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venerdì 5 ottobre 2012

Quando la 'M' diventa una 'V' può capitare

Arrivo, ridi, mangiamo, parli, parlo, ridi, rido, mi chiarisci, capisco, pago, usciamo, camminiamo, saliamo, ti siedi, preparo, brindiamo, mi siedo, Bill Evans, mi piace, ci credo.
Poi prendo la tua sciarpina di seta blu e ti bendo e si smette di parlare, la tua bocca diventa bella e seria, respiri da una fessura tra le labbra, ti prendo per mano, ti lascio bendata in piedi e senza dir niente comincio a spogliarti e, man mano che i pezzi ti lasciano, respiri e deglutisci, che quel collo sensuale viene percorso da una specie di talpa che scende ed è molto erotico e poi comincio a rendermene conto da solo che sei qualcosa di esagerato, con quelle poppe perfette che insultano la gravità e quei capezzoli che puntano all'insù e quella bellissima pancia e il pube fresco di cera e le gambe assassine che nemmeno un pool di ingegneri potrebbe migliorarle, ma nemmeno Raffaello Sanzio o Leonardo da Vinci e poi ritrovo quel che avevo già visto, le dita dei piedi, forse anonime nei sandali, ma interessanti sul mio pavimento deprimente e le vene che ti intarsiano il collo e poi ti giro e prendo le tue mani e le appoggio sul muro grigio e ti faccio allargare le gambe che ti voglio perquisire in punta di dita e ti guardo il culo e io adoro i culi che da in piedi lasciano vedere il buchino e la fica e allora, senza fretta, senza spiegazioni, comincio a toccarti in punta di dita e, talvolta, chiudo gli occhi come se volessi impararti a memoria e godo nel sentirti respirare più a fondo e godo a sentire la pelle d'oca al passaggio delle mie dita e godo a sentire come i capezzoli si intostino e svettino, inscurendosi e increspandosi.

E di tanto in tanto mi tolgo un pezzo, lentamente, per non interrompere la perquisizione che sento gradisci, lo sento dalla fica bagnata, che si gonfia, che si schiude come un'ostrica erotica e ho il cazzo di marmo perchè, cara Emy, sei di una bellezza da infarto e mi arrapi un bel po', sicchè ti giro, e premo leggermente le mani sulle tue spalle e tu capisci e ti inginocchi, sempre bendatissima e cerchi con le mani il mio cazzo e cominci un pompino elegante, fatto con classe, con lingua e con labbra e poi succhi, deprimendo le gote, respirando rumorosa dal naso, accelerando che si vede che godi col cazzo in bocca ed io ansimo, godo, lo succhi bene, senza plateali virtuosismi olimpionici, ma sei bellissima da vedere con la minchia in bocca, è stupendo vedere la bellezza che si tinge d'osceno divenendo irraggiungibile ed imbattibile, poi ti togli di botto la benda e sali e mi infili la lingua in bocca e diventiamo due bisce che si schiantano sul DivinDivano e ci lecchiamo i sessi, che bello che è dirlo così, ci lecchiamo e ci annusiamo i sessi e la tua fica ha un profumo pungente, un fondo dolce su cui spicca una punta acida che mi ricorda la prima fica che ho leccato, gradendone oltremodo l'odore e poi ti lecco e ti annuso tutta, senza godere di animalità, ma di odore di pelle, di dolci profumi sintetici, di liscezza e tenerezza e poi ti entro dentro, mentre quegli occhi di ghiaccio mi guardano mansueti e socchiusi e la bella bocca resta schiusa, mentre ascolti ogni sensazione.

E cominciamo la fase artistica, quella in cui gli amanti si muovono sinuosi come pattinatori sul ghiaccio, quella in cui si studia il piacere, ci si studia nel piacere, cercando di accentuare il piacere dell'altro, la fase glamour, esplicita, ma composta, ma poi piano piano si capisce cosa si vuole ed è un crescendo scomposto, si perde la voglia di controllare come ci si muove e si sfila la sicura, il debole freno e si comincia a farlo davvero, senza curarsi minimamente della propria compostezza e si scopa, si chiava, si ficca, si grugnisce, si suda, si sbatte e la bellezza tinta d'osceno si erige a perfezione, striandosi di istinto animale e io ficco a fondo, soffocando quella piccola fica arrossata che si tende come un preservativo attorno al mio cazzo ed osservo il culo stupendo su cui è stampato il segno bianco del tanga balneare che, insinuandosi tra le natiche illumina l'ano appena più scuro, l'angelo che apre le ali e poi una piccola cresta di carne che unisce il buchino odoroso con la fica strozzata di cazzo e mentre mi inebrio di arte e sublime, mentre avverto l'esistenza di un Creato fatto da qualcuno di superiore, la bellissima Emy si schianta di pancia e comincia a venire cantando, un po' roca e un po' no, affondando le unghie nel bordo del divano, sussultando come un ramo in balia del vento e io sono felice di sentirla godere e la lascio sussultare sino in fondo e poi la giro e le apro le gambe che ancora era in preda al fiatone e le entro di dentro, sollevando le gambe sulle mie spalle e ci guardiamo negli occhi e lei mi tiene strette le braccia ed è interessante, che quasi non ci conosciamo, ma ci stiamo dicendo senza parole una quantità di cose bellissime che è davvero un momento stupendo, che si prolunga e poi lei riversa la testa all'indietro e grida il secondo orgasmo ed io sono estasiato, ammaliato, entusiasta di cotanta bellezza tinta d'osceno e striata di piacere animale.

