Ore nove e trenta di questa mattina.
Siede davanti a me illustrandomi tutte le possibilità che la sua
azienda mi offre, tutti i vantaggi che posso ottenere aderendo a quella o a
quell’altra soluzione, parlando un italiano impeccabile (dio grazie!) e non
atteggiandosi ad ultradivaphenomena, ma apparendo una professionista seria,
quale lei è, nell’evidenza dei contenuti che mi espone con lodevole chiarezza.
Non porta la fede e questo è quasi una totale garanzia del suo
nubilato. Poche sono le donne che volutamente la tolgono pur essendo sposate.
Per le donne il matrimonio è sacro. Anche perché, se non lo fosse, il piacere
di avvitare poderose corna in fronte al maritornuto sarebbe solo a metà.
Niente anellini-promessa, sapete quelle cose tristi con il diamantino
invisibile montato a giorno che altrimenti non lo si vede? Beh, niente. Forse
non è nemmeno fidanzata, quindi, poiché a quell’età o si ha una fede o un
anellino-tristezza se si sta con qualcuno. Ma questo non è Vangelo, è tutto nel
campo della supposizione.
Capelli rosso Tiziano, evidentemente tinti, lisci, di media lunghezza, taglio
pari appena sopra le spalle, begli occhi da cerbiatta, verdi, ciglia lunghe,
viso allungato, un po’ cavallona come
direbbe N, che lui le schernisce, mentre a me piacciono i volti cavalloni. Una bellissima bocca, dalle
mille espressioni. Davvero seria, leggerissimamente prognata e carnosa, dalla
piega quasi sofferente, quando non ride, mentre diviene solare e illuminata
quando sorride, con quei denti bianchi perfetti che la fanno ancora più
cavallona ed è uno spettacolo di luce. Bella donna-ragazza, sì, bella in senso
oggettivo e universale, credo che pochi guardandola in viso non direbbero che è
bella. Forse qualcuno potrebbe dire che non è il suo tipo, ma bella è bella.
A spanna direi sui trentatre, trentaquattro anni, alta, magra, ma finta
magra però, secondo me. Ha un sedere generoso (l'incularella deve venire una favola eh), i seni contenuti, pur non
essendo piatta. Ma nemmeno tettona. Insomma, un seno canonico, non esagerato.
Il sedere invece è ben formato, mandolino, peccato non aver potuto ampliare
l’osservazione. Nello scorcio di osservazione dell’accompagnamento alla porta
ho potuto anche rilevare che ha i piedi non propriamente piccoli, stimerei un
quaranta-quarantuno, ma d’altra parte è assai alta, sarà quasi un metro e
ottanta, centimetro più, centimetro meno.
Ha la stretta di mano solida, niente trote morte, pur avendo le mani
fredde, ma era un appuntamento di vendita, un minimo di emozione ci sta tutto.
Perché quando si va a vendere, anche se lo si è fatto e strafatto, la vendita
rimane un match al pari di quello di un pugile che sale su un ring.
Vendere è una droga, altrimenti non si vende.
Belle mani, curatissime, anonime, niente french o cazzate, quella è una mano professionale, niente
distrazioni e supposizioni basate sull’anello lì anziché là, perché quella è
una mano che vende, non che evoca seghe o porcate. Vorrei però rilevare una
cosa gradevolissima: quel bracciale charms che tintinna contro il pacchetto di
anelli semplici e sottili. Adoro quel tintinnio, mi affascina, mentre si
solleva le maniche del maglione di angoretta, oppure sistema la ciocca dietro
l’orecchio. Orecchini sobri, pendant eleganti, in parure col braccialetto
dell’altra mano.
Non saprei che profumo usa, ma posso dire che la scelta è azzeccata:
non un’essenze dolce da lupanare, ma asciutta e fresca, direi quasi
primaverile. Abbigliamento sobrio, toni del grigio e del nero, molto coperta,
lana e cover coat, gonna, collant coprenti per quello spicchio che si vede in
un fotogramma. Stivali neri che azzarderei di dire che fossero di Hermés, ma
non ci giurerei. Se fosse, quello sarebbe un grave errore, poiché pur essendo
lo stivale per antonomasia, andare in vendita con ai piedi millecinquecento
euro non sempre favorirebbe l’instaurarsi della sottomissione del venditore al
cliente dominatore.
Domi. Le chiedo se è il diminutivo di Domiziana, leggendo il biglietto
da visita. Che gli italiani c’hanno un brutto vizio coi biglietti da visita:
diventano tutti timidi e, in fase di scambio, nessuno legge evidentemente il
biglietto dell’altro e questo è un errore. Mi fece rilevare questo dettaglio un
grande maestro, anni ed anni ed anni fa, quando incontrammo dei clienti
giapponesi, che se non leggi il biglietto con grande calma e tempo si
incazzano, perché prenderlo e metterlo lì come facciamo noi, è segno di
disinteresse per l’interlocutore.
Filippica a parte, sì, si chiama Domiziana, ma dalla nascita tutti,
anche i mostri che l’hanno battezzata così, la chiamano Domi.
Che begli occhi e che bel sorriso.
Ma anche che bella bocca carnosa, leggerissimamente prognata, quando è
seria.
Questa è una donna-ragazza seria, altro che.
E’ anche laureata.
Sangue e carne freschi.
Molto bene.