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mercoledì 8 luglio 2015

Scorci emiliani

Mangio un toast e arriva Baldini, chiamato da nessuno, invitato a sedersi da nessuno.
Mi narra con affabulazione di essere nel business delle macchine operatrici usate, che di ’sti tempi vanno come il pane e lui ci fa “il grano”.
Curiosa la metafora.
Come dire che vanno come il vino e lui ci fa gli acini, o come la merda e lui ci fa i culi. Ed è qui che mi casca l’asino: perchè se è col grano che si fa il pane è altrettanto verissimo che, con la merda che vende, prima o poi gli faranno un culo tutto suo.

“E tu di cosa ti occupi Tazio?” mi chiede fumando mentre mangio, che mi irrita.
“Di una valanga mostruosa di cazzi miei” rispondo senza smettere di mordere il toast.
Baldini ride, come Amedeo Nazzari ai tempi d’oro.
“Devi rilassarti Tazio, sai cosa ti vuole a te? La figa, dammi retta, fidati.” e ride come Amedeo Nazzari.
Volevo restare a leggere il Carlino dopo il toast, ma invece lascio dieci euro sul tavolo, mi alzo e dico.
“Baldini?” - “Eh”
“Ma vai a farti inculare da un senegalese come fa quella troia di tua madre” e me ne vado.
Scorci emiliani, rilassatezza.

Tatzio tipografo in Riga

Tic tac, tic toc, il ritmo della bassa scandisce i suoi tempi che guai se son difformi di un graffio che perdiam tutti la testa.
Ore 04:06, guardo dalla finestra la piazza vuota, son sudato come un caribù perchè mi sono addormentato dimenticandomi di inserire l’aria condizionata e Auronzo, Astronzio o come cazzo si chiama, è lì che spazza di dentro e di fuori al Centrale, perchè alle cinque e mezzo arrivano i primi operai col furgone cassonato a fare colazione.

Non sto bene, no, per niente. Nella rassicurante clinica di Londra mi hanno versato alcuni ettolitri di dio sa cosa in vena, con flebo, siringhe e ogni diavoleria, ad opera di sintetiche infermiere sorridenti, inguainate in collant di gesso bianco, che con una cadenza esasperante entravano a bucarmi, sostituire, darmi la pappadimmerda, che vi lascio immaginare in Inghilterra una pappa ospedaliera cos’è.
Una notte, di una pioggia novembrina battente, ho disposto tutti i miei telefoni cellulari sul letto: l’italiano, i due cechi, il lettone e quello inglese, tutti spenti da tempo immemore. Per una frazione di secondo ho avuto la tentazione di chiamare la Skiz e di dirle di venire su che avevo bisogno di lei, ma poi il buonsenso mi ha fatto ingollare venti gocce e il sonno sintetico ha decretato il “morta lì”.

A proposito di telefoni cechi: l’avvocato olandese la sa lunga ed è un drago eh. Ha seminato tanta di quella zizzania che, alla fine di un rocambolesco e vertiginoso giro, tutti l’hanno tirato in culo a tutti e io sono diventato totalmente (ed in ombra) proprietario assoluto dell’Humble Brothel and Hotel.
“E adesso?” - chiedo come una verginella mestruata - “adesso si chiude tutto.”
Cazzo, ma come si chiude tutto?
“Sì, si chiude e tra un mese si appicca il fuoco così incassiamo i Lloyd”
Che bella vita sana, densa di principi, spensierata, onesta.
“Ci pensa lei?” - “Lei mi paga per questo, Signore, certo. La tengo informata.”.

Intanto qui tic tac, tic toc, giovedì Kikka, venerdì la tossica Sara, sabato a invito.
Questo giovedì pare che, a causa dei sessantadue gradi, il calcetto non vi sarà e la cosa mi rallegra. Niente Kikka, grazie a Dio.
A proposito di allegri compari sulle cui evoluzioni vi darò, forse, un dì notizia: Umbe-pagliuzza-corta mi avvisa di non essere più persona gradita al consesso prandiale del sabato taziale e si scusa, molto a disagio. Ottimo.
Allungo una sostanziosa cifra alla Marghe e prenoto il tavolo del sabato prandiale (il migliore) tutti i giorni mezzogiorno e sera per un anno, col patto che rimanga vuoto anche a locale zeppo e che, soprattutto, dio non voglia che MAI vi stabuli l’allegro consesso amicale del cuore. E io vado a mangiare al Centrale.

La Raffa è interessante, troppo.
Al mio ritorno dalle terre fredde del nord est, noto che il winebar è in piena attività di ristrutturazione. L’ha comprato lei. Astrolabio, Austronzo o come cazzo si chiama si tiene il Centrale e lei si smazza il winebar, stile osteria francese, piccola cucina, molta figa, musica di tendenza e art oriented. Bravona, lo volevo fare io.

E qui tic tac, tic toc, l’affare B&B è alle battute di chiusura, la Chelli mi chiama perchè vuole “aiutarmi” a entrare a gamba tesa senza sapere che se voglio ci entro e se non voglio non ci entro, così allergico come sono all’asse Caparezza-Lidia. O compro tutto (gli aiutini da casa mi fanno ridere il culo) o ciccia e sarà ciccia, considerando che la Betta lavora come commessa assunta a tempo indeterminato in un panificio non molto lontano.

E’ così, amici.
Tic tac, tic toc, è un po’ che sono qua, ma scrivo solo stamattina con questo caldo atroce. La Lidia mi ha visto dopo un’eternità ed ha inscenato in tempo zero la piece “servo in ginocchio e lecca” e io ci sono stato, anche se ancora per poco.
Nessun come stai, nessun come va. Bisogna attendere, me l’ha isegnato un olandese.

Parigi, il Bordeaux, tutto saltato.
Da London City solo uno stop over su Zurigo e poi Riga, avvocato, società fatta, serata di vernissage della galleria d’arte, Anikam moglie del bergolettone, che gira nuda per casa coi suoi pargoli, figa come una statua del Canova, dissuasiva come un agente del KGB, poi macchinone russo, autista, bergolettone e due tizi armati come Rambo, undici ore e Lutsk Ucraina, mi viene da vomitare, tu vomita che io ti copro, poi piacere Tazio, piacere Gorky, aspetto una tua telefonata skype Tatzio.
Certo Gorky di Lutsk.
Tatzio tipografo in Riga ti chiamerà senz’altro.

Tic tac, tic toc, non sto bene, non sto bene per niente.
L’estate credo la passerò qui, nella bassa bojona, ad ascoltare l’ammaliante voce bassa di tono e di volume della Raffa, guardandole gli eccitanti callosi piedi molto maschili privi di smalto, issati su quei sabottoni infradito scaldacazzi, parlando con lei della qualunque e beandomi di essere l’unico ammesso ad una comunicazione così estesa in termini di tempo ed argomenti.
Asturio resta là, triste e senza fisic du role, ma soprattutto senza spessore utile a confrontarsi con questa donna non colta, ma certamente non qualunque.

Il winebar riaprirà.
Il B&B anche.
Un peccato festeggiare con una Oransoda.
Ma la Raffa dice di non disperare che, nella vita, le cose piacevoli e non dannose sono tantissime. Basta avere un complice giusto.
E non posso che trovarmi d’accordo con lei.

domenica 7 giugno 2015

Tenero vigliacco

Clima fresco e  sapore deciso, questa Amsterdam domenicomolecolare che mi lascia in bocca il sapore che assaporano quelli veri che la banca gli apre di domenica per un’ora e sei firme e poi andersen, for di bal, sempre nostro graditissimo ospite, mi chiama un taxi? Per dove? Aeroporto, ma certo vualà.
E così eccomi, bello sudaticcio anche se non fa caldo, a scrivere dall’angolino degli sfigati che stazioneranno intere ere geologiche in aeroporto prima di prendere quel budello di latta che li porterà là dove tanto importante pare sia andare.

“Ciao occhidizaffiro, dove sei di bello?”
“Ciao belluomo, che piacere, ci contavo zero che mi chiamassi sai?”

Pomeriggio del buon sole, mi dice la Lidia, a casa della MmmmmmmuuuuUUUUuuuuuuoooo che c’ha quella piscina con la palma disegnata sul fondo che non la si può vedere nemmeno al Campeggio Miramare di Viserbella. Chiedo chi c’è, ma faccio una domanda del cazzo, tanto non ascolto le risposte.

“Com’è andata ieri?” – mi chiede con tranquillità confortevole.
“Ieri, vediamo. Un conflitto nucleare? No, troppo poco, facciamo sette conflitti nucleari e non se ne parli più.”
“Non l’hanno presa bene quindi…” – mi chiede seria.
“Diciamo che fino alla mia cessione ed al subentro c’era della pseudo compostezza, seppur con del gusto di merda in bocca, ma poi quando l’avvocato del “nuovo gruppo” ha preso la parola, sventolando il trentacinque percento di quote come un machete birmano per dipingere a sangue una ristrutturazione che vuole eche la fine del mondo a colori è una figurina Panini in confronto, hanno iniziato ad agitarsi e a bestemmiare, inveendo contro di me che mi premuravo di ricordare che ero lì per introdurre il mio successore e che non c’entravo più un cazzo con le loro puttane…”

E poi a seguire altre trentaduemila dettagli legati al battlefield ed alle reazioni che, come previsto da Lidia la Truce (ante litteram), hanno iniziato da subito a slittare sul sapone con lo scopo preciso di tirarselo nel culo uno con quell’altro.

“E il Costa?” – mi chiede raschiando un qualcosa con una cannuccia da un bicchiere.
“Il Costa moooooolto preoccupato, perché senza il mio appoggio rischia di venire schiacchiato come un tubetto di dentifricio dalle nuove probabili coalizioni/cessioni/defezioni. E imperlato di sudore cercava i miei occhi con quegli occhioni da cerbiatto frocio-sederina-romantica che non vedevo da tempo.”
“Ottimo” – oblitera – “il viaggio in auto? Tutto bene?”
“Con un demente che non ha tolto il piede sotto i centoottanta in quel velluto di stradine, direi un viaggio emozionante.”
E lei ride.

“Sicché da domani sei londinese per non si sa quanto” – vira per scrostare un po’ di merda dal muro.

E io penso.
Penso che stanotte arriverò in un signor albergo a Londra, mi farò una doccia accurata ed andrò a dormire sino a domattina, dove alle ore nove spaccate metterò piede in clinica dove alcuni medici cominceranno a succhiarmi litri di sangue e poi mi metteranno addosso una camicia da notte a fiorellini aperta dietro, sotto la quale dovrò essere totalmente ed obbligatoriamente nudo, mi tumuleranno in un letto mega tecnologico e mi conficcheranno nelle vene delle farfalline pronte ad accogliere simpatici intrugli multifarmaco, così, per ammazzare il tempo in attesa dei risultati delle analisi. E poi se dalle analisi si salva qualcosa, sotto con un’altra mezza carriola di flebo e arrivederci e grazie, si accomodi in amministrazione, viceversa pronti per una bella plasmaferesi a loro scelta e poi, alla fine, arrivederci e grazie, si accomodi in amministrazione, buoni droga party futuri, ci vediamo prestissimo.
E la cosa mi mette un’ansia pari a quella del maiale a cui fanno fare un giro turistico nel famoso megaprosciuttificio.

E non resisto e le comunico la cosa proprio così come ve l’ho detta a voi, sortendo un: “Mh”.
Dopo una pausa che aveva dell’infinito mi dice “Posso salire? Solo che non riesco a prendere un aereo prima del pomeriggio di domani. Ma mi lasci salire, cazzo?”

Può salire?
Può salire frantumando i miei sogni di negritudine puttanissima trina ed apparentata, che coccolo da giorni? Può salire segando in due il Bordeaux, la smaterializzazione, le cantine e Blanche la geisha francese agè?
Può?

