Ultima nota che poi mi proietto a cena che c’ho fame.
Ore ventitre e sedici minuti, nel bel mezzo di Centovetrine edizione 2012 in ceco.
Uozzappo estemporaneo.
“Ciao come stai? Ma mi dici perché mi hai cercata l’altra sera?”
Beh, alcune regole base. Innanzitutto non ci si può brasare di seghe mentali per ore in solitaria e poi spurgare un uazzappo cazzometrico come se io fossi lo stimatissimo Divino Otelma che tutto sa e tutto vede. Secondariamente, se il core della comunicazione è la domanda due, perché sporcare il tutto con l’inutile e impersonale domanda uno? In questi casi si mira al cuore. Violenti, tragici, disperati.
Guardate qui:
“Mi dici perché mi hai cercata l’altra sera, dopo tutto questo tempo?”
Emmelodevimettere il “dopo tutto questo tempo” perché sei sì violenta e disperatamente tragica, ma mi devi dare pure il gancio per abbozzare una risposta, benedettocrocevivaddio.
Non ci siamo, anche qui manca il quid.
Apposta stai a Modena e non a New York.
Dopo ragionevole pausa rispondo così:
“In realtà volevo scrivere a un’altra persona, ma mi sono sbagliato col cursore e ho scritto a te.”
Dura, secca, oltraggiosa, violenta, inappellabile. Questo è il motivo per cui io sono stato a New York per lavoro e a Modena per mangiare.
Ebeh.
Non ha fatto seguito uozzappo alcuno.
E mi scappello furioso mentre Raffa canta “A far l’amore cominci tu” su Planetatv, ancheggiando come la Divina che è.
Che bella Raffa, le mangerei il culo fino a farla rantolare di sozzo godimento con quella porca voce nasale.
E giù di sega imperiale, sperando che Viaggiatore stia stupendamente facendo lo stesso.
Pagine
sabato 4 aprile 2015
Artemisia tu mi provochi e io me te magno
“Ma come sei gentile, volentieri davvero, ma mi spiace che domani mattina lavoro e se bevo qualcosina in più poi sono distrutta, ti va se facciamo domani sera?”
E che mi scherzi? Maccertone che sìone Venkona.
Ebbrava Venka che riattizzi i tizzoni dati per spenti introducendo due (ben due, 2, two, dvě) elementi che un analista come me non può e non deve trascurare.
Item uno: uscire esce e esce anche volentieri, gliel’ho letto nel sorriso.
Item due: la signora beve e non come degustatrice, ma come sbarellatrice (altrimenti la pippa del timore distruzione non avrebbe avuto luogo a procedere).
Ora, essendo che item uno può sommarsi a item due, è assai facile che si crei l’item tre: si potrebbe, con ragionevole margine aumentato, finire a chiavare come arrapati cani randagi nel lussuoso letto del mio lussuoso albergone. “Si potrebbe” ho detto, non “sicuramente”, perché se a tutte le incognite già enunciate, aggiungiamo anche che la Venka mi sbarella da coma etilico (come spesso vedo in giro), la chiavata ci sarà per certo, ma sarà data da una nottata al pronto soccorso ad attendere che si ripigli e questa sarebbe, onestamente, la più sbeffeggiante delle inculate, più che una chiavata.
Mai mettere la stalla davanti al carro mentre i buoi cercano moglie ai paesi tuoi, comunque.
Vedremo domani sera.
Carne ceca d’elite, mi dice come sorridente promessa.
A me basta puzzolente sorca di MILF ceca infoiata, cotta anche al sangue ciapistess.
Artemisia, mio amore segreto, se me la trombo dovrai scrivere dettagliatamente come mi lavoreresti di bocca la nerchia, lo sai questo vero?
Ehbeh.
Perché io vivo col mio tempo e la performàns.
E lo farai anche tu, Art.
Ebeh.
E che mi scherzi? Maccertone che sìone Venkona.
Ebbrava Venka che riattizzi i tizzoni dati per spenti introducendo due (ben due, 2, two, dvě) elementi che un analista come me non può e non deve trascurare.
Item uno: uscire esce e esce anche volentieri, gliel’ho letto nel sorriso.
Item due: la signora beve e non come degustatrice, ma come sbarellatrice (altrimenti la pippa del timore distruzione non avrebbe avuto luogo a procedere).
Ora, essendo che item uno può sommarsi a item due, è assai facile che si crei l’item tre: si potrebbe, con ragionevole margine aumentato, finire a chiavare come arrapati cani randagi nel lussuoso letto del mio lussuoso albergone. “Si potrebbe” ho detto, non “sicuramente”, perché se a tutte le incognite già enunciate, aggiungiamo anche che la Venka mi sbarella da coma etilico (come spesso vedo in giro), la chiavata ci sarà per certo, ma sarà data da una nottata al pronto soccorso ad attendere che si ripigli e questa sarebbe, onestamente, la più sbeffeggiante delle inculate, più che una chiavata.
Mai mettere la stalla davanti al carro mentre i buoi cercano moglie ai paesi tuoi, comunque.
