Pagine

sabato 27 agosto 2016

Sabato taziale

Bonjour.
Ieri sera durante i primi sedici minuti dell’ennesima puntata di Suits dove Harvey dice a Michael “ooooOOOOoooouuuUUUU”, che preoccupato corre da Rachel a dire “aaaAAAAaaaaaAAAaaa”, la quale piange guardandolo con gli occhi supplici, ho deciso di donarmi un rinforzato scampolo di assenza vigilato dalla compiacente Chimicamica e sono scomparso da qualche parte nel cosmo blunotte sino a un’ora fa.


Al di là del fatto che vedo Suits solo per gli abiti di Harvey e per quella Grandissimafica di Donna, che per il resto non capisco un cazzo di cosa si dicono in legalese, ieri sera necessitavo proprio di uno scampolo di assenza prolungato, poiché alcune considerazioni sulla mia vita mi avevano depresso.

Vado di seguito ad elencarle con terapeutico ordine.


.1 Li ho, ma non posso usarli
I soldi, naturalmente. Ne ho e molti, sparpagliati in conti esteri nei quali ho messo danari provenienti dalle mie estere attività, ma non essendo riuscito ad accaparrarmi nessuna cittadinanza, tantomeno nazionalità, estera. Per cui stanno là, perché portarli qua significherebbe la galera, pur non avendo operato alcuna fuga di capitali all’estero, tantomeno nessuna evasione fiscale, dato che la ricchezza (legale o illegale non importa) l’ho prodotta colà.

.2 La fidanzata
Concetta è una Donna eccezionale, colta, piacevole, intelligente e drammaticamente chiusa. Sessualmente mi attrae moltissimo, ma non posso gioire di tale dono poiché lei TOLLERA la mia ipersessualità, come se si trattasse di un dazio inesorabile da dover pagare per accedere al resto di me, che le interessa e che, ragionevolmente, credo ami.
La sua maniera di aver cura di me è a dir poco soffocante, travolgente, invasiva, penetrante, immersiva, mortificante talvolta e inesorabile. Troppo. Troppo per me che sono zingaro, musico ambulante, che vorrei stare in cento case o in un motel e mi sento, scusate, così dissonante perché vorrei molti amori e duemila figli come me. (Scusate mi è partito Concato adattato)

.3 Il lavoro
Grazie a Dio ne ho uno, grazie a Dio qualcuno ha avuto una intercessione per farmelo avere, ma io sono sotto pressione, compresso in una bottiglia più piccola di me da qualcuno che teme che la mia espansione possa offuscarlo e non mi sfrutta, tantomeno mi offre prospetticamente l’opportunità di crescere, di raggiungere nuovamente il livello a cui stavo (e che lui sa benissimo qual era) e così precipito quotidianamente in un orario preciso, incastonato in un tavolino piccolo con un pc Windows (che tanto cosa me ne faccio di un costoso Mac da 27”), a scrivere troiate o a rivedere bozze scritte da un altro fregnone come me, sinché campanella non ci separi, senza un buco, un anfratto, uno spiraglio in cui far colare ciò che so fare.
E di questo non posso certo parlarne a Concetta, che sgrana rosari di devozione per quel capo che ha accettato cristianamente di inserirmi nelle retrovie della sua agenzia che fa, a sua volta, parte delle retrovie delle retrovie delle retrovie.

.4 Gli amici
Scomparsi, evaporati, dissolti. Il telefono suona solo per lampeggiare “Concetta” e io sono fermo al fatto che credo che il Guascone Guastato di Costa sia ancora a Praga a dipanar puttane e film porno per l’umanità bisognosa, ma non so nulla di Max, Virus, Umbe, Zack, Loca. Nulla. Né di loro, né delle loro troie. Nulla. Loro sanno che io stabulo dietro a quelle finestre che occhieggiano la piazza, io so che da qualche parte ci sono loro, ma non sopporterei una fredda accoglienza, un sorrisino di circostanza affilato come una lama e allora resto con Concetta che mi dà le pillole e che cucina cose salutari a culo nudo sotto il grembiule, ma tanto quel segnale meraviglioso è solamente una necessità di libertà casalinga senza seguiti materassabili e io mi piego a questo status.

Recito il ruolo di attore secondario nella triste telenovela della mia vita. Ecco cos’è.
Le forze mi tornano e io sento un senso di ribellione, un sapore disgustoso di vita che è passata, mi areno affranto pensando che nei momenti d’oro con la Skiz lei aveva ventitre anni e ora si approssima ai trenta, o forse li ha passati che non so più un cazzo, mi insabbio considerando che vorrei un’altra come lei, giovane e disposta a provare gli eccessi, ma poi guardo la mia carta di identità e mi rendo conto pure io di aver lasciato i miei tempi d’oro e di essere un uomo, seppure ancora bellissimo e torvamente “asaSino” da far sorridere le donne sconosciute per strada.
Devo entrare nell’ordine di idee di aver inanellato solo fallimenti, lavorativi, sentimentali, finanziari, di aver dato luogo a scelte dissennate, senza capitalizzazione, senza oculatezza prospettica.
Ho sostanzialmente fallito tutto e mentre scrivo il cuore mi pompa nel petto come il mio Extraczzo pompava nel culo le sozze donzellette che allietavano, usa e getta, la mia vita di imbecille e so che, dopo aver posto l’ultimo punto ortografico a questo scritto urlante, dovrò ricorrere alla Chimicamica nella figura di Mr.X  per guadagnare un micro sballo rilassante che mi farà fondere sul divano come una frittata scappata al raggio di cattura della padella da cui ha preso il volo.