“Non sai che sollievo sarebbe, Lidia, ma non voglio romperti coglioni che c’hai da fare.”
“Se invece di leggere nel futuro altrui tu parlassi, cazzo, che con te tutto è una sciarada, un rebus, un cruciverba” – “un ‘Forse non tutti sanno che’ e un po’ di ‘Tenero Giacomo’, anche” – aggiungo per enigmistica precisione.
“Tenero cretino, direi, altro che. Adesso mi muovo subito.”
Ecco.

“Uozzappami albergo e camera di Londra e avvisa che ci sono anche io, che io adesso mollo il Cirque du Soleil delle carampane allupate qui e vado a fare la prenotazione del volo e a preparare il trolley. Ma ti tengono dentro alla notte? C’è un letto di fianco al tuo, eventualmente?”

Non lo so Lidia, non so niente.
Però sono sollevato che ci sia anche tu a tenermi su anche in queste cose.

“Oh, ma senti, ma veramente sei tutto nudo sotto il camice allacciato dietro?” – chiede e poi esplode in una risata crudele.
“Sì, ma ti mostro tutto se ci sei, non preoccuparti.”
“Ci conto davvero, son cose belle fini” e giù a ridere (lei).

E adesso vado a farmi un altro bourbon, che in questo schifo di Schiphol non mi passa più.
Unica nota positiva la signora olandese che ha abbandonato le scarpe sotto il tavolo, ma è un po’ pochino.
Anzi.
Rispetto al non essere soli non è un cazzo di niente-

Nei prossimi, bella gente.









giovedì 4 giugno 2015

Rigare dritto

Che dormita da Gran Sovrano della Stramazza Bufalazza mi faccio qui nell’albergazzo di Riga fatto per quelli appassionati di biga, amisgi che numerossi non mi cagate di pezza dalle vostre casse.
C’ho una camerona che è una meraviglia delle meraviglie meravigliose, dalla quale vi scrivo poche note di saluti prima di scendere a mangiare qualcosa e poi tornare a ritirarmi per altro meritato, meritatissimo riposo. Ma magari prima mi faccio quattro passi che in giro c’è sempre qualcuno che suona, anche jazz.

La Lidia mi telefona, come va, come non va, come andrebbe, come andrà ed io negli effetti più che qualche blanda notizia lavorativa e la vivissima soddisfazione di aver capito parecchio di un film russo che andava in onda ieri sera, non so che dirle.
Qui il clima è così: bello frescazzo, anche se oggi c’era il sole. Il problema, per me, è la luce: il sole sorge alle quattro e mezzo e va a nanna alle dieci e mezzo circa e la cosa mi infastidisce fisicamente, non so il perché.

Domani altro lavoro sereno col più bergamasco dei lettoni che ci terrebbe tanto a presentarmi la sua famiglia e una di queste sere gli dico anche di sì.
Qui comunque si sta bene, almeno per periodi brevi, ma così bene che mi viene anche da pensare di viverci per un po’, anche in considerazione che le lettoni sono delle grandissime fighe e non paiono essere delle aliene disumane con le quali si rende impossibile l’approccio.

Ma la vita è anche dovere, per cui per me qui Riga al momento (lo sottolineo, al momento) fa rima solo con Riga e anche con Riga e sabato (purtroppo o per fortuna) farà rima con Praga che almeno ‘sta pigna dal culo me la vado a togliere.
Vi bacio con grande affetto amicale, amici cari, a prestissimo.

mercoledì 3 giugno 2015

E gira gira gira

Meraviglioso.
Vi scrivo in pausa pranzo da Riga, Lettonia, in cui sono precipitato a razzo nella notte, dopo aver trascorso un lunedì da scriba (ventinove post mi pare) in attesa di una risposta della Lidia in merito alla sua compagnia durante questo viaggio di lavoro.
In realtà, se lei fosse venuta, i tempi e gli impegni si sarebbero contratti entro la settimana, ma visto che il “no” ufficiale è giunto sofferentemente solo alle diciannove e zerodue del lunedì (capisco che ci voglia così tanto per capire se tre giorni sono sacrificabili dal’ufficio che si possiede e dà lavoro a quattordici collaboratori) dopo aver disinfettato l’appartamento per tutto il martedì, aver fatto le valige ed essermi procurato un volo a tarda ora, ho deciso che le cose sono un tantino cambiate, dato che la mia cara solitudine mi concede ogni scelta.

Rimarrò a Riga sino a sabato, dove lavorerò fitto con il più bergamasco dei lettoni che sarà a breve il mio futuro socio in una venture nuova di zecca extra lettone, ossia non composta da residenti.

Sabato nel primo pomeriggio partirò per Praga, dove ho già organizzato prima un bell’incontro con un commercialista di mia assoluta fiducia e il galoppino della società olandese anonima (mia) che ha rilevato le mie quote e poi, a seguire, una bella riunione tra i calabroni ed il consiglio tutto dell’Humble Brothel and Hotel, al fine di introdurre loro il nuovo socio e che proporrà da subito una aggressiva ricapitalizzazione sostanziale di tutta la baracca.
I dettaglia a voi riservati, per discrezione, muoiono qui.
Finiremo di litigare a tardissima notte, momento in cui io mi sposterò velocissimo con un’auto a noleggio con conducente verso la più salubre Norimberga, dove pernotterò da re come si confà ad una persona del mio rango.

Domenica all’ora di pranzo sarò ad Amsterdam, dove consumerò un frugale pasto e nel pomeriggio (che privilegi gustosissimi) sarò negli uffici della Banca dalla quale effettuerò alcune operazioni rapide e concluderò definitivamente la questione Praga, rovesciando per interposta persona tavolo, sedie, tappeti, mobilio, sorci e tubi gocciolanti merda.

Nella notte di domenica mi muoverò da Amsterdam a Londra per scopi puramente personali: visite mediche, un centro benessere, un sarto che mi confezionerà abiti di gran classe su misura e permarrò nella perfida Albione il tempo necessario, che stimato ad occhio e croce sarà circa sino a giovedì. Stabulerò nel più prestigioso degli albergoni del centro e sarà un signor bell’andare.

Venerdì, col primo TGV disponibile che non ho ancora prenotato, mi sposterò su Parigi, per avviare un week end di sesso dalla pelle nera di grandissimo lusso ed esorbitante costo, fatto di raffinata droga e ottimo champagne. Penso di meritarmelo, anzi me lo merito e basta.

Lunedì, poi, quel che rimarrà di me prenderà il primo volo per Bordeaux, dove incontrerò il Ruggi prima della sua imminente partenza per Bucarest, giusto per discutere di alcune cosette che riguardano un casale di nostra conoscenza, di cui sto lentamente maturando la decisione di entrare in possesso senza soci alcuni. Si vedrà.
L’indomani, in auto con lui, raggiungeremo poi le famose cantine, dove a seguito di una ciceronata sborona (parliamo di 250.000 bottiglie commercializzate world wide) verrò affidato alle cure di Blanche, la sua divorziata “guardiana-amministratrice-coordinatrice” che mi garantirà una presenza smaterializzata (zero cellulari, nessuno saprà che esisto e dove sono) che assai gioverà al mio danneggiato umore.

Il resto sarà storia. Non ho altri programmi, se non la garanzia assoluta di NON incontrare Milly, né di farle sapere che insisto su suolo francese dove, a prova di clamorosa civiltà, non occorre essere registrati da nessuna parte per stazionarvi, ovvero è garantita la possibilità della scomparsa assoluta in un ignoto B&B di proprietà del Ruggi situato ad una certa distanza dallo Chateau.

Spazzando furiosamente il cesso, ieri, ho pensato tutto questo.
E ne sono fiero.
Bell’attività spazzare i cessi no?
Vado a lavorare, pota.

lunedì 1 giugno 2015

Champagnati addosso

 Sabato notte 

E’ vero, avevamo bevuto l’intera regione dello Champagne-Ardenne, questo è vero.
Poi c’è stato un momento propedeutico di altissimo spessore.
In piedi innanzi a me, con l’abito nero con le bretelline, lungo sino al ginocchio e i sandali argento molto raffinati ai piedi.
Location: giusto innanzi al mio portone.
Proveninenza: la sua auto nella quale ci eravamo ingroppati come i Bonobo sotto Chalis, per ore.

“Tu una volta hai detto che se suono il piano di notte ti bagni dall’eccitazione e ti bagni le cosce e io me ne accorgo vedendoti le dita dei piedi bagnate”
“Sì”
“Ma ti bagni così tanto?”
chiedo e rido ubriachello.
“No” mi risponde ridendo ubriaca bella e buona.
“E allora mi hai raccontato una cazzata” sottolineo, pizzicandole i capezzolini fino a farle aprire la bocca dal dolore con gli occhi chiusi.

E allora lei sfila dai piedi i sandalini restando scalza sull’asfalto, recuperandoli in mano.
E poi si piscia lungo le gambe, lucidandole di sibilanti rivoli che si intrecciano sulle curve del ginocchio, del polpaccio, correndo alla caviglia, bagnando i piedi, affogandoli in una pozzanghera che va allargandosi e nella quale lei muove sensuale le dita sorridendo ebbra con quegli zaffiri stretti.

“Fammela leccare” richiedo imbestialito e serio, appoggiandola al portone e sollevandole l’orlo del vestito. E gliela lecco maniacalmente, glabra fica nuda zuppa di piscia calda, priva di mutandine che giacevano chissà dove nel  Touareg e mentre assaporo il suo nettare, la ebbra Lidia solleva il vestito da sopra la testa rimanendo totalmente nuda in strada, biascicando solo un leggero “scopami ancora che ho voglia”, cazzo Lidia no, entra, entra dentro e mi incasino con le chiavi mentre lei gira in tondo nuda in mezzo alla strada a braccia sollevate, scarpe e vestito per terra, ridendo, con qualche capannello più in là che osserva divertito.

Riesco a ricoverarla all’interno di casa a fil di fanali di un’auto che sopraggiungeva.
E poi la violento sulle scale, senza nemmeno salire, facendola godere come una pazza.

Pazzesco.

Bello però, cazzo.
Tanto bello.

Amore mi scappa la cacca che me la sto facendo addosso

 Sabato tardomeriggiale

Sabato tardissimo pomeriggio, avevo appena schiacciato un pisolo ristoratore quando, d’improvviso, il campanello suona e il citofono mi riporta alla mente i tempi andati.
“Cicciammore sono io la Ade, fammi salire che mi sto cagando addosso” e la locuzione non era intesa a metaforizzare uno stato di paura, ma riferiva proprio ad un incontenibile stato di riempimento fecale del tratto finale del tubo digerente, per cui apro con lusingato entusiasmo.

La furia sale correndo, figa come non mai, salutandomi appena, cercando con parossismo la porta mentre scandivo, inascoltato, un meccanico “DAVANTI-A-TE- E’-LA-PORTA-DAVANTI-A-TE”  e poi la vedo svanire rumorosa nel cesso, finalmente.
E da lì la odo scaricare la cagata impetuosa che la tormentava, mentre accanto alle rudi scorregge sonore e aggressive, proprie di un camionista ceco che si alimenta di soli wurstel, crauti e birra, è stato con estremo piacere che ho udito la voce soave della Poetessa dell’Ano declamare bestemmie crudeli utili a rafforzare il concetto che se non faceva presto si sarebbe cagata addosso di lì a un secondo.

Che utile che mi sono sentito.

