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mercoledì 31 maggio 2017

E grazie.




Ecco.
Cioè, intendiamoci, non che io ci facessi dei gran conti eh.
Però vi è da darsi che chiavasse con me per arrivare a lui, oppure chiavasse con me perché lui non ci aveva provato e non se la cagava, tutto va da darsi, per uno che recentemente pare prenderla nel culo senza godere da uoma puttano, come giustamente pretenderebbe.

Maxmanzo.

Son ragazzi. Beh oddio, ragazzi, ragazzi anche no.
Certo che un po’ fa da ridere, eh, che si siano “messi assieme”.

“Oh Tazio io con te son sincera, lo sai, e c’è una roba che devo dirti” e tira su col naso, all’aperto alla Solita, stringendo la gamba alle tettine, il lurido piede nudo sul bordo della sedia, che a me mi fa tirare il cazzo come la gravità bulgara.

“Dimmi, vai” rispondo io, che avevo già fatto duepiùdue e anche trepersette.
“Io spero che te non t’incazzi, giuramelo. Ma io e Max…” e io dico “Sì? E di che cosa dovrei incazzarmi, avete mica litigato vero?” - replico da nonna puttana - “No, macché litigato, noi due stiamo assieme e volevo tu lo sapessi subito”.

Auguri e figli maschi, che m’incazzo, figliuola santa?
Piuttosto che mi incazzo direi ‘Masticazzi’, in contro canto al Pupone e a Cassano.
“Assieme”. Mah.
Due cuori e una capanna, con palese riferimento ai di lei genitali.
Tutto ok, non mi incazzo.
E di che dovrei incazzarmi, no?

“Ah” - dico - “ma sai che un po’ me l’aspettavo?” - e sorrido da placido adulto saggissimo quale sono.
“Però un’amichetta potresti presentarmela adesso, no?” - rido sublime e inossidabile.
E ride, sta minchiaiola dimmerda. Ma mica dice: sì, ok, Tazio, ti trovo io un nuovo fodero di carne umana vivente per la tua spada antimaterica, no.
Ride e mi ringrazia timidina, che sembra fin per bene, la drogatella-alcolizzatella-ninfomanella.
E va ben.

Poi vengo punto nel mio culo rinascimentale da una curiosità.
“Ma lo ami?” - che bella la terza media femminile, mi mancava.
Si contorce guardando in alto, sorride idiota.
Ok, non rispondermi Tea, non so se ce la posso fare.
Le prendo la mano e sdrammatizzo.
“Promettimi che rimarremo amiche, capisci, cioè io, vabbè, eddai, cioè, te sei la mia migliore amicaaaa, vabbeh, eddai.”
Patetico cciovane.

Ed allora ecco lo Spirito della Troiona Imperatrice che cala ed entra nel corpo della giovinetta, prendendo il sopravvento ed il comando.
Come un virus controlla tutte le cellule, sale sul ponte di comando cerebrale ed ordina al corpo di alzarsi, lasciando le espadrille arancioni, fetide, sul pavimento, raggiungendomi con i sensuali piedi scalzi e luridi, neri sul tallone, ficcandomi in gola la lingua fringuella stornella, per poi sibilare vis-a-vis, con ancora le mie tonsille in bocca: “Tra noi non cambierà nulla, scemo…”

Eccerto, scemo totale, che te lo dico affare.
E’ per quello che mi hai avvisato di “esserti messa assieme” col Maxmanzo.
Per confermarmi che continui a farti chiavare da me.
Commovente, sublime, che futuro di successo, tuttapposto Tè.

Urgono riflessioni.
Diversivi.
Forse un’evaporazione sterilizzante.
Una sanificante tirata di sciacquone.
Un consapevole abbandono della pubertà.
Di questa almeno.

Ecco.
Ve l’ho detto.
Là.




domenica 28 maggio 2017

Nella vecchia porcilaia


"
Nell’ex stalla dei maiali 

tre uomini gioviali
han legato sulla tola
la bella ragazola
con la benda nera agli occhi.

“Che fai e non la tocchi?” 

– somaro di un sandrone -
mosì che la strapazzo,
la scaldo e poi ci sguazzo
finendo senza meno
a ficcarle dentro il cazzo.
"

Che poesia, alla luce della lampadina di design minimalista, quell’opera che tutti abbiamo avuto una volta nella vita, “Legata a un filo” è il suo nome, ve la ricordate?
Ma che bell’odore di maschi sudati e di fica, di cazzi e di ascelle, di umido, essenze sublimi che ravvivano il vecchio odore di porco di quella casettina di mattoni e lamiera.

La porta aperta dà sulla campagna pregna di tanfo di liquame, parente stretto dello stesso liquame che ci tinge l’anima di merda pervertita.
“Sbattila” grugnisce il giovane tormentando quelle tettine irte  e gonfie, ed il bell’edile arrapato, peloso sul petto come un tappetino del cesso a pelo corto, affonda il cazzo nelle carni tremule della nuda ed oscenamente gaudente giovinetta ginecologica, che mugola dimenandosi, ben legata alla tavola sulla quale anni addietro si era adusi a confezionare salami, svuotare interiora calde, sgambare prosciutti, arrotolare pancette, sguazzare nel sangue che “el mazador di ninin” aveva inevitabilmente sparso.

