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sabato 17 settembre 2016
Sabato Taziale
Falegnameria sabatale uozzappale taziale |
Già procede col primo errore l’Antonella Piscella Porchella:
per perseguire un remoto bisogno di gloria dozzinale pseudo segreta, rende
partecipe del fatto la Kikka, con la scusa dell’erbetta, porgendomi a lei nei
racconti come un trofeo, senza considerare che il Taziotrofeo son più quelle
che ce l’hanno in cameretta che quelle che no, a partir dalla Kikka stessa, bella
figona indimenticabile, che quel che sentirà narrato come le gesta, le donne, l’arme
e gli onor è un già visto, già provato, già preso e già succhiato, con la
differenza essenziale che la Kikka dell’ano suo fece capanna al missile mio,
cosa che FINO AD ORA, la Anporcella ancora non annovera nel suo carnet.
Sabato Taziale impirillato e impaziente, concentrato a
traviare ancor più la Traviata, guidandola passo passo lungo il Percorso
Oscensessuale Taziale, percorso verso il quale dimostra FINO AD ORA
predisposizione ancellare.
Sabato Taziale nel quale credo pranzerò alla Solita, che non
importa se anche da solo, ma ciò che importa sarà che sarò mutando privo, cosa
che mi fa sentire così Uoma Sessuale ed Erotica che mi sembra di essere quella
porca di Scarlett Johansson che mi farei di un volentieri che dir non so.
Chissà a chi confiderò quel mio status di pregio mutando
privo, magari alla Antoncappella stessa tramite Uozzapp, o magari alla Marghera
che ci riderà sopra sbottando, sesso anoressica per volontà.
Sabato Taziale ridente e spensierato, qui nel mio paesino ormai
incontaminato dalle sue radici storiche e contaminatissimo da velenose radici
innestate con furia da malviventi affiliati al male, che della terra della
poesia ne fan sollazzo per il il loro profitto insano.
Sabato Taziale all’insegna delle corna roventi, punitivo del
pellegrin viandante che lungo la Carolingia a Roma va, peggio per lui, cervo
dai palchi di corna multiple preziosamente intarsiate da una coppia di luridi mastri
d’ascia che stasera si dedicheranno all’adorazione della sozza fregna ripiena.
Peggio per te, Cornutissimo Sa-aarti che niente mi hai fatto di male, ma che
tantissimo male io faccio a te e godo, godo come un calamaro alla brace, godo
come un palombaro ciclista, un carpentiere linguista e un mastro scafista, ad
arare profondamente la tua troia, facendoti pentire di essere andato a cercarne
di Est-ive mentre in casa avevi siffatto potenziale da incoraggiare e mettere a
frutto.
“Sono il tuo porco arrapato che si sega pensandoti” uozzappo
sorridente come un bambino deficiente. Cuoricini e faccine eccitate e timide ritornano immediate,
mentre mi scappello godendo dell’odore di piscia straniera, odore di noi ancora
lurido sul mio glande arrossato.
Sabato Taziale.
Vualà.
La Traviata
E allora?, ma dai, ma sul serio, è partito per fare la
doppia guida col pullman, la gita, la rava e la fava, va a Roma, esticazzi
però, che meta arditissima, coi pellegrini, ma che mito di uomo, ma dai!, e
torna domenica?, vieni qui allora, che ti aspetto, ma così come sei, che più
nuda e sudata che sei, più mi tira la biga con tutti i cavalli da tiro del re e
arrivi e sorridi e c’hai la tutina economica, ma sotto le tette increspate e la
pelle, la carne da sesso e odori di buono e hai la voglia affamata, ti strusci
e mi spoglio e vualà siam belli che pronti a fare la ficca paesana, e mi seghi
e mi sorridi mugolando e succhi, ma che bocca che c’hai Antopompinella, se mi
piace?, di brutto, se sei brava?, di brutto, ma girati dai, porgimi la cula
frociona da porca in calore col segno del mare e mostrami che bucone della
ficona pelosa che c’hai, cristo santo è la voragine nera, lascia che ti mangi
le salsicce di labbrone da vacca che c’hai, come godi, che bisogno di porcate
che c’ho Antolina e tu ridi e mi chiedi ah sì?, sì sì, prendi il cazzo per
l’intanto, così, alla pecora sozza, ma sì, ma dai che fa agreste
Antominchiella, spingi indietro, madonna che botte che tiri che le chiappe fan
ciaf, ma che cula santiddio e tu ridi godendo che è bello da sentire e io
sbatto fino in fondo, finché non fai ahi, che è lì che godiamo come marmotte
mignotte mannare, ma che cula, ti inculerei, no no, mi fa male, lo so, me l’hai
detto e allora monta su, cavalca sta grancippa di cazzo nodoso e tu monti e
sbatti la fregna barbuta biondastra sul mio pube implume e alzi le braccia per
far su i capelli alla Lady Godiva e sei proprio una bella troia lo sai? Ah sì
sono troia? Sei una troia da sesso vigliacco stupenda e cavalchi e sbatti, poi
