa, qualsiasi informazione, se dico qualsiasi parola, dall'altra parte trovo atteggiamenti che come minimo sono NON OSTILI, sino a divenire (quasi sempre) simpaticamente scherzosi e cordialissimi. Mi fa riflettere 'sta fazenda. Nessuno è ostile con il toubab, ma il toubab a casa sua è davvero così NON OSTILE (come requisito mininmo) con il nero? Non dico amico o cordiale o fraterno, dico solo NON OSTILE.
E me lo chiedo perchè io sono bianco, adesso, sappiatelo.
Io qui sono il diverso, lo strano, l'odiato, il bastardo, il colonizzatore, il padrone, il nemico, l'oppressore, lo stupratore, il mortificatore.
Loro da noi no.
Ho un peso morale ereditato, mio malgrado, dalla mia razza. Assai più gravoso di quello di essere un nero dalle ascelle puzzolenti in Italia.

Interessante.
Molto.

Ora sono in un'elettrizzante empasse, in una forzata sospensione che è spesso l'insaporitrice della sorpresa futura.
Quanto rimanere a Dakar prima di muovermi?
Quanto, eh?
Perchè rimane fermo il fatto che ho l'intenzione inamovibile di leccare le pliche umide dell'ano peccaminoso e fetido di questa città.
Ma tale odorosa leccata non è, nei miei piani, il punto di arrivo. E' solo uno svago, un diversivo, un approccio, un test, un appetizer.
Non si può sottovalutare la quantità imbarazzabte di Sublime Pelle di Femmina Nera Maestosa che si ha attorno. No.

Però io come meta seria ho Saint Louis e, per questo, ribadisco nuovamente eterna gratitudine a Hip.
Grazie a lui, grazie a Hip, ho potuto documentarmi, colmare la mia ignoranza, studiare, analizzare e plasmare un desiderio nuovo, concepire un regalo che il Tazio malato di oggi fa al Tazio sano (o, spero, solo forse solo meno malato) di domani.
Il regalo romantico che un uomo solo fa a se stesso, per coccolarsi l'anima, per costruirsi una nostalgia, per improntare il desiderio di condividerla con chissà chi verrà, per dirsi che si ama, per aiutarsi a dire che ama e che sa amare.
Anche da solo, che importa. L'amore deve essere un concetto |assoluto|. O almeno, mi sembra, si dica che debba essere così, confondetemi se sbaglio.

Romanticamente solo.
Sì, il romanticismo. Il romanticismo.
Delizioso romanticismo a cui appendersi quando il vento delle emozioni spira forte.
Romantico quanto romantiche un tempo erano le lettere d'amore che giungevano dall'Europa in terra d'Africa attraverso l'Aeropostale di Jean Mermoz e la Croix du Sud. Hip lo sa.

La Croix du Sud.
Ma non è stupenda poesia romantica?
Hip lo sa.
Grazie Hip.

mercoledì 17 aprile 2013

Per Ganfione, Simo e l'Anonimoa, ma anche un po' per tutti, cazzo, ci mancherebbe.

Tutto comincia con un Caro Tazio a casa di amici.

Mi scuso Ganf, l'egocentrismo travolgente e compulsivo mi ha tenuto lontano dal tuo blog e  rispondo solo ora, nella giornata dell'abbandono della melassosa Casablanca.
Ad ogni modo trovo sublime questa conversazione in cloud bloggaro, ridondata non solo tra piattaforme, ma anche tra contintenti. Spero non tra incontinenti, anche se talvolta pisciarmi addosso mi attizza parecchio. Prescindiamo da ciò, però. Per ora, almeno.