Solo una frase, una sola, sua, con occhio supplice e sorriso quasi materno, una frase sussurrata, quasi timida, "Vieni… ti prego vieni… " ed io eseguo, sgusciando e smanettandomi, guardando quella statua del Canova stesa a gambe aperte che si accarezza i capezzoli fissandomi il cazzo e con il primo schizzo le raggiungo le tette e poi spruzzo una pioggia di gocce sull'ombelico, sulla pancia, quasi senza emettere un gemito, incapace di smettere di guardarla.

***

In cucina, nudi, a bere, assetati, quasi disidratati. Mi accarezza la schiena e poi dice.
"C'è una signora Tazia che se sapesse che siamo stati a letto assieme ci caverebbe gli occhi, da qualche parte?"
"Sì, c'è"
dico senza nemmeno pensarci.
"Ah. E quando me l'avresti detto?"
"Probabilmente tra tre minuti."
"Quindi è stata una botta e via stasera? Guarda che non c'è nessun problema, è solo per regolarmi"
"Se la metti in questi termini devo dirti di sì"
"E in che termini dovrei metterla, eh Tazio?"
e mi sorride crudele e sinistra.
Poi appoggia il bicchiere e va a rivestirsi, dicendo a voce alta, sorridendo, ma con aria annoiata "Stai tranquillo, mi hai fatto godere, sei molto bravo, mi è piaciuto".
"Ti accompagno?"

Sorride.
"Non c'è nessun bisogno, conosco la strada" e mi lascia un sorriso, scomparendo nella tromba delle scale. 
Un po' stranito accendo la televisione e mi sintonizzo su un canale che trasmette un film di Derrick in tedesco con sottotitoli polacchi.
Poi mi dico, convinto, ma che cazzo me ne frega e vado a dormire.
Bella figa la Emy.
Questo è quanto.

giovedì 4 ottobre 2012

InviTazio

Ieri sera Taziocasalingo, full relax, full duplex, full resting.
Ho chiamato la Skizzetta che ieri ha ritirato le chiavi ed aveva già espugnato la magione e stava mettendo in ammollo le tegole, che mi immagino che razza di macello metterà in piedi, spero solo non si sciolgano i muri con tutto quello che userà. Siamo in un dilemma esistenziale in merito al weekend, poichè comincia a far freschino e lei c'ha poca roba da coprirsi e così sarebbe intelligente la sua discesa e la sua risalita con un paio di valige di roba pesante che là il tempo cambia con uno schiocco di dita, ma per poter fare tutto ciò occorrerebbe ottenere la concessione del boss a rientrare lunedì mattina, perchè coi voli siamo alla canna del gas.
Io penso che sia una richiesta accettabile, considerando che non ha mancato un colpo da mesi. E così oggi chiede.
Poi ci siamo salutati e io mi sono messo a guardare la tivvù e dopo dieci minuti ero tra le braccia di Morfeo, o Orfeo, come dice il dottissimo Costa.
Serata priva di thrilling, insomma.

Stamattina di buon'ora ero al mio posto, sereno come un cielo sahariano, sorseggiando il mio caffettino, quand'ecco affacciarsi alla mia mente un'impetuosa ed insolente, quantunque intrigante, immagine di donna bionda, alta, dal viso bellissimo, svedese, dagli occhi glaciali di un azzurro chiarissmo e, a detta del dottissimo Costa che ne è stato testimone oculare, un tronco di figa da nuda che si sente vacillare la fede.
La dianzi descritta immagine la chiameremo, per comodità, Emy.
Per cui son lì che trastullo la tazzulella e poi guardo l'orologio e mi dico "Tazio, amico di sempre, lascia che te lo dica con la crescente stima che provo per te: quella ti ha lasciato il numero, ha voluto il tuo, è singleissma, non fila l'ex moroso manco di pezza, vedi tu cosa vorrà dire. Pertanto chiamala. Con la emme, al momento". 
E, per una volta, mi sono trovato d'accordo con me stesso ed ho atteso le ore diecizerozero per chiamarla, puntuale come la morte.

"Signorina buongiorno, qui è il Tazio che parla"
"Ciaoooooooooooooooooooooooooooooooooo. Aspetta che mi sposto."

