Questa mattina alle sei ero davanti al foglio bianco con il preciso intento di scrivere un post, ma dopo dieci minuti ho chiuso tutto e sono andato a fare due passi.
Non mi sono nemmeno interrogato sul perchè. Sarà che lo so alla perfezione.
Poi sono andato in bottega, ho preso un caffè, ho incontrato una persona e poi mi sono chiesto se davvero vale la pena di tacere la realtà, persino su queste pagine.
La realtà è che sto subendo un cambiamento profondissimo su molti fronti e non riesco a collegarli e a capire cosa sta succedendo.
Un'estate sprecata. Sprecata rispetto alla norma, norma in cui io ero costantemente eccitato, costantemente a caccia, costantemente arrapato da qualsiasi cosa. Migliaia di femmine seminude mi circondano e io non le vedo, migliaia di paia di piedi sono ovunque e io mi scopro selettivo, mi scopro a dire dei "bah", degli "insomma" e la volta in cui vedo qualcosa che mi piace mi dico "belli", con valutazione puramente estetica.
La Betta mi scula davanti a volte vestita come una mignotta spagnola ed io la vedo, ovviamente, ma non provo alcun desiderio di saltarle addosso scatenando l'8V che ha sempre albergato nelle mie mutande. Alla sera non esco quasi più, perché il confronto tra una serata fuori e una serata a casa, davanti alla televisione, con pennica incorporata, vede vincente sempre quest'ultima. Non vado quasi più nella Casa, sento Milly al telefono, rimbalzo inviti, appuntamenti, incontri.
Ogni tanto vado a puttane, ma credo d'andarci solo per la praticità dell'incontro e un po' per provare a me stesso che sono ancora vivo e vivace. Che poi anche lì, "vado a puttane" è sbagliato, dovrei dire "vado a puttana" perché mi carico sempre la stessa nigeriana Nadine, che non è nemmeno bellissima, ma mi piace il suo odore.
Mi sono sgonfiato, forse sono depresso, che cazzo ne so, sta di fatto che non so cosa scrivere perché sono un automa che si sveglia, si lava, a volte si masturba quasi per senso del dovere, lavora, mangia un boccone al wine bar con un paio di Chardonnay e torna a casa.
A volte guardo dei porno e dopo due minuti mi scopro a pensare a dell'altro e mi intristisce essere davanti a un porno con l'uccello moscio.
Certo, posso sempre parcheggiarmi in bell'ordine dichiarando che chiavare ed essere arrapati non è tutto nella vita, raccogliendo anche molti proseliti, ma sin a quel punto non ci sono ancora arrivato. E così ho comperato un biglietto per Londra. Salgo a trovare il mio amore e voglio anche la prova del nove, la prova che taglia questa sfilacciata ed appiccicosa apatia dando un senso alle cose. Se vedendola sarò felice, mi sentirò bene, avrò una gran voglia di saltarle addosso ritornando ad essere il Tazio di sempre, la spiegazione sarà chiara (o Chiara, per l'appunto). Viceversa dovrò seriamente cercare di capire che cazzo mi sta succedendo, perché questo purgatorio emotivo, privo di sprazzi entusiastici e privo di acute depressioni, questo galleggiare insignificante, questo disinteresse per tutto e tutti e tutte, comincia ad avere sapori e odori che un po' conosco e non ci tengo a provare di nuovo.
Ecco qua, un bel post alla fine è saltato fuori.
Pagine
venerdì 7 settembre 2012
giovedì 6 settembre 2012
Mi assolva, padre. Ma perchè, figliola?
Ero in manovra di atterraggio, ieri sera. Doccia, sega, pizza fredda, birra, canna, pronto a perdere i sensi non appena sentita la Skizza al telefono. E così l'ho chiamata.
Un po' tesa, cosa c'è, senti Taz te lo devo dire e attacca con voce contrita e preoccupata e mi racconta di quel ragazzo che sono due settimane che lo incontra al pub e ieri sera, che con l'amica coinquilina avevano alzato il gomitino, beh, ieri sera lui ha osato la stoccata e lei c'è stata e c'è andata a letto, voilà.
Mi è piaciuta. Non ha commesso passi falsi del tipo "non significa niente per me" oppure "è stato un sostitutivo alla masturbazione" o "non succederà mai più", no. Ci ha scopato perché quel tizio le piaceva e se lo voleva fare e se lo è fatto, punto e fine. Non trasuda pentimento per il gesto, ma dispiacere di aver violato quell'antica promessa in cui si esaltò nell'assumere un impegno immantenibile: ti sarò sempre fedele. Cazzate.
