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sabato 17 marzo 2012

Se sono qui


“Cazzo, Taz, bella vera” mi dice avvolta nelle braghe della tuta grigie melange che le marcano sinfonicamente le chiappe-reliquia.
“Piace? Non mi decido a venirci dentro. Nemmeno per un week end”.
“Come mai?”
“Mi ci rompo il coglione da solo”
“Appena viene caldo ti vedo che non resisterai dal fare il sexy farmer tutto nudo, abbronzatissimo, sudatissimo, con gli stivali e il cappellaccio di paglia”
Non ci avevo pensato. E’ un’idea invogliante. Bella vera, come dice lei.
“Molto gay come immagine” dico pensandoci ancora.
“Ma la tua è una sensualità gay, per questo fai impazzire le ‘femmene’. E’ la sfida, capisci? Si vede che sei un bel po’ culo e le ‘femmene’ fanno a gara per sconfiggere le ‘pazze culattone’ che tanto ti piacciono” e ride a crepapelle osservando la mia aria seria. E arretra quasi piegata in due, ridendo e schermendosi, mentre avanzo verso di lei con la faccia da psicopatico fuori controllo.
“No dai Taz, non mi fare male, scherzavo, scherzavo” vigliacchetta puttanella, che quando la incantono e la stritolo le viene il cagone di prenderle per davvero.

Però forse c’ha anche ragione.
“Si vede così tanto che sono un po’ culo?” chiedo, sortendo l’ilarità esilarata.
“Io ti adoro, sei una pazza pazza pazza!” mi dice scimmiottando una checca.
La sculaccio fortissimo.
Ma poi mi informo “Sono più figa io o quella schifa di Scarlett Johansson?” e lei si sbellica con la mano davanti alla bocca.
“Tu” mi dice in un rantolo mentre le torco il braccio dietro la schiena.
“Allora ci veniamo a prendere il sole nudi, tra un mesetto?” chiedo speranzoso.
“Se sono qui sì, certo, è bellissimo e tranquillissimo”.

Se sono qui.
La spiega diventa d’obbligo. Cosa bolle in pentola che mi manca?
Bolle che la Squinzychiara ha da tempo in progetto un tour itinerante. Una sorta di Via Carolingia dei tempi moderni, che prevede alcuni giorni a Berlino da un amico, alcuni giorni a Parigi da un altro amico, alcuni giorni a Londra, da un’amica. Alcuni è ancora un numero non quantificabile. Giorni, settimane, mesi, boh. Scopo dell’european tour? Trovarsi da lavorare all’estero. Perché alla fine ha ragione lei, è l’unica soluzione per recidere il cordone ombelicale con la famiglia e guadagnare da vivere. Che qui non ci si riesce più.
Avrei potuto dirle di saltare in barca di nuovo, ma ho avvertito con precisione che lei necessita di qualcosa di più del ripiego (assolutamente dignitoso e straordinariamente fortunato, visti i pregressi) di un quarantaduenne che i ventiquattro li ha avuti diciotto anni fa e che quando li ha avuti non avrebbe accettato una simile offerta manco lui.

Insomma, pur mettendomi un po’ di tristezza, proprio ora che ci siamo ritrovati così bene, capisco, benedico e se posso aiuto. Bisogna essere realisti. Poi vi dirò che questa cosa così imminente non sembra, per cui inutile cominciare con le angosce.
“Quanti ricordi con questa macchina Taz” e sorride aggiungendo “però dai, è stata una vacanza figa”.
“Molto figa” aggiungo io “che se quest’estate sopprimi i matusa, mi prenoterei” e ridiamo.
E ritorniamo a casa.
Un po’ pensando alla passata vacanza figa, un po’ pensando alle prossime vacanze, un po’ pensando al tour europeo, un po’ pensando ai matusa e a tutte le implicazioni. Insomma, sparsi e non provenienti dallo stesso cervello, i pensieri che galleggiavano nella Marzedes erano questi.

“Senti, ci vieni fuori con me stasera?” chiedo.
“Uhmmmm….vediamo…vediamo….vediamo…” e gira la testa guardando in alto con l’indice sulla bocca e gli occhietti stretti.
Le assesto uno scappellotto.