E quando la donna si sposta vuol dire che ti ha classificato alla voce "cazzi-miei-che-le-colleghe-non-devono-conoscere" e questo è già promettente.
Allo squillare di "Eccomi, scusami, ma che piacere, non pensavo mi telefonassi" ed io comprendo, perché viceversa dovremmo pensare di farlo fruttare 'sto business della chiaroveggenza, ebbene, a quello squillare mi produco in un fulgido turbine di cazzate che rotolano e saltellano e rimbalzano come le gioiosamente riottose acque di un montano ruscello e la Emy ride, ride, ride e mi dice che sono matto, cosa che mi trova concorde e non mi stupisce affatto.
E via, via, via, per mille doppi sensi pacati e signorili e lusinghieri riferimenti a quant'è figa e poi tranf, a secco, nella mollezza della rilassatezza ridanciana e del corteggiamento cicisbeo, schiocca l'invito a cena per stasera che la fa vacillare di sorpresa inaspettata, ma poi riprende quota, fa una battuta, ride ed accetta.

Osteria Quellanuova, ore ventietrenta.
Ho fatto bene a darmi retta.

mercoledì 3 ottobre 2012

La Bice

Ieri sera ho finito tardissimo, che erano quasi le nove. Mi sono auto dirottato alla Solita per ingoiare del cibo alla cipolla ascellata e in quel della Solita medesima vi ho incontrato il Ruggi, in solitaria alimentazione. Ohi ma se lo sapevo ti aspettavo, mi hai detto che eri via e non t'ho neanche chiamato, tranquillo, prendo una sedia e mi aggiungo.
E si discorre.
Si discorre e lui inizia a raccontarmi per filo e per segno tutti i cazzi del Luchino, poi tutti i cazzi del Peppino e della Giulina, nuovamente felicemente sposi.
Quelle vicende sono una droga per me, io starei venti ore ad ascoltare, chissà perchè. Forse per lo stesso arcano motivo per cui quando scoreggiamo la annusiamo subito, non so.

E si tira quell'ora, poi si beve un altro gocciolo e poi il Ruggione mi fa "Oh, ascolta qua, c'è una a Razzagalina che si chiama Bice e c'ha 'na bocca che fa delle pompe che non ci credi… cosa dici? Andiamo a sbattercela di brutto assieme?". Percepisco sin da subito l'odor del mercimonio e, nonostante l'antelucana ora di risveglio, aderisco senza pensarci, com'è ovvio.
Il Ruggi paga e telefona alla Bice contemporaneamente, col telefono tra testa e spalla e poi ottiene l'ok che ci aspetta e allora salgo sulla Panamera popolare e schizziamo come sperma a Razzagalina dalla mitica Bice Bocca di Lupa.

A puttane col Ruggi, ma che bella storia. Ci penso e glielo dico, mentre sfrecciamo a duecentosette chilometri orari sulla comunale di Razzagalina e lui ne conviene, fumando e guidando con una mano sola, come ogni bel ras dello zuccherificio della bassa che si rispetti.
E arriviamo dalla Bice. Un gran bel troione sui cinquanta, alta, capelli rosso rame, abbronzata come un Bacio Perugina con triangolature bianche da microcostume, forte somiglianza con la più bella Vanoni che io ricordi. Ci accoglie sulla soglia dell'appartamentino, in un condominietto nuovo di zecca, con addosso solo un negligé nero trasparente e un paio di slipper nere piumate ai piedi. Gran gran bei piedi e gran fisicata per l'età. Proprio una bella mignottona.

Fa la disinibita cordiale, ci offre da bere un cordiale e il Ruggi non va per il sottile e si spoglia in due secondi e, mentre io mi spoglio, mi decanta le doti oratorie della Bice spalpugnandosi la fava per portarla alla durezza di servizio. Al che io faccio uguale e la Bice si spoglia del nulla e si inginocchia e comincia a tirare un succhione al Ruggi e io mi avvicino, fianco a fianco al mio compagno di merende, per gioire dell'ugola della bella Vanoni. Che, va detto, tira delle pompe da segno della croce. Siam lì che godiamo e scherziamo, specie quando vedo scomparire totalmente nella golafiga della Bice la mia intera Nerchia Mannara, cosa che m'è capitata assai rare volte. Ma che bello, tutto nudo di fianco al Ruggi nudo a farmi fare un pompino con lui dalla zoccola stagionata, son momenti di pura poesia, momenti di arte, di tradizione, di cultura.

E mentre la succhiante succhia e i succhiati mugolano, mi corre l'impulso spensierato, ma forse è più corretto dire che mi corre direttamente la mano, sulle chiappe chiacchierate del mio compagno di merende. 
Che non mi arresta, no, continua a mugolare di godimento golale della bella succhiadera ed io non mi esimo, non mi sottraggo, non mi nascondo e non mi esento e palpo,  palpo felice, cerco mollezze tra le natiche ricoperte di biondastri peli morbidi, cerco e tocco e tutto ciò pare essere di una normalità quasi banale.
Poi si decide per la doppietta. Ah behbeh, la doppietta è un must nella puttanagione di coppia amicale.