La fedeltà e decisamente sovrastimata.
Cosa significa alla fine? Che valore può aggiungere al nostro rapporto il fatto che uno dei due si contorca come un verme dalla voglia di fottere quell'occasione o quella puttana? In che modo migliora la coesione mia e della Skizza, la profondità dei nostri reciproci sentimenti? In nessun modo.
Se fossimo assieme perché scopiamo e basta avremmo già finito da un pezzo, mentre invece credo che ci sia del bell'altro che sta dentro di noi e che non passa in mezzo alle nostre gambe. Promessa non mantenuta? E capirai. Succederà altre mille volte, siamo umani e fallibili.
"Hai fatto bene Skiz, che problema c'è? Credi che io sia casto e puro?"
"Non è quello, lo so che lo sai come vanno queste cose, è che non ho mantenuto la promessa che ti avevo fatto."
"Son promesse da liceo Chiaretta. Come cambiava il quadro se, anziché scoparci, tu ti fossi trattenuta masturbandoti come uno scimpanzé pensando a lui? Come cambia il senso delle cose? Questo è un argomento che mi trova sempre impreparato, io non riesco a capire questo ridicolo tentativo di domare l'istinto attraverso la ragione."
E ci si rilassa.
Lentamente.
Si ride, ci si dice quel che si prova l'uno per l'altra, che è cosa che va al di là di qualsiasi fatto carnale, ci si mandano baci e si chiude.
E sabato impreziosisco Londra con la mia prestigiosa presenza.
Oh ges.
Un po' tesa, cosa c'è, senti Taz te lo devo dire e attacca con voce contrita e preoccupata e mi racconta di quel ragazzo che sono due settimane che lo incontra al pub e ieri sera, che con l'amica coinquilina avevano alzato il gomitino, beh, ieri sera lui ha osato la stoccata e lei c'è stata e c'è andata a letto, voilà.
Mi è piaciuta. Non ha commesso passi falsi del tipo "non significa niente per me" oppure "è stato un sostitutivo alla masturbazione" o "non succederà mai più", no. Ci ha scopato perché quel tizio le piaceva e se lo voleva fare e se lo è fatto, punto e fine. Non trasuda pentimento per il gesto, ma dispiacere di aver violato quell'antica promessa in cui si esaltò nell'assumere un impegno immantenibile: ti sarò sempre fedele. Cazzate.
La fedeltà e decisamente sovrastimata.
Cosa significa alla fine? Che valore può aggiungere al nostro rapporto il fatto che uno dei due si contorca come un verme dalla voglia di fottere quell'occasione o quella puttana? In che modo migliora la coesione mia e della Skizza, la profondità dei nostri reciproci sentimenti? In nessun modo.
Se fossimo assieme perché scopiamo e basta avremmo già finito da un pezzo, mentre invece credo che ci sia del bell'altro che sta dentro di noi e che non passa in mezzo alle nostre gambe. Promessa non mantenuta? E capirai. Succederà altre mille volte, siamo umani e fallibili.
"Hai fatto bene Skiz, che problema c'è? Credi che io sia casto e puro?"
"Non è quello, lo so che lo sai come vanno queste cose, è che non ho mantenuto la promessa che ti avevo fatto."
"Son promesse da liceo Chiaretta. Come cambiava il quadro se, anziché scoparci, tu ti fossi trattenuta masturbandoti come uno scimpanzé pensando a lui? Come cambia il senso delle cose? Questo è un argomento che mi trova sempre impreparato, io non riesco a capire questo ridicolo tentativo di domare l'istinto attraverso la ragione."
E ci si rilassa.
Lentamente.
Si ride, ci si dice quel che si prova l'uno per l'altra, che è cosa che va al di là di qualsiasi fatto carnale, ci si mandano baci e si chiude.
E sabato impreziosisco Londra con la mia prestigiosa presenza.
Oh ges.
mercoledì 5 settembre 2012
Notti equatoriali
Nel luglio bestiale la chiamo. Parlottiamo e mi viene voglia di vederla.
"Senti, cosa dici, vengo lì da te e ti faccio da mangiare che secondo me non mangi niente con 'sto caldo."
Sorride. "Amore, ho paura che non c'ho niente nel frigo, al massimo puoi farmi da mangiare del Gatorade."
Sorrido. "Ma che c'entra, vengo lì e facciamo la spesa e poi ti faccio da mangiare"
Sorride. "Ce l'hai sempre la piscina, vero?" mi sussurra in un desiderio carnale di freschezza.
Sorrido. "Se non l'hanno demolita dovrebbe essere là, stamattina c'era."
