Ah-ah-ah-ah, ma dai, ma non mi dire, sei una psicologa, ma che lavoro affascinante, difficile e impegnativo, bah sai ti dirò, ogni lavoro se fatto con professionalità è difficile alla fine eh, eh lo so, ma la psicologa cazzo, cioè voglio dire che meraviglia poter lavorare sulla mente umana altrui, che impegno coinvolgente! e poi mi immagino anche che self-training a non farsi coinvolgere, ah beh quello sì, se ti fai coinvolgere va a finire che ne hai bisogno subito tu di un collega che ti tiri su, ah-ah-ah, eh-eh-eh, si però poi tu come psicologa puoi prescrivere alla cazzo delle cose che ti aiutano nel tuo lavoro, che so, del Talofen o del Rivotril, metti un pizzico di Wellbutrin condito con del Serpax e del Serenase con una bella grattugiata di Depakim che l’effetto di riffa o di riffa mi arriva no?, beh momento Tazio, messa giù così non mi piace molto, e lo capisco amica psicologa che non ti piace molto, ma allora per sfatare il mito che la licenza elementare e la laurea in psicologia non la si nega a nessuno, potresti parlarmi della molecola del Cipralex e delle interazioni con altri antipsicotici oppure gli effetti del Trittico combinato con l’Halcion da 250 e qualche goccettina di Xanax per dare quel retrogusto esotico che fa tanto Playa del Carmen? senti Tazio io non sono una psichiatra, io sono una psicologa e certe scelte farmacologiche le fanno loro in casi specifici, ah! ohibò! é così che funziona allora? e allora scusami, amica psicologa, che non lo sapevo che siete degli asserviti lacchè di qualche gran figlio di puttana bastardo che gioca al piccolo chimico col cervello della gente e voi, porelli, manco sapete che cazzo andate a dare in giro, ti chiedo scusa, non sapevo che foste degli stronzi incapaci e pure consci, pensavo che un minimo di ruolo in queste faccende voleste almeno assumervelo e invece no, invece è proprio vero la faccenda della quinta elementare e della vostra merdosa laurea, ma stai bene Tazio??? ma cosa ti ho fatto? ma niente fino ad ora amica psicologa, ma se tu volessi farmi qualcosa addressandoti anche qui, qui tra il popolo curabile e bisognoso di questo locale e succhiarmi il cazzo sarebbe l’uso più dignitoso che potresti fare della tua generalmente inutile bocca e di quella palla di merda di testa a cui la succitata bocca è attaccata.
Piccoli flirt.
Pagine
sabato 2 maggio 2015
lunedì 27 aprile 2015
Cazzo di qua, cazzo di là
Cazzo se piove. E fa anche freddo.
L’unica nota di rilievo positivo è che mi dicono che oramai da qualche mese la Solita tiene aperto sempre. Sempre. Per cui anche di lunedì, infrangendo l’antico assioma lunedì > Osteria quella Nuova e/o winebar. Il winebar poi è morto, per cui La Solita, asso pigliatutto, vince a cappotto ed il banco perde. Che si strafoghino di paella karaoke all’Osteria quella Nuova. Dozzinali.
Chissà quanto cazzo ci vuole a rimettere in piedi il winebar. Che poi bisogna pensare che se ha chiuso è fallito e se è fallito ci sono i debiti e che se è fallito per i debiti la gente non c’andava, boh, non so, ma mi viene salomonicamente da dire checcazzomenesbatte che c’ho altro per la testa.
Cazzo se piove.
Mi soffermo meditabondo ad osservare dalla finestra l’asfalto picchiettato di gocce di pioggia mentre comprimo il glande nudo tra pollice ed indice, chiedendomi con curiosità scientifica se la Maggie anche oggi avrà il sandalo porconudo oppure andrà calzando deprimenti scarpe antipioggia. Mah. Certo che se avessi il suo numero di cellulare glielo potrei anche chiedere, ma sull’onda anomala della grigliata convivialasessuataamicale non mi sono sentito di chiederglielo. Certo, basterebbe rivolgersi all’Antonella ed il giuoco sarebbe fatto, ma preferisco che la voglia sozza mi salga oltre il livello di guardia e i muretti di contenimento, in maniera da liberare il Taziosauro Bestiax in tutta la sua impetuosa ed irrinunciabile violenza eroticiselvatica.
Soffrire per poi godere come cinghialibestia, ecco l’assioma.
L’Antonella, santa donna. Sopportare quel gran puttaniere distratto del Sa-aaarti ci vuole proprio della gran pazienza, anche perché la distrazione nei truschini ficcaioli può risultare oltremodo offensiva per la parte lesa, che si ritrova sì cornacea, ma senza nemmeno l’onore delle armi, poiché il Sa-aarti agisce senza cura dei dettagli nascondenti.
E se la fica rumena stradale gli fa ‘sto effetto, che cosa ci si deve fare?
Cazzo se piove.
Mi son piallato di seghe oggi, nove per l’esattezza, tra il pensiero delle bombe ipertrofiche e sbarazzelle della Nadia, tra il pensiero fugace di un momento culaceo dell’Antonella piegata a novanta a prendere il pane e diverse angolazioni della mise fottimidurodibruttocazzomerdachenoncelafacciopiù della Maggie.
Ho ritrovato i piaceri della felpa black block con corallo sopra e nudo sotto, la mia condizione naturale di segaiolo in clima fresco. Che meraviglia.