La Bice, con enfatizzata voce e parlata troianica, esordisce con un mugolato "Venite miei tauri" e si adagia a gambe aperte sul letto.
Tauri. Io il Ruggi siamo una coppia di tauri. Che, presumo, siano animali assai più virili dei banali tori. Eh. Il toro è una checca in confronto al tauro.
E così mi stendo sul letto e la Bice indossa la Taurominchiataziale, mentre alle sue spalle si addressa la Taurominchiaruggerale, che non fatica a scivolarle nel retto, grazie all'abbondanza di lubrificante per tauri che la peripatetica aveva, previdente, cosparso sul suo sbrandellato ano agé.

E noi tauri ci guardiamo negli occhi, mentre la Bitch recita la sua parte e ci guardiamo intensi che sembra che manco ce la stiam cagando, che ognuno spinge del suo e guarda quell'altro perchè, anche se non ci avete mai fatto del caso, amici dediti alla doppiagione durante la puttanagione amicale, il godimento del tauro sta nel sentire la straminchia dell'altro esemplare di tauro che, inculando od inficando, la struscia, la sfrega, la accelera o la decelera, sopra quella paretina ficoanale sottile come la carta colorata di Art Attack, per goder del vostro Taurocazzo. La Bice è un pretesto, è solo un complicato sovrapreservativo a due posti, vivente e mugolante, talvolta purtroppamente parlante, ma la vera fazenda è fare a cazzo su cazzo e questo produce un frociamente orgoglioso piacere interessante, molto interessante, che diviene interessantissimo quando, come un sol tauro, riempiamo i nostri palloncini diafani di sborra diafana.



Si torna, nella notte fresca di ottobre, ad una velocità che porta il cofano della Panamera al calor bianco. Si parla, rilassati (parola grossa col Ruggi al volante), distanti dagli argomenti e dagli approfondimenti e dalle precisazioni in materia di "oh ma lo sai che te lo tirerei nel culo Ruggi?".

Perchè parlare non serve e non si deve.
Siamo uomini d'onore e d'azione.
Siamo maschi.
Siamo tauri, alla fine.
E i tauri, si sa, non parlano.
Agiscono.

lunedì 1 ottobre 2012

Piccolo inciso

Adesso bisogna che dorma almeno un due orette, però prima vi volevo dire una cosa.
Ieri sera siamo andati a mangiare una pizza in un bel posto e la pizza era pure buona. E così, fatti piedino, confessati le solite sozzure indecenti e mi viene spontanea una domanda da farle.
Una domanda semplice, lineare, quasi banale.
"E i tuoi?" chiedo con tre parole apparentemente noiose.
I suoi. Già.
Beh, papino è a Shangai e chi lo porta indietro più, specie considerando la Troiamadre.
La quale si è stabilita a Roma, perché qui "è uno sfacelo deprimente". Mamy a Roma, Papy a Shangai, Bimby a Londra. Una famiglia in cloud, potremmo dire.
In cloud sì, ma con download natalizio, che la Troiamadre sta già pianificando una mega family reunion a Borgoverde, tutti presenti, non si accettano scuse, perchè Mamy se c'è una cosa che ci tiene è il Natale in famiglia. Di tutto il resto non gliene chiava un beneamato cazzo, ma il Natale non si tocca.

"Così mi stai dicendo che se hai qualche giorno di ferie a Natale te ne vai a Borgoverde?"
"Non ci ho ancora pensato, a dire la verità, ma mi farei strappare le ovaie piuttosto che andarci. Le falsità mi disgustano"
"Ma gliel'hai detto del rinnovo di tre mesi venerdì?"
"Sei pazzo? Vuoi che mi caghi il cazzo dicendomi che era ovvio che non mi avrebbero assunta e che invece che genio che è la figlia della Mariasole e minchiate simili? Sono cazzi miei, lei sta a Roma, io ho la mia vita."
"Quindi non sa nemmeno di noi"
"Assolutamente no, zero, nada, niet, nisba, nothing, non voglio commenti di alcun genere su di noi, anche se fossero una pioggia di felicità"


"Andiamo al caldo a Natale, allora"
Mi guarda. La guardo.
"Non c'ho una lira Taz"
"Ho detto andiamo al caldo a Natale, non ti ho chiesto se c'hai una lira."

E sull'onda entusiastica del pensiero di una vacanza caraibica al Club Orient di St. Martin le descrivo il piacere di essere tutti nudi sulla spiaggia la sera di Natale e le notti stellate e il pollo in diecimila maniere e io e lei e Gesù Bambino e che bello, ma lei sorride triste.