Poi scrosci di sciacquone, getti di bidet, profumo di bagnoschiuma, richieste di permesso d’uso del mio asciugamano e, alla mistica fine, una donna stupenda, nuda sotto e vestita sopra, con in mano gli indumenti mancanti e i sandali, compare sull’uscio che richiude dietro a sé e mormora sorridente “Grazie Cicci, ti devo la vita, non la tenevo più più più… se vuoi puoi incularmi, adesso, che sono vuota come una zampogna e sento anche di più il cazzo.”
Che son parole di sopraffina fattura letteraria, se ci pensate, una sintesi estrema dei Grandi Classici del Novecento e che solamente uno stolto avrebbe sprecato adducendo ragioni di tempo scarso e così io, che stolto non sono affatto, l’ho ingroppata sul letto come la scotta di una vela in mano a un babbuino, allungandole prepotente, ed a secco (dettaglio oramai ininfluente nella Ade, dato l’abuso del suo muscolo anale) tutto il cazzo duro che mi aveva fatto pietrificare con la sua laida troiaggine scatologica, aprendole il culo come meritava e necessitava, sbattendola come una bandiera sotto il Maestrale Tarellare di forza Ventitre, godendo di quella Femmina Suprema che in cambio di un cesso per cagare si fa scopare l’intestino con tutta la golosa violenza dell’impalatore.

E veniamo urlando come scimmie catarrine e mi pregio di spruzzare il mio preziosissimo sperma sulle natiche erotiche della catarrina femmina che ne pare lusingata e/o inorgoglita, a giudicare dai guizzi bovini di lingua e i gorgoglii gutturali.

“Che bella l’inculata appena dopo aver cagato Cicci” mi confida rimuovendo le tracce spermatiche con cura, come se io non mandassi a memoria i tremila clisteri che le ho somministrato proprio in vista di sodomie ben dilatate.

“Ci rimane sempre da provare la mela amore” sottolineo preparandomi le cose per il post doccia.
“Mmmh la mela… maialone… ma lo sai che da quando me lo hai detto non riesco a togliermela dalla testa?” incalza soddisfatta del richiamo della memoria, mentre la mia preoccupazione principale è come riuscire a  togliergliela dal culo, qualora strani contrazioni intestinali dovessero bloccarne la fuoriuscita.

Preoccupazioni apparentemente opposte, ma in realtà perfettamente identiche.
Grande metafora del vivere.
(Sottile questa eh, sottilissima)

Anche i piedi delle signore di classe puzzano nel sabato primomeriggiale taziale

 Sabato postprandiale 

Sotto l’alberone vicino al bivio del cavo maestro del canale che irriga la fiorente ed operosa agricoltura della bassa, una VW Touareg grigio metalizzata porge le terga alla campagna ed il volto alla strada.

Il portellone è aperto ed all’interno del piano di carico, seduti, sostano un uomo ed una donna. Ella è scalza e porge le sue estremità inferiori ad ello che è totalmente nudo, cosa che manda in sollucchero ella, che preme un piedino sulla Randa Impazzita Rampazza Pietraia Birilla di ello, mentre dilata le ditina dell’altro piedino affinchè ello abbia di che imbufalirsi annusandone il suo pacato odore di sudore dei piedi, aggressivo nelle note, maschile nell’impianto, eccitante da manicomio nella sostanza.

Ella, col piede libero e l’ausilio di una manina, conduce una masturbazione acrobatica al femore di dinosauro di ello, mentre costui lecca, succhia, infratta la lingua e gioisce del salato nettare che alberga tra quelle dita bambine.
La performance bizzarra si protrae per poco tempo, sinché ella, stanca di cotanta acrobazia che non fa che alimentare il suo belluino desiderio sessuale, non decide di liberarsi del pantalone stretto a tubo blu notte con bordo arrotolato e delle culottine blu pervinca con piccoli fiori azzurri, per porsi a giacere di schiena con le gambe e la glabra fica spalancate, a palese invito alla copula agreste nei confronti di ello, già ben pronto alla monta taurina.

Ed i due chiavano, sbattendo proletari, scomposti.
La camicetta di ella, ampia a righe bianche su fondo bluette, una volta sbottonata rivela l’assenza di reggiseno, con effetto trasfigurante in ello che sa cogliere la simbologia puttanesca di tale assenza, mentre ella va godendo divertita della reazione di ello conseguente alla scoperta, ma soprattutto va godendo del sentirsi ripiena di tanta Suina Carne di Rigidissimo Cazzo di Porco Crudo di razza Durissimock che stantuffa, senza lesinare le forze, nella fragrante ed umida fichetta bambina e signorile di lei.

E poi ella canta, agreste, con note a tratti rabbiose e vene del collo pronunciate e ello, al termine dell’epilessia di ella, porta nuovamente il piedino odoroso al naso e schizza scomposto il suo seme sul corpo nudo di ella che, previdente e saggia, spalma con ambo le mani lasciando tramontare gli ultimi grugniti suini e moderatamente blasfemi sulle sue eleganti labbra di signora di classe.

Che bel sabato taziale, così diverso, ma così intenso di emozioni.
Penso agli amici della Solita ed una punta di curiosità culattona mi titilla il perineo.
Ma preferisco annusare.
A fondo.
Mentre ella ride sguaiata e dice “bastaaaaa pervertitooooooo!!”.
Che bel sabato taziale.
Che afrore seducente ed irrinunciabile.
Che femmina.
Ha!

Pranzi, dialoghi, ipotesi, affari, sesso, piedi sudati, parrucchiere, sabato taziale

  Sabato prandiale 

"La cosa è estremamente interessante”, mi dice mentre pranziamo sotto il telone di cotone bianco del raffinato DaNicoFuoriMano ed io, pur non perdendo di vista l’argomento, considero che la Lidia è una quarantenne veramente figa, con una fisicata che seppellisce le ventenni, con degli occhi da husky che ti possono uccidere, spaventare oppure far innamorare per sempre col cazzo duro h24.

“La cosa sarebbe estremamente interessante se la gestissimo SOLO io e te: capitali, organizzazione, personale e, promozione. Per quanto riguarda il Professor Zucchetti, scusa se te lo dico che so che siete amici, ma: punto uno o ce li ha i quattrini, punto due o sai come trovarli, oppure se vai in giro a piazzare “affari” come se fossero tuoi non essendoli, per me diventi della piacevolezza di una emorroide.”
E lei ride, annuendo, concorde.

Di cosa stiamo parlando, belli lì che mangiamo DaNicoFuoriMano dei fiori di zucca al forno ripieni di burrata e alici su una coulisse di pomodoro fresco? Dell’acquisto di un meraviglioso casale gigantesco, ristrutturato post terremoto, riconvertito a struttura potenzialmente B&B, perché il volpone che l’ha ristrutturato c’ha ricavato otto camere matrimoniali, ciascuna con bagno ultra figo, esterno pietra faccia a vista, scuri originali restaurati, salone interno con camino da casa padronale, salone parallelo per le colazioni, cucina industriale ancora col cellophane, pavimento esterno di cotto originale restaurato, piscina che Phelps ci fa l’abbonamento se sa che esiste, duemilaseicento metri quadri di scoperto totale, con arredo verde di pregio totalmente illuminato al led in maniera discreta, capanni in legno per le facilities bordo piscina e impianti avviati per la realizzazione di una spa grande tanto quanto te la puoi permettere e poi e poi e poi. Roba da paura.

E Zucchetti chiccazzè, direte? Zucchetti è il paraculo che è venuto a conoscenza dell’affare, non ha i quattrini per succhiarselo da solo, ma pretenderebbe di entrarvi in tackle con capitale altrui che, tra l’altro, vorrebbe gli venisse affidato come “capo cordata” sulla sola base della sua chiarissima reputazione di luminare accademico, oltre ad un simpatico assunto (sue parole) “in fin dei conti son poi stato io il primo a mettere il cappello sulla sedia” .

E la Lidia sorride dicendo: “Il cappello sulla sedia… mica stiam trattando due camion di granoturco… qui bisogna pensarci e se si è convinti si fan saltare fuori i quattrini (e Zucchetti se ne ha bene), se no se ne fa una ragione, oppure ci viene come ospite che noi lo trattiam da papa, perché come hai detto è mio amico.” E ride.
Poi si mangia e pausa. E io lo so a cosa pensa la Leedeeah.

“Senti Tazietto” attacca professionale dopo un po’ “di che disponibilità tua potresti parlare?”
E a me vien da ridere dentro e rispondo “Mi hai bruciato sul tempo, sai? Stavo per farti la stessa domanda!” e si ride, bavosi crotali assassini che si strisciano attorno studiandosi, ma gli affari son così. Lei mica mi ci ha portato perché avevo bisogno di prendere aria, mi ci ha portato perché le interessa che ci accoppiamo anche in quello.

Bella la Lidia.
Pantalone stretto a tubo blu notte con bordo arrotolato, sandalo a zeppa vertigine color caramello, pitonato con inserti di nabuk eleganti, unghiette bambine laccate di trasparente dalla dominante violetta appena visibile, camicia ampia a righe bianche su fondo bluette, capelli corposamente accorciati, leggermente schiariti e magistralmente acconciati (c’ha guadagnato dieci anni, veramente).
Le esequie della famosa treccia saranno tenute in forma privata presso la cappella che metterò volentieri a disposizione per la cerimonia.

Bello anche lì DaNicoFuoriMano, cucina interessante, ristorantechicfintatrattoriallabuonadistocazzo, servizio impeccabile, location discreta e distante da occhi curiosi, proprio bello. Mi ci ha portato lei, dopo l’incontro col Professore, che io manco sapevo esistesse il locale. Non indago sul perché lei lo conosca, ma sono certo che la sua fica non sia estranea alla frequentazione del bel luogo.

Poi, d’improvviso, lei mi dice la sua cifra disponibile e io le sparo ravvicinato la mia.
Ci guardiamo e diciamo che lo sforzo mancante si può affrontare, poi arriva la crema catalana con un Passito di Pantelleria “quello vero”, dice il cicisbeo del titolare che, dopo sedici minuti di esposizione delle qualità del nettare introvabile e della sua fraterna amicizia col produttore, se avessi avuto una Glock 19 gliela avrei scaricata nello scroto. Io sono molto da “versa e fuori dai coglioni, che se fa sboccare torni qui di sicuro a spiegarmi il perché, non temere”.

E si chiacchiera, ciascuno con in un angolo del cervello la rotella girante che scava su come ridurre l’impatto dell’esposizione enunciata nelle parole.

“Ma tu” – chiedo lasciando libero il Gran Porco che è in me di pascolare in tanta bella natura – “hai mai assistito alla scena di due che si chiavano davanti a te?” e abrado gli ultimi cucchiani di catalana.
“Cioè intendi due che chiavano dal vivo davanti a me e io che sto lì a guardarli?”
“Esatto”
“No, mai successo. Solo film porno, ma credo non contino ai fini della domanda, vero?”
“No, non contano. O meglio, solo parzialmente. Intendo dire: è una situazione che potrebbe eccitarti quella di essere seduta sul bordo di un letto dove due sconosciuti si chiavano, oppure comodamente seduta su un divanetto molto adiacente?”

Pausa.
Lunga pausa riflessiva.

“Allora, diciamo questo. Dipende molto dal contesto generale: sono obbligata ad essere nuda anche io? Sono obbligata a toccare i loro corpi? Loro interagiscono con me parlandomi? Perché queste tre cose trovano un mio totale ed immediato blocco che conduce al no. Il no arriva anche se mi dici che con me ci sono altri che guardano e interagiscono coi due (masturbazione, conversazione, battute, eccetera), perché troverei la cosa ridicola. Una volta ho visto un film porno francese sul modello e il suo surrealismo mi ha annoiato mortalmente. Tolto questo, la riposta è: sì, mi potrebbe piacere.”

“Allora disegno un altro scenario: tolgo la coppia etero e ci metto una coppia maschile.”
“Ferme le condizioni di prima, ok. Sarei molto curiosa.”


“E se tolgo la coppia maschile e ci metto una coppia femminile?”
“Belle e giovani?”
chiede ridendo ed io annuisco sorridendo.
“La più interessante delle prospettive allora, dico sì senza esitazione” e sorride lurida.

“Ah-aah” - dico sorseggiando il passito-fenomeno che è fenomeno di ‘sto gran cazzo – “emerge una Lidia bisex qui!”