Cerco di fare delle vostre graditissime parole un commestibile canapè di cosette semplici, anche se i quesiti posti e le questioni sollevate non lo sono affatto.
Sono felice di starti sul culo Ganf, questo rimarca la tua stimabile e stimata intelligenza; anche io mi starei sul culo, ma magari non rosicherei.
I miei limiti sono assolutamente più anticipati dei tuoi. :D

La vita del rapinatore è l'unica vita che, al momento, mi cada bene sui fianchi, valorizzandomi i glutei. Non ho più una casa, non ho più un lavoro, non ho più fiducia nella mia capacità di essere consapevole di ciò che mi riguarda e, avendo un po' di quattrini in tasca (per poco se continuo così), mi esercito verso il tentativo quotidiano di dimostrarmi che posso essere padrone del mio tempo in maniera, appunto, consapevole.
Magari tentando di indirizzarla verso il raggiungimento di qualche contenuto che possa tenere botta quando la mia follia e la mia intemperanza mi spingono alla deriva.

Magari qualcosa di più consistente dei contenuti che lasciava Paoli alla tizia che lo fanculava, lasciandole una canzone da mangiare se avesse avuto fame, da bere se avesse avuto sete. L'eleganza di dire "brutta troia muori" in dolce stil novo. Ma d'altra parte, alla tizia stava pure bene. Cazzi suoi. E Paoli non è per tutti, contrariamente a quanto diffusamente creduto.

E' ovvio ed evidente che io sia un maniaco sessuale compulsivo, con la sfera ormonale disturbata e deviazioni aberranti che meriterebbero un cartello luminoso per essere segnalate a miglia di distanza, ma quei sette neuroni che non ho ancora sborrato mi rendono necessari dei riordini di priorità e, prima ancora, dei metodi per individuare le priorità che meritino di essere trattate come tali. Non sto cercando Dio, ma per il semplice motivo che fatico a credere e la cosa mi fa incazzare come una bestia, specie adesso che c'è un Papa umano.

Sto cercando me stesso? Ma neanche, andiamo. Anzi, sto cercando di far perdere le mie tracce a me stesso, in modo che almeno sette od otto delle mie sedici personalità si dimentichino di me, rendendomi più agevole la sopravvivenza a dispetto di tutto.
Ho bisogno d'amore? Non ne ho la benchè minima idea. Sarei tentato a dire di sì, perchè voglio ancora consegnarmi una parvenza di umanità. Certo non l'amore che ho avuto sino ad ora. Di quello, onestamente, non me ne faccio nulla. E' inutile e, pertanto, facilmente reperibile.

Sta di fatto che, ad ora, di tutti i propositi di mettere in piedi metodi ispettivi per la selezione delle priorità e l'individuazione delle medesime, non ve n'è ancora traccia. E così io scappo ed è meraviglioso scappare, forte, lontano, dimenticato.
Ricordando il sorriso di una donna che l'ha fatto bene con te ieri sera, che non vuol dire niente che l'hai pagata, perchè certe cose si sentono. Si sentono con Dalila nel bene e con tua moglie nel male.

E allora io mi interrogo un po' e mi chiedo perchè sento certe cose con donne impossibili e non le sento mai con donne possibili. Forse ho anche una rosa di risposte, ma non è il caso di darmele così a cazzo per automedicazione. Se me le dò così potevo starmene all'Osteria Margherita di Fecazzone a giocare a briscola e tutto era a posto.

La figa in fuga è una cosa per estimatori, è un prodotto di sopravvivenza che viene ben prima della profilassi malarica e della vaccinazione contro la febbre gialla, perchè la pace del disumano Tazio si realizza, si materializza, si condensa e gocciola solo quando è dentro al corpo di una donna. E la fa godere.

E se questo succede, il disumano Tazio non ricerca l'applauso del loggione, che lo sappiamo tutti che non scrivo per autogratificarmi e per sentirmi dire che sono bravo e ganzo, ma solo perchè mi spavento da solo. E allora sì, lo ammetto, ricorro al ditino e agli amichevoli buchi di culo che ne scaldano la falange maestra, perchè talvolta i silenzi, uditi o letti, sono assordanti per me.