"Cosa c'è?" chiedo.
"C'è che mi sento in difficoltà Taz. E la macchina e la casa e la vacanza, io non mi sento a mio agio Taz, perchè è troppo"
E allora prendo un seria considerazione il suo punto di vista e le spiego.
Glielo spiego con chiarezza inequivocabile.
Io non ho comperato un'automobilina a una che aveva già un'auto, io non partecipo alle spese di affitto di una casa a Chelsea con una che già stava a Notting Hill, io non sto "regalando" a lei una vacanza. No.
Io voglio solo che lei raggiunga il minimo sindacale per puntare al massimo come farà prestissimo. L'automobilina serviva a muoversi, la casa a vivere, la vacanza servirebbe a tutti e due per prendere un po' di meritato fiato. Qui io non compro nessuno e lei non deve sentirsi in difficoltà, perché quel poco che faccio lo faccio col cuore e non mi va un cazzo di monetizzarlo, perché il vero costo lo pagherei a non farlo.

"Perchè mi ami Taz?"
"A saperlo. Però va che ti amo da impazzire" e le si imperlano gli occhi di lucido.
"Ok" dico "Natale a Londra, nella Casa dei Puffi, ma nudi." e faccio gli occhi da Psycho e lei ride.
Poi mi prende la mano e mi dice "Ovunque vuoi" e io mi sento sciogliere.

La felicità mi fa una paura porca, sappiatelo.

Monday

Fatto tutto, anche se mi sono fumato una mattina. Però è stato bellissimo perdersi sedicimila volte in questo dedalo infernale di strade senza un senso logico, davvero bellissimo. Anche perché capisci di esserti perso una mezz'ora dopo che hai sorpassato l'ultima opportunità di girare per la strada giusta.
Comunque non importa, la Skiz è ufficialmente l'affittuaria della Casa dei Puffi e fra un paio di giorni avrà le chiavi, a pulizie ultimate.
Inutilmente, perchè la Skizza farà bollire anche gli infissi prima di entrarci dentro.
Anycase, mission accomplished, Supertazio ha colpito ancora e la giustizia ha trionfato, perché è il bene che vince ed è il male che perde, amen e anche nanonano.

Fa un freddo burino oggi, stamattina c'erano nove gradi, magnifico cazzo. Io, che da spaiardino sono venuto su con il Barbour ventenne senza fodera, me la sono goduta proprio. Epppure, pensate amisgi, ho incontrato una tizia biondastro rossastra coi sandali e le ditina di fuori e la cosa mi ha riempito di sublime luce celestiale l'anima e di sangue l'uccello che, anche se non aveva dei gran piedi e aveva uno smalto tristezza color ciliegia perlato, una volta in albergo mi sono raspato una sega davvero gustosa.

Fatto tutto, tutto a posto, domattina alle sei e mezzo parte il mio aereo (cazzomerda, ma non c'erano chance) e ritorno all'ovile, dove nessuno, ma proprio nessuno sa della mia vita londinese e del mio amore pazzesco pazzeschissimo come l'erba spinella pazzesca pazzeschissima. Perchè nessuno sa? Perché sono cazzi miei, ecco perché.
Il prossimo week end si vedrà il da farsi, se scende lei o se salgo io, vedremo, ma sta di fatto che ci vedremo quant'è vero il Gesùccristosantissimodelsacroccuoredellamadonna.

Bene, bene, benissimo, cazzissimo di Giuda, moltissimo benissimo.
Io la amo a manetta, cazzo.

Sunday

Mutandine a pantaloncino grigio mélange, canottierina color lampone, ricci sparpagliati sul cuscino, oggi è domenica, la prendiamo lenta, domani è lunedì ed io sarò ancora qui.
Leggiamo. Fuori piove e non piove.

"A me l'indiano il giorno dopo mi fa scoreggiare come una carrettiera e poi mi brucia il buco del culo a te no?"
"Skiz, amorella, hai messo sulla carne di montone (e ripeto, montone) una bilicata di salsa che mi bruciavano gli occhi solo a guardarla e prima ti eri fatta la zuppa di lenticchie piccante, che mi viene da dire di nuovo piccante e di chiederti se conosci questo termine della lingua italiana. Cazzo, ma hai scoreggiato? C'avrai mica una zia che si chiama Adele vero?"

Un fetore cadaverico e lei non si scompone, ma si gira e mi dice: "A me l'indiano il giorno dopo mi fa scoreggiare come una carrettiera, a te no? Rispondi, cazzo, invece di mandare il replay del menu"
"A me no, Skiz."
"E a me sì. E anche alla Sara."
"Chissà che bell'ambientino quando mangiate indiano tutte e due."
"Morte pura."