"Dai vengo io da te che mi fai da mangiare e poi ci mettiamo in ammollo."
Impossibile non notarla. Impossibile. Anche nel supermercato degli automi alienati, che si muovono come se fossero soli in mezzo alla moltitudine, non si può non notarla. A metà tra la pubblicità della Coca Cola degli anni cinquanta e la migliore Serena Grandi degli anni ottanta, mi precede spingendo il carrello, arrampicata sui vertiginosi sabot di legno, il culo compresso negli short tinta panna, la schiena nuda e abbronzata interrotta dal groppo della camicetta turchese annodata sulla spina dorsale e dietro al collo, i capelli annidati in una figura geometrica impossibile, le mammelle impacchettate e protese verso il trionfo di un Canale di Suez plastico e sudato.
Inusuale.
Inusuale normalità quotidiana. Inusuale fare la spesa con quella Femmina Mammifera di cui tutto si può sospettare tranne che sia a conoscenza dell'esistenza di un supermercato composto da scaffali e cibi ed ancor più inusuale è scoprire che la Femmina Mammifera è a conoscenza di marche, prodotti, ortaggi e ricette.
La cassiera scorre i prodotti sullo scanner senza toglierle gli occhi da dosso, perché vi sono esseri umani talmente intrisi di sensualità e bellezza che rendono secondaria l'appartenenza alle file degli eterosessuali, dei bisessuali o degli omosessuali, divenendo desiderabili da tutti e da tutte, quasi fossero idoli pansessuali e lei è così.
Insalata greca, gamberi dell'Atlantico marinati con sale, olio evo e limone, formaggio e olive, pizza pugliese e Chardonnay ghiacciato che, pure se fa un caldo infernale, non può mancare. Niente luce sotto la veranda, basta l'illuminazione della piscina, ci si vede bene in faccia appena gli occhi si abituano, ma lo sai che sei uguale a Ava Gardner, sé Ava Gardner, ma ti giuro e mi guarda con quegli occhi scuri e torbidi che divengono elemento separato da quel sorriso bollente e contagioso, perché gli occhi da soli farebbero un'affascinante paura e la bocca sorridente un rassicurante calore.
Parliamo poco, ci guardiamo molto e sorridiamo come due liceali rincoglioniti, ciascuno con il proprio bel ragionamento in testa, un bel ragionamento che stupirebbe assai quell'altro, ma ciascuno ben abbarbicato alla certezza che è meglio non dire, per non complicare, per non guastare, per non mutare il precario equilibrio naturale.
Mangia i gamberi con le mani e io la stimo, mentre mi guarda e poi guarda il gambero e con piglio maschile e mi dice che son da sposare e io le dico che pure lei è da sposare con il pacco di quattrini che ha in banca e lei ride di splendidi denti e occhi strizzati, appoggiandosi all'indietro con il gambero elegantemente retto dalle eleganti dita dell'elegante mano. E sudiamo, proletariamente, sudiamo a fontana.
Sudiamo calore e Chardonnay micidiale, lucidi, con una giornata infinita appiccicata addosso e poi, a un tratto inatteso, lei si alza e mi dice che bisogna farlo subito il bagno, prima che inizi la digestione e mette mano ai groppi e si sgroppa la camicia, scendendo dall'Olimpo dei sabot, sbucciandosi gli short di dosso e sfoderandosi il perizoma nero che rivela la fica animale pelosa e poi si avvia mammifera lungo il vialetto, mentre io verso due vodke ghiacciate tenendo d'occhio quel nudo capolavoro erotico che entra nell'acqua guardandomi con un sorriso ammiccante.
Poso le vodke sul bordo mentre lei incrocia le braccia sullo stesso bordo e vi posa il viso bagnato d'acqua e capelli e io mi spoglio, osservato, gradito, desiderato ed entro anche io nel refrigerio agognato, galleggiando sul bordo accanto a lei e i riflessi la rendono sublime come la dea che, nei fatti indiscussi ed indiscutibili, è. La tocco e mi bacia, ci baciamo alla vodka gelata, carezzandoci lievi e poi lei sorride e scatta avvitandosi in su, sedendosi sul bordo, ed apre le gambe e io assaggio il suo sapore del giovedì, tra peli bagnati e labbra sudate, godendo di profumo e sapore di femmina mentre lei sussurra roca e sorridente, accarezzandomi la testa, che la lecco meglio di una donna e nel surreale mondo in cui siamo prigionieri, quello è un riconoscimento di assoluto prestigio.