Vedremo domani sera.
Carne ceca d’elite, mi dice come sorridente promessa.
A me basta puzzolente sorca di MILF ceca infoiata, cotta anche al sangue ciapistess.
Artemisia, mio amore segreto, se me la trombo dovrai scrivere dettagliatamente come mi lavoreresti di bocca la nerchia, lo sai questo vero?
Ehbeh.
Perché io vivo col mio tempo e la performàns.
E lo farai anche tu, Art.
Ebeh.
Vedi un po'
Bonsuar.
Sabato santissimo iniziato all’insegna della wellness scatenata: ore 1,5 di tappiarrullanz, 50 vasche, sauna finlandese.
Son lì bello che rilassato come un polipo appena sbattuto per ore su uno scoglio, asciugamano bianco che mi fa da materassino, nudo da estasi, piazzato sulla panca di legno ad assaporarmi i miei bei trecentosettantasette gradi di temperatura quando, all’improvviso, si apre la porta della cabina ed entra lei, una mora sui trentacinque sanisani, dalla pelle ambratissima, capelli raccolti, asciugamano sovrazinnale, che accenna ad un saluto distaccato col capo e poi cala la spugna e si siede totalmente nuda, donandomi lo spettacolo entusiasmante del corpo sapientemente tornito di una MILF d’assalto striker che il signore l’abbia in gloria.
Minchia, mi dico scansionando la MILFona superba da capo a piedi, non riuscendo ad individuare qualcosa che NON mi piacesse a partire dai begli alluci perlati per terminare al fermacapelli a foggia di farfalla che serrava i corvini capelli plastificati nel gel.
Apro le gambe con incuranza, esibendo il tarellone nella cerimonia di scappellamento pre imbarzottimento, ma la bella suina pare non curarsene ed osserva la parete del box come si fa noi, di norma, quando si sale in ascensore con altri.
E sudiamo.
E sbuffiamo.
E grondiamo.
Ed è difficile che in quella temperatura infernale la fava si rizzi magnifica nella sua insolente strapotenza, però ad osservarle quel pube liscio come quello della Barbie (seppur mantenuto serrato con eleganza) mi si materializzava cubista il pensiero di galopparla come una vacca meccanica al Coyote Ugly e la cosa mi strumpallava la mazzapazza che cominciava a gonfiare la vena monster sul dorso della splendida creatura maschia.
Ma lei nulla.
Non uno striscio di cagamento per errore, zero assoluto, o barrato, niet, nisba, ciccia.
E poi, amisgi che mi seguite da casa ricoprendomi di tifo come se fossi un ratto da laboratorio, la temperatura mi ha fatto capitolare.
Ho raccolto le mie strazze a un passo dalla morte certa, salutando in ceco, raccogliendo un mormorato saluto in russo.
Bella russona che ti inchiappetterei come faceva il nonno di Heidi con Heidi nelle sere di gelo.
Poi presto, sega decomprimente sotto la doccia gelata in camera e via come niente fosse.
Ma che fisicata, guaglioni.
Tantarrobba.
Bella Praga cazzomerda.
Sabato santissimo iniziato all’insegna della wellness scatenata: ore 1,5 di tappiarrullanz, 50 vasche, sauna finlandese.
Son lì bello che rilassato come un polipo appena sbattuto per ore su uno scoglio, asciugamano bianco che mi fa da materassino, nudo da estasi, piazzato sulla panca di legno ad assaporarmi i miei bei trecentosettantasette gradi di temperatura quando, all’improvviso, si apre la porta della cabina ed entra lei, una mora sui trentacinque sanisani, dalla pelle ambratissima, capelli raccolti, asciugamano sovrazinnale, che accenna ad un saluto distaccato col capo e poi cala la spugna e si siede totalmente nuda, donandomi lo spettacolo entusiasmante del corpo sapientemente tornito di una MILF d’assalto striker che il signore l’abbia in gloria.
Minchia, mi dico scansionando la MILFona superba da capo a piedi, non riuscendo ad individuare qualcosa che NON mi piacesse a partire dai begli alluci perlati per terminare al fermacapelli a foggia di farfalla che serrava i corvini capelli plastificati nel gel.
Apro le gambe con incuranza, esibendo il tarellone nella cerimonia di scappellamento pre imbarzottimento, ma la bella suina pare non curarsene ed osserva la parete del box come si fa noi, di norma, quando si sale in ascensore con altri.
E sudiamo.
E sbuffiamo.
E grondiamo.
Ed è difficile che in quella temperatura infernale la fava si rizzi magnifica nella sua insolente strapotenza, però ad osservarle quel pube liscio come quello della Barbie (seppur mantenuto serrato con eleganza) mi si materializzava cubista il pensiero di galopparla come una vacca meccanica al Coyote Ugly e la cosa mi strumpallava la mazzapazza che cominciava a gonfiare la vena monster sul dorso della splendida creatura maschia.
Ma lei nulla.
Non uno striscio di cagamento per errore, zero assoluto, o barrato, niet, nisba, ciccia.
