Non ci sono luci forti, in nessuna stanza. Vecchie lampadine ad
incandescenza, la cui potenza massima è 60W, ma la predilezione è per quelle da
40W.
Non ci siamo lavati e non ci siamo vestiti. Siamo rimasti sporchi, nudi
e scalzi come eravamo ed abbiamo messo su l’acqua per la pasta, perché il
buonsenso ci ha consigliato di non metterci alla guida. E poi non ne avevamo
neanche voglia, onestamente. Aglio, olio e peperoncino. Ma a crudo, con l’olio
buono e l’aglio e il peperoncino freschi. Una spolverata di prezzemolo fresco e
una bella grattata di pecorino romano a completare l’opera magna. Verdicchio
gelato. La cena degli dei.
“Che piani abbiamo Taz?” mi
chiede mentre ci rilassiamo, svaccati sulle sedie, dopo aver trangugiato due
etti di spaghetti a testa. Già. Che piani abbiamo? Le spiego che sto,
dilettantisticamente e forse inutilmente, monitorando l’andamento delle scosse,
tenendo nota dei bollettini sismici delle nove del mattino, relativi alle
ventiquattro ore precedenti. Per capire che fa, se si placa, che massimi di
magnitudo, eccetera.
Quindi non abbiamo un cazzo di piano, sostanzialmente. E quindi rimarremo
qui ancora qualche giorno, sinché riuscirò a fare le cose online e non avrò un’insormontabile
necessità di esserci di persona. Ed anche in quel caso, siccome ci sono solo duecentocinquanta chilometri, posso
fare su e giù.
“Ti saturerai di avermi intorno e
appena torniamo alla normalità mi molli” mi dice sorridendo molle e scherzosa,
giocando lenta coi ricci salati, ma secondo me ci pensa davvero. Le rispondo
che se trovo una che me lo ciuccia col culo meglio di lei, può essere. E mi
becco, giustamente, dello stronzo.
Poi ci baciamo. Ed è bello.
Ci stiamo riducendo come due junkie e a noi questo piace. Era da una
vita che non vivevo da freakettone, fatto e nudo e sporco e arrapato con al
fianco una donna fatta e nuda e arrapata, sempre pronti a chiavare come cani
dappertutto. E’ molto liberatorio. Molto.
“Ma quante ne hai girate oggi?”
le chiedo mentre ne sta arricciando una.
“Boh. Un bel po’” mi risponde
concentrata sull’arricciamento.
E poi accende e passa e io tiro e la guardo. Ha le piante dei piedi
nere. E’ lercia. La adoro.
Passo l’indice nella sua fessura e la sento viscida. Mi annuso il dito
e le dico che ha la fica che puzza di baccalà e rido. Lei passa il suo indice e
lo annusa, mentre non riesco a smettere di ridere, causa fumigazioni,
Verdicchio e vodka. Mi prende l’uccello, lo scappella e lo annusa e mi comunica
che il mio baccalà, invece, si è sicuramente pisciato addosso e deve anche
essersi venuto nelle mutande.
E ridiamo come due coglioni continentali. Che fa bene. Molto bene.
La notte è fresca, ma non ci va di sospendere la beatitudine per
dedicarci a pratiche urbane di igiene personale e vestizioni. Laviamo solo i
piatti, per evitarci lo sbocco di vomito al risveglio.
Oggi c’è un bel sole e fa caldo.
La Chiara dorme ancora e io non la sveglio di sicuro. Ho una gran
voglia di pigrizia, credo che lascerò la scarpinata là dov’è, almeno per oggi.
Tanto qui non manca niente e per pranzo raggiungiamo la bettola in cinque
minuti. Mi sto lentamente rilassando, anche se non smetto di pensare che là,
lontano, c’è un gran cazzo di casino. Aspetto con ansia il bollettino delle
nove. Potrei mettermi a contare anche io, dall’altra pagina, ma mi trattengo. E
aspetto il bollettino. Come se, avendolo in mano, cambiasse qualcosa.
Domattina briefing via Skype con il Costa, il Loca, Zack e Umbe. La
Betta la sento più tardi, Matt l’ho sentito ieri sera e lui lunedì è al pezzo, da
Sirmione dove ha dei parenti. Anche la Greta e la Patty rimangono esodate dove
sono.
Ci vuole pazienza, calma e un briciolo minimo di positività.
Per forza.
Buona domenica.