“No, piano. Tu mi hai detto di GUARDARE e a me GUARDARE due donne che fanno sesso eccita. Le donne mi possono affascinare, sedurre, ma non credo di essere bisex. In ogni caso io sono etero al centopercento, ad oggi. Mai nemmeno baciata per gioco una donna, ad oggi.”
“Ad oggi.”
sottolineo.
“Ad oggi.”
e sorride.
Poi sistema meglio il tovagliolo e specifica.

“Caro Tazio, la sottoscritta è una donna mooolto ‘normale’, lo sai bene. Anche se a te il concetto ‘donna sessualmente normale’ è più noioso della Recherche di Proust, io te lo devo dire: nor-ma-le – e ride divertita come una scoiattola piena di chetamina e poi continua– “così nor-ma-le che, tieniti fortissimo, non ha MAI preso il sole totalmente nuda e l’ultimo topless risale a non so quanti anni fa per accontentare un amica, ma non penso meno di dieci.” e continua a ridere.
Peccato, le sue tettine sono proprio da mostrare a tutti.

“Quindi per ora teniamo distanti i dettagli estremi, vero? Adesso andiamo di nor-ma-le. Giusto?” – chiedo sia per capire, sia per far presente che non sono lo smemorato di Collegno.

“Esatto, non ne parliamo affatto di tutto ciò, che sono state cose legate al sesso con Luca e fatte per Luca e non necessariamente collimanti col mio massimo del piacere. Parliamo della mia nor-ma-li-tà. e mi guarda con l’occhio che più da troia non si può.

Puttana. Sei una gran puttana Lidia e per questo mi piaci. Perché non si capisce quanto e sino a dove tu sia una grandissima, sconfinata, maestosa puttana, granzoccola e stratroia.
Ma dentro hai del lurido potenziale che sturerò piano piano. Ma neanche tanto piano piano. Tu vuoi che cancelli la lavagna e ricominci a disegnarci sopra.
Tu sei un fottuto troione come TUTTE le donne e sei qui pronta a deliziarti coi prelibati menu che confezionerò per te, facendomi sudare per accettarli, seppur avendo voglia di una ventata di maialaggine tra le cosce che ti destabilizza, Troia.

“Ho voglia di sborrarti tra le dita dei piedi che non ce la faccio più a guardartele solamente…” mormoro da maniaco avvicinandomi al piano della tavola.
“Mmmh” - dice eliminando un nocciuolo di ciliegia con eleganza - “andiamo da qualche parte tranquilla allora, che mi sa che” – e abbassa e rallenta la voce fissandomi negli occhi con quegli zaffiri, abbassandosi anch’essa verso la tavola – “in virtù della lunga camminata con questi sandali che mi fanno tanto sudare, tu potrai godere del mio ‘aroma animale’, come lo chiami e che tanto cerchi in me…”

E sì, Lidia.
Sei una grandissima, oceanica, intercontinentale, sibaritica Puttana.
Il conto, cicisbeo, veloce, che ho di meglio da fare che bere le tue analisi delle urine.

Voilà, che sabato taziale meraviglioso.
Voilà.

Il risveglio erotico nella nudità pornografica del sabato taziale

Bonjour è il sabato taziale, soleggiato e sbarazzino anche a livello inguinale, con un avambraccio da capotreno culturista che mi dondola scappellato tra le gambe, mentre osservo la brulicante piazza maestra e la Raffa New Obsession che scula tra i tavoli servendo aperitivi.
Bonjour.
Sono pronto per la doccia-megasega focalizzata sulla mutandina macchiata della Raffa, che poi passa la Lidietta e di gran carriera mi asporterà dalla Tana del Porco per portarmi chissadove, ma un po’ il dove lo so e ci vado anche molto volentieri perché, affinché la vita perché sia fatta di schizzi e di coiti porno, deve anche essere sorretta dal vile danaro.
Mi basta dondolare il bacino per avere la minchia dura e svettante come il colosso di Rodi.
Non posso più restare al Mac amici, la mano chiama.

Venerdì sera dalle belle prospettive

“E--ah—ah—ah—ah, ma tu guarda chi c’è, ma come ti trovo di.vi.na.men.te tesora, no, no, no, scherziiiii???? Ma vorrei io essere così come sei te e—ah—ah—ah—ah” e candundio come mi mancavano queste cene cauntriscic con la gente che conta a cui, diciamocelo, la Lidia appartiene da ben che mò che mò che mò.
Ci sono gli OoooOooooUUUUUuzzzzz che ci vedemmo anni or sono e mi hanno cancellato dai neuroni col Cif, poi riconosco anche la lei dei PfffFFFaaaAAAAAmmmm che con quegli alluci valghi a squadra schifo mi faceva e schifo mi fa, c’è la Grandissima Caparezza che oggi stazza come una portacontainer indonesiana e fa finta di non vedermi e mai mi caga per tutta la sera, ma poi, fortunatamente, compare la Chelli che meriterebbe una Laurea in Ornitologia Honoris Causa per quanti uccelli ha preso in vita sua, ‘sta cappellaia pazza, ‘sta invereconda minchiaiola col pruritino sempre birbante, ma almeno estremamente simpatica.
Cinquantadueanni e non sentirli, o meglio, cinquantadueanni e sbattersene i coglioni e comportarsi ed atteggiarsi da zozza ben più zozza di quella luridissima zozza di sua figlia Agnese, non presente alla serata poiché (con grande probabilità) impegnata a deglutire il maggior numero di cazzi marocchini possibile (visto che corre voce che la giovinetta abbia passioni magrebine da crisi di nervi che neanche con gli One Direction).

“Hoi Chelli, come ti butta? Ti vedo sempre gran figa” esordisco col mezzo tono del non impressionato dall’ambiente, che dà sempre i suoi frutti.
Biondo ramata, chioma leonina, begli occhi verdi e boccona ampia iper rossettata, abbronzatura da uovo di Pasqua, ingioiellata come la Madonna del Prepuzio e mezza nuda come Mowgli del Libro della Giungla, fisicata alla grande dal personal trainer tutti-i-giorni che, por(c)ello, si applica a OGNI tipo di ginnastica con la Signora, ma devo dirlo senza scherzi ora: il fatto che lei se ne chiavi del tempo che passa e che continui a interpretare il ruolo della sorella minore di sua figlia ventiquattrenne, la rende di una figoneria tutta sua, di un puttanazzo esoterico a metà tra l’Ammiraglia della Tangenziale e la tenutaria ancora sulla breccia (per goloseria orgasmica) di un bordello costoso, ma con una cultura vasta, un acume singolare e corrosivo e una capacità critica di rara intelligenza nei confronti di quel carro bestiame di teste di cazzo che assiepano le “feste ammodo”, doti che la rendono una compagnia estremamente gustosa per chi, come me, prova erezioni imponenti di fronte alla volgarità trash.

“Tazio amore, dio se sei bello e quanto mi ti farei. Prendi qui uno sciampagnino che sembra piscia della mia micia (quella vera). Sei la mia salvezza amore, ci ubriacheremo assieme per sopportare questo geriatrico di anfetaminizzati e poi andremo a scopare nel granaio che così finiamo quello che abbiamo in sospeso dall’epoca di Esaù. Dicevi che mi si vede la gran figa? Eppure giurerei di averlo messo uno straccetto di mutanda!” e ride volgare, sguaiata, odiata da tutti per quei modi estremi, ma la Chelli è ricchissima e quindi fa il cazzo che vuole. Viva la Chelli per sempre!

Che belle ‘ste feste obbligatorie del comparto industriale che comanda. Le adoro da vomitare. Anche la Chelli le adora da vomito, ma d’altra parte dovrà pur pescare carne umana da qualche posto o no? Dovrà pur manovrare anche lei qualcosa di diverso da un cazzone duro?
Alla Lidia, invece, le feste sono sopportabili ed addirittura piacevoli, mentre la Chelli viene da lei etichettata come “quella lurida troia di merda insopportabile” che me le rende ancora più attraenti entrambi, Lidia e Chelli.

E su quest’onda allegra passa serena la serata dei veleni radioattivi, che quando la Chelli capisce che sto con la Lidia divento subito un bersaglio da centrare in tempo zero, con tanto di bigliettino fatto scivolare nella tasca della mia giacca e commento raffinato “sei tu che per far godere la puttana hai imparato le maniere ultraforti oppure è la puttana che si è tranquillizzata e si gode rilassatamente questa bella minchia miracolosa” e mi strizza di sottobanco l’uccello.
Sì, perché dovete sapere che molti anni or sono, quand’ero ancora maritato, io e la signora Chelli abbiamo avuto un furioso ingroppo romantico all’aroma di nafta nel garage di una villa che, guarda caso, ospitava una di queste festicciolone di cui anche la mia Vale ci andava pazza (veramente) e mi ha tirato un succhione con l’ingoio di grande perizia e sprezzo del pericolo di cui entrambi serbiamo un romantico ricordo nel cuore.

“Vero Tazione? Cos’era? Un Mercedes?” [l’auto addosso alla quale mi tirò il bocchinazzo soffocone]
“No Chelli, un Range Rover”
“Gli inglesi c’hanno due coglioni pelosi così in fatto di auto, poco da dire”
“Vero”
e le accarezzo una natica molle senza farmi vedere.
“Và che voglio che mi chiami prima con la ‘M’ e dopo con la ‘V’ eh?”
“Giuraci, porcona”
“Mi fai tirare i tre pisellini se mi chiami così”
(direi sublime questa Signora no?)
“Buona che arriva la Lidia”
“Buona quella sì. Telefonami in settimana, montone, che ho già tutti i buchi in larghissimo preallarme”
“Te li tranquillizzo io per bene, non ti preoccupare”
“Mmmmmmh ci conto Cazzione. Anche se mi sa che ci vediamo domenica.”
“Domenica??”
chiedo io stranito.
“Chiedilo alla tua puttana se ha accettato l’invito del Bonne Soleil a casa della Marzia.”
Il Bonne Soleil. Da quanto non ne sentivo parlare.

Che splendido venerdì sera, però e che Signora la Chelli.
Son belle cose che tirano su. Anche il morale.
Eh beh.

venerdì 29 maggio 2015

Le serate della pozzanghera

Una si chiama Sara, una si chiama Maya, una viene da qui vicino e una pure, anche se nello specifico lavora a Roma, una l’ho conosciuta e strachiavata il giorno del miatroiamonio e una l’ho appena conosciuta, quella che conosco carnalmente stavolta è vestita da freakettona e non porta il reggiseno sotto la t-shirt, nonostante le mammellone dondolanti e duramente appuntite, quella che ho appena conosciuto è vestita da freakettona e non porta il reggiseno a ragion veduta delle contenute mammellette. Tutti e tre siamo uniti da un comune interesse che si snoda da seduti sul Divindivano, a strafarci di una tonnellata di squisita erba additivata chimicamente portata dalla Sara e fumata dal mio bong estasiante, che ogni tanto subisce una sega mimata dalla Sara stessa che emette anche degli scimmiottati “aaaah” da pornoporca a bocca aperta e sorridente.

“Oh Taz, ma sai che stamattina a pausa caffè mi sono beccata la cazziatona dalla Nadia per essermene andata con te dal matrimonio?”.
Ma non ci posso credere che sia arrivata a tanto e poi quello pazzo sono io eh?
”E Perché?” – chiedo - “Mi fa ‘oh vè madamina, và che sei stata invitata per stare alla festa, non per andare a chiavare  col primo stronzo che capitava’ “ e ride come una matta e ha ragione, lei che non le girano i coglioni.

“Ma è fuori ‘sta tipa” - chiede molle la Maya – “E’ fuori da delirio, da legare, forse anche da sopprimere, anzi da sopprimere assieme a tutti i suoi amici/adepti” – rispondo garbatamente.
“Sì ma io le ho detto” – continua la Sara – “ ‘Oh ma te c’hai idea di che due coglioni mi stavo facendo alla tua cazzo di festa di merda, visto dove mi hai messa a sedere? Ti serviva almeno una figa per far numero a quel tavolo di sfigati come il male eh? ” e cade su un fianco ridendo, mentre io credo che, se questa è la  verità, ciò abbia un tantino incrinato la stupenda amicizia che c’era tra le due.