E poi, amisgi che mi seguite da casa ricoprendomi di tifo come se fossi un ratto da laboratorio, la temperatura mi ha fatto capitolare.
Ho raccolto le mie strazze a un passo dalla morte certa, salutando in ceco, raccogliendo un mormorato saluto in russo.
Bella russona che ti inchiappetterei come faceva il nonno di Heidi con Heidi nelle sere di gelo.
Poi presto, sega decomprimente sotto la doccia gelata in camera e via come niente fosse.
Ma che fisicata, guaglioni.
Tantarrobba.
Bella Praga cazzomerda.
venerdì 3 aprile 2015
Progettazione uovale
Questa mattina mi sono spostato dall’albergone lussuosissimo verso l’Humble Brothel and Hotel, ma solo dopo aver completato le note cerimonie di tappìarrullanz, nuoto, sauna e colazione.
Come accennavo nel post precedente, mi sono colà recato per ritirare la mia busta gialla contenente i danari guadagnati ieri con il sudore della fica delle cavalline erotiche, verificando anche nel contempo che nessuna delle troie fosse morta e che nessun cliente pure.
Superate queste cerimonie amministrative, che mi fanno sentire veramente un uomo di business arrivato, mi sono spostato all’Hotel, che ho temporaneamente abbandonato causa italica presenza, per andare a salutare la Venka e a ringraziarla personalmente della cortesia in merito alla ricerca dell’ipotetico locale dell’ipotetica galleria dell’ipotetica arte.
Ma vi dirò sino in fondo: mi correva anche la curiosità di sovrapporre quell’immagine onirica di lei porca, plasmata durante la mia piacevole sega, con quella reale. In altre parole: che margine di realtà può possedere l’ipotesi di una Venka maiala che cavalca il mio cazzo randazzo rampazzo mugolando in ceco mentre le sue capezzolute mammellone dondolano materne e vigliacche? Ci può stare che possa essere vero che la mia imperfetta sposotta coetanea sia amante della cappella introdotta nei suoi più intimi, carnosi e odorosi orifizi, oppure è semplicemente il sogno di un erotomanepornosessivo impenitente?
Difficile a dirsi, davvero difficile a dirsi. Con una nota di tristezza debbo anche ammettere che la Venka mi ricorda nel tipo (non nelle fattezze, seppur anch’ella munita di ragguardevole culone estasiante, specie se immaginato intarsiato di cellulite erotica) la Marghe Margherita Marghera, che frantumò, assassina spietata, tutti i miei pornoromanzionirici con quella gelida dichiarazione di chiusura totale verso il sesso.
Mah, argomento fumoso e spinoso, non so.
So solo che lavora domani e domenica, ma lunedì è a turno di riposo, cosa che le impedisce forzosamente di ricongiungersi con la figlia che, attualmente, vive a Katowice in Polonia con la sua famigliona, che non è propriamente dietro l’angolo.
Per cui, cara Artemisia, può anche essere che domani mi prenda lo sghiribizzo di invitarla a cena da qualche parte, indagando sulla percorribilità del sentiero selvaggio che conduce all’interno delle sue mutande a vita alta con cappette al bordo incluse.
Anche se, ripeto, la vedo gran difficile da sperarsi.
Tra poco scenderò nella sala ristorante dell’albergone dove mi sfamerò di cibi che non esistono, ovvero di quei cibi dal sapore strano, anche se gradevole, che inducono a pensare siano propri della cultura di un paese che non esiste, popolato da persone senza volto, oppure da Playmobil gialli dalle braccia senza gomito; l’avete capito: mi riferisco alla cucina internazionale.
E poi non so.
La hall pullula di puttane ultrastrafighe di altissimo bordo, magari ne invito una in camera a vedere la mia collezione di unghie dei piedi e di caccole, oppure mi abbandono ignudo sul letto a vedere senza nulla intendere la bulgara Planetatv o mi sforzerò di capire una puntata del Commissario Rex in ceco o di Friends in russo che rende un casino, specie nelle battute.
Vi aggiorno domani, buona serata.
Come accennavo nel post precedente, mi sono colà recato per ritirare la mia busta gialla contenente i danari guadagnati ieri con il sudore della fica delle cavalline erotiche, verificando anche nel contempo che nessuna delle troie fosse morta e che nessun cliente pure.
Superate queste cerimonie amministrative, che mi fanno sentire veramente un uomo di business arrivato, mi sono spostato all’Hotel, che ho temporaneamente abbandonato causa italica presenza, per andare a salutare la Venka e a ringraziarla personalmente della cortesia in merito alla ricerca dell’ipotetico locale dell’ipotetica galleria dell’ipotetica arte.
Ma vi dirò sino in fondo: mi correva anche la curiosità di sovrapporre quell’immagine onirica di lei porca, plasmata durante la mia piacevole sega, con quella reale. In altre parole: che margine di realtà può possedere l’ipotesi di una Venka maiala che cavalca il mio cazzo randazzo rampazzo mugolando in ceco mentre le sue capezzolute mammellone dondolano materne e vigliacche? Ci può stare che possa essere vero che la mia imperfetta sposotta coetanea sia amante della cappella introdotta nei suoi più intimi, carnosi e odorosi orifizi, oppure è semplicemente il sogno di un erotomanepornosessivo impenitente?