Sono instabile come la nitroglicerina, un giorno non voglio andare nel deserto, quello dopo sì, quell'altro compro il biglietto aereo. Mi posso permettere l'instabilità, sono solo, resto solo, proseguo solo, non sbatto addosso a nessuno, ma soprattutto nessuno sbatte addosso a me.

Di tutta quest'ultima follia d'Africa, l'unica cosa che al momento mi rende fiero è la totale indipendenza e irregolare linearità con cui la conduco. Non metto al collo di nessuno il raggiungimento dei miei confusi obiettivi, non mento a nessuno, non la faccio a spese di nessuno. E' una follia mia. Un'incerta follia personale, pagata in proprio, lungo tutti i significati del termine.

Domani sarò nella culla dell'umanità, come Viaggiatore ha sottolineato.
Ripongo grosse aspettative dal Senegal e, nello specifico, aspettative che vadano al di là delle superbe gazelle che incontrerò e che, spero, chiaverò in numero esorbitante.
La vita immaginata è più di quella vissuta anche qui Ganf. Perchè non basta essere in mezzo a milioni di persone per non essere moralmente soli.

Però rimane una speranza, che ho citato prima e che tu avevi anticipato con la graditissima citazione dei Radiohead.
Perchè sento qualcosa in condizioni impossibili e non sento nulla in condizioni possibili? Ripeto, non lo so, ci sto lavorando, non voglio anticiparmi le risposte, ma solo aggrapparmi al fatto che se lo sento, esiste.

Grazie a tutti, vi voglio un pacco di bene.

martedì 16 aprile 2013

Dernière nuit in Casa

Eccoci qui, di fronte all'ultima notte a Casablanca.
Domani sera sarò in aeroporto e poi via, a Dakar, nel cuore della noche. Della mattina, veramente, che arrivo attorno alle due.
Avevo proposto a Massoud una cenetta romantica, ma il maschione ha degli impegni. Bah, peggio per lui. La sua puttana da domani non ci sarà più e lui rimpiangerà a morte il mio liscissimo e vorace culo sudamericano.

Oggi, così per scrupolo, ho acceso il parlàfono. E vi ho trovato dentro un messaggio della Milly, cosa davvero straordinaria. Inquieta è morta. Giovedì c'è il suo funerale, ma io sono un po' fuori mano, giovedì, per fortuna. Incredibile come la notizia non mi abbia mosso nessuna emozione. Mi fa piacere non avere avuto emozioni, non mi scompone che sia morta.

E su quest'onda di umanità profonda che mi ha travolto ho pensato che se anche morisse la Milly, probabilmente, non avrei emozioni. Ma forse sì. Ma non lo so.
Boh.

Parlando di cose veramente serie, invece: stasera folleggio con le prostitute, così per cambiare. E sono in forte imbarazzo: maschietti, giovani pulzelle o la collaudatissima e meritevole Dalila? Il buonsenso che mi guida costantemente dice che sarebbe cosa  giusta assaggiare ciascuna di queste prelibatezze, che da domani Morocco stop, che vado nell'Africa Nera dalla fica nera.

Finalmente.

Nelle sudicie pliche della Casablanca peccatrice

Due natiche monumentali, scure, che si inseriscono nella schiena creando due sensuali piege profonde che si dipanano lungo i fianchi, lasciando il depresso solco spinale a correre verso il collo piegato e inondato di mossi capelli nerissimi e lucidi.
La mia concubina occasionale ha più di quarant'anni e due occhi che da soli basterebbero a farsi una sega.
Adoro il contrasto tra il candore del mio cazzo incappucciato e la scurezza quasi nera del suo ano dilatato e teso a ciucciarmi la minchia. Adoro la sua carne di femmina, morbida, rotonda, le sue mammellone pesanti, piene, con quei capezzoli quasi neri che mi fanno perdere la testa. La sua bocca, perfetta, con quei denti candidi e gli occhi sozzi, luridi di lussuria, la pancia generosa e morbida, l'ombelico, la ficona pelosa, le sue ascelle calde e profumate, i suoi piedi asciutti, secchi, duri, callosi, eccitanti.