Fate troppo presto a diventare delle donne, cazzo.
Vi bastano pochi mesi e diventate fighe.
Di testa, oltre che di fisico.
Maledette.

Venerdì sera - Scioltezza


“Cristo!” esclama.
“Cosa?” chiedo.
Fruga con la mano e mi palpa i coglioni, poi scivola giù toccandosi il perineo.
“Ma… ma… me l’hai infilato dentro tutto???” esclama sottovoce, di nuovo.
“Eh sì” rispondo con voce malferma “ti fa male?”
“No no, ma…. Cristo!” torna ad esclamare palpando le mie palle e palpandosi il buco del culo pieno.
Come diceva Charles Bukowski, “Non so come mai Gesù Cristo finisca sempre col mischiarsi a faccende del genere”.
“Guarda che non è la prima volta che questo succede” le mormoro in un orecchio, giacendo sul fianco ed aderendo al suo corpo che giace su un fianco, perfettamente incastrati l’uno nel culo dell’altra.
“Sì, immagino… è che realizzo solo ora che mi sta tutto dentro… cazzo… tutto dentro…“
“Son soddisfazioni eh?” dico piano.
“Eh beh” dice in una risatina che le fa contrarre il buchino “peccato non faccia curriculum”.
“Beh, non sarei così categorico, sai?” rispondo sortendo un’altra risatina strizzante.

Tutto è iniziato sul divano. Che lei improvvisamente era finita in mutande, per una serie articolata di ragioni.
La prima ragione era legata all’inesorabile fine del Barnaut. Che vuol dire parecchio.
La seconda ragione era collegata all’insistente presenza di sigarette artigianali alle spezie esotiche.
La terza ragione sembrava derivare dai pantaloni di Karkzlopzerek, troppo stretti per consentire una seduta indiana come dio comanda.
Da lì la fine. O l’inizio.

Perché da quello strano perizoma rosa, che perizoma è solo per la striscetta infranaticale, ma per il resto è una rosea coulottina simpatica, ebbene, da quello strano perizoma stiracchiato dalla posizione indiana fuoriusciva un attraente ciuffetto di peletti scuri, a testimonianza che la depilazione totale di quest’estate era stata relegata a mero esperimento, una tantum e non ripetibile. Solo più tardi, a maglietta tolta, anche le carnose ascellette dall’avanzata ricrescita, denunziavano una scelta di ritorno ai costumi tricotici di un tempo, che a voler ben vedere, tanto deprecabili non mi sono parsi.

Che bel corpo che c’ha la Squinzietta. Cazzo se c’ha un bel corpo. Porca bestia se c’ha un bel corpo.
E poi vi dirò anche una cosa. Che è questa: me la sono goduta senza sensi di colpa, perché l’averlo fatto, con quelle premesse e quei dialoghi, ha reso il sesso un elemento complementare decisamente lecito e godibile in quanto non era il fine assoluto. Anzi, il contrario.

E poi c’è anche un’altra cosa che va assolutamente detta.
Va detto che ci siamo divertiti a farlo.
Cioè, mi spiego: non è che altre volte lo si sia fato rompendoci i coglioni, sia chiaro. E’ che, invece, molte, moltissime altre volte lo si è fatto con la voracità cannibale di carnivori affamati. Ieri sera no. Ieri sera ci voleva un registratore, perché c’è stato da ridere spesso e quel ridere, anziché diminuire il desiderio, lo ha sempre aumentato. Si rideva, si diceva la cazzata e poi si annegava in un flutto di passione.

Bello, insomma, molto bello.

***
Ancora nudi abbandoniamo la camera da letto, per ragioni diverse.
Io cerco le sighe mentre lei apre il frigo per prendere da bere. Il mio sguardo si perde rapito su quelle chiappe stupende, generose il giusto, rotonde il perfetto e ondeggianti il sublime. Il Culo.
Accendo e la guardo. Tenendo aperta la porta del frigo tracanna da un cartone di succo d’arancia olandese.
Le sta da dio il pelo sulla fica, devo ammetterlo.
Abbassa il cartone, deglutisce e mi dice “Oh Taz, tragedia eh, non so se... ma hai violato il voto integralista allo stoicismo dell’abnegazione autarchica. Abbiamo chiavato, se non te ne sei reso conto” e ride.
Aspiro e sorrido.
“Ti mangerei il culo” le dico andandole proprio davanti.
Bel progetto” mi dice lanciandomi le braccia attorno al collo e la lingua in bocca.