Le ascelle nude e lisce della Maya, che fanno capolino dal gilet con gli specchietti,  profumano di ormoni selvatici e sudore e ‘sta rossa scarmigliata, pallida, con quel tatuaggio sul polso e i piedi sporchi di scalzitudine, con le unghie lunghe da zingara porca (e sporca), mi arrapa a bestia e fumiamo, fumiamo, che sembra che siano andati a fuoco dei copertoni nella stanza.

“Forse ha bisogno di una bella pacca di cazzo nero duro nel culo” sentenzia con criterio assennato la arredatrice scarmigliata prestata alla Capitale, passandomi il bong da accendere.
“Forse anche due, tutti e due nel culo” ridacchia la Sara di rimando.

Ma tu guarda che bel terzetto che componiamo, così, senza preavvisi e preparazioni.
Le vecchie care cose genuine di un tempo, piene di spontaneità giovanile, che superano e suonano alla porta proprio quando la Lidia c’aveva un noiosissimo “malditestaaaaaaa che non ti dico neanche…” di matura fattura adulta e poi la presenza dell’erbazzone superbo additivato che favorisce la socialità  e che fa perdere anche la timidezza, aiuta ed arreda e, così, mi ritrovo spontaneo ad aver messo il cazzo mezzo barzotto tra i piedi lerci della Maya che si lascia fare rammollita, mentre la Sara si toglie la maglietta (che caldo è caldo eh, ci sono quattordici gradi fuori eh) e trita rapida una pistina di borotalco magico e poi la fa scomparire *puf* in una nasatona da prestigiatrice con le tette nude che mi mette allegria rampazza alla fava rampolla, che si allunga importante tra le piante dei piedi della strafatta Rossa che commenta seria le mie dimensioni con un “minchia...” appena sussurrato e poi tutto comincia, finalmentevogliaddio, a degenerare.

La bocca della Sara parte d’improvviso leccando cazzo e dita dei piedi dell'amica sporca, senza favoristismi, mentre la Rossa collabora scorrendo le dita luride lungo la canna, confidando all’amica “E’ da una vita che non prendo il cazzo” ed io mi sbottono la camicia rimanendo a petto nudo “Mmmmh che bello che sei figone mio”, commenta sempre la Rossa, mentre io mi scompongo giusto per lasciar scivolare pantaloni e mutande sul pavimento di legno antico e vissuto e la Sara mi sega con la sinistra e mi entra con due dita nell buco del culo con la destra e le mammellette della Rossa fanno d’improvviso il loro bel debutto, coi capezzolini piccoli e rosa, duri che sembrano lamponi pallidi e mi slingua bovina, mentre si libera in un guizzo dei pantaloni di stile orientale sotto i quali, ovviamente, non indossa antiestetiche mutande che possano distorcere l’arte del folto triangolo pel di carota, che così bello e compatto si staglia sulla sua pelle candida.

Che bella serata, accidenti.
Il bong si riaccende fumoso mentre la bocca della Sara porta a durezza d’esercizio il Cazzo Maestrale Gonfio nelle Vene di Bolina e la Rossa mi passa il tubo di vetro dedicandosi a succhiarmi i coglioni sino quasi a staccarmeli, come se sapesse che i succhioni dolorosi fatti così mi portano all’estasi e io fumo e passo alla Sara che siede per accendere e io scorro le dita tra le chiappe magre della Rossa, cercandole il buco del culo, mentre lei spompina con compulsione degna di Stravinskij ed è tutta pura armonia coreografica, come nelle migliori performance di Moses Pendleton.

Bella la Rossa di schiena a gambe spalancate, con la Sara che le spalanca senza riguardi la fica bagnata, sputandovi in mezzo rumorosa, lasciando un sottile filo di bava densa che fa da ponte tibetano tra un labbro e l’altro. Ma che bello essere guidato dalla mano della stessa Sara ad imboccare quel nero buco viscido e slabbrato per entrarvi imponente, insolente e prepotente, mentre la Rossa inarca la schiena a occhi chiusi sibilando “cazzo” e l’amica Sara la corregge sorridendole suina, stringendole le guance, facendole aprire la bocca per sputarle dentro, dicendole “porcoddio devi dire troia…”  ed io sollevo le gambe della Rossa sino ad appoggiarmele sulle spalle, estasiato del puzzo intenso dei suoi piedi freak e la Sara si accomoda a sedere sulla sua bocca, rivolta verso di me, cercando la mia lingua, leccando con me quelle dita con le lunghe unghie gialle da zingara sensuale, ondeggiando il bacino per sentire ed apprezzare meglio il lavoro di bocca che l’amica le sta facendo ed io adorerei sentire il tintinnio di una pisciata in quella bocca aperta e leccante, ma a vi sarà un tempo per tutto.

Che tettone la Sara, che meraviglia elongarle i capezzoli con un pizzico mentre lei aspira aria tra i denti bestemmiando laida ad occhi chiusi senza smettere di ondeggiare, stringendo le mani intrecciate dietro al mio collo, gaudente di dolore e piacere, bella come solo una puttana orientale sa essere.
Chiavare fumati, delizia delle delizie, in un triangolo osceno senza limiti, avvolti dall’odore sudato dei nostri corpi, provando posizioni e cambi, dalla Rossa alla Sara, dal culo della Sara alla bocca aspirante e suggente della Rossa, come nei pornazzi di serie D di fattura americana, sborrando sui peli di una e godendo della lingua dell’altra che ripulisce famelica le tracce del mio seme di maschio, il bong che si riaccende, le pistine magiche che si ricompongono e poi scompaiono ad opera delle maghelle simpaticissime e la serata va, felice, serena, molle, mentre la Rossa mi lavora da Maestra di Lingua Anale il buco del culo e la Sara si ingozza di cazzo fino a barrire eleganti rutti e conati di vomito, girandosi con uno scatto improvviso per riprendere la minchia nella fica bollente e poi bong e poi talco e sborra e fica su fica a sfregare assatanate e poi sessantanove lesbo e buchi del culo da esplorare e bong e coca e poi la Caporetto, la fine, la disfatta, la resa, lo svacco, il silenzio, i respiri, corpi abbandonati come coreografici pupazzi irridenti la selvaggia sessualità dianzi consumata.

***
“Cosa fai ‘sto ponte?” mi chiede anestetizzata la Sara.
“Boh, penso che non farò un cazzo, non so” rispondo pensando in un lampo alla Lidia e all’Oki.
“Noi andiamo a sfasciarci a Ibiza di una montagna di roba e di sesso” grugnisce la Rossa tracciando un arco con la mano nell’aria a rappresentare la montagna di roba che si faranno. “Vieni con noi che ci spacchiamo di brutto e chiaviamo tutto il giorno”.

Mah. Il progetto non è da buttare, a dire il vero.
Penso all’inquietante e golosa situazione isolana, ma poi rifletto e torno in me.
Mi parlo da amico e mi ricordo che sono appena tornato a scivolare nella pozzanghera torbida con donne vuote e, quindi, devo uscirne per non buttarmi via ed estinguermi, come dice la Lidia.
Era più o meno così, vero?
E comunque c’è poco da trafficare, se lo dice la Lidia (che ha studiato), sarà vero.
Ma è vero di sicuro, dai.
No?
Ma sì, dai, è vero.
O no?
Boh.
Ma cosa, poi?

giovedì 28 maggio 2015

Riunioni di sperticato affetto amicale

Questa mattina ho preso un caffè con la Kikka al bar Butchentrale e, oltre ad averne rimirato le sensuali forme cosciali che tanti bei ricordi uccellanti e ficanti mi hanno revocato, sono stato messo al corrente di alcuni fatti amicali che  si sono svolti, con correttezza e grande onestà, nella serata di ieri, ossia nella prima sera in cui il duo nubiliare ha rimesso piede in terra natia.
Summit al gran completo, convocazione via sms di tutti: Kikka, Virus, Umbe, Papagirl, Maggie, Zack, Sandra, Anto e Sa-aaarti (“Ma non si erano ammollati?” – “Massì, ma era una riunione ‘tecnica’ che poi, alla fine, la Nadia li ha fatti rimettere assieme) gestita dalla regia inimitabile della serissima Novella Sposa Pettoruta, sorretta come fosse carta a carbone dal suo Novello Sposo e dalla Segretaria Generale Reggente Maggie La Acidula.

Oggetto della “riunione tecnica”: Tazio la Merda.
Sintesi: Tazio è una merda, è bisessuale, frequenta prostitute, è un esibizionista che va a masturbarsi sull’argine spiando le coppiette, fuma la canapa indiana, è un maniaco sessuale, un bugiardo malato. Egli mente patologicamente (non vorremo mica credere che si è fatto la ANTO VERO? Nooooooo Nadia ecchessiamomatti?) perché è uno smargiasso sbruffone, sobillatore che ama seminare zizzania e spaccare tutto con le sue bugie e poi è anche un malato di mente, ma lo sapete che lo hanno ricoverato anche al manicomio dopo che ha tentato di tagliarsi le vene quando la Vale lo ha mollato (aveva fatto benissimo, poveretta, con una merda del genere), taci che tu Maggie ci hai visto lungo e lo hai mandato via quando ha tentato di fare il porco con te, ma poi voi lo sapete cosa fa in Repubblica Ceca? Traffica con la droga secondo me, troppi soldi ha per le meani.

Sono lusingato, davvero. Non dovevano disturbarsi così tanto.

“E tu Kikka?”
“Io sono stata zitta, cosa dovevo dire? Che ce l’hai grossissimo e scopi bene?”
e ride come una matta.
“No dai, ma non hai detto neanche una parola? E Virus?”
“Io? Zitta e svampita come al solito. Virus, quando ha sentito la Nadia dire che non ti si deve credere quando dici che ti fai una, perché sei pazzo [lo avessi mai detto che me n’ero fatta una a parte quella che mi sono veramente fatto, almeno] si è rilassato e non ci ha fatto caso più”.
Grande Virus, complimentoni, sei sveglio come un zitrone piumato.

“E ma sabato gliele canto al signorino eh” – dice Max con veemenza, per guadagnarsi maschiale stima con la Novella e la Segretaria Reggente – “che non creda di pranzare alla Solita come se niente fosse! Gli ficco in gola tutto e gli do anche indietro i soldi del viaggio di nozze che non ne voglio sapere!” e la Kikka, maestosa, mi dice con voce bassa e occhio spalancato “Magari quella parte era meglio che la lasciasse stare, visto il rossore violaceo in volto della Novella quando lo ha sentito….” e io sganascio di gusto totale.

Peccato.
Io sabato non sarò alla Solita perché ho altri progetti assai più interessanti, ma non temano lor signori, l’occasione della chiarezza arriverà eccome.

***

“Che bei piedi che hai Kikka, ti pianterei l’uccello tra le dita fino a venire”
“Qui non si può”
dice sorridendo con l’occhio lurido, accarezzandosi le dita medesime.
“Faremo un’altra volta” dico io.
“Tipo stasera che è giovedì-calcetto?”
Tipo, sì.
Ma tipo, però.


mercoledì 27 maggio 2015

Sala d'attesa

“Ma la dottoressa la aspettava?”
“No, in effetti no, ma ho tempo e aspetto, grazie”

E poi, dopo molto, si apre la porta ed esce un tizio che continua a parlarle delle sue cose e lei è maledettamente professionale, treccia arrotolata e fissata sull’estremità della testa, pencil skirt antracite, camicetta bianca, scarpe Chanel nere che le accentuano le vene sul collo del piedino, che l’avevo vista uscire così anche stamattina, ma contestualizzata è tutta un’altra cosa.