Otto giorni.
Sono otto giorni che sono qui. Ho superato la febbre egregiamente, mi sono introdotto nelle pliche anali viscide della Casablanca che fa godere, adoro le donne marocchine, mi eccitano da impazzire i maschi marocchini, il fumo è fantastico, l'idea che tutto è possibile è intrigante.

Ieri pomeriggio Massoud è salito nella mia camera. Aveva voglia del mio culo e io gliel'ho dato, come si conviene ad una puttana obbediente. Massoud ci sguazza in questa situazione in cui io aspetto da lui l'auto per andarmene. E mi fotte come la sua puttana e io ci godo anche. Però Massoud non mi conosce. Non sospetta minimamente che il mio programma si è già formato e che io scomparirò definitivamente dalla sua vita salendo su un aereo domani sera per raggiungere Dakar nel cuore della notte di dopodomani, in regola col mio librettino delle vaccinazioni, in regola con tutto quello che serve per corrompere e comperare.

La mia Puttanona marocchina è stata uno spettacolo. Bellissima ed economica. E la trattativa è stata eccitante al punto che me lo sentivo indurire mentre le parlavo, in strada. Chiedere il culo senza mezzi termini a questa signora insospettabile, sentirsi rispondere che non c'era problema e poi seguirla lungo quella scala buia e angusta e dopo averle cagato i 1.000, ritrovarmi aggrovigliato sulla sua pelle, in piedi, contro un muro della sua camera, nudi, scoprendo che sotto il suo vestitone nero era già tutta nuda, pronta a farsi palpare, frugare lurida, stupendo. Inginocchiato ai suoi piedi a leccare quella ficona grossa, carnosa, pelosa, odorosa, mentre le sue dita inanellate tendevano la carne per aprire l'ostrica e farmi spompinare il cazzetto duro e scappellato che sporgeva nel mezzo di quella foresta selvatica.

Lascio un po' il cuore a Casa, vi dico la verità.
Poi per uno metodico come me, rinunciare al certo per l'incerto è sempre una forzatura.
Ma questa volta va fatta. Assolutamente.
Certo, il culo di queste donne è un'esperienza mistica. Vedere come lo prendono, come se lo fanno mettere, come se lo infilano da sole nel culo è estasi pura.
Le Puttane marocchine sono stupefacenti. Potrei innamorarmi stregato di una di loro solo per  come prende in bocca il cazzo, solo per la devozione che ci mette nel succhiare.

E domani sera volo via.
Volo nell'Africa Nera. Mi eccita da farmi una sega questo pensiero. Non vedo l'ora di scoparmi una gazelle. La voglio nera come il carbone, setosa, liscia. La voglia sudata, odorosa come piace a me. L'Africa Nera. La fica nera. E pink bright di dentro. Il massimo.

Che femmine le nordafricane. Calde, appassionate, sensuali, seducenti. Tutte. Hanno degli sguardi che mozzano il fiato, delle occhiate che ti fermano il cuore e con Dalila, la mia Puttana Matura, non è stato diverso di certo.
Le ho schizzato sulle tettone dopo avergliele chiavate e lei le strizzava offrendomi quelle falangi di carne dura che sono i suoi capezzoloni scuri. Che femmina, che femmina.

