Pagine

sabato 31 dicembre 2011

Briefing


Basta trastullarsi con i ricordi incularelli della serata. Qui siamo entrati in defcon 1.
Un esseemmeesse mi comunica che l’unità Charlie 16 è entrata in azione.
Charlie 16 si sta spostando verso il check point Dell’estetista dove rimarrà in presidio sino alle uno zero zero zero Zulu.
Poi il convoglio si trasferirà verso il check point Della Parrucchiera dove rimarrà presumibilmente sino alle uno due tre zero Zulu. A quel punto, lasciato il presidio, completerà la routine al check point Del pescivendolo  dove si limiterà a ritirare il carico per poi tornare alla base, rifocillarsi, fare il sacco e poi spostarsi in convoglio senza scorta sino all’avamposto Bravo 2 nella brughiera.

Io che sono il comandante dell’unità di pattugliamento terrestre Charlie 15, preparerò i viveri e il materiale per il presidio notturno dell’avamposto Bravo 2. Entrerò in azione alle ore uno tre zero zero Zulu, raggiungendo Bravo 2 per prendendere il comando di presidio.
Charlie 16 dovrebbe raggiungermi su Bravo 2 in trenta minuti dall’arrivo.
Cazzo.
Lo distruggiamo questo 2011 stanotte.

Cattivo


I capelli spettinati, per aria, la maglietta viola con le maniche lunghe, la spalla nuda.
Ti alzi e mi dici che vai a fare la pipì. Delizia. La tua pipì calda, ma anche il modo come lo dici.
E ti guardo di schiena, il culo nudo, le gambe nude, i piedi nudi. Come si muovono le tue natiche nude quando cammini. E’ meraviglioso.
La fai, ti lavi, poi torni e sulla soglia della porta mi chiedi se voglio una birretta.
Che figa da crisi internazionale che sei.
Sì, la voglio la birretta e mi alzo e ti seguo, ipnotizzato dalle tue chiappe.
Crolliamo sulle sedie della cucina. Io sono nudo e tu a quel modo. E nonostante tu sia messa a quel modo ti siedi accavallando le gambe, come una figa iperspaziale.
L’orologio segna le undici e mezzo.

“Tà io fra un pochino vado” mi dici bambina, bevendo un altro sorso di birretta.
“Domi?”
“Cosa?”
“Siamo morosi io e te vero Domi?” ti chiedo assalito da una necessità di accatastamento della nostra relazione.
Ridi.
“Direi di sì Tà, perché mi chiedi? Non siamo morosi?”
“Siamo ASSOLUTAMENTE morosi, quindi non fare la troietta in giro ok?” ti dico serio in attesa di reazione.
“Ahòòò??? Ma sei matto??? Io NON HO MAI FATTO la troietta, figuriamoci adesso!!!” mi rispondi piccata, con il piglio della bella bambina arrabbiata seriamente, ma compostamente.
Rido.
Mi picchi.
Forte.
Cazzo se meni Domi, devi fare meno sport.
E tu, con veemenza risentita, mi comunichi che sono cattivo.
Cattivo.

E’ bellissimo.
Cattivo.

Nel profondo


Mormori con la faccia premuta sul cuscino, capelli rossi spettinati e sparsi. Indossi la maglietta con le maniche lunghe viola e basta. Hai le natiche lucide e io sono dentro di te, dietro, che mi muovo appena. Dentro fino in fondo. E tu mormori. Con gli occhi chiusi e la bocca semiaperta. Tra i capelli.

Mormori lenta che ti piace ogni volta di più, di dietro. E io mi muovo lentissimo e tu mormori “ooo…ddddd….ioooo….mmmmioooo” stringendo con le mani eleganti il cuscino. Ti bacio la guancia, sussurrandoti che te lo allargherò come quello delle puttane e mi dici “sì” con un sorriso molle e debosciato. E mi muovo, arretro appena e tu apri la bocca fiatando una “a” silenziosa che si disperde nel nulla. Spingo piano e torno dentro e sibili “ooo… dddddio…”. Sei calda bollente dentro e fuori e non pulsi e stringi più.