“Si accomodi prego, dottore” – mi dice seria per prendermi per il culo.
Ringrazio e la seguo.
“A cosa devo la sua graditissima visita?” – mi chiede con un sorriso sottile e gli occhietti piccoli, dopo essersi serrata alle spalle la porta insonorizzata di cuoio marrone.
“Sono venuto a leccarle la fica, dottoressa. Spero di non essere stato inopportuno.”
“Tutt’altro, venga qui, la prego” – mi sussurra spostando la sedia dalla posizione direzionale ad una posizione laterale.
Staziono eretto davanti a lei, in ogni senso, osservando l’abbassamento della pencil skirt ed il suo abbandono morto e scomposto, sulla moquette marrone.

“Inginocchiati” – mi ordina con voce bassa e suadente, aprendo le gambe quasi a centoottanta gradi, mantenendo calzate le sensuali scarpe, scostando il perizoma nero di cotone per sbattermi in faccia la vagina carnosa. Ed io mi inginocchio, vestito del mio bell’abito Canali in sintonia con l’ambiente e comincio a leccare. Lecco e gusto, mi sazio di lei, mi inebrio del suo odore, mentre le sue dita  mi accarezzano appena la fronte e i capelli e la sua voce pacata mi racconta i suoi pensieri, lenti, lentamente.
Lecco ovunque vi sia carne sensibile, fica, perineo, ano e lei mi agevola spingendo all’infuori  il bacino, scivolando sul sedile, mormorando “Ci speravo tu passassi… ma non ne ero certa…” e la mia bocca si perde in mille virtuosismi che la portano ad ansimare ritmicamente.

“Dio quanto mi piace Tazio…” – mugola spettinandomi – “…ci metteresti un minuto a farmi venire…” – ed io mormoro un “vieni ti prego” che lei asseconda contraendosi sulla sedia, le mani salde sui braccioli, il capo reclinato all’indietro, mentre io non ho alcuna intenzione di farmi bastare quell’orgasmo e continuo a leccare e succhiare e mordere e mangiare quella fica e quel culo sublimi e lei sussulta sussurrando sorridente “…che bastardo… non ti basta… vuoi distruggermi”, ma esatto cherie, non mi basta, e detto quello faccio sgusciare il cazzo dalla cerniera abbassata e glielo spingo dentro alla viscida e bollente fica, sortendo una vocale d’estasi.

E ci abbracciamo, scomposti, arruffati, mentre le mormoro “Io sono convinto che le porcherie che mi piacciono le sappia fare benissimo anche tu, che non sei affatto una vuota donna relitto, ma una creatura magnetica da cui io voglio tutto, perché le pozzanghere torbide mi hanno soffocato e io voglio tornare a vivere” e i suoi occhi luminosi si aggrappano ai miei mentre replica ardita “Insegnami a fare tutto quello che ti piace e io lo farò e….” e non c’è nessun “e”, c’è solo l’orgasmo squassante e improvviso, che zittisco con la mano sulla sua bocca, pompandola di forza, mentre diviene rossa, con le vene delle tempie ingrossate e trema e mi stringe e le vengo dentro con forza, con vigore, ma senza alcuna violenza, godendo della camicetta sudatina appena, schizzando felice.

***
Ricomposizione.
Perfetta.
In piedi in mezzo all’ufficio, l’un davanti all’altra, non un dettaglio fuori posto, non un capello.
“Ha impegni per cena, dottoressa?” – chiedo guascone per superare l’attimo di imbarazzo.
“Sì, sono impegnata con te.”
E ci baciamo, abbracciati, in piedi, stringendoci.
“Insegnami a diventare quello che vuoi…”  mormora in un soffio.
“Voglio dell’altro in cambio…” replico fronte sulla fronte.
“Tutto quello che vuoi lo avrai…” e ci ribaciamo, profondi, appassionati, seccati che il pomeriggio sia ancora lungo e la sera lontana.

E me ne vado.
Svelto.
Aprendo e chiudendo il forziere afonico con velocità, attraversando a passi lunghi il corridoio, salutando appena l’assistente, uscendo in strada, prendendo l’auto americana, partendo veloce, per poi rallentare nella campagna vuota, tentando di riordinare il casino che ho in testa e che solo Bill Evans può aiutarmi a calmare.





L’ora che non si fece mai

L’antefatto
Mentre attendo la Sozza, il parlàfono vibra e recita Lidia a chiare lettere.
Come sei messo?, dormi?, disturbo?, è che non riesco a prendere sonno, ma Lidia stai tranquilla che capita anche a me, e tu cosa fai in quei casi?, cosa prendi?, ma io mi faccio un numero x di canne e poi mi masturbo e a volte serve, mi sono masturbata già anche io, Tazio, ma non serve e le canne sai che non sono il mio genere, sei nuda? (risata) ma che nuda, ho il pigiama, e tu sei nudo?, se non voglio che mi arrestino no, ma dove sei?, in macchina parcheggiato, ma aspetti qualcuno allora cazzo, dai che chiudo, ma che qualcuno Lidia!, vengo da te, ti va?, sì che mi va, ma non volevo scombinarti i piani, no, ma quali piani, anzi, sarei proprio felice di stare un po’ con te, allora dai, ti aspetto.
Barbara devi andare affanculo stasera, mi spiace.

Il fatto

“Era a Luchino che piaceva violento e, ok, anche a me piace sentire male, ma non ci vado pazza come ci andava lui che una volta mi ha trafitto un capezzolo con un ago da siringa e a momenti viene facendolo, ma a me piace anche farlo dolcemente, rilassatamente, lentamente…” – e mi bacia morbidissima sulle labbra mentre io siedo sul Busnelli rosso col cazzo di fuori e lei lo cavalca lentissima essendosi tolta solo i pantaloncini del pigiamino.
Si inarca dolcissima in avanti, poi all’indietro, poi ancheggia a destra e sinistra, ma ogni movimento è fatto quasi impercettibilmente e ci cerchiamo le mani e ci baciamo, morbidi, parlando sottovoce come se qualcuno ci potesse sentire, Bill Evans che suona (è il mio paradiso e lei lo sa), la luce bassa di un pallone di plexyglass e specchietti di Patrizia Volpato designer.

Poi la maglina del pigiama passa sopra la testa e resta nuda. E io, per un attimo intensissimo la amo con tutto me stesso, drogato di tanta acerba bellezza così rara in una donna della sua età. La abbraccio e le carezzo la schiena calda, liscia, solcata da quelle ossa tentatrici che ne compongono la spina dorsale e voglio togliermi la camicia e sentirla e lei mi aiuta e restiamo nudi sul Busnelli, abbracciati morbidamente e rispettosamente, muovendoci appena, con qualche stilema sessualstilistico di grande potenza, come il suo arretrare appoggiando le mani alle mie ginocchia, un po’ per mostrarsi, un po’ per sentire meglio di dentro, nella carne, la mia carne.

Poi si richiude in avanti come una conchiglia fatata, inarcandosi e sussurrandomi all’orecchio che le piace come non le era mai piaciuto con me, che le piace così tanto da dimenticare tutte le volte che le è piaciuto da pazzi con un uomo e io respiro forte, baciandola, accarezzandole le braccia, correndo sui glutei tesissimi per seguirne le forme affascinanti.

“Ti piace il mio sedere?” chiede con orgogliosa felicità osservandosi le terga da sopra la spalla e io rispondo di sì baciandola e lei aggiunge appena appena di labiale “diventa bellissimo quando faccio l’amore così” ed è vero, è proprio vero, è molto vero, è stupendo. Poi sale e fa sgusciare l’uccello e se lo punta nel culo, scendendo lentissima, guidandolo con la mano, impiegando moltissimo tempo a farlo entrare tutto, mugolando elegante, sino a dire “mi brucia, ma guarda che bello…tutto dentro…non è bellissimo da vedere?...” ed io resto senza fiato mentre quell’ancheggiare di classe riprende con pari dolcezza e da allora è un continuo cambiare da davanti a dietro, da dietro a davanti, mentre avverto che la carne si fa rovente e molle e la abbraccio, stringendola, mentre ci baciamo garbatamente, seppure profondamente. Poi sale, lo fa scivolare fuori dal culo, si inginocchia tra le mie gambe e lo prende in bocca, succhiandolo lentamente e mormorando “tu ci vai pazzo per queste cose, vero?.... tu ti butti via per queste cose…” e poi risale, riassestandoselo con maggior agio nell’ano.

“Tu sei convinto che le porcherie che ti piacciono le sappiano fare solo certe vuote donne relitto… e ti butti via con loro… senza niente in cambio…sciogliendoti nelle loro pozzanghere torbide” – e affonda i colpi più decisa, stringendo l’ano ritmicamente.

“E’ una dichiarazione?...” - chiedo sorridendo per stemperare l’aria e rallentare la voglia di venirle nel culo e lei mi risponde pericolosa – “se non c’è altro modo per farti capire le cose, bisogna dichiarartele o…op….pure mettertele per iscritto…” – e spinge fonda fino a schiacciarmi forte i coglioni e quel dolorino è un bacio vellutato.
Silenzio.
Sudore.
Respiro.

“Da quant’è che non suoni più il piano di notte nei locali, da solo?” – mi chiede facendomi sentire come uno dei Favolosi Baker – “da una vita, da quando non ho più una donna che si bagna ascoltandomi, appoggiata al pianoforte…” – “io voglio bagnarmi, voglio bagnarmi la fica, le cosce, fino alle dita dei piedi, voglio che suoni per me, voglio venire in mezzo a tutti senza toccarmi, mentre suoni" – e questo mi piace, molto, mi piace molto, mi piace, mi piace, mi fa salire l’eccitazione a mille.

“Non ti buttare via Tazio. Sei un animale troppo speciale e se ti e….e….sstingu…i…” – “se mi estinguo?” – “vengo…. spingi….vieni con me…vienimi dentro….” – e tutto diventa furia, chiusi in un abbraccio mortale, le anche che si disarticolano, velocissimi, il canto, il suo, il mio, strettissimi, fusi, venendo, mischiando i liquidi corporali in un gesto di infinito amore, di quell’amore che parte da quel malinconico buco nero che tutti conoscete, così fondo e così dolce e così struggente e così inesistente, ma essenziale per essere vivi almeno tre minuti.

***

“Dormi qui stanotte” – mi chiede stesa, scomposta, nuda sul Busnelli accanto a me, carezzandomi il viso.
Le carezze sul viso. Leggere, avvolgenti, calde lisce, con quelle piccole manine profumate di sesso e di amore e io come un coglione piango con gli occhi chiusi, facendo di sì con la testa.

Nessuno commenta le mie lacrime.
Nessuno.
Né Bill Evans, né la Volpato, né Busnelli.
Una bocca calda e sottile le bacia, asciugandole.

“Ricomincerò a suonare da solo il piano in giro per locali, di notte” – le dico pianissimo – “E io ti troverò” – “Nuda sotto l’abito da sera?” – chiedo sorridendo a occhi chiusi – “Compleamente… voglio che tu mi veda le dita dei piedi bagnate…” – e mi bacia sorridendo calda.

E poi si va a dormire nudi, abbracciati.
E poi il gallo canta.
Ma nessuno mi tradisce.
Non oggi, almeno.
No, oggi no.

martedì 26 maggio 2015

Menesbattoicoglioniditutto

Partire? Dormire? Sognare? Sicuramente restare, causa impraticabilità del campo del Nizza F.C., dove per F.C. non si intende ‘football club’, ma ‘fica cannibale’. Match parigini rimandati, intensamente culoretrattili per parte di Madame a mio avviso, ma tanto non c’è problema, io aspetto eh, e come no, ci mancherebbe. Sempre pronti qui, scherziamo? Eh. Madame chiama e Tazio, Zat!, risponde. Ma vaffanculo, va.