Domattina banca, chissà che anticipiamo i tempi, cosa che mi aggraderebbe parecchio. Penso si possa fare, visto che è da un po’ che ci smanazziamo di sopra e oramai ho consegnato anche fotocopia del campione delle mie feci. Vedremo.
Nessun uozzappo allieta il mio display; forse è ora di farla finita coi film in cinemaschizzoscope e tirare innanz, facendo magari prua verso il bar della Sudiciona Siusy in orario di chiusuraoreventi, togliendomi le vogliette sozze e contro natura che l’aria di casa mi mette a mazzetti, oppure virando verso la palestra dell’ardimento nella quale inchiodare al muro la proprietariAle abusando del suo ano strettissimo fottendomene dai suoi dolori (chechiccazzosenesbatte), oppure approdare ad un randevù al tennisclebb con la Gran Maestra del Grande Culante d’Italia Adele dolce Fiele, ammesso che il suo carnet sia provvisto di un posto minchia per il sottoscritto.
Cazzo se piove.
Cazzo che voglia.
Cazzo che bello.
L’unica nota di rilievo positivo è che mi dicono che oramai da qualche mese la Solita tiene aperto sempre. Sempre. Per cui anche di lunedì, infrangendo l’antico assioma lunedì > Osteria quella Nuova e/o winebar. Il winebar poi è morto, per cui La Solita, asso pigliatutto, vince a cappotto ed il banco perde. Che si strafoghino di paella karaoke all’Osteria quella Nuova. Dozzinali.
Chissà quanto cazzo ci vuole a rimettere in piedi il winebar. Che poi bisogna pensare che se ha chiuso è fallito e se è fallito ci sono i debiti e che se è fallito per i debiti la gente non c’andava, boh, non so, ma mi viene salomonicamente da dire checcazzomenesbatte che c’ho altro per la testa.
Cazzo se piove.
Mi soffermo meditabondo ad osservare dalla finestra l’asfalto picchiettato di gocce di pioggia mentre comprimo il glande nudo tra pollice ed indice, chiedendomi con curiosità scientifica se la Maggie anche oggi avrà il sandalo porconudo oppure andrà calzando deprimenti scarpe antipioggia. Mah. Certo che se avessi il suo numero di cellulare glielo potrei anche chiedere, ma sull’onda anomala della grigliata convivialasessuataamicale non mi sono sentito di chiederglielo. Certo, basterebbe rivolgersi all’Antonella ed il giuoco sarebbe fatto, ma preferisco che la voglia sozza mi salga oltre il livello di guardia e i muretti di contenimento, in maniera da liberare il Taziosauro Bestiax in tutta la sua impetuosa ed irrinunciabile violenza eroticiselvatica.
Soffrire per poi godere come cinghialibestia, ecco l’assioma.
L’Antonella, santa donna. Sopportare quel gran puttaniere distratto del Sa-aaarti ci vuole proprio della gran pazienza, anche perché la distrazione nei truschini ficcaioli può risultare oltremodo offensiva per la parte lesa, che si ritrova sì cornacea, ma senza nemmeno l’onore delle armi, poiché il Sa-aarti agisce senza cura dei dettagli nascondenti.
E se la fica rumena stradale gli fa ‘sto effetto, che cosa ci si deve fare?
Cazzo se piove.
Mi son piallato di seghe oggi, nove per l’esattezza, tra il pensiero delle bombe ipertrofiche e sbarazzelle della Nadia, tra il pensiero fugace di un momento culaceo dell’Antonella piegata a novanta a prendere il pane e diverse angolazioni della mise fottimidurodibruttocazzomerdachenoncelafacciopiù della Maggie.
Ho ritrovato i piaceri della felpa black block con corallo sopra e nudo sotto, la mia condizione naturale di segaiolo in clima fresco. Che meraviglia.
Domattina banca, chissà che anticipiamo i tempi, cosa che mi aggraderebbe parecchio. Penso si possa fare, visto che è da un po’ che ci smanazziamo di sopra e oramai ho consegnato anche fotocopia del campione delle mie feci. Vedremo.
Nessun uozzappo allieta il mio display; forse è ora di farla finita coi film in cinemaschizzoscope e tirare innanz, facendo magari prua verso il bar della Sudiciona Siusy in orario di chiusuraoreventi, togliendomi le vogliette sozze e contro natura che l’aria di casa mi mette a mazzetti, oppure virando verso la palestra dell’ardimento nella quale inchiodare al muro la proprietariAle abusando del suo ano strettissimo fottendomene dai suoi dolori (chechiccazzosenesbatte), oppure approdare ad un randevù al tennisclebb con la Gran Maestra del Grande Culante d’Italia Adele dolce Fiele, ammesso che il suo carnet sia provvisto di un posto minchia per il sottoscritto.
Cazzo se piove.
Cazzo che voglia.
Cazzo che bello.
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Ideone
Tra le mille ideone che mi vengono in mente per rivedere i piedi della Maggie potrebbe esserci quella di andare a sbattere da qualche parte la Yaris a noleggio.
Buona, efficace, originale.
Però, forse, basterebbe invitarla a bere un caffè.
Ci penso e vi dico, ok?
L'ispettore Salivant
Ma io mi domando, benedettocroce, c’hai l’indirizzo di Piacenza e ancora cincischi con pseudo contatti locali che dovrebbero, in una lontana teoria, fornirti ipotetici numeri cellulari attivi e, quant’è comico, ti bulli d’aver scoperto che Milly la Divina vive a Piacenza che lo sapevo anche io prima di chiederti il favore?