Scopiamo nell'acqua mischiando piaceri termici a piaceri sessuali, mugolando ciascuno in bocca a quell'altro, gocciolando, interrotti solamente dai gorgoglii gastrici della piscina che ingoia se stessa e la tengo stretta a cavallo, impalandola fonda mentre si aggrappa al mio collo e mi guarda nell'anima con quegli occhi assassini che sono assassini anche quando tentano di dire cose che assassine non sono. E poi usciamo e fumiamo, stesi sul bordo come se fossimo ad Acapulco e la trovo di una bellezza destabilizzante e sento che le convinzioni viscerali della mattina vacillano e, forse, è bello anche quello, è bello far vacillare la struttura come una casa col terremoto e poi rallegrarsi che anche con quella scossa, anche con quella forte scossa, nulla è crollato.
"Ti fermi stanotte?" chiedo conoscendo perfettamente la risposta.
"No tesoro, vado a casa" mi dice con un sorriso, risalendo sui sabot.
Poi mi bacia e mi ringrazia dicendomi che è stato bellissimo ed è un gran vero, è stato proprio bellissimo.
La accompagno alla macchina, aprendo la porta di quella deliziosa Mercedes Roadster del 1984 color champagne e lei sale facendo ronfare gli otto cilindri quattromilanovecento a benzina, mettendosi le cinture e prendendomi la mano.
"Tazio"
"Dimmi"
"Non fartela scappare. Sali a trovarla."
E poi, sorridente e radiosa, mette la retro e scompare nella notte rovente.
"Dammi uno squillo quando sei in casa" urlo come una massaia apprensiva e lei mi sfanala per dirmi di sì.
Straordinaria, stupefacente, destabilizzante ed irraggiungibile.
Milly.
"Senti, cosa dici, vengo lì da te e ti faccio da mangiare che secondo me non mangi niente con 'sto caldo."
Sorride. "Amore, ho paura che non c'ho niente nel frigo, al massimo puoi farmi da mangiare del Gatorade."
Sorrido. "Ma che c'entra, vengo lì e facciamo la spesa e poi ti faccio da mangiare"
Sorride. "Ce l'hai sempre la piscina, vero?" mi sussurra in un desiderio carnale di freschezza.
Sorrido. "Se non l'hanno demolita dovrebbe essere là, stamattina c'era."
"Dai vengo io da te che mi fai da mangiare e poi ci mettiamo in ammollo."
Impossibile non notarla. Impossibile. Anche nel supermercato degli automi alienati, che si muovono come se fossero soli in mezzo alla moltitudine, non si può non notarla. A metà tra la pubblicità della Coca Cola degli anni cinquanta e la migliore Serena Grandi degli anni ottanta, mi precede spingendo il carrello, arrampicata sui vertiginosi sabot di legno, il culo compresso negli short tinta panna, la schiena nuda e abbronzata interrotta dal groppo della camicetta turchese annodata sulla spina dorsale e dietro al collo, i capelli annidati in una figura geometrica impossibile, le mammelle impacchettate e protese verso il trionfo di un Canale di Suez plastico e sudato.
Inusuale.
Inusuale normalità quotidiana. Inusuale fare la spesa con quella Femmina Mammifera di cui tutto si può sospettare tranne che sia a conoscenza dell'esistenza di un supermercato composto da scaffali e cibi ed ancor più inusuale è scoprire che la Femmina Mammifera è a conoscenza di marche, prodotti, ortaggi e ricette.
La cassiera scorre i prodotti sullo scanner senza toglierle gli occhi da dosso, perché vi sono esseri umani talmente intrisi di sensualità e bellezza che rendono secondaria l'appartenenza alle file degli eterosessuali, dei bisessuali o degli omosessuali, divenendo desiderabili da tutti e da tutte, quasi fossero idoli pansessuali e lei è così.
Insalata greca, gamberi dell'Atlantico marinati con sale, olio evo e limone, formaggio e olive, pizza pugliese e Chardonnay ghiacciato che, pure se fa un caldo infernale, non può mancare. Niente luce sotto la veranda, basta l'illuminazione della piscina, ci si vede bene in faccia appena gli occhi si abituano, ma lo sai che sei uguale a Ava Gardner, sé Ava Gardner, ma ti giuro e mi guarda con quegli occhi scuri e torbidi che divengono elemento separato da quel sorriso bollente e contagioso, perché gli occhi da soli farebbero un'affascinante paura e la bocca sorridente un rassicurante calore.
Parliamo poco, ci guardiamo molto e sorridiamo come due liceali rincoglioniti, ciascuno con il proprio bel ragionamento in testa, un bel ragionamento che stupirebbe assai quell'altro, ma ciascuno ben abbarbicato alla certezza che è meglio non dire, per non complicare, per non guastare, per non mutare il precario equilibrio naturale.