Non cercare il favore della moltitudine: raramente esso si ottiene con mezzi leciti e onesti.
Cerca piuttosto l'approvazione dei pochi; ma non contare le voci, soppesale.
[mmanuel Kant]

Venrdì sera - Pensieri e parole


Casino, tanto casino, casino infernale che quasi non si riesce a parlare, dentro al wine bar.
“Se io ci metto una bottiglia, tu ci metti due bicchieri?” mi urla a un tratto. Eh beh sì che ce li metto, che discorsi, ma ci voglio mettere pure la bottiglia, aspetta, ma non faccio a tempo e zinf zanf mi ritorna davanti con una bottiglia di Barnaut e allora via. Passeggiamo lenti verso casa mia, con lei che regge il Barnaut come fosse una creatura mentre dall’alto dei sandali fighissimi mi racconta in che cazzo di casino si trova a Milano. Saliamo le scale mentre continuo ad ascoltarla, poi entriamo e preparo un secchiello di fortuna con tutto il ghiaccio che c’ho, facciamo passare i cinque minuti da protocollo e poi stappiamo.
Panoramiche in cui emergono le verità sulla Lercia, Mayhem (un sito collettore di fotografi e modelle di tutto il mondo) e un fotografo puttaniere e cocainomane, la Frank scoppiata, la prostituzione e avverto un dolorino allo stomaco e il fatto di avvertirlo mi disturba.

Rotolano.

Le sue parole rotolano rotonde senza pudore ed io la ascolto attentamente, senza che mai per un solo secondo comparisse il claim di questo ultimo periodo: non me ne frega un cazzo. Mai. Perché mi interessava proprio sentirla parlare e ragionare e mi interessava esporle il mio punto di vista, quando richiesto, ma a volte anche quando non richiesto, considerato che veniva accettato con piacere.
Poi, dopo ore, non riesco a sottrarmi al mio turno ed allora decido che parlo. Finalmente. Parlo e lei mi ascolta con la medesima attenzione e io vuoto il sacco.
Esce tutto dalla mia boccadoro: la Domi, la Ade, la Giulia, la Aledellapale, la Ines, l’orgia mancata, la quadriglia, la schifosa Susy che chiava benissimo, il Costa, i lampi violenti di omosessualità, la Betta, la Squaw, la missione vuoto pneumatico, le puttane e lo stoicismo dell’abnegazione autarchica.

E lei, al punto dello stoicismo dell’abnegazione, giunge le mani sorridendo e le scuote chiedendomi, divertita ed incredula, il perché. E io glielo spiego più dettagliatamente.
E lei mi dice che sono matto. E io concordo, dicendole però che è una scoperta assai tardiva.
E allora mi espone la sua interpretazione, che in un certo senso regge.
Dice che non è attraverso lo stoicismo dell’abnegazione che si può migliorare la qualità pessima delle persone con cui ci si interfaccia. Dice che non occorre quello, ma semplicemente un’amplificazione delle frequentazioni con selettività critica. Dice che non è che, siccome a uno piace scopare, dio lo punisce e lo attornia di teste di cazzo. E’ che costui si focalizza solo sulle scopate e non cerca niente di meglio.
In particolare, continua, se poi uno per attuare lo stoicismo dell’abnegazione si rinchiude in casa a tirarsi ventitre seghe in un giorno (e dice “wow”, sorridendo e interrompendo l’esposizione) non ha risolto nulla, a meno che non sia certo che quando esce per andare a scopare, le persone interessanti suonino al suo campanello. Ma anche il quel caso, farsi trovare nudo col pisello duro in mano non aiuta all’instaurazione di nuovi rapporti fertili sotto il profilo umano. E poi ride.