Ma stanotte no, niente sangue, no. Solo manzi sudati, alcolizzati e fumati che condividono le loro verghe erette con la ninfetta porno che si dimena dal piacere, succhiando due cazzi, mentre il terzo la trapana nella oramai indecentemente esperta fichetta rasata.
“Nel culo no!”, eh no!, nel culo no giovine, cosa credi, che siam qui a truccar le scimmie? nel culo no, ‘mo nononono, ci mancherebbe contessina, scusateli, son ragazzi.

E il giovine la sbatte con forza e passione, mentre l’edile mi affianca, fraterno, e io lo cingo nel sudore intenso e viscoso, ghignando con lui su quanto sia elegante, colto, culturale, amichevole e persino pedagogico, trombare la troietta tutti nudi nella stalla e il contatto col suo corpo mi fa tirare il cazzo come un argano kazako e allora, dai, vieni, che le mettiamo in bocca ‘sti due tronchi di sequoia e la giovinetta sugge, rantolando da suina, che bella benda nera che c’hai troietta, adesso la macchiamo di un bianco un po’ opaco, tanto lo so chi siete, froci porci puttanieri, ah sì lo sai puttana? sì lo so, uno è Max e l’altro l’ho visto al bar ma non so il nome, succhia puttana, sfregaci le cappelle, stupendo Max, godo come una porca, mi ti farei maschione, lui ride di traverso, ombroso e virile, che due froci che siete, tu sfrega e fatti chiavare, zoccola ansimante, daimo Zack sfondala, tanto lo sa chi sei, grugniti sordi, scricchiolii di legno marcio, mani, dita, capezzoli durissimi, pelle d’oca sulle cosce, son Max, eccomi qui troia, ti chiavo, sì chiavami! ti voglio porco!, e il suino affonda nella fossa mentre Zack le spruzza in faccia il suo carico di sborra.

Ingloriosi bastardi di merda, intortatori di fogna, adulti insani con pruriti da cinghiali al Viagra, stolti distorsori della virtù giovanile, ma che sesso Max nudo col cazzo duro, lo abbraccio da dietro mente pompa la pupa e gli piazzo la minchia dura sullo spacco sudato del culo peloso e con la mano gli strozzo la base dell’umida minchia, onesta, né grande, né piccola, ma dura di marmo e lo abbraccio sudato mentre gode e pompa chino e lo incito osceno, seguendo il suo corpo maschio incollandogli il mio e niente lo ferma mentre fotte ad aratro esavomere, che la pupa gli piace, si piacciono, si pigliano da prima, in segreto, e sortisce il suo orgasmo, un altro gran troia!, ma quanto sborri stasera!, dai Max, sfondala, ma lui si sfila di brutto, scacciando la mia mano, per segarsi veloce e irrorarle una gamba, vai Taz, puniscila tu!, spaccala in due! dai spaccami bastardo! e io fotto la troia alcolizzata, fumata e giuliva, dal sorriso febbricitante per il  gioco da adulti malati e dopo un po’ di colpi profondi le schizzo il mio seme nell’ombelico pirsingato, ma che pozza, ma che bello amisgi luridi, l’hai fatta rivenire Taz!, mo che sporcacciona che sei, ma ti chiediam dei soldi vè e ridono scemi e sereni, la campagna liquamata, i maschi di merda, slegatemi maiali, tanto lo so chi siete, che mi scappa una pisciata da scoppiare, se no vi piscio addosso! che eventualità golosa e arrapante, ma i verri urlano fuori!, fuori a pisciare!, il buio, il corpo nudo, sudato, accucciato animale, lurido di sborra e sego umano che sibila la piscia senza pudore, schizzandosi un po’ i piedi, dopo dormi da me, sì e mi bacia slinguandomi e sa di cazzo e sborra, odore d’erbetta accesa, passa animale, tò, la giovine che ride oscena e picchia i pugni sul petto dell’edile che la limona aprendole le chiappe rosse di sfregamento sulla tavola e si ride, lo sapevo busone che eri tu, la voce la conoscevo, ‘sta minchia pure, ma anche quella Taz, mi brucia la paperina sai?, dopo ti schizzo dell’altra cremina, e mi lecchi la bua? e se la strizza oscena e sguaiata, sozza lolita troia amorale, drogata, alcolizzata e molto ben integrata, si ride e si bestemmia, anche lei, che sesso, tutti nudi, sgrullandoci, luridi, deviati, demoni corrotti, ma com’è che cominciata?, ma che cazzo ne so, son fuori di legno da stamattina, anch’io!, ma tutti!, ride, ride, ridiamo, ridiamo idioti, la vita è bella così, sì dai e si ride.

Che domani è domenica.