Difficile a dirsi, davvero difficile a dirsi. Con una nota di tristezza debbo anche ammettere che la Venka mi ricorda nel tipo (non nelle fattezze, seppur anch’ella munita di ragguardevole culone estasiante, specie se immaginato intarsiato di cellulite erotica) la Marghe Margherita Marghera, che frantumò, assassina spietata, tutti i miei pornoromanzionirici con quella gelida dichiarazione di chiusura totale verso il sesso.
Mah, argomento fumoso e spinoso, non so.
So solo che lavora domani e domenica, ma lunedì è a turno di riposo, cosa che le impedisce forzosamente di ricongiungersi con la figlia che, attualmente, vive a Katowice in Polonia con la sua famigliona, che non è propriamente dietro l’angolo.
Per cui, cara Artemisia, può anche essere che domani mi prenda lo sghiribizzo di invitarla a cena da qualche parte, indagando sulla percorribilità del sentiero selvaggio che conduce all’interno delle sue mutande a vita alta con cappette al bordo incluse.
Anche se, ripeto, la vedo gran difficile da sperarsi.
Tra poco scenderò nella sala ristorante dell’albergone dove mi sfamerò di cibi che non esistono, ovvero di quei cibi dal sapore strano, anche se gradevole, che inducono a pensare siano propri della cultura di un paese che non esiste, popolato da persone senza volto, oppure da Playmobil gialli dalle braccia senza gomito; l’avete capito: mi riferisco alla cucina internazionale.
E poi non so.
La hall pullula di puttane ultrastrafighe di altissimo bordo, magari ne invito una in camera a vedere la mia collezione di unghie dei piedi e di caccole, oppure mi abbandono ignudo sul letto a vedere senza nulla intendere la bulgara Planetatv o mi sforzerò di capire una puntata del Commissario Rex in ceco o di Friends in russo che rende un casino, specie nelle battute.
Vi aggiorno domani, buona serata.
A ciascuno il suo
Il Costa dopo breve pausa nella bassa per sfoggiare il suo traghetto americano è ripartito per il villaggio ed ora è inserito, con tutti gli onori del caso, nel Consiglio dei Saggi della Tribù.
E’ arrivato colà alla volta di ieri sera, sanosano, che con quella “vettura” non sembra neanche di aver fatto tutti quei pochi duemila chilometri.
Ieri sera prima abbuffata tra la più ristretta cerchia di consanguinei, stasera un paio di anelli di estensione, domani sera un altro paio e domenica e lunedì trionfo panoramico di ogni grado di parentela, amicizia, semplice conoscenza con ammissione al desco anche dei “nonciconosciamomapassavodiqua”.
La Cuccinattroia è in calore animale liquescente da lunedì ed è calda e pronta all’uso in qualsiasi luogo, modo, momento e quantità alla faccia di quel “grancornutazzo” di suo marito, che pare non avere minimamente fiutato l’approssimarsi dello tsunami di sborra che travolgerà la sua irreprensibile consorte ad opera incestuosa del cuccinodipraca.
Tempo previsto di rientro del bardo: non prima del prossimo weekend, vuoi perché la strada è la strada, ma vuoi anche che la fica della cuccina è una tangenziale trafficabilissima, per cui già che è di mano, perché non sollazzarsi la nerchia a dovere tra i fetidi pelazzi suini della meridionale verace? Ebbeatoallui, minghia.
L’ho rassicurato sull’andamento del fior di bordello che ha lasciato qui a malincuore e l’ho aggiornato che i primi transfughi italiani stanno sopraggiungendo a frotte ad impreziosire l’acustica del locale con le imitazioni più fedeli dell'urlo dell'orango in arrapamento irreversibile.
“BBenebbene, Tà, chemmidici lo facciamo bbene il biznez astapasqua allò?”
Lo facciamo da dio, Costaminchia, pur essendo io totalmente estraneo alla gestione, molto presente alla riscossione e, a tratti sporadici, alla fruizione gratuita.
A ciascuno il suo.
E’ arrivato colà alla volta di ieri sera, sanosano, che con quella “vettura” non sembra neanche di aver fatto tutti quei pochi duemila chilometri.
Ieri sera prima abbuffata tra la più ristretta cerchia di consanguinei, stasera un paio di anelli di estensione, domani sera un altro paio e domenica e lunedì trionfo panoramico di ogni grado di parentela, amicizia, semplice conoscenza con ammissione al desco anche dei “nonciconosciamomapassavodiqua”.
La Cuccinattroia è in calore animale liquescente da lunedì ed è calda e pronta all’uso in qualsiasi luogo, modo, momento e quantità alla faccia di quel “grancornutazzo” di suo marito, che pare non avere minimamente fiutato l’approssimarsi dello tsunami di sborra che travolgerà la sua irreprensibile consorte ad opera incestuosa del cuccinodipraca.