Penso che oggi tornerò a trovarla.
Non posso sopportare l'idea che qui le più gettonate siano le ragazzette e che monumenti di sesso e carne come Dalila non trovino molti sozzi porci maniaci appassionati come me.
E' un'ingiustizia che devo colmare.
Almeno sin che sono qui.

lunedì 15 aprile 2013

Casa nights

A trecento metri dal mio dissanguante hotel sorge un clubbino niente, ma niente niente male. Zeppo di gente, per lo più occidentale, musica pop e techno araba a cannone, alcolici a gogò, fumo fantastico e puttane una più figa dell'altra.
Il mio clubbino, insomma.
Ieri sera avevo bisogno di straviarmi e il Clubbino ha fatto la sua cazzo di parte, oh sì.
Appena entrato una tizia veramente figa mi ha chiesto se mi interessasse del fumo e io, dopo meditata riflessione, mi sono sentito di dirle di sì. A volte mi stupisco di me stesso. Mi ha venduto un ciocco di marocchino così, che bisogna andarci piano altrimenti stai in orbita sei settimane.
E vi dirò un fatto interessantissimo.
Io, lo sapete, sono un appassionato di erba, il fumo di norma non mi piace.
Ma qui raga, cazzomerda, c'han del fumo da premio Oscar che non c'è erba che tenga.

Mi sono seduto, mi sono slippato il mio svuotino e mi sono goduto la serata.
Che botta, cazzo. Fantastico.
Mi sono calato due mojito e poi è iniziato lo spettacolo vero. Una tizia (una performer del locale, ovviamente) è salita sul banco dove c'era il palo da pole e si è messa a ballare. Gran figone, fidatevi del Tazietti. Balla che ti riballa arriva sul banco la versione grossa di Hulk, perizomato in pelle e palestrato che pareva una scatoletta di Simmenthal.
Si piglia la tizia, la spupattola, si palpano e poi a lui spunta un tarellazzo così, piegato all'insù che era commovente.
E anche la tizia si è commossa eh. Beh una meraviglia. Dopo spompinamenti e cosette si sono messi a chiavare sul banco, belli nudi e sudatissimi.
C'avevo la minchia dura a guardarli.
Ma la cosa più fantastica erano le bariste. Non si scomponevano e continuavano a correre qui e lì a servire. Magari dicendo dentro di loro "checcoglioni 'sta storia che mi inculano mezzo banco".
Ha!

Poi lui viene, applauso generale e via di techno araba a palla di nuovo.
C'avevo una voglia di menarmelo che non vi dico. Che a me il fumo mi fa sto effetto, mi mette una inusuale voglia, incredibile eh?

Fatto un po' di tempo arriva una ragazza da urlo, che si siede al mio tavolo.
Scura di pelle, due tette monumentali (oh ma ste marocchette c'han tutte due cocomeri così?) un vestito bianco inguinale di quelli che il pezzo del davanti con il pezzo del di dietro son tenuti insieme da distanziate cinghiette sui fianchi, che tu lo capisci subito che là sotto non alberga nè reggipoppe nè coprifica. Capelli neri dritti, lunghissimi, raccolti in una coda che le arrivava fino al culino e ai piedi due sabottoni trasparenti da iperzoccola fottimifottimi.

Verso l'obolo al locale, pagandole due giri di da bere, di quello iperlight per lei e strong per me, come sempre va. Poi le palpo una coscia, lei si fa palpare, arrivo persino a toccarle la fichetta rasata, poi le abbranco una zinna e poi lei mi dice che con 5.000 mi fa godere come un calamaro ai ferri e io tratto. Zero trattativa, non può, veramente.
C'avevo una specie di avambraccio duro nei pantaloni e mi sono detto: ma che cazzo te ne frega, fattela, guarda che ditina dei piedi che c'ha, guarda quant'è figa e mi sono convinto in un attimo di avere ragione, ok per 5.000, vamos.

E usciamo dal retro e infiliamo una porta e come sculi amore mio, poi c'è un corridoio, poi apre la porta e via dentro al paradiso dell'ammmorrrre.
Diodellamadonna che pezzo di figa. Da paralisi. Sgancio i dineros e lei mi slingua in bocca, cosa rara, rara come il suo costo, d'altra parte. Ma anche come il mio selvaggio arrapamento, in ogni caso.