Tralascio la pateticità stanca della serata e l’avanzare di una senescenza inattesa che ha decretato la fine della pizzagione alle ore ventidue e trentatre senza nemmeno un accenno ad ipotetiche culagioni e ficcagioni accessorie.
Ma la faccenda del cellulare, santissimoiddio? E coraggio Renè, fai funzionare la testa, che se l’Italia è unammerda è anche per l’assenza di iniziativa anche nelle questioni più pratiche.
Quindi prima, alle ore nove, affronto le pagine bianche e reperisco il numero di telefono fisso legato all’indirizzo piacentino. Mi risponde un educato signore che mi rende edotto del fatto che Miss Milly non vive più lì dai tempi di Pirro re dell’Epiro e che si è trasferita in una generica Nizza.
Faccio presente di essere della banca e che avrei bisogno di contattare la signora, irrintracciabile al cellulare in mio possesso (di cui, a prova provante della mia sincerità bancaria, scandisco le cifre) per delle firme necessarie e chiedo, con rispettosa educazione, se fosse possibile avere qualche indicazione accessoria per contattarla in tempi rapidi data la delicatezza del momento ed ecco che come d’incanto compare un cellulare francese, attivissimo, lasciatogli dalla Divina Dea dell’Erotismo per eventualità d’ogni tipo.
Sapendo bene che la Divina sarebbe stata messa al corrente in tempo zero che “la banca” era in possesso del suo cellulare, ho provveduto a telefonarle subito, cogliendola ancora assonnata e sortendo un’accoglienza gelidina e sintetica come il Terital.
Chissenechiava.
Se non mi vuole tra i coglioni telefonici blocca il mio numero o cambia il suo.
Difficile che io cambi il mio, per dire.
Nessun problema, nessuno.
Non da parte mia, almeno.
Mavaffanculo, in ogni merdoso caso.
Tralascio la pateticità stanca della serata e l’avanzare di una senescenza inattesa che ha decretato la fine della pizzagione alle ore ventidue e trentatre senza nemmeno un accenno ad ipotetiche culagioni e ficcagioni accessorie.
Ma la faccenda del cellulare, santissimoiddio? E coraggio Renè, fai funzionare la testa, che se l’Italia è unammerda è anche per l’assenza di iniziativa anche nelle questioni più pratiche.
Quindi prima, alle ore nove, affronto le pagine bianche e reperisco il numero di telefono fisso legato all’indirizzo piacentino. Mi risponde un educato signore che mi rende edotto del fatto che Miss Milly non vive più lì dai tempi di Pirro re dell’Epiro e che si è trasferita in una generica Nizza.
Faccio presente di essere della banca e che avrei bisogno di contattare la signora, irrintracciabile al cellulare in mio possesso (di cui, a prova provante della mia sincerità bancaria, scandisco le cifre) per delle firme necessarie e chiedo, con rispettosa educazione, se fosse possibile avere qualche indicazione accessoria per contattarla in tempi rapidi data la delicatezza del momento ed ecco che come d’incanto compare un cellulare francese, attivissimo, lasciatogli dalla Divina Dea dell’Erotismo per eventualità d’ogni tipo.
Sapendo bene che la Divina sarebbe stata messa al corrente in tempo zero che “la banca” era in possesso del suo cellulare, ho provveduto a telefonarle subito, cogliendola ancora assonnata e sortendo un’accoglienza gelidina e sintetica come il Terital.
Chissenechiava.
Se non mi vuole tra i coglioni telefonici blocca il mio numero o cambia il suo.
Difficile che io cambi il mio, per dire.
Nessun problema, nessuno.
Non da parte mia, almeno.
Mavaffanculo, in ogni merdoso caso.
domenica 26 aprile 2015
Silvestri meriggi sulle ripe nascoste
Ah amisgi che numerossi mi seguite da cassa che è anche mi cassa, porchè mi cassa es tu cassa e tu cassa es mi cassa, che bella meriggiata di primavera timida ho trascorso sulle silvestri ripe del fiume porcone che scorre lontano lontano, ma poi neanche così lontano che in meno di un’orata si è là.
Che bel ritrovarsi a casa, tra gli usi e gli (s)costumi che hanno formato la mia gioventù sino alla maturità totalmente immatura di oggi, che bello questo appianamento delle differenze in chiave socialista reale che conduce alla concretizzazione dell’utopico assioma che recita che ciò che è tuo è parecchiamente mio e la ultraminchia che è mia è sicuramente di tua moglie, ma anche un po’ tua se lo vuoa e se mi vuoa, sconosciuto amico dalle invidiabili corna barocche che siedi nudo con la tua femmina di pura Carne di Sozza Suina Viziosa in Calore nuda accanto, ambedue stagionati e sfrizzolati dal morbino del mostrare l’intimo osceno e questo è esattamente il fulcrum della maestosa filosofia superiore che trascende i paradigmi ottusi della società miope, rendendo assolutamente irresistibile l’età, l’imperfezione, la cellulite, il rilassamento dei tessuti, poiché ciò che è difetto per gli standardizzati cervelli morenti è esaltante pregio per noi Eletti Sacerdoti dell’Oscena Sozzura Deviante Amorale.