Tempo previsto di rientro del bardo: non prima del prossimo weekend, vuoi perché la strada è la strada, ma vuoi anche che la fica della cuccina è una tangenziale trafficabilissima, per cui già che è di mano, perché non sollazzarsi la nerchia a dovere tra i fetidi pelazzi suini della meridionale verace? Ebbeatoallui, minghia.
L’ho rassicurato sull’andamento del fior di bordello che ha lasciato qui a malincuore e l’ho aggiornato che i primi transfughi italiani stanno sopraggiungendo a frotte ad impreziosire l’acustica del locale con le imitazioni più fedeli dell'urlo dell'orango in arrapamento irreversibile.
“BBenebbene, Tà, chemmidici lo facciamo bbene il biznez astapasqua allò?”
Lo facciamo da dio, Costaminchia, pur essendo io totalmente estraneo alla gestione, molto presente alla riscossione e, a tratti sporadici, alla fruizione gratuita.
A ciascuno il suo.
giovedì 2 aprile 2015
Ma siete fieri?
Ma siete fieri di me?
Ieri mattina sveglia a un orario normale per la quasi totalità dell’umanità, discesa nella palestra dell’albergone, un’ora di tappìarrullantz, doccia, venti vasche in piscina, doccia, sauna finlandese, doccia, camera, vestito da signore con la giacca, colazione internazionale, uscita dall’albergone, taxi, incontro con amico della Bara (ma che brutto che fa ‘sto dire) per visita a ipotetica location non male, caruccia, da pensarci. Pranzo col tizio in bistrottino della città vecchia (vegano! vegano! che di maiale in tutte le salse non ne posso più) distinti saluti e partenza.
Ore quattordici e trenta, puntuale come uno scolaretto, due ore di ceco che il signoremisostenga, poi pausa un’ora, fettina di torta e caffè americano all’angolo, ore diciassette e trenta ritorno alla scuola delle torture e sotto con due ore di russo che la fede mi vacilla.
Ovvio che dopo cena casereccia all’Humble Brothel mi sono inculato la Romilda, così, un po’ per voglia di culo sporco, ma un po’ anche per farle fare del budget anche se non ha senso pagarla perché lei lavora per me, ma la ragazza va anche tutelata dalle ire del Costanzone.
C’è poco da fare: sfondata è sfondata, non è neanche malazzo, non si sottrae a nulla, ma non c’ha il quid, non c’ha.
Evabbè, resta sempre una ragazza dai modi garbati.
Anycase, siete fieri?
Ieri mattina sveglia a un orario normale per la quasi totalità dell’umanità, discesa nella palestra dell’albergone, un’ora di tappìarrullantz, doccia, venti vasche in piscina, doccia, sauna finlandese, doccia, camera, vestito da signore con la giacca, colazione internazionale, uscita dall’albergone, taxi, incontro con amico della Bara (ma che brutto che fa ‘sto dire) per visita a ipotetica location non male, caruccia, da pensarci. Pranzo col tizio in bistrottino della città vecchia (vegano! vegano! che di maiale in tutte le salse non ne posso più) distinti saluti e partenza.
Ore quattordici e trenta, puntuale come uno scolaretto, due ore di ceco che il signoremisostenga, poi pausa un’ora, fettina di torta e caffè americano all’angolo, ore diciassette e trenta ritorno alla scuola delle torture e sotto con due ore di russo che la fede mi vacilla.
Ovvio che dopo cena casereccia all’Humble Brothel mi sono inculato la Romilda, così, un po’ per voglia di culo sporco, ma un po’ anche per farle fare del budget anche se non ha senso pagarla perché lei lavora per me, ma la ragazza va anche tutelata dalle ire del Costanzone.
C’è poco da fare: sfondata è sfondata, non è neanche malazzo, non si sottrae a nulla, ma non c’ha il quid, non c’ha.
Evabbè, resta sempre una ragazza dai modi garbati.
Anycase, siete fieri?
martedì 31 marzo 2015
Easter eggs
Domattina alle ore zeroquattropuntozerozero il Costa parte a bordo della sua economicissima GMC Yukon 32.000 a benzina per raggiungere il paesello natio. Appena 1900 chilometri in macchina, una sciocchezza, ma volete mettere la soddisfazione di varcare la soglia del villaggio sotto gli sguardi adoranti di tutta la tribù che lo osanna a bordo di quella monumentale GMC? Non ha prezzo, né in termini di fatica, né in termini di danaro. Penso lo faranno sindaco, anche.
Ieri sera una seria di uazzappi non partiti da me hanno dolentemente sintetizzato una situazione pasquale imperniata verso Roma a trovare mammà che si è trasferita colà da che papychina è morto a settembre, sentitissime condoglianze, un vuoto incolmabile per la Cina tutta.
Argomento complesso quello pasquale, lo so.
