Cari amici.
Mi rendo conto, con assoluta lucidità consapevole, del vostro inatteso
e commovente affetto, così come mi rendo conto che, dopo un lungo periodo di
assenza, è assolutamente impersonale ripiombare in queste paginette
imbrattandole di qualche ricordo di un’estate appena passata senza nemmeno
un’ombra di spiegazione, quasi fosse un “dovere
editoriale” scrivere qualche sozzura dalle blande tinte umane.
Vi confesso che affrontare, con dovizia di particolari, le ragioni per
cui mi sono scostato dal blog e da voi mi risulta gravoso e difficile, ma sono
certo che, in larga massima, ne intuirete le motivazioni.
Sono oramai due mesi che la Chiaretta è a Londra a lavorare. Fu una
cosa improvvisa, una telefonata, una salita, una proposta. Ritenni che il mio
personale (per quanto sano e naturale) egoismo non dovesse intralciare la sua
crescita personale, per cui, considerata anche la prestigiosità della
situazione (non immaginate che agenzia) la incoraggiai ad accettare, pur
sapendo che un’assunzione avrebbe comportato delle serie difficoltà. La
Chiaretta ha talento, un maledetto raro talento, ha il “tocco”, l’arte, l’abilità,
la visione e merita una palestra adeguata alle sue dimensioni artistiche per
potersi staccare dalla massa informe di ciarlatani che fanno il suo stesso lavoro.
Tra noi non è finito nulla, perché vi sono cose che non terminano premendo un
bottone e, sicuramente, quelle che non terminano premendo un bottone sono le
cose più vere e viscerali. Entrambi portiamo il peso della lontananza,
reggendolo con un reciproco rassicurante sorriso, ma entrambi siamo consapevoli
dell’esistenza di due piani e due realtà: il sentimento e la coltivazione del
medesimo.
Per cui il tempo passa, orfano, ricoperto di telefonate deliziose che,
comunque, non colmano per entrambi una separazione prolungata.
Qualcuno potrà dirmi: perché non vai tu a Londra a trovarla? La
risposta è complicata e, probabilmente, incomprensibile ai più. L’ho
incoraggiata ad accettare la prestigiosa proposta perché ritengo che, a
ventiquattro anni, si debba accettare la sfida di infilare un dito nel culo
alla vita, accettando la complessità che le cose più belle trascinano con loro.
La Chiaretta deve lavorare, gestire il suo danaro, il suo tempo, il suo
rapporto con la famiglia ed il suo rapporto con me. Lo dico perché ci sono
passato sbagliando così intensamente da andare vicino a rimetterci la vita. Lo
dico perché solo a quel modo, solo con la gestione simultanea di tutte le sfere
della vita, ciò che uscirà da lei sarà vero, solido, valido.
Lenire una frattura con sporadiche salite a Londra significherebbe
dirle “gioca che papà tanto arriva” e
io voglio che lei, invece, diventi la Donna che può meravigliosamente essere,
con me o senza di me. Perché sono pronto e disponibile ad accettare anche
questo.
In termini personali è inutile che vi nasconda di essere afflitto da
solitudine e delusione. Qui lo posso dire, qui posso dare corpo a quel sano e
naturale egoismo di cui non lascerò mai che lei possa intuirne i tratti più meschini.
Nel momento in cui il nostro rapporto era andato consolidandosi, nel momento in
cui ero finalmente felice, seppure in un periodo di difficoltà date da
cataclismi naturali e mercato narcotizzato, mi sono nuovamente ritrovato solo a
passare dal via senza ritirare le ventimila lire.
Non faccio tragedie, non enfatizzo i fatti plasmandoli a dramma per captatio
benevolentiae, per bearmi delle vostre repliche affettuose, ma credetemi, a
un certo punto della vita diventa veramente sfibrante doversi concentrare per
gestire l’ennesimo dolore, l’ennesima delusione.
Credo ve lo dovessi, credo che dopo avervi raccontato persino di quante
volte andassi in bagno (ciao Lola), una traccia sfumata delle motivazioni che
mi hanno spinto a sospendere la frequentazione di questo angolino, di questo
privè assolutamente elitario considerato il selezionato, ridotto e grandioso
pubblico che lo segue, la dovessi dare contraccambiando l'amicizia.
Grazie, di cuore, grazie di tutto.
Sono tornato.