Ti sussurro appena, dicendoti che vorrei avere due cazzi per riempirti sia il culo che la figa e mentre lo dico scivolo lentamente all’indietro e tu alzi la testa dal cuscino mugolando una “a” più decisa che si disperde e resti a bocca aperta ed occhi semichiusi dai quali non si riesce quasi a vedere l’iride verde.
Premo e rientro mentre mordi la federa e ti chiedo se lo vorresti un cazzo nella figa adesso e mi dici di sì e quella “i” diventa quasi un pianto.

Le medesime cose assumono significati e sapori diversissimi. Sodomizzarti lentamente, delicatamente, preoccupandomi di darti ogni brivido che mi rendo conto di poterti dare è mostruosamente più sensuale ed erotico di quel ficcare ossessivo dentro a quei culi slabbrati di quelle troie insensibili e fameliche.
Il tuo ano trema, dilatato, delicato, diventa recettore e generatore di mille microscopiche sensazioni e scosse e mi dici che senti i brividi sino alla nuca quando spingo in fondo e li senti correre sino ai capezzoli quando scivolo fuori.

Scivolo. Piano. Pianissimo. Guardo il mio cazzo lucido che esce, mentre tu miagoli ad occhi semichiusi.
Non voglio vedere quanto largo ti rimane il buco se esco, no. Voglio scivolare fuori sino alla cappella, poi versare sull’asta altro lubrificante e rientrare. Scivolo dentro e ti inarchi. Si vedono le scapole dalla maglietta viola sottile. I capelli sparsi. Non offri più alcuna resistenza e lo sento. Dentro. Pausa. Scivolo indietro, poi dentro, poi indietro, poi dentro.

Sollevi il culo, spingi all’indietro per metterti sulle ginocchia e io arretro, lasciandoti muovere, rimanendoti dentro e quando arrivi ad avere il culo all’insù e la faccia schiacciata sul cuscino, godo del cuore trafitto nel centro, spingendo il mio dardo nella carne scura dell’ano e mentre io spingo tu spingi all’indietro, mugolando tremante dei “sì” disperati e io spingo e tu spingi, più forte, più rapidi e sei senza resistenza, sfibrata, molle, aperta. Poi scivolo fuori e ti stendo sul fianco e te lo rimetto veloce, senza fatica, entrando nel burro sciolto del tuo muscolo esausto e ricominci a godere, spettinata, la bocca aperta, la testa reclinata sulla mia spalla, gli occhi chiusi, inarcata, lasciando che sia io a trafiggerti profondamente, cingendo il tuo corpo stupendo con un braccio sul quale stringi la mano, mentre affondo veloce e mi mugoli incerta che sono bravissimo e ti faccio godere e d’un tratto ti animi, mi istighi, mi pianti le unghie e vuoi che ti venga dentro e ti ecciti e divieni agitata e mi chiedi sempre più forte di venirti dentro e io comincio a venire e lasci cadere la testa con un sorriso ed un grugnito e spingi quando spingo e poi scivolo fuori e corro con l’asciugamano a pulire quelle tracce che, con altre, erano goduriosa fonte di umiliazione e, pertanto, andavano osservate ed evidenziate.

Pulisco, ti pulisco, mi pulisco, getto l’asciugamano e cado di schiena, ti giri, mi baci e con la mano ti tocchi tra le natiche e io so il perché, so che è perché ti sembra che non si chiuda più ed allora mi alzo di scatto e te le allargo e allargando il tuo buco sente il riflesso e si riapre, gonfio, ovale, come la bocca della maschera greca della tragedia e quelle pliche che di solito sono sottili ora sono grosse, rosse, lucide, gonfie.
Te lo bacio e sussulti ridendo, poi mi stendo e mi dici serissima e drammaticamente emozionata che ti piace da morire prenderlo lì e che mai e poi mai avevi goduto e pensato che facesse godere a quel modo e poi crolli sfinita.