Sono nel regno del troianesimo ultraprofessionistico esercitato dalle donne caucasiche più belle del pianeta, talvolta così belle che mi si spegne il dizionario nel cerebro e mi va in blocco una valvola cardiaca, ma questo mica al cabaret o nella platea di Miss Repubblica Ceca, basta già un semplice supermercato per farmi trasudare sperma da dietro alle orecchie, perché le ceche sono le Turbostrafighe Turboassolute e anche piuttosto disinvoltelle nei costumi, ma io sono Mastrominchione e sogno una Pasqua in famiglia, come se avessi mai speso un piconanoerg per tendere ad averne una, nemmeno ora che PARE io ne abbia in cantiere una nell’algida Mosca, ma nonostante ciò mi struggo e mi intristisco di solitudine, pur guardandomi bene dall’andare lassù a verificare la mia paternità, anche se tale decisione non appare così assoluta da pormi al riparo dal desiderare di averne una, limitandomi persino a pensare (come stamattina) di prendermene una già fatta, di famiglia, come quella di Bara, che si è rivelata una MILF da Ascensione di Nostro Signore degli Anelli al Nirvana del Tuca Tuca, purtroppamente sposatissima e madrissima, ma la sua milfaggine indurente mi farebbe risultare accettabile anche la presenza del maritozzo (un culo di maschio non guasta mai) e delle figliozze che da cotanta madre potrebbero essere delle Lolite da crisi ecumenica.
Che fare, dunque?
Strambare e tentare di insinuarsi nelle mutande a vita alta con le cappette sui bordi di Venka, che ce la deve avere pelosa come una nutria e già il pensiero mi ingrifa come una Xalopendra Istrionata, oppure sciogliermi nell’inferno dell’Humble Brothel popolato da odiosi italiani sfigati e urlanti che per Pasqua vengono a disossidarsi la minchia triste oltre cortina, girando nudo e col cazzo costantemente dritto umiliandoli, infilando gratuitamente camere su camere fino a sborrare uno schizzo di sangue, oppure cosa?
Cosa eh?
Cosa?
Aiutatemi, maledetti voi.
***
Ma il Costa, la cuggina strabottana, se la trapanerà al paesello?
Pensiero sudicio e desiderio osceno di cose incestuose.
Vado a farmi una sega, và.
Ieri sera una seria di uazzappi non partiti da me hanno dolentemente sintetizzato una situazione pasquale imperniata verso Roma a trovare mammà che si è trasferita colà da che papychina è morto a settembre, sentitissime condoglianze, un vuoto incolmabile per la Cina tutta.
Argomento complesso quello pasquale, lo so.
Sono nel regno del troianesimo ultraprofessionistico esercitato dalle donne caucasiche più belle del pianeta, talvolta così belle che mi si spegne il dizionario nel cerebro e mi va in blocco una valvola cardiaca, ma questo mica al cabaret o nella platea di Miss Repubblica Ceca, basta già un semplice supermercato per farmi trasudare sperma da dietro alle orecchie, perché le ceche sono le Turbostrafighe Turboassolute e anche piuttosto disinvoltelle nei costumi, ma io sono Mastrominchione e sogno una Pasqua in famiglia, come se avessi mai speso un piconanoerg per tendere ad averne una, nemmeno ora che PARE io ne abbia in cantiere una nell’algida Mosca, ma nonostante ciò mi struggo e mi intristisco di solitudine, pur guardandomi bene dall’andare lassù a verificare la mia paternità, anche se tale decisione non appare così assoluta da pormi al riparo dal desiderare di averne una, limitandomi persino a pensare (come stamattina) di prendermene una già fatta, di famiglia, come quella di Bara, che si è rivelata una MILF da Ascensione di Nostro Signore degli Anelli al Nirvana del Tuca Tuca, purtroppamente sposatissima e madrissima, ma la sua milfaggine indurente mi farebbe risultare accettabile anche la presenza del maritozzo (un culo di maschio non guasta mai) e delle figliozze che da cotanta madre potrebbero essere delle Lolite da crisi ecumenica.
Che fare, dunque?
Strambare e tentare di insinuarsi nelle mutande a vita alta con le cappette sui bordi di Venka, che ce la deve avere pelosa come una nutria e già il pensiero mi ingrifa come una Xalopendra Istrionata, oppure sciogliermi nell’inferno dell’Humble Brothel popolato da odiosi italiani sfigati e urlanti che per Pasqua vengono a disossidarsi la minchia triste oltre cortina, girando nudo e col cazzo costantemente dritto umiliandoli, infilando gratuitamente camere su camere fino a sborrare uno schizzo di sangue, oppure cosa?
Cosa eh?
Cosa?
Aiutatemi, maledetti voi.
***
Ma il Costa, la cuggina strabottana, se la trapanerà al paesello?
Pensiero sudicio e desiderio osceno di cose incestuose.
Vado a farmi una sega, và.
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Ubicazione:
Praga, Repubblica Ceca
lunedì 30 marzo 2015
La Troja e la Bara
E allora arriva ‘sta orda di russi che invadono il mio bell’alberghetto perché son lì per affari e il Costa gli procura cena, dopocena, camera e copertine umane, indaffarato come un lacchè a correr dietro a questi esseri infami, chiudendo l’Humble Brothel solo per loro, catering italiano e leccate di culo e a me vien da sboccare, tant’è che faccio su due cose nello zaino e decido di dormire in un altro albergo a cazzo, possibilmente confortevole e silenzioso.