Mangia i gamberi con le mani e io la stimo, mentre mi guarda e poi guarda il gambero e con piglio maschile e mi dice che son da sposare e io le dico che pure lei è da sposare con il pacco di quattrini che ha in banca e lei ride di splendidi denti e occhi strizzati, appoggiandosi all'indietro con il gambero elegantemente retto dalle eleganti dita dell'elegante mano. E sudiamo, proletariamente, sudiamo a fontana.
Sudiamo calore e Chardonnay micidiale, lucidi, con una giornata infinita appiccicata addosso e poi, a un tratto inatteso, lei si alza e mi dice che bisogna farlo subito il bagno, prima che inizi la digestione e mette mano ai groppi e si sgroppa la camicia, scendendo dall'Olimpo dei sabot, sbucciandosi gli short di dosso e sfoderandosi il perizoma nero che rivela la fica animale pelosa e poi si avvia mammifera lungo il vialetto, mentre io verso due vodke ghiacciate tenendo d'occhio quel nudo capolavoro erotico che entra nell'acqua guardandomi con un sorriso ammiccante.
Poso le vodke sul bordo mentre lei incrocia le braccia sullo stesso bordo e vi posa il viso bagnato d'acqua e capelli e io mi spoglio, osservato, gradito, desiderato ed entro anche io nel refrigerio agognato, galleggiando sul bordo accanto a lei e i riflessi la rendono sublime come la dea che, nei fatti indiscussi ed indiscutibili, è. La tocco e mi bacia, ci baciamo alla vodka gelata, carezzandoci lievi e poi lei sorride e scatta avvitandosi in su, sedendosi sul bordo, ed apre le gambe e io assaggio il suo sapore del giovedì, tra peli bagnati e labbra sudate, godendo di profumo e sapore di femmina mentre lei sussurra roca e sorridente, accarezzandomi la testa, che la lecco meglio di una donna e nel surreale mondo in cui siamo prigionieri, quello è un riconoscimento di assoluto prestigio.
Scopiamo nell'acqua mischiando piaceri termici a piaceri sessuali, mugolando ciascuno in bocca a quell'altro, gocciolando, interrotti solamente dai gorgoglii gastrici della piscina che ingoia se stessa e la tengo stretta a cavallo, impalandola fonda mentre si aggrappa al mio collo e mi guarda nell'anima con quegli occhi assassini che sono assassini anche quando tentano di dire cose che assassine non sono. E poi usciamo e fumiamo, stesi sul bordo come se fossimo ad Acapulco e la trovo di una bellezza destabilizzante e sento che le convinzioni viscerali della mattina vacillano e, forse, è bello anche quello, è bello far vacillare la struttura come una casa col terremoto e poi rallegrarsi che anche con quella scossa, anche con quella forte scossa, nulla è crollato.
"Ti fermi stanotte?" chiedo conoscendo perfettamente la risposta.
"No tesoro, vado a casa" mi dice con un sorriso, risalendo sui sabot.
Poi mi bacia e mi ringrazia dicendomi che è stato bellissimo ed è un gran vero, è stato proprio bellissimo.
La accompagno alla macchina, aprendo la porta di quella deliziosa Mercedes Roadster del 1984 color champagne e lei sale facendo ronfare gli otto cilindri quattromilanovecento a benzina, mettendosi le cinture e prendendomi la mano.
"Tazio"
"Dimmi"
"Non fartela scappare. Sali a trovarla."
E poi, sorridente e radiosa, mette la retro e scompare nella notte rovente.
"Dammi uno squillo quando sei in casa" urlo come una massaia apprensiva e lei mi sfanala per dirmi di sì.
Straordinaria, stupefacente, destabilizzante ed irraggiungibile.
Milly.
martedì 4 settembre 2012
Hello Kitty va a Londra
Ho testé acquistato un biglietto aereo per Londra ed ho prenotato un albergo.
Sabato salgo dalla Skizza, mi sono rotto i coglioni. Vado su alla mattina, mi sistemo, aspetto che esca dal lavoro e ci imbuchiamo in albergo fino a domenica sera.
Ho bisogno di disintossicarmi tra le sue cosce, ho bisogno del suo profumo, del suo alito, della sua pelle, dei suoi capelli, dei suoi occhi.
Sto facendo post da diario di Hello Kitty, mi viene da vomitare.
Però sabato salgo e vaffanculo.
E sono contento.