Questo è logorroicamente quanto, questo è il troppo che dovrei risolvere, troppo anche per uno che è socio di un gallerista di Riga in Lettonia, troppo anche per un Puttaniere Certificato, troppo anche per un solo uomo, troppo anche per due o tre, forse.

E allora riposo le membra e il Membro, stabulo nella mia ristrutturatissima casa nella quale aleggia costante la presenza di Concetta la Fibbianzianata, anche se costei è laggiù al Sud zeppo di aglio, anche se costei vive a casa sua con la figliola giovanissima con la quale, talvolta, usciamo a cena in tre a bordo della Conceptacar, come fa una noiosa, ed incollata per annoiata disperazione, una qualsiasi insignificante famiglia.

Ecco, ora ho vomitato anche l’ultimo tortellino.
Grazie di aver letto sin qui.


venerdì 26 agosto 2016

Cristalli di spigola

Marketing diretto e non direct marketing, su una scatola verde con ramage rilassanti che contiene bustine di una tisana destinata alla digestione che è stata chiamata TISANA SOLLIEVO STOMACO, affossando qualsiasi dubbio relativamente al suo indirizzo di impiego.
Sollievo non me ne dà, prendo due Buscopan e via e noto che anche la scatola del Buscopan ha subito un restyling stilistico, con una mainface su cui campeggia un discutibile e gigantesco logo typo, che in italico e grassetto dice Buscopan.
Come se il Buscopan necessitasse di un affrancamento di mercato che in questi ultimi centodue anni non ha raggiunto.
In questo caso, però, l’head è meno diretta della TISANA SOLLIEVO STOMACO e parla di un utilizzo destinato a “Manifestazioni spastico-dolorose del tratto gastroenterico” dove il trattino assume una valenza di e/o e mi chiedo se esista chi ha “manifestazioni spastiche del tratto gastroenterico” senza aver nessun dolore, ma mentre mi sego con queste pippe da pubblicitario maniacale, il mal di stomaco si riduce e allora viva il Buscopan.

La cui molecola è MButilbromuro di Joscina e quindi nel bugiardino dovrebbe essere indicata un’avvertenza destinata ai “Tauri” che contano di perforare i muri a cazzo dritto e non lo faranno, non quella sera almeno. D’altra parte, bugiardino si chiama, no?

Ho smazzato carte di trattori arcani sino alle due di notte e stamattina sono giunto in agenzia orgoglioso come un ignaro neolaureato del mio malloppo, che ho passato con silenzioso rispetto al mio capo alle ore 8:04, nella certezza che non verrà cagato per tutta la giornata, perché oggi è venerdì e il venerdì, si sa, è tregua.

La mia onirica ancella sessuale oggi non c’è e, guardandomi intorno, nessuna è papabile, come magari, anzi sicuramente, anche la mia ancella oniricosessuale sarà.
Rimango qui a nulla fare pensando che tale nulla fare popolerà anche il mio weekend senza Fibbianzata e scivolo molle su un’ipotesi di weekend ai fornelli per prepararmi una spigola fatta come Nettuno comanda, concedendomi come trasgressione un cucchiaio di olio di oliva in più, anziché un rave casalingo fatto di troie deambulanti in parziale nudità e pipe di vetro da cui fumare ottimi cristalli di Meth, ascoltano robaccia suonata da altri zombie fatti di Meth, chiavando random a destra e a manca senza protezione e con somma soddisfazione del mio io pompino.

D’altra parte, la spigola vince sull’ipotesi Meth, perché io sono fuori dal giro, da qualunque giro, compreso quel casereccio giro di guitti al ragù e/o peperoncino di Soverato (hhhhsoverhhhhatoooh) che erano i miei amici.
Amici.

Amici?
Bah.






giovedì 25 agosto 2016

Ti vuole il capo

“Ti vuole il capo”
Ehggià mi vuole il capo.
E così io mi alzo, occasione ghiotta per guardare le nude dita dei piedi di quella tizia giovane che credo sia una grafica, per me un po’ graNfica perché bella non è ma suda e odora di giornata vissuta che l’ho incrociata prima che rientrava da pranzo, nessuna esagerazione, forse un po’ di ormoni, forse le mestruazioni vicine, ma odora di femmina sessuale mammifera, lo sente il mio sistema Olphon Ciclotronico M24sp, ma mentre passo non mi caga di pezza e allora vado dal capo, perché io adesso ho un capo che mi vuole vedere quando vuole lui perché è lui il capo e io no, magari una volta, quando ero io capo avrei voluto vedere lui per dirgli che non lo volevo vedere mai più, ma adesso la situazione vuole che il capo sia lui e io speri intensamente, per la mia sopravvivenza buffa e bizzarra, che lui, il capo, voglia continuare a vedermi a lungo.