Schiodo approssimativamente alla volta delle diciassette e tredici, momento in cui anche Venka, la concierge del turno diurno lascia il lavoro e allora la accompagno per un pezzo di strada. Va detto subito che tra Venka e il concetto di figa c’è lo spazio che separa me da un chirurgo ortopedico, ma è una persona molto cordiale, sulla quarantina, che parla perfettamente inglese e due chiacchiere non mi guastavano affatto.
Al che io la butto lì, così, senza secondi fini, sciallo, isometrico e un po’ piezometrico e le chiedo se le va di mangiare un boccone e lei mi dice di sì senza sforzo (ah che belle le donne dell’est! No fa no e sì fa sì senza tante moine) e allo scopo di compiacermi mi porta in una pizzeria italiana che lei reputa il top, che italiana lo è come io sono ceco, ma apprezzo sperticandomi in lodi e ringraziamenti di farmi sentire a casa e mangiamo ‘sta strana cosa che chiamano pizza.
Si discorre, la Venka è divorziata, c’ha una figlia di ventidue anni sposata e bella che mamma, mi racconta, poi mi chiede, le racconto due frottole e poi una cosa vera: mi piacerebbe trovare un adeguato luogo in cui pensare di poter aprire una galleria d’arte, magari nella quale dipingere anche e ma che bello, ma sì, ma vero? ma ti giuro e allora lei mi fila la dritta: quando voglio, una mattina, devo raggiungere piazza Troja nella città vecchia (giuro, morissi qui, c’è una piazza Troja in cui devo ASSOLUTAMENTE trovare casa) e in una certa galleria d’arte contemporanea pubblica cercare una guida turistica sua amica, tale Bara (il nome non promette niente di allegro, ma amen) che pare potermi aiutare che è del settore.
Così domattina vado in Piazza Troja a incontrare la Bara, che stamattina c’ho avuto i miei cazzi da risolvere con noiose questioni di banca.
Bella serata, comunque, onesta e serena, terminata alle ventidue e trentuno, ora in cui ho fatto il check in in un albergone del centro dove riposare silenziosamente le mie stanche membra.
Nessun uozzappo mi ha chiesto se dormivo ed in cuor mio non me ne poteva sbattere di meno di sapere se qualcuno dormiva via uozzappo.
Ho solo pensato alla Venka e a come deve chiavare, me la sono immaginata che mi cavalcava tutta nuda ed eroticamente imperfetta e mi sono tirato una sega di non disprezzabile fattura.
Oh ma sapete che ‘sta Praga funziona?
Rimane il nodo Pasqua da sciogliere, ma ne parleremo diffusamente in un altro momento, che mica è roba che si liquida in due e due quattro.
Basgi, amisgi e amighe.
Schiodo approssimativamente alla volta delle diciassette e tredici, momento in cui anche Venka, la concierge del turno diurno lascia il lavoro e allora la accompagno per un pezzo di strada. Va detto subito che tra Venka e il concetto di figa c’è lo spazio che separa me da un chirurgo ortopedico, ma è una persona molto cordiale, sulla quarantina, che parla perfettamente inglese e due chiacchiere non mi guastavano affatto.
Al che io la butto lì, così, senza secondi fini, sciallo, isometrico e un po’ piezometrico e le chiedo se le va di mangiare un boccone e lei mi dice di sì senza sforzo (ah che belle le donne dell’est! No fa no e sì fa sì senza tante moine) e allo scopo di compiacermi mi porta in una pizzeria italiana che lei reputa il top, che italiana lo è come io sono ceco, ma apprezzo sperticandomi in lodi e ringraziamenti di farmi sentire a casa e mangiamo ‘sta strana cosa che chiamano pizza.
Si discorre, la Venka è divorziata, c’ha una figlia di ventidue anni sposata e bella che mamma, mi racconta, poi mi chiede, le racconto due frottole e poi una cosa vera: mi piacerebbe trovare un adeguato luogo in cui pensare di poter aprire una galleria d’arte, magari nella quale dipingere anche e ma che bello, ma sì, ma vero? ma ti giuro e allora lei mi fila la dritta: quando voglio, una mattina, devo raggiungere piazza Troja nella città vecchia (giuro, morissi qui, c’è una piazza Troja in cui devo ASSOLUTAMENTE trovare casa) e in una certa galleria d’arte contemporanea pubblica cercare una guida turistica sua amica, tale Bara (il nome non promette niente di allegro, ma amen) che pare potermi aiutare che è del settore.
Così domattina vado in Piazza Troja a incontrare la Bara, che stamattina c’ho avuto i miei cazzi da risolvere con noiose questioni di banca.
Bella serata, comunque, onesta e serena, terminata alle ventidue e trentuno, ora in cui ho fatto il check in in un albergone del centro dove riposare silenziosamente le mie stanche membra.