"Io mi masturbo" e molla la rivista per terra e infila la pargoletta mano nelle mutandine.
Da perfetto cavaliere le palpo una mammelletta, come icona simbolica di un sottinteso "chiaviamo".
"No.. voglio fare da sola e voglio che mi guardi se vuoi… e se vuoi puoi fare anche tu e io ti guardo se vuoi… " che le parole sono tutto nella vita.
E, per quel motivo, mentre si muove sinuosa come una biscetta erotica, la mia mente, malata e demolita, rianalizza la costruzione della sua frase e mi spinge a dire una cosa precisa, ma, forse e dico forse, un tantino fuori luogo.
"Skiz, ma lo sai che con una frase hai aperto ben otto opportunità? 1. Io non guardo e tu ti masturbi e non mi guardi; 2. Io non guardo e tu ti masturbi e mi guardi; 3. Io guardo e tu ti masturbi e non mi guardi; 4. Io guardo e tu ti masturbi e mi guardi; 5. Io mi masturbo e ti guardo e tu ti masturbi e non mi guardi; 6. Io mi masturbo e ti guardo e tu ti masturbi e mi guardi; 7. Io mi masturbo e non ti guardo e tu ti masturbi e non mi guardi; 8. Io mi masturbo e non ti guardo e tu ti masturbi e mi guardi"
"Tu sei pazzo amoretto lo sai?"
mormora ondeggiando il bacino in seguito all'azione delle dita della pargoletta mano.
"Da prima che mi conoscessi amorazza, non mi cadrai nell'ovvio, nevvero?"
"Leccami la figa così stai zitto dieci minuti e mi fai venire, amorillo"

La ragazza ha senso pratico, sì.



Dopo averle abbondantemente cosparso il culo di KY le premo la cappella nel fiorellino carnoso, che fuori era già buio.
Vuoi per gli estenuanti giochetti, vuoi per il lubrificante, scivolo dentro fino ai coglioni senza nessuna resistenza, sortendo un gemito gutturale.
"Il tuo cazzo mi debilita Taz….." mormora voluttuosa e sensuale, strizzando il buchino del culino.
"Ti debilita perchè è troppo grosso?" chiedo con una malcelata punta di maschile orguogliuo.
"No…" dice spingendo il sederino pasticcino verso il mio pube, chiavandosi il culo da sola.
"Spiegami allora…" dico ansimando, rapito dall'estasi sublime di rimanere fermo mentre mi spompina il cazzo con il viscido buchetto sfondato.
"Mi debilita se non lo prendo ogni due ore…." gorgoglia gaudente, col retto ripieno di minchia rampazza.
Io l'amo.
E non v'è null'altro da aggiungere.

domenica 30 settembre 2012

Saturday

Ho imparato una convenzione londinese.
La convenzione dice: se c'è la stazione della Tube, è Londra. Non importa se nella realtà sei a High Barnet, in culo alla luna a 20 miglia da Piccadilly Circus. Tu sei a Londra, perché in 40 minuti la Tube ti porta a Piccadilly.
Fortunatamente, la Casa dei Puffi non è a High Barnet, seppur sempre servita dalla Northern Line, la Black line.

E' in una stradina tranquilla, a senso unico, stretta, piena di alberi e casette tutte uguali con i mattoni faccia a vista. E' stretta e alta, su due piani e ha un seminterrato accessibile solo dall'interno.
Ha una scaletta di cinque scalini che conduce alla porta, che è un portoncino di legno che necessiterebbe di manutenzione. I muretti di contenimento della scala sono bianchi candidi, probabilmente tinteggiati di recente.
Se la si guarda dalla strada, la scaletta e il portoncino stanno a sinistra, mentre a destra c'è la finestra del soggiorno, anch'essa bordata di un profilo di muratura bianco candido, come le altre due finestre del piano superiore.
E' un po' un modo di dire "hey sembro vecchia e sporca, i mattoncini della facciata lo sono, ma sono in ordine, ben tenuta".
Accanto alla scalinatina principale, sulla destra, in basso, c'è un pozzetto di 4 metri per 2, fondo tre, che è il volume su cui affaccia la finestrina del seminterrato.
Alla sinistra della casa, che è la prima di una schiera di sei ininterrotte, un vicoletto angusto coi bidoni della spazzatura.
Non c'è posto auto, ma chi se ne frega, non ce l'abbiamo l'auto.