Le ho cancellato il buco del culo e la fica a furia di leccare. Cristo me lo menerei anche adesso al solo pensiero. E che piedini. Che ditina. Ho succhiato come un poppante, ficcandole dentro delle gran cazzate titaniche sia per dimensione che per durezza, che la facevano sussultare. Che meraviglia, che meraviglia, che meraviglia.

E poi, dulcis, ma veramente dulcis in fundo, il culetto. Puttanella che culetto che c'hai e quanti ne hai presi di cazzoni lì dentro, che è bastata una spruzzatina di gel che te l'ho troncato dentro fino al piloro. Ah che spettacola, marocchella del mio cuore, un colpone nella fica e un colpone nel culo, uno nella fica e uno nel culo, che c'avevi due caverne sfondate e buie, separate solo da un piccolo perineo arrossato e lucido di gel che eri da fotografare e appendere al Louvre, meravigliosa Puttana Marocchina.

E quando il cazzo mi faceva male da quanto avevo bisogno di sborrare, ho applicato la liturgia taziale: siediti, unisci i piedi, aspetta che mi sgommo, ma mentre mi sgommo la mia Divina Sacerdotessa del Cazzo Rampazzo coglie al volo l'esigenza e mi cosparge di gel la minchia, facendo lo stesso ai suoi divini piedini e mi tira una delle seghe coi piedi più memorabili della storia delle seghe coi piedi, con quella fica spatasciata davanti ai miei occhi e un sorriso divertito sulla sua bocca stupenda.

Le ho sparato uno schizzo di sborra che le ha centrato il canale di Suez delle tettone sublimi, ma che brava con quei piedini, che talento, che ragazza simpatica, che intelligente. Minchia me lo dovrei menare sul serio, sto scrivendo con un tronco di baobab nelle mutande.

Bella Casa, veramente, veramente.
Se resto qui un altro po' mi dissanguo totalmente e mi devono rimpatriare dall'Ambasciata.
Ma che figa, però.
Che figa.

domenica 14 aprile 2013

Massoud e l'auto

Mangiamo all'aperto, in una tajinerie che è evidentemente per marocchini e non per turisti, sperduti nel buco del culo di Casablanca, nei pressi del souk.
Spiego a Massoud i miei progetti e lui li ascolta con l'aria di chi dentro di sè dice: ma sarà coglione 'sto italiano? In meno di quattro ore potrebbe essere a Dakar, comodamente seduto in aereo e lui, invece, vuole fare Indiana Jones e andarci in macchina.
Vagliamo svariate ipotesi. L'affitto dell'auto impone di fare andata e ritorno per riconsegnarla e non è esattamente economico. C'è poi l'ipotesi dell'affitto auto con guida: appena in Senegal quello si gira e se ne torna a casa sua, ma questo è ancor meno economico.
Poi Massoud mi dice "Perchè non te la comperi una macchina con quei soldi? E poi la rivendi a Dakar." e io dico che non ho così tanti soldi da comperarmi una macchina seria.
E allora lui mi racconta una cosa che ha dell'incredibile.

Moltissimi italiani, che si sono comperati dei macchinoni tipo Porsche Cayenne, Range Rover, BMW, Mercedes, oggi non hanno più quattrini per mantenerle o per finire di pagarle. Tecnicamente, però, se la macchina NON è in leasing è di loro proprietà. Per cui cosa fanno, questi simpatici geni? Si fanno un viaggio: Italia, Francia, Spagna, Algecira, prendono il traghetto e raggiungono Ceuta (avamposto spagnolo in terra africana) e poi passano facili in Marocco. Una volta in Marocco, vendono l'auto coi documenti, per contanti. Ci sono officine marocchine pronte a clonare la chiave d'accensione e a pagare per contanti auto da 100.000 euro di un anno di vita anche diecimila euro, sapendo che la rivenderanno in Algeria o in Tunisia almeno al doppio.
L'italiano, in possesso delle sue chiavi, ritorna così in Spagna, dove fa denuncia di furto dell'auto in territorio europeo.
L'assicurazione gli liquiderà per contanti il valore tabellare dell'auto e lui si ritroverà in tasca i soldi dell'assicurazione, più quelli della vendita e quella somma, nel complesso, è sempre superiore al valore di mercato dell'auto e viene realizzata in tempi rapidissimi, contrariamente alla vendita.
Siamo dei professori, c'è poco da fare.