Nessun uozzappo mi ha chiesto se dormivo ed in cuor mio non me ne poteva sbattere di meno di sapere se qualcuno dormiva via uozzappo.
Ho solo pensato alla Venka e a come deve chiavare, me la sono immaginata che mi cavalcava tutta nuda ed eroticamente imperfetta e mi sono tirato una sega di non disprezzabile fattura.
Oh ma sapete che ‘sta Praga funziona?
Rimane il nodo Pasqua da sciogliere, ma ne parleremo diffusamente in un altro momento, che mica è roba che si liquida in due e due quattro.
Basgi, amisgi e amighe.
domenica 29 marzo 2015
Praga e l'inchiostro onirico
Laddove la sensuale, sfacciata e oscena Praga vada inducendo ricordi nitidi di inchiostrati passati che nemmeno il buco del culo arrossato e sfondato della giovane candida troia che ha dianzi accettato d’essere sbattuta con furore belluino nel cesso del bar Rocket dove ha ceduto il suo bel corpo di non professionista in cambio di centosei vodke e 25.000 corone, orbene, in tale condizione risulta ancor lecito e sensato, al puttaniere italico dal cazzo di enorme dimensione, valutare l’ipotesi di cercare quella arabescata puttana sublime che tanto sollazzo gli diede e che ora compare insolente nella sua mente offuscata dalle tre fumate di eroina in compagnia della suddetta candida troia, oppure appare più sensato il godere del risultato ottenuto con un’emerita sconosciuta bramosa di farsi sodomizzare, totalmente nuda, appoggiando le mani ai sozzi orinali a muro di quel lurido bar dimmerda?
Ah che quesiti atroci, appena leniti dall’osservare quelle ditina dei piedi separarsi dalla pressione del corpo su quelle piastrelle bianche e nere impreziosite di strappi di carta igienica zuppi di piscia maschile.
Nessuna parola mia ella intende e nessuna sua intendo io, ma il linguaggio del danaro, dell’alcol, della droga e del sozzo superano ogni barriera linguistica e così Fioccodineve mi da il suo arrossato e svangato buco del culo da fottere a pelle sinchè sborra non ci interrompa, mentre io presso come un maglio sognando il buco del culo merdoso di quella stupenda creatura tatuata che il mio dissennato agire ha lasciato dissolvere nel limbo degli archetipi.
Che buco rosso e dilatato, che arte, che artisti, quel budello di merda mi ammalia con le sue ombre e i suoi afrori bestiali quando scivolo artatamente fuori per osservare il progredire dei lavori e, signori, quelle ditina candide che tormentano la vagina che donerà la vita al figlio di un operaio che ella sposerà innocente, sono camei di finissima fattezza.
Vieni Fioccodineve, girati e inginocchiati, che al Tazio internazionale gli prende un morso all’anima che gli procura dolore atroce, vieni e inginocchiati nella piscia, così, bella, tutta nuda e bianca, con quella faccia da drogata troia, vieni e prendi in bocca il cazzone ancora aromatizzato del tuo bell’intestino umido e succhia, succhia forte, succhia e ingoia, pulisci e strizza, sega, lecca, lasciati riempire la bocca di sborra ed ingoia, mentre io socchiudo gli occhi e penso a fotogrammi sbiaditi che mi graffiano e mi fanno godere di affilato dolore.
Bella Praga.
Ah che quesiti atroci, appena leniti dall’osservare quelle ditina dei piedi separarsi dalla pressione del corpo su quelle piastrelle bianche e nere impreziosite di strappi di carta igienica zuppi di piscia maschile.
Nessuna parola mia ella intende e nessuna sua intendo io, ma il linguaggio del danaro, dell’alcol, della droga e del sozzo superano ogni barriera linguistica e così Fioccodineve mi da il suo arrossato e svangato buco del culo da fottere a pelle sinchè sborra non ci interrompa, mentre io presso come un maglio sognando il buco del culo merdoso di quella stupenda creatura tatuata che il mio dissennato agire ha lasciato dissolvere nel limbo degli archetipi.
Che buco rosso e dilatato, che arte, che artisti, quel budello di merda mi ammalia con le sue ombre e i suoi afrori bestiali quando scivolo artatamente fuori per osservare il progredire dei lavori e, signori, quelle ditina candide che tormentano la vagina che donerà la vita al figlio di un operaio che ella sposerà innocente, sono camei di finissima fattezza.
Vieni Fioccodineve, girati e inginocchiati, che al Tazio internazionale gli prende un morso all’anima che gli procura dolore atroce, vieni e inginocchiati nella piscia, così, bella, tutta nuda e bianca, con quella faccia da drogata troia, vieni e prendi in bocca il cazzone ancora aromatizzato del tuo bell’intestino umido e succhia, succhia forte, succhia e ingoia, pulisci e strizza, sega, lecca, lasciati riempire la bocca di sborra ed ingoia, mentre io socchiudo gli occhi e penso a fotogrammi sbiaditi che mi graffiano e mi fanno godere di affilato dolore.
Bella Praga.
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Ubicazione:
Praga, lurido Bar Rocket
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