Una volta entrati si ha sulla sinistra la scala di legno che porta al piano superiore e, sul fianco destro, un corridoietto stretto che porta dritto alla cucina. Sul muro di destra del corridoietto, poco prima di arrivare alla cucina, ci sono due porte: la prima dà accesso al soggiorno e la seconda, pressochè attaccata, dà accesso alla scala che conduce al seminterrato, che dovrebbe fungere da lavanderia, ripostiglio, saletta da tortura bdsm, le solite cose inglesi.
La cucina è ampia. Ha un suo ripostiglio collocato sulla sinistra, con la sua bella porta, che si spinge sino al sottoscala. Quando si entra si ha davanti una finestra a scorrimento con sotto il lavandino incassato in un mobilio anni '60 giallo budino al limone. Dalla finestra si vede la pezza d'erba di cinque  metri per quattro, circondata di ammuffiti muri alti tre metri, fatti di mattoncini faccia a vista muschiati.
Il mobile che contiene il lavandino, girando lo sguardo verso destra, si interrompe per lasciare spazio alla porta che dà sul giardino.
Giardino, parola grossa.
Poi continua lungo il muro con colonna coi forni, palesemente aggiunta di recenti, i piani dei fuochi, pensili, pentole, piano di lavoro e poi, all'angolo, il frigo e poi un altro mobile verticale e poi all'angolo della porta, tac, un bancone "all'americana", come si diceva nel bieco ventennio, che fa da tavola. Piastrelline color ocra con improbabili fiorami a terra e piastrelle gialline non in tonalità col mobilio sui muri, una bel lampadario semplice.

Poi vediamo il soggiorno.
Ampia finestra che dà sulla strada, caminetto finto Tudor che ospita un televisore LCD di marca Philips. "Funziona?" chiedo alla giunonica agente immobiliare, che si intacchinisce dicendomi piccata con gli occhi a uovo sodo "Certo!!" e prende il telecomando accendendo a manetta il primo canale, al che io dico, no madam, intendevo il camino e lei arrossisce dicendo che non sa, che forse va pulito.
Moquette color panna, pareti bianco ghiaccio, imponente divano spagnolesco, orrendo, di pelle color cacca, tavolo da quattro con sedie in stile, il loro, lampadario liberty orrido, nessun quadro, un ventaglio giapponese sul muro vicino alla tavola e, davanti alla TV, un tea table passabile per piantarci sopra i nostri erotici piedi fetidi, una volta tumulati di sotto gli oggetti gozzaniani che lo ricoprono.
Nessun bagno a piano terra.

Saliamo.
Sul ballatoio tre opzioni: andare dritti per andare a pisciare. Cessetto piccolo, con vasca/doccia, zero bidet e lavandino doppio. Piastrelle losangate blu scuro appaiate ad altre di un marmetto verde da macelleria del Testaccio anni cinquanta, davvero da panico.
Opzione due: porta della camera da letto matrimoniale, grandina, con vista sul giardino. Giardino per dire.
Armadi di palissandro neri che fanno molto morgue, moquettina beige a pelo un po' più lungo, quella da acari, sapete?, carta da parati rosa ton-sur-ton con righe e altri deliri grafici, letto con testiera rivestita di raso color cipria, grande, king size grazie a Dio.
Opzione tre: porta della camera da letto singola, con vista sulla strada.
Stesse cose ma con carta da parati e letto in tonalità dell'azzurro. Il figlio doveva essere maschio, si vede.

Scendiamo e scendiamo nell'interrato.
Lavatrice, congelatore, asse da stiro, scaffali, ben organizzato.
"Qui è dove ti legherò piantandoti aghi nel clitoride" dico alla Skiz in italiano e lei ghigna e l'agente ci guarda spaesata con un sorriso d'imbarazzo ed allora traduco, scusandomi, dicendole che le ho detto che se non fa la brava la metto qui giù in castigo ed allora tutti che si ride e alla fine la Skiz, mentre la seguiamo su per la scala l'agentona, mi mormora "coglione…" e io mi inorguogliuisco.

"Ti piace?" le chiedo in cucina.
"E' fighissimamente kitsch-trash" mi dice sorridente, sputandomi involontariamente.
"E' a cinque minuti a piedi dalla stazione del Tubo" dico e lei annuisce.
"E dalla stazione del Tubo quanto ci si mette, diciamo per Canary Wharf?" le chiedo.
"Non più di un quarto d'ora, penso" poi lo chiede all'agentona e pare che sì, 10-15 minuti.  

Mi giro, guardo l'agentona, le dico che la prendo e iniziamo una trattativa noiosissima da suk de Marrakesh che ci succhia via un bel due ore di moduli e mi succhia anche due banconote viola di impegno che ratificherò lunedì mattina tra banca, bonifici telex, cambio in sterline, taxi per andare da lei e firmare e farmi fare l'espianto di rene per avere le chiavi e i cazzi e i mazzi dell'universo che 'ste robe le odio dal profondo dell'intestino tenue e anche un po' di quello crasso.
Poi esco e mi avvio a piedi con al fianco una che guarda dritta e sorride, sotto una cascata di ricci ballonzolanti.
Non diciamo niente per un bel dieci minuti e poi, arrivati alla stazione del tubo, mi salta al collo e mi dice che è felice da impazzire.
E che bello.
E anche io lo sono, eh.
Minchia sì, c'abbiamo la casa assieme a Londra, minghiaoh.
E in zona due, minghia.