Massoud mi dice che per cercare un'auto seria a quattro soldi dovrei andare a Fnideq, che è il primo paese marocchino dopo la spagnola Ceuta, che si è specializzato in auto emossion pour italien farabuton. Ma figurati Massoud, tu sei fuori di testa. E lui ride. Poi mi dice di rifletterci: lì il traffico d'auto c'è e io, che non aspiro a una Ferrari o a una Porsche, ma ad un veicolo che mi possa garantire l'arrivo in Senegal, riuscirei a tirare via una Toyota o una KIA o una roba del genere con pochissimi soldi, liberando di roba non redditizia qualche meccanico della zona.

"Ok, allora trovamela" dico per tagliare corto il discorso.
"E io cosa ci guadagno?" mi dice di scatto.
"Me" gli dico facendogli piedino sotto il tavolo.
E lui mi sorride eccitato, masticando e mormorando "Poutain".

Quanto lo attizzo, il mio maschio Massoud.

Piacevoli sorprese

Verso le diciannove scendo nella opulenta hall per bere qualcosa prima di andare a cena e al banco c'è l'ottimo Massoud che sta chiudendo il turno.
"Ti vedo pensieroso, qualcosa non va?" mi chiede in maniera discreta, con tono ed espressione che rientrano nella cortesia ammessa, se non obbligatoria, verso un ospite di quel megastellato hotel.
"Niente di che, Massoud, solo il rammarico di non poter fare ciò che vorrei." rispondo enigmatico e Massoud non insiste e mi versa il bourbon che avevo chiesto.
Poi si sposta e serve dei francesi alla mia sinistra.
Poi torna.
"Se ti va ti porto a rilassarti in un hammam e poi andiamo a mangiare qualcosa e ne parliamo, magari ti aiuto a trovare la soluzione" mi sibila in un soffio. E a me mi va eccome. Perchè per certe cose basta uno sguardo.

L'hammam è un micro chiostro benedettino, con un colonnato perimetrico e al centro, in luogo del giardino benedettino, una piscina piastrellata.
E' sciolto nella medina vecchia, è piccolo, è caldo, è gay.
Nell'angolo opposto al nostro, sotto il colonnato, in pemnombra, due ragazzi nudi si attorcigliano per la lingua, palpandosi e segandosi sinuosi e sensuali.
Sediamo e abbandoniamo gli asciugamani. Massoud ha un bel corpo, appena peloso, magro, muscoloso. La vista dei due cerbiatti in calore mi eccita, ma non da erezione, non subito. Massoud guarda loro e guarda me. Mi guarda il cazzo, soprattutto. Poi mi dice, piacevolmente sorpreso, che non immaginava fossi tutto depilato. Gli chiedo se la cosa gli piace o meno e lui, senza mezzi termini, mi dice che lo eccita e mi accarezza il pube. 
Gli pizzico un capezzolo, lui ride e ci infiliamo le lingue in bocca, toccandoci, accarezzandoci. E lì il mio Gigante svetta in pochi secondi.
Massoud non ha il cazzo grosso, ma ha un bel culo. Ci tocchiamo, ci seghiamo, poi lui si china e mi fa un pompino. Succhia bene, è un bravissimo pompinaro.
Faccio scorrere il mio dito tra le sue natiche toccandogli l'ano carnoso, poi gli accarezzo la schiena, poi la nuca, poi gli ispidi capelli ricci.
Delizioso.
Sublime.

