Pagine

sabato 20 ottobre 2012

Le delizie di Madame Butterfly

Di lei ne parlai nella nebbia del blog, fu uno dei miei primissimi post. Lei è la sinistra tenutaria, o proprietaria, chi lo sa, di un Gran Salone di massaggi orientali nascosto in un anfratto sordido del capoluogo di provincia taziale. Lei è Ifan, o come diavolo si scrive, vietnamita, magra ultra quarantenne dagli occhi a mandorla e dal sorriso stampato. Lei è la tenutaria, lei gestisce il Gran Salone che ha anche una Soap Room, dove anziani maiali si fanno insaponare la cappella e i coglioni da giovanette nude dall'aria alienata. Lei è la colonnella che impartisce secchi ordini al suo gineceo, in una lingua che mi ricorda continuamente il "Mau!, mau!" de Il cacciatore. Lei è la manager dell'ingente flusso di asciugamani bianchi che vengono dispensati in ordinate pile di cinque a ciascun porco che si infila in quel budello di merda dalle luci fredde.
Lei ha dei piedi stupendi, perchè quando le asiatiche hanno dei bei piedi, ce li hanno belli davvero.

Mi riconosce, sorride, mi fa accomodare, parliamo in inglese perchè conosce solo le parole italiane strettamente necessarie a governare il business e così le comunico di essere lì perchè ho delle esigenze particolari e lei mi ascolta, con gli occhietti paralizzati e la bocca sulla quale tramonta il sorriso clichè e odo un registratore di cassa che incomincia a battere le tariffe fisse che scattano alla pronunzia della parola "particolari" e, quando mi sente dire che voglio lei, si indica il petto con l'indice e i muscoli della fronte si sollevano e schiocca una risatina umana, chiedendomi perchè proprio lei, 'cause your feet drive me crazy Ifan, I'm a feet fetishist, come se il problema fosse la giustificazione, che nella sua testa frulla vorticosamente quanto farmi pagare questo sfizio, perchè il rate deve essere più alto, ma non così alto da farmi dire no grazie è troppo ed allora mi chiede cosa voglio fare esattamente, se voglio un lavoretto coi piedi e basta, oppure cosa ed io le comunico che voglio il più completo dei servizi totali e lei dice ok, vai nello stanzino lì, ma io la fermo e dico alt, ma quanto mi costa e lei spara la cifra quasi pudica, guardando in basso e io sento la minchia che si scappella e dico ok, che mi eccita il mercantilismo pre.

Nell'ora in cui il mondo abbandona il lavoro e si getta a fiumi verso il desco familiare, io conto le vertebre che spuntano sulla pelle candida della schiena curva di una vietnamita agée, appallotolata tra le mie gambe aperte, che mi succhia la cappella con una delicatezza estasiante. Bianca. Quasi trasparente. La bocca rovente. Lecca, succhia appena, accarezza lieve, il suo solo respiro sulla cappella bagnata di saliva mi fa godere. Capelli neri, grossi, ruvidi di lacca. La accarezzo. Molle. Piacevole.
Dopo avermelo tirato duro di ceramica, mi lascia a gambe aperte e me lo spalma di quel gel che stava sulla pila di asciugamani quand'è entrata. E poi si siede e comincia a lavorarmelo con quei piedini da estasi ed io godo nell'osservare sulla pianta quell'orma gialla, quelle spellature, quei piccoli calli e le unghie, perfette e l'alluce che vorrei nel culo e che, in seguito, avrò senza doverlo chiedere.

Le guardo la fica, pelosa, nera e rada, con il vello di peli dritti, pettinati, che compongono una figura che mi ricorda le foglie sottili di una pianta di cui ignoro il nome, ma che cresce al caldo. E poi i bargigli, grossi, scuri, asimmetrici, che si schiudono appena, carnosi, rugosi, incorniciati dalla peluria che corre giù sul perineo, sino all'ano che, per la posizione, sporge estroflesso e polposo. La pancia asciutta, ricoperta di balze bianchissime e sottili, punteggiate da nei scuri e poi su, le mammellette sgonfie, ma perfettamente rotonde di sotto, sulle quali sono stampati due bottoni scurissimi dai quali escono capezzoli grossi, lunghi, rugosi, duri come piccoli cazzi.