"Skiz, c'ho fame" - "Anche io"
"Fish and chips?" - "Oki"
"Me lo fai un pompino col culo dopo?" - "Solo se poi mi pisci in bocca"
"Ti amo Chià" - "Ti amo anche io Tà"

Com'è tutto romantico, tra di noe.
Tradi, tradi, tradi, noe c'é.... ammmore.

Friday

Non è necessario aspettare lunedì, no. Il d.c. si è espresso venerdì alle 17:30. Com'è andata? Né bene né male, é andata che le ha esteso il contratto di altri tre mesi, fino alla fine dell'anno, a parità di trattamento economico, ma con alcune promesse, che qui quando le fanno le mantengono, altrimenti non le fanno. In primo luogo un bonus legato ai risultati, risultati chiari sin da subito, non fumose cazzate che poi ci si mettono due minuti a dire "ah ma io, ma tu, ma lui, la luna, mi è entrato Marte in Saturno e non Giove in Urano e quindi zero".
E anche l'entità del bonus è definita, quindi nessuna sorpresa sgradevole. Ed è un buon bonus.
In secondo luogo, con chiarezza encomiabile, le ha detto che lei è brava e si impegna moltissimo, ma che se entro gennaio non entra quella commessa forte, non solo lei, ma anche molti altri, non serviranno. Viceversa, se entra la commessa che sta bollendo in pentola, lui la riconfermerà per tutta la durata della lavorazione. 

Come l'ha presa la Chiaretta?
Con lo scazzo, perchè il progetto Casa dei Puffi sfuma, quello sì. E la capisco, perché vivere con la Sara in venticinque metri quadri, dormendo a letto con lei, non è il massimo della vita e ci sta.
Poi, per la sostanza, l'ha presa con una iniziale delusione, perché ci sperava in qualcosa di più stabile, ma poi lentamente, ragionandoci assieme, abbiamo tirato fuori tutti gli aspetti positivi della cosa.
Primo: sei mesi di esperienza garantiti, in quel mostro di agenzia e su quel mostro di cliente, sono un assegno circolare valido in tutto il mondo.
Secondo: continua a restare a Londra, dove le cose girano. Può sempre cominciare a sparare bordate di curricula a destra e a manca che vai tu a sapere. Perché qui il punto è il seguente: se stai nell'agenzia mostruosa, quelli hanno bisogno di commesse mostruose e ingrassano e dimagriscono il team a seconda della ciccia che c'è. Chi vuole fare questo mestiere deve scegliere, almeno sinché non è un art director con diverse campagne forti a portfolio, che in quel caso può dettare le sue condizioni: assunzione o quota societaria. Chi come lei, invece, è partita domani con decorrenza dopodomani, deve scegliere tra rendere blu il proprio sangue creativo saltando di qua e di là per degli anni, oppure abbassare le aspettative e trovare un'agenzia buona e seria che lavora di continuo, una di quelle che oltre a mettere al forno grossi tonni, frigge anche molte sardine, non so se la fine metafora è chiara.

Poi affronto il punto numero tre, il più rognoso, cazzo. La Casa dei Puffi.
Le dico che la mattina successiva saremmo andati comunque a vederla, perchè la voglio prendere in affitto io. Apriti cielo. Non mi ha cavato gli occhi perché mi sono difeso brandendo una sedia ed un attizzatoio, ma nonostante quello c'era quasi riuscita, ma io con scatto felino sono riuscito a iniettarle nel cuore un dose massiccia di Valium e sodio amitale, riuscendo così ad avere la sua rilassata ed ayurvedica attenzione sulla mia geniale bozza di ragionamento.
"Allora ascoltami. La casa al mese costa questo. Se tu dai a me quello che dai alla Sara, rimane questo. Ora, supponendo una mia salita al mese di, diciamo, dodici notti? allora dodici per questo, che è quello che mi costa la camera d'albergo [panzana pura, ndr], fa di più di quello che spenderei nell'affitto al netto di quello che mi dai tu."
Un genio, lo so. Ora potete risedervi, grazie.
"Sì, ma Ciccio, puoi andare anche in alberghi che costano meno eh"
"Sì, ma Ciccia, io sono il Tazio intertazionale e quando mi muovo, mi muovo bene"
"Ma se non l'hai nemmeno vista, che cazzo ne sai che la casa è bene?"
"Ed infatti domattina si va, Cranio Velenoso"
"Cranio Velenoso"
ripete e ride.

Sì, lo so. Avevo sempre detto che non volevo fare il papino che sistema tutto, lo so.
Però nella realtà non le sistemo niente: spende sempre uguale.
D'accordo, spende uguale, ma è messa meglio, quindi in un certo senso faccio il papino. E io avevo detto che non volevo fare il papino, lo so.
Però sapete che c'è?
C'è che non me ne frega un cazzo.
Di tutte le mie contraddizioni, questa è sicuramente la migliore.