Con voi amisgi, però, mi corre e mi urge l’obbligo di esternare di cuore un signor menesbattoicoglioniditutto, che ve lo spiego subito. Ma quale Parigi scopaiola esagerata? Ma quale sesso e carnazza? Io menesbattoicoglioniditutto e di certi francesismi. Io voglio rifarmi una vita, altro che. La voglio nella mitica Palata Pepoli, dove trovarmi da fare il tipografo lì (non è il massimo lo so, ma è un lavoro) e conoscere una donna pingue, irsuta e baffuta che mi trasmetta tanta, tanta, tanta, tanta, serenità. Me la voglio rifare anche io una vita, cazzo. E chi sono io?

Non dico a Modena che sarebbe troppissimo per me, troppo ambizioso, troppo lussuoso e impegnativo, fuori dalla mia portata, ma a Palata Pepoli? Vogliamo parlarne? A Palata Pepoli penso mi spetti di diritto una emozionante vita nuova di zecca lontana dai dolori e pervasa dalla tranquillità tipografica pingue ed irsuta. No?
Vaffanculo Skiz, marcisci a Modena, cazzomerda.
L’ho presa bene con la Chiara, diciamo. Sì. Da adulto responsabile e pacato.
Da adulto che intona gregoriano un soave “Menesbattoicoglionibus” agitando le dita medie.

Beh, poi in termini di cose prese bene, devo dire che la cumpa tutta ha preso parecchio benino il fatto che (non) mi sia chiavato la AntonellaAltruiChi? (ma, alla fine, è così importante la verità? Ma naaaaa, eddai...) e che abbia anche tocciato il Savoiardone Imperiale nella chiacchierata sorca della Kikka, che l’unico a non saperla chiacchierata ero io, ma guarda come gira il mondo.
I Miei Migliori Amici Sa-aaarti e Virus mi erigeranno un gigantesco bustino bronzeo a forma di merda con ricciolo, ne sono certo. Menesbattoicoglioni.

GQ mi chiede come avrà fatto a saperlo il Sa-aaarti? Ma Giqqù, ma ti rendi pallidamente conto di che razza di stronzaio travestito da persone per bene c’è qua? Ipotesi a caso: la Kikka che dice al Virus di me e della Anto, il Virus che contrito lo dice al Sa-aaarti amico del colon da sempre, mentre in parallelo l’Umbe Mite Lupetto Culattone confida alla Papagirl che mi sono trapanato la Kikka e la Papagirl lo dice alla Maggie che. Vigliaccamente velenosa, avvisa il Virus in una crociata antiTazio e il Virus scopre di essere, per l’ennesima volta, cornuto marcio ed in ogni passaggio ciascuno ci carica una briscola, perché è sempre troppo poco, perché bisogna essere i messaggeri della madre di tutte le notizie, chiccazzo se ne frega se sono vere?
Vuoi che intrecci a cazzo e continui?
Tanto per un intreccio o per l’altro lo becco secco quello buono, non dubitare.
Fortuna che sono saggio e adulto e menesbattoicoglioni, mene.

Concludo dicendo una sola cosa, amisgi; una sola e parecchio importante.
Non parlate MAI male della Uno FIAT 45 seconda serie tre porte del 1987. Mai.
Ci si chiava dentro meglio che in un salotto e quando la pioggia scende a sasso come stanotte, la sensazione che tra te e la pioggia ci siano solo zero virgola uno millimetri di lamiera è inebriante.
Ti sembra che ogni momento sia buono per esordire nudo sotto l’acquazzone davanti alla Basilica dei Santissimi Trapani a Percussione.


La Barbara, proprietaria della suddetta Uno 45 impagabile, sa quello che fa amisgi.
D’accordo, è un po’ border line sotto l’aspetto igiene personale, che ieri sera nella Uno 45 ce n’era di tutti i gusti: dal pizzicagnolo gorgonzoliero, al venditore di baccalà, al venditore di ascelle importantissime, il tutto avvolto in una densa armatura di soffrittone rancido, ma al di là di queste delizie da intenditori, amisgi, c’è da sottolineare con lo Stabilo Boss giallo che la signorina chiava come una macchina sofisticatissima progettata per chiavare da un pool di scienziati che sanno proprio bene come deve fare una macchina a chiavare.

E io menesonosbattutoicoglioniditutto e ho realizzato che questa è la mia Verde Vallata: una Uno 45 3p marcia con dentro una furia del sesso che di farsi chiavare in piazza non gliene fotte un cazzo perché quando la sorca chiama, la Barbarazza risponde.
E risponde a tono.
E che tono, cazzomerda.

Questo è quello che ho da raccontarvi stasera, in attesa che si faccia quell’ora in cui potrò condurre la Barbazza da me per una sgrossata con la canna di gomma e lo shampoo da cani e poi via, alla allegra monta tra le mie coltri senza essere costretto a buttarle già da stanotte.

Ed è una signora soddisfazione ritrovarsi alla mia età impegnato in siffatta guisa, cribbio che traguardo.
Certo non sarà Modena, per carità, ma un bel Sassuolo c’è tutto eh.
Eh.

D’altra parte, non devo mai dimenticare: io menesbattoicoglioniditutto.
Di tutto.
Buonanotte.

sabato 23 maggio 2015

Che la noia possa renderti eunuco, o Tazio

 Venerdì sera solitario e carezzevole 

Ieri sera mi sono mangiato un pacchetto di crackers con delle Sottilette e mi sono guardato Crozza, da solo. Ho riso quel che c’era da ridere, come sempre, poi ho uozzappato la Skizza dicendole che non l’avrei uozzappata mai più, rendendomi conto con chiarezza di essere un elemento di fastidio e/o di imbarazzo e che, quindi, la fazenda moriva lì come, negli effetti, pare volere lei.
Poi mi sono acceso un cannone ed è partito Bersaglio Mobile di Mentana dove c’era quella maschera di Carnevale tipica toscana, dai, come cazzo si chiama, dai, spetta, Fonzi, no… Denti, no... Renzi! Sì! Renzi! e poi la Sardoni e Gaia Tortora, la quale indossava zatteroni senza calze e in determinate inquadrature si vedeva abbastanza bene e poi la Tortora, ben assai dopo il piacermi a settemila come persona e giornalista, mi fa arrapare come un bonobo che è stato incarcerato per sette anni.
Le ho quindi dedicato un tributo manuale goloso e prolungato e sono andato a dormire.

 Sabato: il risveglio 


Un uozzappo si scusa per il lieve ritardo di dieci ore nella risposta e mi confessa che vedermi le produce del dolore sempre vivo e che non è in grado di sopportare, ora che ha tanto faticato per rifarsi una vita a Modena (!), trovando lavoro occhei non in un’agenzia da capogiro, ma pur sempre un lavoro e trovando anche una persona tranquilla che la fa stare bene e quindi, conseguentemente, è sollevata del fatto che io non insista ulteriormente nel volerla incontrare, ringraziandomi per il consueto acume e per la disponibilità di sempre. Ottimo colpo, devo dire. Popolarità a tremila. Grandissimo Tazio.

 Sabato: happening prandiale a ranghi estremamente ridotti 


Mi sistemo alla Solita, al solito tavolo, al solito posto, scoprendo ben presto di essere io, io e io, poichè il nubilato nubila nozzeo a LosMinques, Zack veleggia verso Venezia per un improvviso weekendone romantico con la Lestasandra, Virus lavora per coprire l’assenza del nubilato e poi arriva l’Umbe, già mangiato da mammà, che con aria funerea mi dà la ferale notizia drammatica: il Sa-aaarti ha mollato l’Anto, ieri.
"Oddio mio!", esclamo circumnavigando cauto il vasto checcazzomenefrega che racchiude il mostruoso dramma, prodigandomi ansioso, nel contempo, a carpire dall’Umbe le ragioni di un simile, atroce, assurdo, inconsulto, inatteso ed inimmaginabile gesto.

"Una così bella coppia affiatata, ma come mai, o Mite Umbe?"

L’Umbe resiste, si contorce, poi mi obbliga al giurin giuretto da Lupetto Culattone e mi rivela dolente che il misfatto è avvenuto in quanto il Sa-aaarti è venuto a sapere che l’Anto ha avuto una tresca con me.
Con me, capite?
Me, Tazio Tazietti.
Chiedo anche un paio di volte per sicurezza, ma pare l’abbia avuta proprio con me.

Mavaffanculo, merda.
Inutile resistere, spiegare, puntualizzare, tentare di convincere, tutto inutile e vano e poi io non ho più cazzi di nessuna natura di sopportare ‘sta gente e ’ste vaccate.
Capisco perfettamente che il mio permanere qui, nella bassa velenosa, deve essere interrotto al più presto, in assoluto primis per medicarmi seriamente i coglioni e poi per dare luogo, tempo e modo a questemmmmerde dei Miei Migliori Amici di dimenticarmi e ricomporre il loro pseudoequilibrio tenuto assieme dalle sborrate forestiere che gocciolano dalle labbra delle loro sante compagne, equilibrio apparentemente reso squilibrato dall’asteroide Tazio che sembra essere il responabile di tutto, tutto, tutto, anche di ciò che non ha mai commesso e pur non avendo mai raggiunto la crosta terrestre.
Beviamo un caffè in silenzio, pago e rivelo, prima di sgommare.
"Mi sono chiavato anche la Kikka, giovedì sera mentre eravate al calcetto. Bella troia.", in un soffio serissimo, mentre il cuore di dentro ride come un pazzo. E l'Umbe va in tetania letargica.
Mavaffanculo anche tu pagliaccetto, che se rimanessi la prossima vorrei fosse la tua, con quelle tettine acerbe.
Evaporare necesse est.
Fanculo.

 Sabato: post prandiale ricerca di una va(u)lvola 


Rientro alla Tana del Porco e chiamo la Milly Fatale.
Le sintetizzo, nell’ambito del limitato tempo di sopportazione che la Padrona ha (e che io ben conosco), le ragioni per cui si renderebbe assai urgente una mia evaporazione dalle terre natie. Vengo duramente e volgarmente redarguito poichè, a ragion veduta, la deliziosa Mistress mi accusa di contattarla solo quando IO ho bisogno di lei per risolvere le mie sciatte vicenduole da mercato, temporeggiando, sottovalutando e non rendendomi IMMEDIATAMENTE DISPONIBILE per le SUE già ben manifestate (ed assai più importanti, come ovvio) necessità. Mi insulta, mi bestemmia, mi mortifica e, mentre guadagno con rapidità un’inattesa erezione, mi propone qualcosa di molto interessante.
Ella, nella torva oscurità del suo fascinoso agire, non mi hai mai reso edotto di possedere un piccolo appartamento (il “buchino” come lo chiama lei ripetutamente e maliziosamente) in Parigi, che ben si attaglierebbe a divenire una base logistica comune, dalla quale dipanare mille interessanti esperienze luride e depravate rivolte a lenire i miei ed i suoi gonfi e doloranti genitali.
“Dimmi solo quando” - incalzo impaziente.
“Non so. Dovrei introdurre la novità all’ometto, ma solo se mi giuri che non farai la merda, perchè se mi fai un pacco ti ammazzo.”
“Lo giuro” - “Bada a come ti muovi Monsieur Tazio, ricordatelo. In tal caso potrei introdurre la novità di un mio “viaggio in Italia” già questa sera a cena, se gli umori saranno favorevoli.”
“Introduca, Padrona”
“Non tema, Monsieur, introdurrò con sottile piacere che manco si immagina. Lei si munisca di biglietto open, così come farò io e stiamo pronti a tutto.”


Parigi. Deneuve. Magnifique.
Si scappa di nuovo, finalmente.





venerdì 22 maggio 2015

Parole in nudità - Parte due

“Ma senti Kikka” – interrogo ancora l’Oracola del Backstage – “ma secondo te quella Barbara della Solita è una che si fa fare? Hai sentito niente in giro?”
“Giurami che ti vuoi fare quella cessa”
“Beh sì, perché?” – “Ma non vedi che non si lava? Boh, non vi capisco. Comunque non so niente. Piuttosto senti tu qua ‘na robetta che ti interesserà”

E sentiamo.

