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giovedì 12 marzo 2015

Partescipescion

Cazzo son spiazzato. Sono andato a ritirare la posta alla mia casella e tac! spunta una bella busta di carta color panna, lavorata, non vi è dubbio, apro, partecipazioni, il Max che si sposa laconicamente con Nadia, rispondèsilvuplè, il listone infernale è là, la chiesa è quella là, la data è questa qua.
Minchia, mi dico appena con quell’accento moscovita che talvolta mi sfugge, ma darmi un colpo di telefono no? così come idea trasgressiva intendo. Allora metto mano alla rubricàfona del parlàfono e mi becco il Zack e mi informo. Sì anche lui è ben al corrente, che glielo ha detto il Max in persona, idem Lumbe che ha conosciuto anche questa Monica.
Vabbè.
Rispondèsilvuplè? Ma certo, ci mancherebbé. E rispondè anche di personalitè con una telefonè. 
Non so se siamo ancora amici, non lo so. So però che se non lo siamo più lui ha perso un amico vero e io ho smesso di perdere tempo. Poi prendo la Mini Aleparda e mi arreco verso la pale che sul tragitto mi si para innanzi un culo trionfale che mi si scappella il cazzo e mi dico no, dai cazzo Tazio, resisti, la rumena stradale no che ce n’hai dodici a Praga ti supplico.
E così sono andato da un meccanichino amico mio a vedere in cosa trafficava e gira che ti rigira mi sfodera una cinquecento FIAT blu, ma quella vera, quella storica del ’70, quella modello L coi maniglioni sui paraurti, tutta rifatta come Barbara D’Urso, una figata da panico per girare qui nella provincia merdea.
Bella cazzo, ma settemilacinquecento euri se li infila nel culo tutti in monete da 50 centesimi, abbiate pazienza.
E allora eccomi a casa a trapellare col Mac.
Adesso sega selvaggia, doccia e poi un riposino, che stasera esco con entrambe le cazzocannibali e va a sapere tu che me la tolgono quella voglia appiccicosa di buco del culo rumeno che c’ho.
Bonsuar, sgevè, rispondèsilvuplè, ma vamo a fer buchen imbezel dun imbezel.
Vi amo.

domenica 8 marzo 2015

Domenica che volge


Bello qui sul futon col Maccon che scribacchio e progetto col sole che filtra al tramonto e Spotify che mi passa sotto i Led Zeppelin.
La domenica taziale è scivolata pigra e sonnecchiante, con il solo intervallo di una gran sega al telefono con la Ale nella quale ho potuto esprimere il mio gradimento per la sua inattesa pelliccia da cerbiatta genitalmente pelosa.
“Sei crudele Tzietto, non posso masturbarmi e mi mandi in orbita…”
Bello, sì.

Resto ancora un po’, sì. Me lo devo.
Compro il biglietto per Praga, in ogni caso. Business open, in ogni caso.
Adesso devo leggermi un po’ di robina che mi ha inviato il Costafrate che poi la passo al commercialista.
No, non la Lidia, no.
La Ade venerdì notte mi ha tracciato asciutta il quadro della situazione passata: Luchino a Milano, la Lidietta commercializza ancora seduta sulle sue chiappette, il Ruggi in Francia (ma questo lo sapevo già) e il Peppemmerda sfanga la vita facendo il rappresentante di non si sa cosa. La Giulia? Missed in action.

Bello qui a Merdopoli.
Tutto scorre lento e soave: io con la mia pseudo internazionalità da business man abbottonato, le mie Odalische pronte all’uso come se non fosse successo niente mai, le giornate che si stampano uguali e tranquille.
Certo, vi sono nugoli di extracom in più, ma quello succede anche a Praga, anche se là nessuno ha mai incendiato le macchine della polizia.
Forse non ne hanno avuto l’occasione o forse che.

Stasera pizzona con la Ale in un posticione che sa lei.
Poi mi prenderò cura del suo folto pube di cerbiatta pelosa in calore silvestre e il sol pensiero mi fa scappellare la tubatura inossidabile d’acciaio corten.
Bello qui a Merdopoli, me lo devo un soggiornino.
Perché io valgo.