E così è stato.
Mi vuole vedere ancora (evviva!) perché devo smazzarmi una tonnellata di minchiate relative a una specie di trattore di tipo cheminchianeso e quindi sotto che sono già le 15:00 Tazio! echeccazzo stai a vedere che è colpa mia che sono le 15:01, ma non c’è nessun problema, smazzo tutto per domattina, che casomai me lo porto a casa sto merdoso fascicolo agricolo, che tanto non c’ho una minchiasozza da fare che chissà l’Umbe, chissà il Max, chissà quel coglionedimmerda del Costa e poi Virus, chissà dove cazzo sono tutti, adesso che la mia Fibbianzata è a ruttare aglio e a sudarlo nella splendida Calabria, terra di Ringhio Gattuso e di altri onesti calabresi, che i bastardi son qi tutti al nord ad ammorbare di ndrangheta le provincie ex sane, ma tanto le Provincie non esistono più che abbiam risparmiato i triliardi di Dobloni e buona pace di tutti.

E a proposito di pace, chissà che gli sciacalli con la telecamera la lascino stare quella povera (ora ancor di più, ora veramente povera) gente laggiù, che se vogliono sapere cosa si prova ad aver perso una moglie e ad essere rimasti da soli con un “canino” toscano che tace perché ha capito la tragedia meglio di loro, vadano a casa ad ammazzare la propria, di moglie, appena ha finito di farsi chiavare da quattro nigeriani di Boko Haram in libera uscita.
Ecco.

Per il resto tutto bene, bella gente, bella musica, bel locale, bella Nonfica Granfica grafica dall’odore sessuale, bella la voglia di tirarmi una sonorosissima gransega, magari fermandomi prima di venire, che la salute prima di tutto e poi gesù piange.


Vita e fianchi

Affondo i denti nel panone farcito di immondizia saporitissima, che è notte e mi posso permettere di cenare alle 23:00 che la Concia Concetta è scesa in Calabria Saudita e mentre sbavo olio e cipolla bruciata che condisce la carne di porco tritata davanti al camper sozzo che erige la tenda recante la scritta “Panini”, accanto a me giunge una manzetta sui 35 bruciata rossissima dal sole, sfoggiando un abitino dozzinale che si regge avvinghiato sulle tette evidentemente sguarnite di doloroso reggiseno, doloroso a giudicare dal Pantone che le tinge petto e spalle sulle quali colano sporchi capelli mossi che sfuggono dalla fontana spiritosa acconciata col mollone alla sommità del cranio e mentre ordina una lattina di birra con idioma palesemente veneto, le adocchio i piedi ignudi infilati in gustose infradito nere, di gomma, gomma di basso costo che le tinge di nero pneumatico la pelle ancora polverosa di sabbia, sabbia che rende arduo il permanere di un cerotto all’alluce destro che spegne d’incanto la veloce fantasia di accoppiarmi con lei in un lurido cesso di qualche stazione di servizio che lascia aperta la porta nottetempo.

Sono meno sano dieteticamente, meno riposato sonnolentamente, desideroso di sesso occasionale, magari non protetto, magari nel corso dell’uso di droghe naturali o sintetiche, annaffiando l’evento di whisky del Lidl l’evento speciale.

Butto il mezzo panone e mi avvio alla mia auto, rendendomi conto di essere in procinto di avviarmi verso il letto e le droghe ammesse dalla società benpensante, avvertendo un profondo senso di fastidio.
Cos’ho da raccontare? Cos’ho da rivivere con sguaiata soddisfazione triviale, ora che sono radiocomandato da medici e fidanzata remota e ho lasciato la banchina del porto della goduria lurida per navigare nelle sicure e controllate acque del buon agire?

Mi interrogo sino a casa, negandomi persino della sega della buona notte, sgocciolando la droga della salute in una tazzina piena d’acqua accanto alla quale pongo di rito una morositas che mi toglie quel gusto di trielina e mi avvio tra le braccia del pusher Morfineo, con appesa sul pigiama la coccarda del Ragazzo Morigerato dell’anno e mi caco un po’ il cazzo, ma poi dormo.

Dovrò tornare a Londra per una visitina di controllo e non potrò esimermi dal fantasticare di annusare quei collant di gesso che le infermiere indosseranno al mio cospetto e poi mi ricongiungerò alla mia fidanzata in albergo e ceneremo leggeri, poi passeggeremo, poco ma bene, per poi tuffarci o in una montella canonicomissionaria velocesvelta o in un sano sonno ristoratore.

Mi interrogo cosa scrivo a fare di una vita così.