Mi trovo di pancia sulla panca di pietra, con sotto di me gli asciugamani arruffati e Massoud sulla schiena che mi lecca il collo mentre mi sfrega il cazzo duro nello spacco del culo. Mi mormora che mi vuole inculare e io gli dico che mi sta bene, ma solo col preservativo e lui mi dice ok, si alza col cazzo duro e si dirige verso l'entrata, dalla quale ritorna in un secondo con una manciata di preservativi dalla confezione argentata e quadrata.
Ne strappa uno e mentre armeggia mi lecca il buco del culo. Piego il cazzo duro all'indietro e mi godo la sua lingua. Si fa strada con un dito insalivato, poi con due, poi sento la cappella e mi rilasso e mentre lui spinge in dentro, io spingo in fuori e lo sento entrare. Spingo il culo all'indietro, andandogli incontro mentre lui affonda e la cosa lo eccita. Mi sculaccia, mi fotte, mi chiama troia, mi piace. Mi tocca e mi lecca, poi sguscia fuori e mi fa girare di schiena. Apro le gambe, lui me le alza, mi mormora sensuale che ho un cazzo stupendo e, mentre me lo impugna, mi infila di nuovo il suo nel culo. I due cerbiatti si danno da fare, strapresi, manco si sono accorti di noi, secondo me. Uno siede in grembo all'altro, saldamente impalato sulla minchia dell'amichetto. Massoud mi sbatte forte, grugnendo. Gli mormoro sozzo che dopo glielo allungo io nel culo e lui mi dice di no con la testa, sottolineando che la troia sono io e lui è il mio maschio. E a dire questo si sovraeccita e mi viene dentro al culo e a me piace vedere come perde il controllo. Poi sguscia fuori e, sarà pure vero che io sono la troia e lui il mio maschio, ma si getta di bocca a spompinarmi finchè non gli svuoto i coglioni in gola. Ci facciamo una doccia e poi ci ammolliamo nella piscina.

Questo è il Marocco, monsieur.
E non è per niente male.

Repentini cambi di opinione - Hip aiutami

Giornata davvero operosa ed intensa, quella di ieri.
Dopo aver pranzato sono ritornato in camera e dentro di me qualcosa friggeva, qualcosa mi diceva che le occasioni vanno prese, vanno cavalcate, come le femmine di razza. Ed allora, con calma e razionalità, ho spezzato i quasi 3.000 Km di strada che mi separano dal Senegal in tappe giornaliere, così, per puro esercizio. Puro esercizio basato sui chilometraggi che conosco in Italia, sapendo quanto uno può fare in una giornata, non conoscendo la realtà del deserto, non sapendo un cazzo di un cazzo di niente.
Ed allora è nata la seguente road map, in merito alla quale richiederei il parere di Hip.

Primo Giorno: 537 Km
Casablanca
Safi
Essaouira
Agadir

Secondo giorno: 550 Km
Agadir
Tiznit
Sidi
Guelmim
Tan-Tan
El Ouatia
Akhfennir
Tarfaya

Terzo giorno: entrata nel Sahara Occidentale - 626 Km
Tarfaya
Boujdour
Dakhla

Quarto giorno: entrata in Mauritania - 433 Km
Dakhla
Nouadhibou

Quinto giorno: 485 Km
Nouadhibou
Dar Naim

Sesto giorno: entrata in Senegal da Rosso - 309 Km
Dar Naim
Saint Louis

Totale: 2940 Km in sei giorni - Media giornaliera 490 Km

Che in Italia si può fare. Ma qui?
E poi, a prescindere, dovrei procurarmi un'auto che non ho.
Però sento certa una cosa: se trovo l'auto, parto.

Questo è il Marocco, monsieur.