Cioè, mi prende pel culo. Ed ha ragione.
Mi dice che sono un drammaturgo anacronistico, mi dice che so addensare tragedia là dove basterebbe la levità di un battito d’ali di farfalla per passare oltre. E’ vero. Mi dice anche che, al contrario, con la levità di un battito d’ali di farfalla supero disinvoltamente questioni che, magari, meriterebbero di essere analizzate con maggior attenzione e impegno. E’ vero.

“Sono un coglione totale, insomma” chiedo attendendomi smentita.
“Ehhh no! Ti piacerebbe essere un coglione totale eh? E invece no, non lo sei, mi spiace se ho fatto naufragare il tuo prossimo dramma” e ride battendo le mani, seduta all’indiana, piegandosi all’indietro.
“Oh Squinzy, massimo rispetto qui”
“Ok Papy, scusami” dice sgranando gli occhi e serrando le labbra.
“Papy lo dici a tua sorella puttana, cazzomerda, va ben drammaturgo, va ben tutto, ma del Berlusca non me lo dai”
“Cazzo” dice tappandosi la bocca con tutte e due le mani “scusa compagno Taziosky, non lo farò più” e sghignazza.
Gira ‘na canna, va là, che è meglio che lasciamo stare, sbarbata.
Bella serata.

Venerdì sera - Ouverture


E’ stato un sollievo arrivare e mischiarmi al mucchietto di amici della Squinzy, che poi c’era anche Fabietto SoundSystem col quale abbiamo chiacchierato di una roba che c’ha in testa e lunedì ci vediamo, perché l’insieme ha fatto meno appuntamento, che era una cosa che mi inquietava anche se non so il perché. Armati di Chardo siamo stati lì fuori, lì davanti, a far chiacchiere serene tutti contro tutti e ho iniziato a rilassarmi per benino, anche perché il mucchietto non ha fatto sì che la Chiara non mi cagasse per niente, anzi. E’ stato un bell’inizio che ha avuto una bella continuazione, perché poi il mucchietto s’è spaccato che il grosso faceva prua verso una festa, che la Chiara mi si è avvicinata e m’ha sussurrato se c’avevo voglia di andarci ed io rilassato e disponibile ho detto che per me qualsiasi cosa andava bene e allora lei m’ha detto che non c’aveva cazzi e da lì il negoziato col grosso del gruppo. E tratta che ti ritratta, in una mezz’ora stavamo seduti ad un trespolo interno a mangiare gamberoni marinati con salsa di senape e curry e chiacchieravamo distesi e sereni che l’ossigeno mi saliva al cervello e mi faceva sentire normale, anche se normale non sono.

Se dicessi che mi ha lasciato indifferente sarei un coglione, ma io accetto di essere coglione per cose serie e per questa mi rifiuto, quindi lo dico: era sexy da matti. Da dove parto? Da sopra. Maglietta blu notte, di quelle che lasciano scoperta una spalla, rimanendo appesa ai capezzoli. Pantaloni di un tessuto che viene dal pianeta Karkzlopzerek, semilucido che all’inizio ti sembra pelle, poi invece vedi che è tessuto, color antracite cangiante, non so che cazzo di roba sia, ma so che le fasciava il culo da applauso a scena aperta. Sandali di pitone slingback, tacco dodici come minimo, plateau, quattro cinghiette strozzate da un nodino, veramente fighissimi, unghie grigio-lilla scurissime.
“Ti piacciono i miei ‘ragnetti’?” mi chiede tendendo il piede.
Ragnetti? Ah già, vero. Quattro cinghiette uguale otto zampette, un nodino uguale un corpicino.
Eri brava in scienze eh? Sempre piaciute, sì. Eh già, perché sono pochi che si ricordano che i ragni non sono insetti e c’hanno otto zampe, mentre gli insetti ne hanno sei. I primi sono artropodi, mentre gli altri, per l’appunto, sono esapodi.

In ogni caso, sì, adoro i tuoi ragnetti e i tuoi piedi nudi.
Ma mi sono limitato a dire solo che sì, che i ragnetti erano veramente fighissimi.
Ma niente commenti sui piedi.
Che poi credo che non ce ne fosse bisogno.
Fino a qualche mese fa andavamo a letto assieme, mica va scordato.
Lei sa.
E già.