Senza parole compaio dalle frasche e siedo nudo sul plaid di verde tartan accanto alla Suina Stagionata che scosta le natiche ancora candide per accogliermi accanto a sé, calando l’asciugamano che grottescamente parava sulle spalle come supposta protezione agli sguardi, ben sapendo invece dell’accentratore risultato opposto, ed io esibisco sfacciato il mio Gran Pezzo di Carne di Porco in tutta la sua scappellata dura magnificenza e un laido sorriso di lei dietro l’occhialone da sole è sintomo dell’inizio della manipolazione genitale alla quale mi dedico con vivacissima ed entusiastica passione, trafficando tra quelle molli cosce a ravanar il plissettato pube nudo, caldo e tenero, mentre il Ramificato Consorte traffica sul suo patetico pisellino rinsecchito e le danze anonime travolgono i sensi, con l’acqua porcona che gorgoglia, la ficona sudante che sciacquetta, la manina strizzante la minchiona ultraterrena e il maritone sbavante da ogni poro conosciuto e sconosciuto.
Bello, superbo e divino sentir l’anticata mano porca che fa appassionata sega esperta mentre il mio occhio cade sulle tozze ditina dei piedi e la mia bocca guadagna la suzione di quei ditali di carne induriti come marmo che svettano sui seni candidi e molli e il grugnir di blasfemi apprezzamenti reciproci al limite della bestemmia ci infoia e ci imbestia, conducendoci a un incollaggio epidermico sensuale, contrapposto dall’armeggiar veloce di duro cazzo e aperta fica, sotto gli occhi estasiati del Fortunato Cornuto che, superata la timidezza iniziale, allunga la pargoletta mano accanto a quella della Puttanissima Consorte per saggiare la consistenza di Mastro Tarello allo stato Ultrasolido.
Bello. Belli il veto e la regola dettati da Madame Sozzona: no lingua, no baci, no leccate di sessi, ma solo manipolazione epilettica e allora che manipolazione epilettica sia, mia Vacca Sozzissima, ancorché codesto armeggiar sguaiato e sapiente mi conduce allo schizzo sborrone di lì a poco, schizzo sborrone che irrora le sue cellulitiche e divine cosce e anche il ginocchio rinsecchito del Corneo Marito stabulante in posizione troppo vicina per evitarlo.
Sono a casa, maestosa casa, sublime casa che mi disintossica di tante torbide pene d’oltre cortina, dove il sesso mercenario è zeppo di perfette forme, ma intriso soprattutto di sbiadite essenze e sono esaltato, compiaciuto, strabiliato da tanta crudeltà sessuale, carne frolla d’uso pubblico che saluto alzandomi senza nemmeno tante cerimonie, ritornando nel fittizio del boschizio per poi dileguarmi tra le gelide frasche che par che butti a piovere ed io ho una serata davanti a me, da condividere con amici porci e depravati nella blasonata Domiziopoli, patria del rotacismo erotico. Casa.
Che bel ritrovarsi a casa, tra gli usi e gli (s)costumi che hanno formato la mia gioventù sino alla maturità totalmente immatura di oggi, che bello questo appianamento delle differenze in chiave socialista reale che conduce alla concretizzazione dell’utopico assioma che recita che ciò che è tuo è parecchiamente mio e la ultraminchia che è mia è sicuramente di tua moglie, ma anche un po’ tua se lo vuoa e se mi vuoa, sconosciuto amico dalle invidiabili corna barocche che siedi nudo con la tua femmina di pura Carne di Sozza Suina Viziosa in Calore nuda accanto, ambedue stagionati e sfrizzolati dal morbino del mostrare l’intimo osceno e questo è esattamente il fulcrum della maestosa filosofia superiore che trascende i paradigmi ottusi della società miope, rendendo assolutamente irresistibile l’età, l’imperfezione, la cellulite, il rilassamento dei tessuti, poiché ciò che è difetto per gli standardizzati cervelli morenti è esaltante pregio per noi Eletti Sacerdoti dell’Oscena Sozzura Deviante Amorale.
Senza parole compaio dalle frasche e siedo nudo sul plaid di verde tartan accanto alla Suina Stagionata che scosta le natiche ancora candide per accogliermi accanto a sé, calando l’asciugamano che grottescamente parava sulle spalle come supposta protezione agli sguardi, ben sapendo invece dell’accentratore risultato opposto, ed io esibisco sfacciato il mio Gran Pezzo di Carne di Porco in tutta la sua scappellata dura magnificenza e un laido sorriso di lei dietro l’occhialone da sole è sintomo dell’inizio della manipolazione genitale alla quale mi dedico con vivacissima ed entusiastica passione, trafficando tra quelle molli cosce a ravanar il plissettato pube nudo, caldo e tenero, mentre il Ramificato Consorte traffica sul suo patetico pisellino rinsecchito e le danze anonime travolgono i sensi, con l’acqua porcona che gorgoglia, la ficona sudante che sciacquetta, la manina strizzante la minchiona ultraterrena e il maritone sbavante da ogni poro conosciuto e sconosciuto.
Bello, superbo e divino sentir l’anticata mano porca che fa appassionata sega esperta mentre il mio occhio cade sulle tozze ditina dei piedi e la mia bocca guadagna la suzione di quei ditali di carne induriti come marmo che svettano sui seni candidi e molli e il grugnir di blasfemi apprezzamenti reciproci al limite della bestemmia ci infoia e ci imbestia, conducendoci a un incollaggio epidermico sensuale, contrapposto dall’armeggiar veloce di duro cazzo e aperta fica, sotto gli occhi estasiati del Fortunato Cornuto che, superata la timidezza iniziale, allunga la pargoletta mano accanto a quella della Puttanissima Consorte per saggiare la consistenza di Mastro Tarello allo stato Ultrasolido.
