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lunedì 24 ottobre 2016

Manifesto della Maiala - appunti di filosofia srtrapazzata del cazzo

Rinnovare, rivalorizzare, porre sensi relativi in cui l’espressione vocata diviene massima e sublime ricerca della perfezione assoluta, cartesiana, oggettiva, ed è interessante come l’oggettività inserita nel relativismo divenga persino arte e, se un coglione semi analfabeta e sottoculturato come Bob Dylan accede al Nobel, il dolente, ma aperto, buco del culo della Siusy può meritare la copertina di Abitare, buio cunicolo dall’arrossata entrata, perfetta icona dell’architettura rupestre ora in crescente voga tra le persone scic e aptudeit.

Dekiergegaardizziamoci, come esortava Gadda, caliamoci nel piacere dell’esplorazione delle sozze viscere femminili, persino laggiù dove i miasmi possono raggiungere toni insopportabili, sopportiamoli come pegno dovuto al godere ed al piacere, sotterriamo gli imperativi assoluti, travolgiamo il pensiero kantiano e affondiamo la verga come fosse la spada dell’angelo dell’assoluto, riconoscenti ed in debito con colei che tanto gratuito godere ci concede, esaltiamola, non curiamoci di ciò che dice, ma veneriamo ciò che ci concede, amica di pari attitudini compresa, aggrovigliamoci, estendiamoci, purifichiamoci sfregando il glande ipertrofizzato contro le carni molli e odorose delle Muse del Sozzo, Sozzo che non deve depurarsi e divenire candore, ma deve essere isolato e ostentato come un diadema raro, raro come la Vocazione al Puttanesimo che rende la Virtù frigida essenza dei non talentuosi, che annullano e parificano minimizzando i massimi ed esaltando l’astensione ed il premio dell’aldilà, pur di non cimentarsi e confrontarsi col virtuosismo del talento vaginale che porta il premio in terra, tra le cosce di una Sunzona arrapata che dona l’assenza della coscienza meglio di una droga, droga che, peraltro, lei consuma a volontà ed a rischio.

Ancelle del Sozzo, Vestali della Sunzonia, dee immortali che tramandate il vostro verbo affascinando nuove adepte pronte ad immolare un’anonima fica privata al pubblico che, per più versi d’osservazione, ne gode decantandone doti di piacere assoluto, Dee dell’Immortalità dell’uomo cosciente e consapevole, voi, voi dee meritate schizzi di succo d’uomo e venerazione incontrastata.

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«Puttana sacrata alla notte, notte tu stessa; in te il creatore risplende di luce propria. Puttana, sei la salvezza. Dixi et salvavi animam meam»

Italo Tavolato

La semplictà

Semplice, è così semplice, ma così semplice che talvolta mi sembra di rubare in chiesa. Compro mutande da Intimissimi, rigorosi boxer di maglina neri e, mentre spazio guardando i pigiami da uomo la incrocio che guarda pigiami da uomo. “Scusami, ma tu sei la proprietaria del Capitano Paff a Strazzabosco Valnuti Villa del Catenazzo, o mi sbaglio?” – “Non ti sbagli, ma ero proprietaria, ho venduto da un secolo, ma come fai a ricordarti di me???” stupore e emozione e sale la lusinga, cresce, ammanta, scalda, sveglia l’autostima con un “oh, sveglia, sono la Lusinga, ma puoi chiamarmi Lusi”, ed allora il Principe Suino affonda, sorride, finge imbarazzo, confessa antichi deboli, mormora sapidi ed educati corteggiamenti inequivocabili, tra mutande e fusò e la lusinga scioglie, fonde, liquefa e umetta labbra nascoste e tempo un’ora e tredici minuti (sottolineo il timing), scopro finalmente, dopo anni di arrovellamento, la geometria del vello pubico della tenera Arianna MILF benissimo mantenutissima, dolente prigioniera del labirinto del matrimonio che la spinge negli inferi della noncuranza, scopro la dolce morbidezza delle sue non perfette dita dei piedi, ma l’estetica scompare di fronte all’intimità proibita e mollemente concessa e godo con lei orgasmi intensi e profumati di deodoranti ascellari all’Alohe Vera e creme da corpo da banco della parafarmacia.

Tradire per riscattarsi, in un lampo, veloce cedimento infatuato di un “io” vessato e compresso e l’urlo della rivoluzione chiama la fica sulle barricate, spogliandola dell’abito di premio assoluto per colui che manco la caga di striscio e la fica bellicosa si veste da spada di battaglia che ferisce ammiccante  per essere ancor ricordata come la fica della proprietaria del Capitano Paff di Strazzabosco Valnuti Villa del Catenazzo, non consapevole che io, porco di razza di consumati razzolamenti sozzi, dopo questa gradita ficcata forestiera la ristabilirò giù, laggiù dove lo sposo la conserva, nell’oblio del nulla, fedifraga e annullata, sporca di una macchia che renderà moralmente insostenibile salire sulle barricate domestiche per una riaffermazione e, mentre io torno a casa coi miei morbidi boxer di maglina, fresco di una doccia consumata in un alberghetto da troie nascosto in città, lei si scioglierà nei vapori della memoria, come succede in questi casi.

Semplice, anche troppo semplice.
Tazio Bastardo Superstar.

Abrasioni

E questo soffitto viola esiste eccome, i muri stanno lì, la stanza ha confini, gli alberi sono finiti e no, l’amore tuo non può disperdersi nel vento con le rose? Ma anche perché non è maggio e sì ‘stu core torn ‘a maggio chissà a maggio dov’io sarò e mia Mia no, no, no, lacrime amare, ricordi una notte di ottobre, noi soli e puri? un capolavoro, ma poi quante volte hai cercato di entrare nel mio presente e io non posso, no, non posso, occuparmi di adolescenziali drammi consumati un po’ tra le cosce di mamma (che vorrò conoscere, per alcuni dettagli svelati che vi dirò) un po’ tra i diari delle amiche e le mestruazioni dolorose e no, Mia, no, non ce la fo, adiò (per la rima).

Abrasioni azzeccate.