Sabato salgo dalla Skizza, mi sono rotto i coglioni. Vado su alla mattina, mi sistemo, aspetto che esca dal lavoro e ci imbuchiamo in albergo fino a domenica sera.
Ho bisogno di disintossicarmi tra le sue cosce, ho bisogno del suo profumo, del suo alito, della sua pelle, dei suoi capelli, dei suoi occhi.
Sto facendo post da diario di Hello Kitty, mi viene da vomitare.
Però sabato salgo e vaffanculo.
E sono contento.
Indecorose evoluzioni contraffatte
Ve la ricordate quella irosa e sensuale Indecorosa Contraffatta che riempiva il suo blog di interessanti foto del suo culo, delle sue imperiali mammelle e della sua sorca, collezionando foto di cazzi e di fighe dei lettori, scrivendo anche qui qualche commento compiaciuto ai miei più luridi post?
Beh, ho scoperto dieci minuti fa che è diventata intellettuale ed ora scrive post intimistici, introspettivi e profondi e, a seguito di questa evoluzione, mi ha giustamente eliminato dalla lista dei blog che segue, così come ho fatto io.
Mica per ripicca eh.
Solamente perché se sono scomparse le foto del suo culo, delle sue imperiali mammelle e della sua fica, non provo più alcun interesse nell'andare a visitarla.
Io non evolvo, io no, io mai. Sono incapace di evolvere, di diventare migliore, perché l'evoluzione ha senso solo se c'è miglioramento, tutto il resto è una perdita di tempo.
Indecorosa, torna a tingere il blog di nero e torna a fotografarti culo e zinne e fica.
Ho letto due righe di quello che scrivi ora.
Rimetti le foto e smetti di scrivere.
Questa sì sarebbe un'evoluzione degna di tale nome.
Beh, ho scoperto dieci minuti fa che è diventata intellettuale ed ora scrive post intimistici, introspettivi e profondi e, a seguito di questa evoluzione, mi ha giustamente eliminato dalla lista dei blog che segue, così come ho fatto io.
Mica per ripicca eh.
Solamente perché se sono scomparse le foto del suo culo, delle sue imperiali mammelle e della sua fica, non provo più alcun interesse nell'andare a visitarla.
Io non evolvo, io no, io mai. Sono incapace di evolvere, di diventare migliore, perché l'evoluzione ha senso solo se c'è miglioramento, tutto il resto è una perdita di tempo.
Indecorosa, torna a tingere il blog di nero e torna a fotografarti culo e zinne e fica.
Ho letto due righe di quello che scrivi ora.
Rimetti le foto e smetti di scrivere.
Questa sì sarebbe un'evoluzione degna di tale nome.
La douche
Lugano, meravigliosa città affascinante che di suo rievoca sfarzi borghesi e danari e, quindi, ben si associa all'antiquariato ed alla decadente passione degli oggetti antichi e René è là che se ne è andato per due giorni, è là "per affari" ed anche questa locuzione è così intrisa di antica borghesia e richiama frasi arcaiche "Dove andate babbo? - In viaggio d'affari, figliuolo".
René è a Lugano e la cannibale Silvana rimane qui, bramosa di infedeltà esclusa e vietata dal contratto verbale tra le parti matrimoniali, perché la natura umana non é nient'altro che questo, non è null'altro che la ricerca spasmodica del proibito e dell'invalicabile, perché il piacere deriva da ciò che è vietato e nulla vale se è concessa un'infinità di altre piacevoli cose, poiché nei nostri sensi si consolida l'incontrovertibile convinzione che nulla potrà darci un piacere pari a quello derivante dall'unica cosa che ci è vietata. E così, ieri mattina, mentre anche io ero fuori "per affari", un messaggio fa godere l'ano del mio parlafòno che radioso lampeggia un "R fuori stanotte ti aspetto 20:30?".
Sull'uscio, appoggiata allo stipite come una vecchia bagascia, con addosso un liso accappatoio rosa confetto corto, lasciato aperto, scalza, mi attendi così, mormorandomi in un bacio che ti stavi masturbando nell'attesa e si fa prua sul lettone, sul sacro talamo, attaccando a chiavare come bestie senza proferire parola, succhiando, toccando, strizzando, profanando la zona franca con quella bavosa infrazione all'agreement che pare arraparti assai più dello Stecco Ducale che ti ficco senza posa nella sorca perché a me, invece, mi arrapa fotterti e annusarti i piedi, sbattendo come una lamiera nella bora, ficcando fino a premerti la cervice uterina e, sinceramente, delle tue sfumature psichiatriche non me ne frega un cazzo, perché io a letto sono bestia e le bestie non hanno tempo, né capacità cerebrale, di valutare le sfumature circostanziali che paiono ingolosirti a quel modo.