Bello. Belli il veto e la regola dettati da Madame Sozzona: no lingua, no baci, no leccate di sessi, ma solo manipolazione epilettica e allora che manipolazione epilettica sia, mia Vacca Sozzissima, ancorché codesto armeggiar sguaiato e sapiente mi conduce allo schizzo sborrone di lì a poco, schizzo sborrone che irrora le sue cellulitiche e divine cosce e anche il ginocchio rinsecchito del Corneo Marito stabulante in posizione troppo vicina per evitarlo.
Sono a casa, maestosa casa, sublime casa che mi disintossica di tante torbide pene d’oltre cortina, dove il sesso mercenario è zeppo di perfette forme, ma intriso soprattutto di sbiadite essenze e sono esaltato, compiaciuto, strabiliato da tanta crudeltà sessuale, carne frolla d’uso pubblico che saluto alzandomi senza nemmeno tante cerimonie, ritornando nel fittizio del boschizio per poi dileguarmi tra le gelide frasche che par che butti a piovere ed io ho una serata davanti a me, da condividere con amici porci e depravati nella blasonata Domiziopoli, patria del rotacismo erotico. Casa.
Punti fermi
Scrivo in diretta dal bar Centrale, nell’illusione disillusa che tutto potesse essere com’era.
Vado con ordine, sorseggiando il Campari triplo della colazione.
Punto uno
Il bar Centrale ha subito un cambio di gestione. Ciao poppe esotiche dell’Olivia, ciao. Adesso ce l’ha una certa Raffaella, detta Raffa (che nomignolo originale, ma pensa) che viene da Domiziopoli e ha rilevato tutto. Cinquantenne ben tenuta, non bella, altissima, atletica, sportiva, bionda, mascolina con muscoloso charme lesbico e seni abbozzati, sposata con un babbeo improbabile che rimane avvitato allo sgabello della cassa emettendo rari segni di vita. Magari, rispetto all’Olivia, qualcosa ci si guadagnerà, perché la Raffa c’ha l’occhietto spermodromico e la cosa andrà approfondita.
E’ mio preciso dovere indagare, è il mio lavoro, me lo sono scelto io e lo amo.
Punto due
L’Osteria quella Nuova impera alla grande, al punto di essersi snaturata con un triste ampliamento della gamma d’offerta: serate di musica dal vivo. Niente jazz, ovviamente, solo cover e karaoke. Mi si elonga lo scroto che va assumendo la forma di una mongolfiera in caduta accidentale da seimila metri. Bisognerà studiare orari e programmi, perché io di musica dal vivo, a meno che non sia jazz (e pure buono e non mi pare il caso), non ne voglio sapere. Poi c’è la tristezza della seratona paella, quindi meglio informarsi bene, sì.
Punto tre
Il winebar è irrimediabilmente chiuso. Tristissime vetrine sporche dalle quali si intravede ancora l’arredamento interno polveroso ed un cartello dà le indicazioni su chi chiamare in caso qualcuno fosse interessato a rilevare il mobilio. Per questo l’Osteria quella Nuova si è allargata, perché non ha più competitors di classe.
Quanto costerà rilevare il winebar? Boh.
Punto quattro
Da seicentosette metri di distanza ho visto la Giulia parcheggiare una Punto per andare dal fornaio. Una Punto, capite? Ingrassata non poco (la Giulia, non la Punto), sciatta e dimessa, povera Giulia. Non una cellula epiteliale del mio ano chiacchierato ha avvertito l’esigenza di alzarsi per raggiungerla e salutarla. Sé la vì.
Punto cinque
Sulla leggera ebbrezza dell’ennesimo Campari ho chiamato il bel Renè (coppia bestia ndr) per sentire come era e come non era ed egli, affannato ed eccitato come uno schiavetto voglioso di attenzioni sederiniche, mi ha fatto mille feste, aggiungendo che ora sa sì! dove abita la Milly, che abita a Piacenza, ma non ha ancora reperito il numero di cellulare e che ci sta lavorando.
Stasera ove nulla osti, pizzata con lui e Silvana. Speriamo in un dopocena laido dei nostri, che sbatterlo nel culo con vigore a tutti e due mi farebbe un gran piacerone.
Punto sei
Rimango appeso ad un uozzappico “Intanto arriva, poi ci si sente, ciao” e medito.
Oscillo in onore di Foucault da un sonoro, spesso, solido e vibrante “vaffanculo, ma chi cazzo credi di essere” ad una liceale emozione speranzosa di ricevere un uozzappo meno glaciale.
Sintesi taziea: sospensione delle attività, nessun uozzappo, finestra, vediamo, vedremo, vedrò.
Punto sette
La giornata è caldina, mi sembra che tenga il pallido solicello. Quasi quasi, a pomeriggio, in attesa di raggiungere gli amici carissimi a Domiziopoli, mi faccio una strusciata sull’argine porcone del fiume lontano lontano a far mostra del bel cazzone che c’ho in tutta la sua scultorea durezza scappellata a festa.
E perché no? Magari trovo degli amichetti con cui giocare al dottore, chissà.
Alzo gli occhi in alto a sinistra e sorrido sorseggiando l’ennesimo Campari.
Casa.
Bello.
Vado con ordine, sorseggiando il Campari triplo della colazione.