Sabato taziale


Bonjour.
E’ il sabato taziale, intriso di sabatività taziale. Pregno di sabatismo tazieo.
Mi sono svegliato tardissimo e sono di ottimo umore.
Sorseggio un caffè solubile e respiro a fondo.
E mi piace scrivere un post sorridente.
Bonjour, bonjour, bonjour.
E’ il bonjour taziale, l’unico, l’originale, il più imitato al mondo.
Bonjour.

venerdì 16 marzo 2012

Chardonnay sotto vuoto

“Pensi che un giorno riusciremo a ricavarci nuovamente degli spazi?” chiedo timidamente all’indaffaratissima Betta senza calze con le ballerine blu.
“Tazio è un periodo di m… lo vedi anche tu. Sono sotterrata qua con le rendicontazioni e ho sulla spalla il polmone che pulsa di mia suocera. Mio marito è preso da cani che col lavoro c’è da pregare dio e i parenti… beh lo sai… se vuoi una cosa fattela, ma non aspettarti che qualcuno ti chieda se hai bisogno di una mano. Che c’ha la sorella “comoda”, lui, che non la si può “disturbare”, guarda meglio che lasciamo perdere. E poi io c’avrei anche un bambino piccolo, comunque, se non disturba eh, ma questo sembra che non gliene freghi un cazzo a nessuno e allora avanti Betty, tira il carro da sola e […]”
E ritengo che sia un articolatissimo “Non rompermi le balle che non è momento di stronzate” e la capisco, la capisco benissimo, ho solo chiesto per farle sapere che mi manca.

Che poi, mi manca  è tutto un dire. Ma che cazzo mi manca, poi, della Betta? La carne? Sì beh, può essere, ma se si vuole ben vedere mi manca al pari di qualsiasi altra carne umana.
Quindi posizioniamo la X rossa anche su di lei. Inutile tenerla nel novero delle pendenze.
Betta chiusa, out of order, temporaneamente sospesa a infinita data da destinarsi.

E allora torno nel mio ufficio con un Roma allungato Prugna e mi siedo, nella quiete della bottega del venerdì pomeriggio che sembra che sia tutto a posto, dato che tutti sono evaporati e che la Betta sta caricando carte per evaporare anche lei che è l’unica che ne ha ben donde.

Mi siedo e penso.
L’operazione vuoto pneumatico comincia a dare i suoi segni evidenti. Quadriglie sospese, fora di ball Costa e la Susy. Manco mi chiama più il Costa. Manco scendo a mangiare di sotto, vado al Centrale. Va bene così. Ade missed in action in Lussemburgo o a Capo Verde, ma tanto non me ne frega un cazzo, può pure essere a Cinisello Balsamo per quanto mi riguarda.
Il fronte frattaglie (Aledellapale, Ines, Giuliana) tace, oramai dimentico dell’esistenza del Tazio.
La Nica vive la saga dei suoi demoni in assoluta indipendenza.

Una bella spazzata.
Mi chiedo pleonasticamente il perché, tanto per rispondermi e rafforzare la mia mission.
Ed il perché è presto detto: meglio un’autarchia drastica che lascia spazio a potenziali germogli di attività cerebrale, che il depositarsi sedimentario di nulla tossico proveniente da persone con le quali ho da spartire solo un orgasmo, come massima espressione della vicendevole dialettica. L’orgasmo lo spartisco con le professioniste, pagandole, evitando il più possibile che quelle sedute tecniche divengano il simulacro di un rapporto umano.
Perché quest’ultima cosa? Perché non potrò mai presentarmi in ordine ad un vero rapporto umano sinchè continuo a filtrare i rapporti umani attraverso gli orgasmi.

Ordine, insomma. E pulizia di fondo.
L’amicizia è amicizia (ossia non esiste nel mio caso) e il lavoro è lavoro, ad esempio. Lunedì striglierò la mandria, a meno che per un miracolo le cose non si siano riallineate coi tempi, rendendo giustificabile un venerdì di libera uscita. Ordine, insomma.

Certo è che l’operazione vuoto pneumatico ha dei costi. In termini di vite umane: cioè la mia. Sto raggiungendo dei livelli di solitudine assolutamente insopportabili. Ho parlato del più e del meno con la Squinzy Chiara stamattina al telefono e quella è stata la prima chiacchierata da giorni.
Non c’è niente da fare, smettere (qualsiasi cosa) è difficilissimo.