Ti agguanto le chiappe femmine molli e le divarico osservando il buco del culo che non vedo l'ora di infiammare a colpi di Straminchia Mannara e tu capisci, capisci che la sorca va fatta riposare un pochino ed intanto si va avanti con la ricetta sborraiola lavorando il culo e ti giri appoggiandomi elegante la mano sull'avambraccio e mi sussurri una frase da romanzo di Liala, da collezione Harmony, mi dici in un soffio, chiamandomi tesoro, che non ti sei fatta la douche.
Non ti sei fatta la douche.
La douche.
Ti guardo, estasiato dalla scelta del termine gentile, la douche, che suona assai più morbido di pera o clistere, sin quasi ad assumere tinte di seduzione, rendendo mite il fatto di fondo, il fatto animale che puoi avere il culo pieno di merda ed io, sinceramente, io che vengo dal quartiere popolare preferirei che mi si dicesse direttamente la cruda verità senza colorare di rosa i tuoi stronzi con francesismi libertini, ma a prescindere dall'analisi linguistica, mi chiedo incessantemente come mai non ti sei fatta la douche sapendo che avremmo avuto questa monta in serata, come mai non ti sei fatta la douche sapendo che scoparti quel buco di merda, polposo ed estroflesso mi induce la perdita del controllo e non trovo che una, solo una, nient'altro che una spiegazione, torbida, lurida, perché non vi è altra spiegazione al di fuori di quella che vede il tuo sozzo piacere di pormi nella condizione di aver a che fare con la tua più intima intimità, cioè la tua merda, e questo potrebbe persino piacermi nella misura in cui sono io colui che lo decide, ma pormi di fronte ad un'assenza di douche per giustificare con aria falsamente imbarazzata il desiderio di farmi scopare la tua merda è, in un certo qual modo, scorretto.
Dopo la pausa di tempo necessaria ad elaborare quanto esposto sopra, irrompo nella classe francese con un quesito molto franco, "Hai cagato oggi?", assai meno d'effetto di una metafora ricercata, ma assai utile a capire che tipo di mostro si celi nel tuo budello maturo e rispondi strizzando le labbra e annuendo imbarazzata col capo e, quindi, senza ulteriori aggiunte, ti inculo. Ti inculo con forza, godendo del tuo ano che succhia, senza però smettere di provare fastidio per quella messinscena apparentemente sbadata, ma sostanzialmente calcolata, che implica in fase di progetto la assoluta non considerazione delle mie reazioni in nome di una tua pulsione animale e, seppur ragionando con lentezza, distratto dal fatto che mentre affondo tu spingi all'indietro grugnendo maiala, decido che è necessaria una pari opportunità, un livellamento del privilegio borghese ed allora improvviso, fantasista irriducibile, improvviso e decido, mentre sento salire la sborra e tu vieni torturandoti la pisella con le eleganti mani antiquarie, decido che ho voglia di venirti in bocca e quindi ti sguscio dal culo, impreziosendo l'aria di una tua calda scorreggia odorosa e ti giro e ti metto la minchia in bocca e tu mugoli e io ti scopo la gola, e tu tenti di divincolarti tra qualche sforzo di vomito ed io, guarda un po', quasi quasi ci tengo che mi vomiti sui coglioni, a riprova che no, non importa se non ti sei fatta la douche, sbadatella, tu mi piaci e tra noi non ci sono riguardi e ti sborso diretto nello stomaco mentre tu ti contorci e forse pensi che sì, che forse era meglio parlarmene di quella voglietta, anziché mettermi di fronte alle cose fatte e sono certo che per un momento ti sei anche detta che con me mai più senza douche, mai più, mai più.
In tempi di crisi non vi è spazio per il privilegio borghese.
René è a Lugano e la cannibale Silvana rimane qui, bramosa di infedeltà esclusa e vietata dal contratto verbale tra le parti matrimoniali, perché la natura umana non é nient'altro che questo, non è null'altro che la ricerca spasmodica del proibito e dell'invalicabile, perché il piacere deriva da ciò che è vietato e nulla vale se è concessa un'infinità di altre piacevoli cose, poiché nei nostri sensi si consolida l'incontrovertibile convinzione che nulla potrà darci un piacere pari a quello derivante dall'unica cosa che ci è vietata. E così, ieri mattina, mentre anche io ero fuori "per affari", un messaggio fa godere l'ano del mio parlafòno che radioso lampeggia un "R fuori stanotte ti aspetto 20:30?".