C’è il tuo odore nella stanza. L’odore delle tue feci mollicce che il mio stantuffare ha mosso. Io lo adoro, tu non te ne curi ed è quello il punto di incontro tra l’osceno e il sublime. L’intimità che cancella i confini, l’intimità che non solo si fa accettazione dei tabù ancestrali, ma diventa ricerca degli stessi come fonte di piacere perché, a quel modo, diviene speciale ed unica intimità.

Sono pazzo di te.

Ultimo bon jour


Bon jour.
Questo è l’ultimo bon jour del 2011. Fa sempre impressione mettere le targhette di scadenza alle cose. Ma da domattina non ci sarà più nessun 2011. E questo è, quindi, l’ultimo bon jour del 2011.
Il 2012 mi fa un po’ paura, ma credo di non essere solo in questo.
D’altra parte non abbiamo molte alternative, quindi staremo al gioco.
Per cui ve li faccio e me li faccio gli auguri.
Perché questi sono gli auguri seri, non quelli di Natale. Cosa ci si augura, in fin dei conti, a Natale?
Invece qui ne va della nostra pelle del culo, qui sì che c’è bisogno di auguri.
Per cui auguri a tutti, che il 2012 ci lasci intatti e sani.
Ne verremo fuori bene, quant’è vero Dio.
Auguri a tutti.

Americano


Stupendo. Una figa da sturbo, coi capelli rossi, armeggia in cucina e prepara due americani e poi mi raggiunge sul DivinDivano dove guardavo Rai News. E’ scalza, la Pornomaiala, perché sa che mi prende il Tiro Randazzao Rampazzo, specie ora che si è messa lo smalto scarlatto per domani sera.
Mi passa, brindiamo, poi appoggia il suo sul titeibol e si inginocchia tra le mie gambe e sbottona ed armeggia e, a farla breve, comincia a ciucciarmi l’uccello e io penso che la vita è bella e che è proprio vero che se la tua donna, quando sei stanco, ti prepara un aperitivo scalza e ti tira un pompino facendoti venire mentre guardi Rai News sorseggiando un cocktail, tu sei un autentico re.
E io lo sono.

venerdì 30 dicembre 2011

Aspettando Docciot


Buonasè.
Giornata intensa oggi. Mi sono sottoposto, per tre interminabili ore, ad un infernale trattamento di strappamento di peli e spinzettamento nei luoghi più impervi. Il mio corpo è stato coperto di cera bollente e poi strappato, abusato, martoriato. Giovani professioniste maneggiavano il mio uccello come fosse taglio di fesa di tacchino, impartendo ordini cortesi, ma irreversibili. “Si giri”. “Apra”. “Si pieghi in avanti”. “Alzi”.
Due donne sconosciute conoscono ogni millimetro del mio Stupendo Corpo di Manzo Maschio rinsanguato col Granporco di Razza Cruda. Hanno toccato, steso, strappato senza tregua, con distacco. Hanno spinzettato il mio scroto, il mio ano, il mio perineo, portandomi allo stadio di Gran Glabro Sessuale A Bestia  in vista della seratona Travesta di domani.

“Vedrà che le cresceranno sempre meno” mi rassicura la Senior che ha brandito il mio Uccellone senza nessuna emozione visibile. “Speriamolo” le ho risposto di rimando. Poi siamo passati al trucco. Dove mi è stato insegnato come fare e mi sono stati consegnati i prodottini. Perché io devo truccarmi max in 5 minuti, mica posso lasciare la Domi di là per tre ore. Fortuna che sono un artista e c’ho una manualità da paura.
Al termine me lo sono detto da sola, ma sono una figa da paura.