Punto uno
Il bar Centrale ha subito un cambio di gestione. Ciao poppe esotiche dell’Olivia, ciao. Adesso ce l’ha una certa Raffaella, detta Raffa (che nomignolo originale, ma pensa) che viene da Domiziopoli e ha rilevato tutto. Cinquantenne ben tenuta, non bella, altissima, atletica, sportiva, bionda, mascolina con muscoloso charme lesbico e seni abbozzati, sposata con un babbeo improbabile che rimane avvitato allo sgabello della cassa emettendo rari segni di vita. Magari, rispetto all’Olivia, qualcosa ci si guadagnerà, perché la Raffa c’ha l’occhietto spermodromico e la cosa andrà approfondita.
E’ mio preciso dovere indagare, è il mio lavoro, me lo sono scelto io e lo amo.
Punto due
L’Osteria quella Nuova impera alla grande, al punto di essersi snaturata con un triste ampliamento della gamma d’offerta: serate di musica dal vivo. Niente jazz, ovviamente, solo cover e karaoke. Mi si elonga lo scroto che va assumendo la forma di una mongolfiera in caduta accidentale da seimila metri. Bisognerà studiare orari e programmi, perché io di musica dal vivo, a meno che non sia jazz (e pure buono e non mi pare il caso), non ne voglio sapere. Poi c’è la tristezza della seratona paella, quindi meglio informarsi bene, sì.
Punto tre
Il winebar è irrimediabilmente chiuso. Tristissime vetrine sporche dalle quali si intravede ancora l’arredamento interno polveroso ed un cartello dà le indicazioni su chi chiamare in caso qualcuno fosse interessato a rilevare il mobilio. Per questo l’Osteria quella Nuova si è allargata, perché non ha più competitors di classe.
Quanto costerà rilevare il winebar? Boh.
Punto quattro
Da seicentosette metri di distanza ho visto la Giulia parcheggiare una Punto per andare dal fornaio. Una Punto, capite? Ingrassata non poco (la Giulia, non la Punto), sciatta e dimessa, povera Giulia. Non una cellula epiteliale del mio ano chiacchierato ha avvertito l’esigenza di alzarsi per raggiungerla e salutarla. Sé la vì.
Punto cinque
Sulla leggera ebbrezza dell’ennesimo Campari ho chiamato il bel Renè (coppia bestia ndr) per sentire come era e come non era ed egli, affannato ed eccitato come uno schiavetto voglioso di attenzioni sederiniche, mi ha fatto mille feste, aggiungendo che ora sa sì! dove abita la Milly, che abita a Piacenza, ma non ha ancora reperito il numero di cellulare e che ci sta lavorando.
Stasera ove nulla osti, pizzata con lui e Silvana. Speriamo in un dopocena laido dei nostri, che sbatterlo nel culo con vigore a tutti e due mi farebbe un gran piacerone.
Punto sei
Rimango appeso ad un uozzappico “Intanto arriva, poi ci si sente, ciao” e medito.
Oscillo in onore di Foucault da un sonoro, spesso, solido e vibrante “vaffanculo, ma chi cazzo credi di essere” ad una liceale emozione speranzosa di ricevere un uozzappo meno glaciale.
Sintesi taziea: sospensione delle attività, nessun uozzappo, finestra, vediamo, vedremo, vedrò.
Punto sette
La giornata è caldina, mi sembra che tenga il pallido solicello. Quasi quasi, a pomeriggio, in attesa di raggiungere gli amici carissimi a Domiziopoli, mi faccio una strusciata sull’argine porcone del fiume lontano lontano a far mostra del bel cazzone che c’ho in tutta la sua scultorea durezza scappellata a festa.
E perché no? Magari trovo degli amichetti con cui giocare al dottore, chissà.
Alzo gli occhi in alto a sinistra e sorrido sorseggiando l’ennesimo Campari.
Casa.
Bello.
Serata tranquillante
Frizzante atmosfera casalinga con stappo selvaggio di spumanti e schiumanti, scoppiettii di legna guizzante rosse lingue di fuoco e fumi carnensi deliziosi, ma guarda chi c’è, ma Tazione, ma amore, ma su, ma giù, una valanga di simitoni e la Nadia c’ha due bombe allucinanti che non me le ricordavo proprio, l’Antonella Sa-aaarti è simpaticissima e condottiera, che altrimenti con quel somaro chissà dove andrebbe a finire, la Sandra di Zack sempre sul culo m’è stata e sempre sul culo me la ritrovo, mentre piacevole sorpresa la ragazzina dell’Umbe, che c’ha ventisei anni, papaboys-style, ma in gamba, carina e piacevole.
E poi il mio appioppo.
Quarantacinque anni, da corsa, magra e nervosa, pelle scura olivastra macchiettata (sapete cosa intendo no? Quelle macchiette chiare e scure…), nei carini, occhietti piccolissimi e azzurrissimi, occhiaia sensuale da fumatrice incallita, labbra sottili, capelli tinti di un nero Pantone al limite del paradosso, poco seno, un culo da Femmina a generosa chiappa lunga e poi allora ditelo, amici di ‘sta gran ceppa randazza germogliante, ditemelo che la signora non indossa collant, calza sandali slingback aperti davanti e veste una gonna nera al ginocchio. Smalto ciliegia perlato (la perfezione NON sempre è di questo mondo) che denota una stesa antica ed invernale, dato il presentarsi di una base dell’unghia chiara in crescita che tanto mi ricorda la ipereiaculata Lilli Carati che il Signore l’abbia sempre in gloria. Ditelo che volete che il Taziosaurus Rex esca con una ceppa di olivo secolare così dalla sua tana, ditelo. Belle ditina asciutte e lunghe. Paiono pronte per un C’è Fava Per Te con la mia umida e gonfia cappella violacea.