Sull'uscio, appoggiata allo stipite come una vecchia bagascia, con addosso un liso accappatoio rosa confetto corto, lasciato aperto, scalza, mi attendi così, mormorandomi in un bacio che ti stavi masturbando nell'attesa e si fa prua sul lettone, sul sacro talamo, attaccando a chiavare come bestie senza proferire parola, succhiando, toccando, strizzando, profanando la zona franca con quella bavosa infrazione all'agreement che pare arraparti assai più dello Stecco Ducale che ti ficco senza posa nella sorca perché a me, invece, mi arrapa fotterti e annusarti i piedi, sbattendo come una lamiera nella bora, ficcando fino a premerti la cervice uterina e, sinceramente, delle tue sfumature psichiatriche non me ne frega un cazzo, perché io a letto sono bestia e le bestie non hanno tempo, né capacità cerebrale, di valutare le sfumature circostanziali che paiono ingolosirti a quel modo.
Ti agguanto le chiappe femmine molli e le divarico osservando il buco del culo che non vedo l'ora di infiammare a colpi di Straminchia Mannara e tu capisci, capisci che la sorca va fatta riposare un pochino ed intanto si va avanti con la ricetta sborraiola lavorando il culo e ti giri appoggiandomi elegante la mano sull'avambraccio e mi sussurri una frase da romanzo di Liala, da collezione Harmony, mi dici in un soffio, chiamandomi tesoro, che non ti sei fatta la douche.
Non ti sei fatta la douche.
La douche.
Ti guardo, estasiato dalla scelta del termine gentile, la douche, che suona assai più morbido di pera o clistere, sin quasi ad assumere tinte di seduzione, rendendo mite il fatto di fondo, il fatto animale che puoi avere il culo pieno di merda ed io, sinceramente, io che vengo dal quartiere popolare preferirei che mi si dicesse direttamente la cruda verità senza colorare di rosa i tuoi stronzi con francesismi libertini, ma a prescindere dall'analisi linguistica, mi chiedo incessantemente come mai non ti sei fatta la douche sapendo che avremmo avuto questa monta in serata, come mai non ti sei fatta la douche sapendo che scoparti quel buco di merda, polposo ed estroflesso mi induce la perdita del controllo e non trovo che una, solo una, nient'altro che una spiegazione, torbida, lurida, perché non vi è altra spiegazione al di fuori di quella che vede il tuo sozzo piacere di pormi nella condizione di aver a che fare con la tua più intima intimità, cioè la tua merda, e questo potrebbe persino piacermi nella misura in cui sono io colui che lo decide, ma pormi di fronte ad un'assenza di douche per giustificare con aria falsamente imbarazzata il desiderio di farmi scopare la tua merda è, in un certo qual modo, scorretto.
Dopo la pausa di tempo necessaria ad elaborare quanto esposto sopra, irrompo nella classe francese con un quesito molto franco, "Hai cagato oggi?", assai meno d'effetto di una metafora ricercata, ma assai utile a capire che tipo di mostro si celi nel tuo budello maturo e rispondi strizzando le labbra e annuendo imbarazzata col capo e, quindi, senza ulteriori aggiunte, ti inculo. Ti inculo con forza, godendo del tuo ano che succhia, senza però smettere di provare fastidio per quella messinscena apparentemente sbadata, ma sostanzialmente calcolata, che implica in fase di progetto la assoluta non considerazione delle mie reazioni in nome di una tua pulsione animale e, seppur ragionando con lentezza, distratto dal fatto che mentre affondo tu spingi all'indietro grugnendo maiala, decido che è necessaria una pari opportunità, un livellamento del privilegio borghese ed allora improvviso, fantasista irriducibile, improvviso e decido, mentre sento salire la sborra e tu vieni torturandoti la pisella con le eleganti mani antiquarie, decido che ho voglia di venirti in bocca e quindi ti sguscio dal culo, impreziosendo l'aria di una tua calda scorreggia odorosa e ti giro e ti metto la minchia in bocca e tu mugoli e io ti scopo la gola, e tu tenti di divincolarti tra qualche sforzo di vomito ed io, guarda un po', quasi quasi ci tengo che mi vomiti sui coglioni, a riprova che no, non importa se non ti sei fatta la douche, sbadatella, tu mi piaci e tra noi non ci sono riguardi e ti sborso diretto nello stomaco mentre tu ti contorci e forse pensi che sì, che forse era meglio parlarmene di quella voglietta, anziché mettermi di fronte alle cose fatte e sono certo che per un momento ti sei anche detta che con me mai più senza douche, mai più, mai più.
In tempi di crisi non vi è spazio per il privilegio borghese.
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