Via.
Deposito la mia esistenza,
straziata e insulsa, come bagaglio a mano sulla via di Modena, come se fossi un
colpevole che va dal giudice a ricevere la pena che gli spetta.
E così chiuderò tutto,
niente deperibili nel frigo, staccherò l’acqua, la corrente, tutto.
Partirò a bordo della mia
insignificante vettura e andrò a Modena a sentirmi dire il “no” che mi spetta, perché
il tempo dei ricordi si fa nebbia e gli anni passano, passano per me, per lei,
per tutti.
Un bel “no” sapientemente
cesellato dalla sua parola cristallina, un pianto di sicuro, molti rimpianti,
molte incertezze, ma ciò che va fatto va fatto e poi cosa resto qui a Taziopoli
a fare?
Incarto il no, prendo questo
ennesimo dolore che mi sono causato e poi via di nuovo.
Ma via, via.
Lascio Tazio a morire a
Taziopoli, svesto la pelle che non è accettabile e me vado, via da questa, da
quella, dal gommista, la farmacista, l’erbivendola, la tabaccaia e la
macellaia.
Lascio tutto qui, tanto non
ho niente e nessuno da salutare, a parte voi.
Ammesso che ci sia qualcuno
di là.
Basta rimestare, sanare,
terapia finita.
Non serve a un cazzo
scrivere, quel che serve è essere diversi e diversi lo si è via.
Per cui eccomi, pronto,
tranne qualche ultimo dettaglio, a veleggiare verso Modena come inizio della
smolecolarizzazione, dell’assenza, dell’oblio.
Tutto qua.