Sabatazio

Bonjour, bonjour, bonzorno, good morning, guten tag, hola, zao, il sabato provinciale dai sapori perduti mi ammanta di serenità immeritata sin dal primo mattino e allora ecco, doccione, barettone, cappuccione e briosciona e un trillino alla Aledellapale che oggi mi è qui, ma domani non si sa,  amo, amor mio, la Ade Bestiale è a Rimini a organizzare un evento, perché dovete sapere che ora lei è una organizzatrice di eventi, di convenscion tra troie e puttanieri, tra cazzi mezzi mosci e fighe svangate, ma tu oggi che fai Ale? ma lavoro alla pale qui e lì e volevo andare in piscina, ma c’avevi dei programmi Divino Tazio? ti dirò dolce Ale, dovrei comperarmi dei clothing e anche vedere di arredare il mio flat, che così non è friendly, non è che c’hai voglia di unirti? ma perché no Re Tazio I? con onore, potremmo mangiare vegetariano laggiù e poi farci due vasche in swimmingpool lassù che ne dici Maestà?, ma dico che è very cool mia Odalisca, poi ci si cambia e si va, detto bene mio Sovrano dallo Scettro di Carne, che ti porto in un paio di buticc che so io e poi ti trascino a vedere l’atellié di desaign di un’amica della Stronzy che magari mi trovi il pezzo ultrakewl che rende più fancy il tuo flat e allora passa a prendermi tu, Ancella Soave, che qui non c’ho el coche e che nel frammentre che arrivi mi faccio una borsa sommaria, con dentro lo Speedo rosso da frocio a cui ho scucito la fodera interna e si va, si sale sulla Mini indemoniata e si vola distanti dal capoluogo di provincia taziale e le Ale mi è molto sportkewl e mangiamo veggy che speriamo che non mi venga lo scrillo in piscina e poi via, via, ad immergerci nelle acque non nuotabili della vasca comunale di sabato, zeppa di famiglie e di pargoli, in mezzo ai quali il bananone sheer tease è  un po’ fuoriluogo, quantunque un paio di mamme affamate di lerciume sozzissimo non abbiano smesso mai di accudire la prole tenendo d’occhio lo Speedo galeotto e sai Ale che con l’intero non ti avevo mai vista e mi metti dei pensierini gioiosi, ma dai SuperCazzio che con quello Speedo Frociante l’hai fatta aprire a metà delle troie in ammollo che si sentono gli zaffi di fica in calore e  haha e hehe e poi doccione e via, alla buticc, cinque camicie bianche classiche, due blue di cotone egiziano, poi un gessato a riga larga color petrolio, passo martedì che il fondo dei pantaloni è fatto, bello quel giubbotto, provalo, è il tuo, Diotazio che sei un Fico della Madonnassassina e mi rendo conto di aizzare l’ormone sia della Ale che della commessa magrina (ma non per questo inchiavabile) e poi via nella Mini obbediente che si arriva nell’atelliè di design dove non trovo un cazzo di un cazzo che ‘sta roba la mi fa cagare un bidè e spulciando minchiate s’è fatta quell’ora, senti amo, vieni a casa mia che siam vicini e mi cambio e poi si esce a prendere l’ape e va bene certo sì, Aluccia del mio cuor e che bella che l’hai fatta la casetta sai?, davvero ti piace, ma ti giuro e la bella Pornella si paventa ignuda davanti a me in fase predoccia che sin lì niente di che, considerate le settantamile chiavate passate, ma attenzione accidenti!, questa volta la novità c’è ed è poprio lì davanti a me, animale e insolente, lucida ed irsuta, la patonza selvaggia densa pelosa, lasciata crescere come la natura puttana vuole e mi sento il pistone che si monta da solo le fasce e il raschiaolio e ancor prima che l’Odalisca di Sogno possa tentare di spiegare le ragioni della scelta la incorazzo sul letto spalancandole le cosce animali e incominciando a leccare quel cuscino di pelo bestiale, annusando afrori africani dalle tinte parmensi e lecco, lecco, lecco, lecco, schiudo labbra, piccole, medie, large ed extralarge, spompinando il cazzetto che mi si indurisce tra le labbra, scivolando sull’irsuto perineo che guida all’imbatuffolato buco del culo che schiude sotto i miei colpi di lingua, “Che bestia sei?” grugnisco in preda al delirio, con la minchia che tira come un cargo maltese, “Sono una cerbiatta in calore” mi controcanta mormorando la superba Odalisca, la cerbiatta mi piace, me la scoperei per davvero nel bosco se tu me la tenessi ferma Purissima Alessandra e l’idea la stravolge e ripete “La cerbiatta… la cerbiatta…”  sì mio piccolo amore zoologico  e lecco, lecco, lecco, lecco, lecco, lecco, lecco, lecco, lecco, lecco, lecco, lecco, lecco, lecco, lecco che siamo quasi a Como che lei mi chiede se dev’essere nuda a tener la dolce cerbiatta mentre io me la chiavo ed io gorgoglio di sì, mi sollevo e le incasso con un colpo deciso la minchia granitica nel zuppo boschetto odoroso e pompo come un pozzo del Qatar, dettagliando quel rapporto animale senza aver idea alcuna di come sia fatta una cerbiatta, quanto grande sia, come si metta a chiavare, ma ciò non importa, la selva onirica in cui stiamo fottendo è perfetta e la bella Ale a occhi chiusi compone un piccolo cameo autonomo in cui la cerbiatta gliela lecca mentre io la inculo e poi la lasciamo andare libera nel bosco e chiaviamo noi due come, d’altra parte, già stiamo chiavando e il perpetuarsi geometrico della scena riproposta sotto svariate angolazioni geometriche ci porta a sborrare talvolta all’unisono, talvolta in jam session, talvolta in assoli perfetti e la notte ci ammanta e fanculo la doccia, la cena, la provincia e tutto il canapè.

“Ti ho pensato tanto sai Taz?”
“Anche io Ale”
“Non è un cazzo vero, ma mi piace che tu me lo dica” – e ride di bianchissimi denti
“Ma te lo giuro, mio amore” - rincaro svergognato
“Non mi va di lavarmi, mio Re”
“Nemmeno a me, mia Regina”

E abborracciamo dei finti sandwich col pane San Carlo da toast un po’ asciutto, beviamo una birretta svampita dal frigo e sbraniamo il fiero pasto in piedi, nudi, in attesa di iniziare la seconda puntata che intitolo  “Le Avventure della Biscia Mannara nel Boschetto del Cazzetto di Sasso”, mentre lei scoppia a ridere con la bocca piena che le si vedono le gengive ricoperte di mollica e io, d’improvviso, medito.

Medito e concludo che questa vacanzina  a casa mi ci voleva e che le Ale senza smalto sulle unghie dei piedi sta benissimo.
E mi affascina, di me, questo lato intimistico e profondo.
Viva la vita.