ti pieghi in avanti e mi slingui la bocca e mi sussurri sorridendo sono troia,
la tua troia, che pare che con il pronome possessivo non sia peccato, va bene,
la mia, la mia vacca, sì, la mia cagna, sì, la mia puttana in calore, sììì, mi
tira il carro di brutto, losentosìììì, voglio che mi pisci sul cazzo, sììììì
che porco che sei porco, porco, poooorco, voglio sentire che mi coli la piscia
sui coglioni, sììììììììììì, maiale, dai sbatti che vengo troia cagna suina,
sìììììììììììììììvengo, ancheioooo, rantoli, morsi, bacino scomposto che
sfrappola il cazzo nelle viscere sfatte, che bello, che duro, ti tira ancora,
lo senti?, se lo sento?, lo so che continua a tirarmi e lo sai anche tu, maiala
di merda, e ridi sozza e traviata, finalmente, sei drogata di cazzo supremo,
niente sarà mai più la stessa cosa, vieni nella doccia che ti richiavo e giù,
in piedi, la gamba sul ferro e poi pecora e poi cavallo, dai mignotta pisciami
sul cazzo chiavando, non ci riesco, prova puttana, che porco schifoso e fai
sgusciare la minchia sollevandoti un po’ e fai partire schizzetti gentili e
timidi e poi, nel silenzio sovrano della porcata iniziatica, il getto ritorto
che sibila e inonda e guardi a bocca pendula la barba pelosa che ti si inzuppa oscena
di piscia dorata e odorosa e poi smetti e ti rinfili la mazza e sbatti da
cagna, scapigliata e morbosa, sinuosa, ammorbata, traviata e mi dici maiale,
porco, pervertito, depravato e pompi come un cilindro V8 e scoppi in una venuta
che ti scuote, maiala lurida e lercia, che ti voglio ciucciare le dita dei
piedi pisciate e stavolta non sei inodore come una garza chirurgica, che in
mezzo alle dita c’è un lontano sentore di Brie e Camembert e non lo temi, mi
offri, mentre mi sego leccando da cane e ti schizzo sul pelo grugnendo e venendo
e come vengo, cazzomerda, non smetto di venire di dentro e menando sozzone ti
punto e ti infilo e ti porto in missione, missionaria dalle tette irte e
capezzolute e sbatto e pompo e poi smetto.
***
A letto, inondati di odore di maschio e di femmina sozzi che
copulano a cazzo senza fini figliali, ci baciamo sublimi, lenti e mollicci,
ammorbati e vogliosi, colposi e eccitati e torni a toccarmi la minchia per
renderla dura e lentamente cogli lo scopo, mi rendi pronto alla pugna,
traviata, corrotta e ghigni eccitata per la parentesi orinaria, mai fatta, mai,
mai, ma pensata, quello sì, che ho visto i porno che lo facevano e non avevo
mai capito che fosse così… e ti riempio la bocca di carne e di vene, ti
ingiungo di usare la lingua, autoritario e padrone e ti piace, mollemente
sdraiata sulla riva del fiume che non torna più indietro e si alimenta di
sudore e essudati, ma soprattutto di lacrime acri.
Benvenuta, Traviata.
venerdì 16 settembre 2016
Punto della disperazione
Bene.
E’ venerdì. Domani non
dovrò venire qui e ciò mi rincuora. Da stamattina, in cui non sto facendo un
cazzo assoluto, ho iniziato a mandare curricula, ma vi rendete il conto?
Uno spammone bestiale a
tutte, ma sottolineo tutte, le realtà che potrebbero prendermi e darmi dei
soldi per sopravvivere. Perché qui, vi giuro, mi muore un neurone al minuto.
Nessun attacco Conciano
ieri sera, molto bene, credo che per un po’ il mio sms lasci la quiete nella
mia vita, anche se ho la sensazione che si tratti di una tregua più che di una
resa.
In ogni caso
checcazzomenefrega, farò il cazzodimmerda che ci sarà da fare.
Fronte Antonella: tutto
tace, anzi no, tutto uozzappa cagate da scuola media, alle quali rispondo con
frasi degne del ripetente bullo che va a scuola in motorino perché c’ha un anno
in più.
Dalla psicoterapia alla
pediatria, qui c’abbiamo tutto alla TazioClinic.
Sono così scoglionato che
la voglia di fottere mi è andata sotto i tacchi delle scarpe di uno che andava
in Afghanistan e ciao bella ciao.
D’altra parte non ho
neanche niente di molle caldo e bagnato in cui infilarmi, ad eccezione della
mia compagna di classe (se decide di non andare a catechismo) o della
professoressa se decide di prendermi a ripetizione di disturbi della
personalità. Che curerebbe a melanzane alla parmigggiana e veloci scopate alla missionaria. Peccato
che non mi dispensi anche dei “gesummaria” alla memoria imperitura di Giuseppe
Tomasi di Lampedusa.
E per rinvigorirmi non vi
sarebbe che una persona, lo sapete.
Per sporcarmi nuovamente di
peccato e perdizione, di droga e mignotte di lusso, di fuoristrada che pagano l’ICI
e soldi truffati, condendo il tutto con chiose mantovane talvolta esilaranti.
La Ade.
Ma chissà dove cazzo sarà
la Ade.
Boh.
Provo a lavorare.
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