Allora ecco la situazione Kikkaside.
Le mie notti emiliane ultrasegrete sulla gradinata magica, così segrete non erano. Ne erano al corrente la Nadia e la Maggie che, secondo la Kikka, avevano mandato in avanscoperta la Anto per capire le mia affidabilità con la Maggie e i pensieri che avrei avuto su di questa, perché è assodato che la Maggie ci starebbe, non fosse che la Nadia l’ha bloccata imponendole una verifica, perché io sono noto come “grandissimo puttaniere e, si dice, anche frocio”.
Roba da adolescenti idiote, insomma.
La Anto riferiva alla Nadia, la quale aggiornava la Maggie e dirigeva le opinioni.

“E tu come cazzo fai a saperlo?” – chiedo con poca voglia di essere preso pel culo.
“Perché una volta stavo facendo la cacca a casa di Max e della Nadia e mi sono ascoltata tutta una bella conversazione tra la Nadia e la Maggie in cucina e ho ben capito. Tu, la Anto, Sa-aarti e Umbe non c’eravate, era un martedì mi pare.”
Le pare.

Ora, amisgi che numerossi dormite leggendomi da cassa, sarebbe stato troppo da oche badesse sfagiolare alla Kikka che con la Anto ci siamo ammazzati di erba, che abbiamo parlato marginalmente della Maggie e che ci siamo (per l’ultima definitiva volta al mondo) slinguati come due vitelli.

Per cui, al termine della sua “piccante rivelazione” mi sono ricordato del tatuaggio che Francis Turatello, colto boss della mala, aveva sulla chiappa del culo: “Il mio legale è l’avvocato Nega”.
E l’ho assunto anche io, quell’avvocato.

“Sai cosa Kikka?” – le dico dopo lungo silenzio – “me mi sa che queste si erano fatte una sacra canna. Io non ci sono mai stato a letto con la Anto, né ho mai subito ‘interrogazioni’ sulla Maggie. Mi sa che giocano alle romanziere, la ‘capa’ e le sue amichette…” – e lei esordisce con “Boh, magari sì, ma era troppo divertente” e ride.

Poi ci riappiccichiamo e torniamo a scopare che quello è sempre cosa buona e giusta, specie pensando che è la morosa di uno dei Miei Migliori Amici.
Che sia vero? Che non lo sia? Checcazzomenefrega?
Sicuramente la terza.

Bella troia la Kikka, comunque. Mi piace un casino.
E dopo che se n’era andata, che facevano quasi le quattro, tutto l’appartamentino profumava come un lupanare di alto bordo, a partire dalle lenzuola a finire alla tavoletta del cesso.
Son sioddisfazioni eh.
Ehhhhhgggià.

Parole in nudità - Parte uno

“Ma senti Taz, scusa se mi faccio i cazzi tuoi” - mi chiede la granfigagiraffa totalmente e maestosamente nuda, ritornando dalla cucina con una bottiglia di acqua fredda – “ma tu poi, alla fine, la Anto te la sei scopata o no?”.
“Ma come “alla fine” Kikka, cosa vuol dire? Comunque no, ma cosa vuol dire?”
“Vuol dire che a lei evidentemente andava di farsi scopare da te se no mica tirava fuori quella cazzata che ti ha tirato fuori. Si vede a occhio nudo che le è stato sul culo che tu ti sei scopato la Sara dopo il matrimonio.”
Eggià. E come dirle di no?
Ma allora io la sfrutto quest’onda di confidenze, cazzo. E sì che sfrutto.

“Ma ‘scolta Kikka” – le chiedo mentre tracanna a collo – “ma la Anto è una che si fa scopare?” e la bella giraffasessuale, dopo aver ingoiato dice “Boh, non so. Ogni tanto le prende un trippone per qualcuno, ma che si sia fatta scopare non mi è mai arrivato niente”.
Interessante, interessante. Innamorella la nostra Anto...

“E invece su di chi ti è arrivato qualcosa?” – chiedo appropriandomi della bottiglia – “beh, su di me, ad esempio, mi sono arrivate delle gran voci”- e ride sganasciando e io rido sganasciando sinché lei aggiunge: “No, dai, seriamente. So che la Sandra [morosa del Zack] è una tipa lesta che se le gira fa. Mi sono arrivate diverse storielle su di lei. Bella sciolta, diciamo” – e si riprende l’acqua. E poi continua:
“Della tipa lì dell’Umbe non so niente, ma l’ho vista tre volte. Ma poi mi pare una patronatina che se va bene è ancora vergine.”

Già, sono d’accordo.
“E la Maggie?” – chiedo andando alla polpa, al cuore del distillato. E lei ride maligna.
“Ti fa sangue al cazzo la Maggie eh?” – mi dice schiacciandomi con due dita la cappella.
“Macché sangue, quella mi fa montare sangue agli occhi, bruttastronzatroia” – replico veemente e lei mi accarezza sussurrando “Lo so, lo so che merda è stata con te, scherzavo”.
Beve e poi sentenzia “Secondo me è una frigida frustrata e un po’ lesbichetta. L’estate scorsa una sera avevo un toppino nero e non ha mai smesso di fissarmi le tette.”. Storie sentite su di lei? Zero.
Ma poi dai che ti ridai salta fuori (secondo la Kikka) una specie di trimurti, fatta dalla Nadia capa, la Maggie Vice e la Anto Ancella Servitrice.

“Se non va bene qualcosa a quelle due [Nadia e Maggie] la cosa non si fa punto e fine. E l’Anto è sempre d’accordo ed esegue”
Plausibile, però. Molto plausibile.
“E la Nadia si fa scopare?” – chiedo sempre al cuore del distillato.
“Secondo me sì” – sentenzia con occhio satanico la bellissima Kikka – “ma è furba e non si sa nulla di nulla. Anche se…” – “Anche se?” – “Anche se una sera andavamo a ballare che saranno state le due e l’abbiamo beccata in tiro da guerra che scendeva dal Mercedes di un tizio e andava alla sua macchina parcheggiata davanti all’Ipercoop”.

Un po’ poco, mi permetto di suggerire.
“Stiam parlando della Nadia, Taz. Cerca di contestualizzare.”
Già, di lei. Cerco di contestualizzare.
Ok, fatto. Bolliamola come puttana, per non saper né leggere né scrivere, che ci frega?
No?

I Miei Migliori Amici

I raffinati e vertiginosi sandali sexy argentati con le cinghiette impreziosite di pietre dure giacciono abbandonati esanimi sul legno vissuto del mio bel pavimento vecchissimo.
I bei piedi nudi, importanti, erotici, lunghi dalle dita lunghissime e nodose, baciano scalzi la nobile pelle del DivinDivano, mentre la Giraffona Porno incrocia alla Sioux le lunghe gambe, inguainate dagli epidermici pantaloni bianchi a tubo.
La casacca pseudo indiana cade scoprendo la nuda spalla, evidenziando la presenza di un reggiseno senza spalline al di sotto della medesima.
La chioma corvina lucidissima e lunghissima scivola ovunque, mentre le mani inanellate tintinnano di braccialetti charms Pandora, ungendosi di  pezzoni di pizza millegusti strappati alla bruttabestiaway ed un anello di forma nuziale orna irresistibilmente sensuale il pollice destro, mentre la pioggia picchietta il picchiettabile.

Perchè la Kikka è lì con me, segretamente, con così tanta leggiadra disinvoltura, saturando l’aria della mia casetta col suo profumo asperso con euforica abbondanza faraonica in ogni suo dove?
Il motivo è stupendamente semplice: perché con Virus-Ceccherini lei si rompe i coglioni, perché lui la caga pochissimo, così tanto impegnato di lavoro, sport e amici e cene e mille  e mille altre cazzate idiote e lei si annoia, annoia, annoia, annoia e allora ecco perché mi ha fatto piedino sotto la tavola, un po’ perché era evidente quanto anche io mi stessi annoiando, un po’ perché ho le gambe ultra sexy, un po’ perché è da una vita che le piaccio tantissimo, un po’ perché fare piedino le fa venire voglia di sesso subito.
Non fa una grinza.
Il ragionamento è acuto, adulto, maturo e meditato. Solidissimo e inossidabile.
E pensare che io, stolto essere buffo, facevo fatica a riconoscerla per strada, nonostante sia una figa da Gran Premio e la morosa di uno dei Miei Migliori Amici.

“Ma Kikka scusami se mi faccio i cazzi tuoi, ma se ti scassi così tanto la fava, ma perché non lo mandi a cagare e ti fai la tua vita serena e libera?”
“E boh, ma tanto io faccio lo stesso quello che mi va, sai?”
“Sì, lo vedo, capisco. Ma almeno lo ami?”
“E boh. Buona la pizzona sai? E’ da una vita che non mangiavo la pizzona di Ciccio.”

Perfetta a dir poco. Una Donna intrisa di sublime.

Mi chiedo se i Miei Migliori Amici sono consci di che tipologia speciale di fanciulle si menano appresso, così impegnati a essere fieri condottieri del loro “gruppone morosale molto unito” che è un concetto che talune delle loro donzelle interpretano in maniera estremamente estesa ed elastica e mi chiedo tutto ciò mentre divoro, con deliziosa dedizione e passione autentica, la tenerissima fica zuppa e bollente della Kikka, depilata maniacalmente di qualsiasi forma di struttura tricotica, al pari di ogni altra parte del suo ragguardevole (molto ragguardevole e anche lodevole e meritevole, va detto e sottoscritto) corpo di femmina .

Com’è liscia la Kikka e come si fa fare mansueta, con quel tocco delicato delle gambe sulle mie natiche, mentre armeggio con la megaminchia tra le sue fradice labbra di carne ficale cercando il buco del paradiso, osservando quelle mammelle grosse, toniche, dure, sferiche, scure di lampada, dai capezzoli rotondissimi di un colore quasi identico alla pelle del resto del seno e questo mi piace, così una tantum, essendo che la mia preferenza si attesta sul capezzolo scuro che quasi si annerisce increspandosi.

Brava la Kikka a letto, ragazzi, veramente brava. Che goduria vederla cavalcare con quelle mammelle scultoree che ondeggiano appena da quanto dure e solide sono. Che goduria vederla cambiare posizione con così tanta frequenza, con quel culo da Premio Nobel della Glassia Nota, chiedendo addressaggi particolari via via sempre più acrobatici, sentendola mugolare con la vocina rotta dalla respirazione accelerata, udendola liberare l’angelo dell’orgasmo da una posizione così complessa che non saprei nemmeno descrivervela senza un disegno in 3DMax e che goduria sgusciarle fuori dalla bella fica rasata per raccoglierle i piedi giunti con entrambe le mani e scoparglieli mentre lei aiuta l’operazione tenendosi le caviglie, osservando ipnotizzata il mio schizzare epilettico sulle sue dita e sul bel collo del piede.
E che piacere sentirla mugolare eccitata al punto di masturbarsi mentre osceno lecco via dalle sue nobili estremità ogni traccia del mio seme, succhiando, leccando, osservando quelle dita che tormentano la schiusa sorca arrossata e lucida, per poi affrettarmi a sostituirle con la mia Gran Randa Rampazza Vagabonda, sempre pronta alla seconda chiavata con pari, se non superiore, durezza e partecipazione accorata.

Ma io dico, amisgi che numerossi mi seguite ciascuno da cassa dell’altro, ma con una cavalla così figa e disponibile, ma come cazzo si fa a pensare al calcetto, alle partite, le cene, la classifica e a questo e a quello?
Mah.
Meglio così, non importa.
Che si diverta sereno, che questo lavoro glielo porto avanti io, al Virus.
I Migliori Amici servono anche a questo, o no?