Maggie per gli amici, avvocatessa che ha un’agenzia infortunistica, reduce da mille rocambolesche avventure sentimentali delle quali, ahimè, mi ha reso edotto a puntate interminabili per tutta la serata, molto coglionriempitive. Però, adesso, al di là del fare il scemino e criticare, va detto con cristallina sincerità che metterò in campo OGNI mezzo per portarmela sul lurido futon e punirle gli orifizi del lurido piacere con la cattiveria sadica che so che ella anela, anche se ieri sera non vi sono stati né solidi elementi, né particolarmente laidi ammiccamenti e la circostanza cenale grigliale era ostile ad una prosecuzione genitale. Piacerle le piaccio, comunque. Ha ribadito che sono simpaticissimo (chiavabile quindi, nel dizionario Quarantacinquenne Femmina Single – Tazio Gran Porco Crudo con l’Osso) sessantasette volte, per cui possiamo dire che sui coglioni non le sto.
Bello riconviviare rilassatamente, bello che nessuno si sia preso la fottuta briga di analizzare nel dettaglio microscopico che cazzo faccio a Praga e dintorni, grazie amici, so che immaginate, ma non chiedete perché mi volete bene.
“Fino a quando resti giù?” - mi chiede la Nadia con le sue tette allegramente ipertrofiche.
“Almeno fino al vostro matrimonio” – esordisco felice di scoprirmi ad esordire, anche se so che qualche puntatina sul Baltico ci dovrà essere, ma ora è inutile ed ininfluente pensarci.
Bello riconviviare, cazzo cannibale.
Bello avvertire quel fremito animale nelle mutande che porta la mente a considerare che, alla fine della fiera, me le sarei chiavate tuttissime, a suggello che la mia suinità ruspante della bassa è rimasta immutata e per nulla indebolita, bello.
Bella serata.
E poi c’è ‘sta Maggie, che vedremo. Secondo me porta un quaranta e i piedi a fine giornata le suonano pure, ma vedremo. Speriamo di non sbagliarci. Indagare necesse est.
Bello.
Casa.
E poi il mio appioppo.
Quarantacinque anni, da corsa, magra e nervosa, pelle scura olivastra macchiettata (sapete cosa intendo no? Quelle macchiette chiare e scure…), nei carini, occhietti piccolissimi e azzurrissimi, occhiaia sensuale da fumatrice incallita, labbra sottili, capelli tinti di un nero Pantone al limite del paradosso, poco seno, un culo da Femmina a generosa chiappa lunga e poi allora ditelo, amici di ‘sta gran ceppa randazza germogliante, ditemelo che la signora non indossa collant, calza sandali slingback aperti davanti e veste una gonna nera al ginocchio. Smalto ciliegia perlato (la perfezione NON sempre è di questo mondo) che denota una stesa antica ed invernale, dato il presentarsi di una base dell’unghia chiara in crescita che tanto mi ricorda la ipereiaculata Lilli Carati che il Signore l’abbia sempre in gloria. Ditelo che volete che il Taziosaurus Rex esca con una ceppa di olivo secolare così dalla sua tana, ditelo. Belle ditina asciutte e lunghe. Paiono pronte per un C’è Fava Per Te con la mia umida e gonfia cappella violacea.
Maggie per gli amici, avvocatessa che ha un’agenzia infortunistica, reduce da mille rocambolesche avventure sentimentali delle quali, ahimè, mi ha reso edotto a puntate interminabili per tutta la serata, molto coglionriempitive. Però, adesso, al di là del fare il scemino e criticare, va detto con cristallina sincerità che metterò in campo OGNI mezzo per portarmela sul lurido futon e punirle gli orifizi del lurido piacere con la cattiveria sadica che so che ella anela, anche se ieri sera non vi sono stati né solidi elementi, né particolarmente laidi ammiccamenti e la circostanza cenale grigliale era ostile ad una prosecuzione genitale. Piacerle le piaccio, comunque. Ha ribadito che sono simpaticissimo (chiavabile quindi, nel dizionario Quarantacinquenne Femmina Single – Tazio Gran Porco Crudo con l’Osso) sessantasette volte, per cui possiamo dire che sui coglioni non le sto.
Bello riconviviare rilassatamente, bello che nessuno si sia preso la fottuta briga di analizzare nel dettaglio microscopico che cazzo faccio a Praga e dintorni, grazie amici, so che immaginate, ma non chiedete perché mi volete bene.
“Fino a quando resti giù?” - mi chiede la Nadia con le sue tette allegramente ipertrofiche.
“Almeno fino al vostro matrimonio” – esordisco felice di scoprirmi ad esordire, anche se so che qualche puntatina sul Baltico ci dovrà essere, ma ora è inutile ed ininfluente pensarci.
Bello riconviviare, cazzo cannibale.
Bello avvertire quel fremito animale nelle mutande che porta la mente a considerare che, alla fine della fiera, me le sarei chiavate tuttissime, a suggello che la mia suinità ruspante della bassa è rimasta immutata e per nulla indebolita, bello.
Bella serata.
E poi c’è ‘sta Maggie, che vedremo. Secondo me porta un quaranta e i piedi a fine giornata le suonano pure, ma vedremo. Speriamo di non sbagliarci. Indagare necesse est.
Bello.
Casa.
Pergole, Max, braci e rigatoni
Bello, guardate, semplicemente bello.