Espletato l’aspetto cura del Corpo di Porco Umano, sono sceso veloce dalla montagna e sono ritornato a Taziopoli, dove c’era il rendez-vous Domizieo focalizzato all’acquisto di tutto ciò che non è pesce, che a quello ci pensa lei domani. E così, ancora bruciante di strappi e spinzettamenti, ma con una divina sensazione di troia affamata che mi serpeggiava tra gli inguini, ci siamo diretti al supermercatone.
Da morire.
La Domi guidava le operazioni di guerra. Veloci ed inesorabili. C’era l’universo di gente. Lista alla mano la bella Pornorossa declamava ciò che toccava dopo e io facevo prua verso lo scaffale  a me noto.
Nessun vino è stato acquistato. Quelli arrivano con lei e il pesce.
Molti liquori sono stati comperati.
Più sei bottiglie di Veuve Cliquot Ponsardin, che a me piace anche se lei ha detto “Mh, sì dai, se non c’è di meglio va bene”.

Poi a un tratto, mentre prendevo del caffè dallo scaffale, mi si avvicina con fare circospetto.
Porta una ciocca dietro all’orecchio, finge di grattarsi la bocca per non far riconoscere il labiale e mi mormora “Girati piano. Dietro a te. La bionda. E’ senza calze.”
E mi giro e la vedo, la biondona uccellaia stagionata issata sulle scarpe paperine viola di camoscio che risaltano ancor di più il venato ultrasexy collo del piede bianchissimo. Busted. Sei senza calze. Troia.
 E ce ne andiamo iper rapidi alla cassa, io e la mia complice feticista e lesbichetta inconsapevole e ci puppiamo due ore di coda, ma almeno sono riuscito a evitare la Giuliana, che però mi ha puntato e tenuto d’occhio come il coccodrillo tiene d’occhio la gazzella che beve alla pozza, sorridendo appena ammiccante.

E poi siamo tornati a casa, con la merce e la Domìna mi ha detto che si faceva la doccia e io ho detto ok, ma poi ho aggiunto “sono talmente distrutto che mi vorrebbe un Americano e un pompino”.

“Dammi dieci minuti e ti faccio l’uno e l’altro”

La mia Domi. Siamo come pane e burro io e la mia Domi.

Parliamo piano


E allora cominciamo a confidarci delle cosette anche luride e io resto calmo e tranquillo e ascolto, perché la Domi va presa quando esce e io la voglio prendere, oh sì, oh sì, oh sì.

E così mi dice, si confessa, mi confida, che molti anni addietro, che c’aveva i ventidue più o meno, una sua amica andò in ferie al mare con altri amici e amiche e una sera, complice il lubrificante sociale, si ritrovò in tenda con due amici maschi e se li fece tutti e due. Santa donna. Ma questa notizia sconvolse la Domi, perché la Pornoquaglia era convinta che quelle cose nella vita reale, normale, qualunque, non succedessero ed appartenessero solo al mondo del porno e, in un certo senso, si risentì con l’amica che, nel suo immaginario, non avrebbe dovuto “buttarsi via” a quel modo, bensì avrebbe dovuto preservarsi, custodirsi, proteggersi.

Poi, però, prese confidenza col concetto, smise di demonizzare le scene mentali dell’amica in mezzo ai due maschioni nudi e cazzuti (che tra l’altro conosceva pure lei) e lentamente quella cosa, che rimaneva deprecabile sotto un profilo morale, divenne meno maligna, sempre meno maligna, sempre meno, sinchè  una mattina, risvegliandosi nel suo lettino, corse con la manina nelle braghine del pigiamino e cominciò ad accarezzarsi il tenero fighino pensando all’amica e ai maschioni che la riempivano e provò il bruciante desiderio di essere nuda in mezzo a loro a porcellare grufolando in allegra compagnia.

Che bello. Le confessioni.
Resto calmo e la favorisco nello svuotamento del sacco e lei procede lenta, disordinata, ma mi racconta molto, moltissimo. Mi racconta persino della prima volta che ha preso in mano un cazzo, ops, un pisello.
Dodici anni, festina, maschietto quattordicenne intraprendente, camera da letto, ingroppo sul lettone.
Il bel giovine sfodera la modesta spadina e le guida la mano sopra. Lei stringe decisa e comincia. Comincia la brevissima esperienza, poiché il baldo giovane le viene in mano in dieci secondi netti e la Domi pensa che il sesso sia una cosa fulminea zinf zanf, ma poi col tempo capisce che per il baldo era fulminea, mentre per altri lo era meno.