Ora rimane una questione da sciogliere: cosa farò stasera. Non che il venerdì sia così essenziale: posso pure rimanermene a casa a guardare i Puffi alla TV polacca, non è quello il punto. Il punto è decidere qual è la linea spartiacque, quella mediana, quella che non vanifica l’operazione vuoto pneumatico, ma non sacrifica nemmeno un’apertura al mondo esterno, senza la quale a nulla serve essere in ordine per nuovi e rinnovati rapporti umani, se ci si blinda in casa a scartavetrarsi di seghe.

Per cui l’idea di farmi offrire uno Chardo dalla Squinzy Chiara ha un suo bel perché, in questo senso.
C’è però da segnare topograficamente il confine: ok Chardo, ok chiacchiere, ma poi stop.
Così com’è stato sabato può essere stasera no? Un bel no grazie e morta lì così. Non è scema, credo abbia registrato questa eventualità nel novero di tutte le eventualità possibili.
Che poi magari sono io da solo che mi faccio il film di Tazio l’irresistibile e lei magari manco c’ha voglia.
Mica tutti sono come me.
No?
No.
Non tutti sono come me.

E Chardo sociale sia.

E' sempre brava?


Ore dieci e sedici minuti primi, suona il parlàfono, è la Squinzy Chiara.
Toni normali, chiacchiere periferiche, mi chiede info su una persona, chiedendomi se la conosco, ma purtroppo io non la conosco. Che tempo fa lì? Come qui, beh dai non lamentiamoci, no, no, scherzi.
Poi mi dice che si è rotta le balle e che a pomeriggio prende il treno e torna e dico che fa bene, che quella città è tossica e guasta le persone e lei ride e dice che lo sa, lo sa, lo sa, lo sa come la penso. Si sorride, si parlicchia e trovo che sia sempre brava, perché non avverto nessuna tensione-trappola, nessuna protrusione, nessun funambolismo.

Poi, sempre a parità di tono, mi chiede che programmi ho e io, sapientemente, rispondo che non so, pur sapendo benissimo che come programma avrò quello di farmi fagocitare dall’orrore del ven-sab-dom.
E allora lei butta lì, lasciandomi aperte almeno settecentosette vie di fuga.
Se passo, ribadendo il se, davanti al wine bar, dovrei buttare dentro un occhio (che immagine cruenta) perché lei con tutta probabilità sarà lì e, sempre se, mi andrà di farmi offrire uno Chardo, lei me lo offrirebbe volentieri.

Mi chiedo se è sempre brava.
Sì, perché girala e voltala è un non-appuntamento, alla fine.
E’ un “dai, facciamo finta che per caso di rivediamo” alla fine.
E’ un “Tazio dai, ti ho tenuto la fronte mentre vomitavi, vieni a far due chiacchiere con me che mica mordo”.
Forse è ancora brava.
Forse no.

Sono stato vago come una falena, voglio prendermi del tempo.
Vorrei capire meglio se è ancora brava.

Tunnel


Bonjour. È venerdì.
La Betta veste una giacca di fustagno color biscotto, con sotto una sciarpa viola, lilla e blu.
Ha i jeans scoloriti e ai piedi ballerine blu a pianta larga, senza calze.
Gestisco il turbamento, chiedendole della suocera.
Siede incrociando i piedi, puntandoli sul pavimento.
La posizione fa fare capolino al nudo arco plantare.
Ho un principio di timida erezione che mi disturba profondamente.
Credo di aver imboccato il tunnel della follia, con biglietto di sola andata.
Vorrei riempirle le ballerine di sperma, fargliele indossare, poi togliergliele e leccarle i piedi.
Mi concentro sulla suocera, riesco a gestire.
Poi, al termine della conversazione condotta con tutta l’educazione e i modi richiesti, vado in bagno.
Mi masturbo con violenza, ripetendomi che è solo stimolo elettrico.
Non mi dà pace.
Non mi dà soddisfazione.
Non diminuisce la mia eccitazione selvaggia.
E’ venerdì.
Ho voglia di fottere.
Non voglio fottere.
Sì, è il tunnel.