Dopo una lunga chiacchierata che ha anche raggiunto delle note acute, io ed il mio carissimo amico Max abbiamo sepolto l’ascia di guerra. L’abbiamo sepolta sotto la pergola esterna anteriore (novità!) della Solita, mangiando i mitici rigatoni al ragù, un galletto allo spiedo e delle verdure cotte. E insomma, senza tanti preamboli e postamboli è tutto a posto, vado al matrimonio e ne sono estremamente felice, sì.
Devo farmi fare un vestito, però. Ma il tempo c’è, il Maximous si sposa il 16 Maggio.
“Viaggio di nozze?” - chiedo masticando – “Nessun viaggio, siamo secchi come il Sahara per via della casa”, mi risponde.
Peccato, però. Il viaggio di nozze va fatto subito se no poi non è la stessa cosa o finisce che non lo si fa più, peccato.
“Dove volevate andare, nel caso?” – insisto spolpando un’ala.
“Ah beh, ci eravamo innamorati di Los Roques, ma fa niente” – mi dice sorridente.
“Ma qualche giorno da qualche parte ve lo prendete vero?” – incalzo – “Sì, sì, quello sì, magari a Firenze.”
Poi verso le quindici e zeroquattro compare il Saaaaaaaaaarti che si siede a sedia rovescia, dopo avermi baciato e abbracciato come fossi stato una figa turbo.
“Oh, vado a prendere la ca-aaarne, adesso, Ma-aaax” esordisce il buonfigliolo e, a quel punto, il Max si illumina e squittisce “Cazzo che coglionazzo, me lo ero dimenticato! Taz stasera grigliatona da me, siamo io e la Nadia, lui con l’Antonella, l’Umbe con la Giulia, il Zack con la Sandra e forse dopocena un altro po’ di gente, vieni anche tu dai, che ci si fan due risate tutti assieme, che rivedi un po’ tutti!” e il Saarti aggiunge “Cazzo sì Taaaz, che porto anche l’amica dell’Antonella che te la trombi e la rilassi che è un periodo che scassa i coglioni che è un brutto lavoro” e si ride e accetto volentieri, ringraziando.
Casa.
Decido di accettare anche se tra una roba e l’altra ho messo piede in casa sabato mattina alle sei, maledetta la Hertz e quel testa di stracazzo, ma lasciamo stare. Decido di andare che ho voglia di umani che parlano con la cadenza sana che tanto mi piace.
E allora ennesima sambuchina col Sa-aaarti e poi via, a buttare la mia salma sul futon a dormire un poquito.
Casa.
Bello, cazzo.
Nota finale: la Marghe Margherita Marghera ha sempre quel panoramico culo in panavision che tante sozzerie mi suggerisce, ma il gelo della sua chiusura col sesso mi smorza.
Peccatone.
Casa lo stesso, comunque.
Dopo una lunga chiacchierata che ha anche raggiunto delle note acute, io ed il mio carissimo amico Max abbiamo sepolto l’ascia di guerra. L’abbiamo sepolta sotto la pergola esterna anteriore (novità!) della Solita, mangiando i mitici rigatoni al ragù, un galletto allo spiedo e delle verdure cotte. E insomma, senza tanti preamboli e postamboli è tutto a posto, vado al matrimonio e ne sono estremamente felice, sì.
Devo farmi fare un vestito, però. Ma il tempo c’è, il Maximous si sposa il 16 Maggio.
“Viaggio di nozze?” - chiedo masticando – “Nessun viaggio, siamo secchi come il Sahara per via della casa”, mi risponde.
Peccato, però. Il viaggio di nozze va fatto subito se no poi non è la stessa cosa o finisce che non lo si fa più, peccato.
“Dove volevate andare, nel caso?” – insisto spolpando un’ala.
“Ah beh, ci eravamo innamorati di Los Roques, ma fa niente” – mi dice sorridente.
“Ma qualche giorno da qualche parte ve lo prendete vero?” – incalzo – “Sì, sì, quello sì, magari a Firenze.”
Poi verso le quindici e zeroquattro compare il Saaaaaaaaaarti che si siede a sedia rovescia, dopo avermi baciato e abbracciato come fossi stato una figa turbo.
“Oh, vado a prendere la ca-aaarne, adesso, Ma-aaax” esordisce il buonfigliolo e, a quel punto, il Max si illumina e squittisce “Cazzo che coglionazzo, me lo ero dimenticato! Taz stasera grigliatona da me, siamo io e la Nadia, lui con l’Antonella, l’Umbe con la Giulia, il Zack con la Sandra e forse dopocena un altro po’ di gente, vieni anche tu dai, che ci si fan due risate tutti assieme, che rivedi un po’ tutti!” e il Saarti aggiunge “Cazzo sì Taaaz, che porto anche l’amica dell’Antonella che te la trombi e la rilassi che è un periodo che scassa i coglioni che è un brutto lavoro” e si ride e accetto volentieri, ringraziando.
Casa.
Decido di accettare anche se tra una roba e l’altra ho messo piede in casa sabato mattina alle sei, maledetta la Hertz e quel testa di stracazzo, ma lasciamo stare. Decido di andare che ho voglia di umani che parlano con la cadenza sana che tanto mi piace.
E allora ennesima sambuchina col Sa-aaarti e poi via, a buttare la mia salma sul futon a dormire un poquito.
Casa.
Bello, cazzo.
Nota finale: la Marghe Margherita Marghera ha sempre quel panoramico culo in panavision che tante sozzerie mi suggerisce, ma il gelo della sua chiusura col sesso mi smorza.
Peccatone.
Casa lo stesso, comunque.
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