Si rammarica di non essere mai stata capace di farsi una sveltina disinibita, mentre le sue amiche si destreggiavano disinvoltamente fra coltri lecite ed illecite, giovanili ed adulte, a volte adultere, traendone dichiarata soddisfazione. Racconta di una volta in cui si compose una situazione molto ravvicinata con un ragazzo conosciuto all’università, mentre lei era ufficialmente fidanzata-blindata e mi confessa di aver desiderato ardentemente che il giovane si comportasse come i giovani che frequentavano le sue amiche, provandoci senza mezzi termini, ma il composto ometto, per rispetto della sua fidanzatudine rimase impalato e lei anche e quel pensiero di incompiutezza l’ha accompagnata assieme al rammarico per lungo tempo.

Le confessioni, che bello.
La masturbazione adolescenziale durante il riposino pomeridiano al mare, sedotta dalla mascolinità matura e rozza del bagnino cinquantenne del Bagno da Mario, abbronzatissimo e ricoperto di una sottile peluria bianca, non alto, ma massiccio, muscoloso, maschio, (Rolex?) di cui immaginava arrapata la nudità marcata dal segno bianco del costume, nudità esibita all’interno di una cabina in cui il Salvante la palpava e le toglieva sbavante il bikini orgoglioso del suo tozzo cazzone.
L’ho risceneggiata io, così. Ma è la sostanza che ho ascoltato.
Sostanza che mi ha subito sfrizzolato il velopendulo.

E le ho confessato, a mia volta, che mi sarebbe piaciuto essere in quella cabina, nudo anche io, inginocchiato davanti al bagnino, succhiandogli il tozzo cazzone, mentre lei gli carezzava la pelosa pancia, guardandomi spampinare e lasciandosi palpare da lui.
E’ stata una graziosa scintilla alla quale la Domizia ha risposto immediatamente, aggiungendo un rantolato “continua…” ed io ho continuato, lasciando le briglie della fantasia libere mentre lei, dopo un po’, si è sbottonata i jeans e vi ha introdotto la manina e questo, ve lo giuro, è stato di dirompente emozione.
Continuavo aggiungendo dettagli, sussurrati appena e la Domi aumentava visibilmente il livello di ingrifamento, posizionandosi in area gialla, interrompendomi all’improvviso per chiedermi con dono della sintesi se ce l’avessi duro e a risposta affermativa ha aggiunto un altrettanto sintetico “menatelo…” al quale, per rispetto della mia dama, non ho esitato a dare seguito operativo.

Bello, bello veramente. La mia passione per il cazzo, dichiarata con chiarezza inequivocabile, non ha destato alcuna curiosità o domande di approfondimento o richieste di precisazione. La mia passione per il cazzo la eccita e non c’è niente di strano perché a me la sua passione per la figa, per quanto ancora abbondantemente distratta, eccita moltissimo.
E siamo venuti, vestiti, masturbandoci entrambi sul filo del racconto, in quella cabina con quel bagnino e il suo tozzo cazzo a cui non abbiamo fatto mancare proprio proprio nulla.
Né lui ha fatto mancare nulla a noi.

“Che due maiali che siamo”
“Dici?”
“Sì. Boh. Non so. Sì?”
“Ma và”
“Neanche un po’ dici Tà?”
“Ti è piaciuto?”
“Sì”
“Lo rifaresti?”
“Sì”
“Concentrati su questo e le etichette lasciale alle marmellate”
“Mi piaci Tà” e sorride.
“Anche tu maiala porcona sozza” le sussurro palpandola e ingroppandola.

Che bello, siamo al liceo di nuovo, sono entusiasta.
Autenticamente.