Ed interrompo la sega coi piedi per mandarla di schiena sollevandole le gambe con una presa decisa nell'incavo del ginocchio. La ripiego, la impacchetto, la spalanco. La fica si schiude, rivelando l'entrata buia della caverna, entrata sbarrata da un sottile filo di bava trasparente, un principio di tela di ragno e io osservo, studio, imparo, godo di quell'ano carnoso ed estroflesso, composto da tre sfere disuguali scurissime e lo assaggio, scoprendo che Butterfly prova piacere, seppur composto, seppur espresso da una piega del volto che assomiglia ad un pianto e lecco e annuso i suoi odori forti, sporchi, che mi piacciono, che mi fanno scattare la molla animale e succhio e lecco vorace la fica pelosa, scopo con la lingua dura quei buchi assaggiandoli dal di dentro, godendo di quel gusto dolciastro e amaro, paradisiaco.

Vengo vestito di gomma blu ripugnante e le entro dentro con forza. Sensazione midollare di bollore avvolgente, ficco a fondo, voglio toccare in fondo che mi fa impazzire e tocco e lei geme, piccoli dolori, coscie nude che mi accarezzano, pelle sottile e carne tremula, le alzo un braccio e le annuso l'ascella che non mi delude, lecco e ficco con forza, con la voglia di sbatterla e lei respira forte, gli occhi chiusi, quasi come una tartaruga che si richiude nel guscio, la sbatto, ansimando, sudando, guardando il suo corpo sublime tremare sotto i miei colpi, odore di sesso, di genitali, di sporco adulto, sbatto, sbatto, sbatto e lei reclina la testa all'indietro, la bocca schiusa e io sbatto e poi sollevo le sue gambe e le appoggio alle mie spalle, sbattendo, leccando il gel edibile tra quelle dita dei piedi che adoro e poi mi balza un'idea e le dico di mettersi le infradito e lei esegue e la metto seduta, nuda, con le infradito ai piedi, le faccio appoggiare i piedini uniti al bordo del lettino e sguaino la spada dall'orrido fodero bluastra e comincio a menarmelo, guardandoli, guardandola, sfregando la cappella su quelle unghie seducenti, graffiandomi il frenulo con la robusta unghia dell'alluce, godendo dei movimenti che compie nel tentativo di coadiuvare la mia folle corsa allo schizzo, che arriva, che sento nascere dal profondo e percorrermi la verga lentamente, in contrasto col segare compulsivo e violento, lento, folle, lento e schizzo in un tremito convulso, irrorandole di sperma piedi e infradito, sotto i suoi occhietti spalancati e la bocca aperta.

E' venerdì sera e fuori il mondo corre a casa a consumare la cena dell'agognato week end che sembrava non arrivasse mai. Macchine e rombi, fari e notte ed io osservo Butterfly che si pulisce i piedi del mio seme, curva e delicata, tenera, quasi trasparente, diversa e attraente, magnetica e sinistrae mi viene da andare ad abbracciarla.
Niente poteva spiazzarla di più. Niente. Culturalmente lontana dal gesto, forse. Chissà.
Però dopo un po', la rigidità iniziale è andata perdendosi e le sue braccia si sono avvolte al mio torace e siamo rimasti lì così, come due gatti di sale, per un po'.

Che mi importa se è vietnamita, io gliela dedico lo stesso.


venerdì 19 ottobre 2012

Asia

Bonjour, è venerdì ed io non ho voglia di fare una mazza. Avrei voglia, tanta voglia, che qualcuno si facesse la mia mazza che è da domenica che il mio Pirellone non si insinua tra tenere pliche umide e calde, schizzando gioioso pulcherrime gocce di caldo e vischioso succo d'amore.

Stamane, guardando dalla finestra della mia merdosa cucina, ho intercettato, con le mie fosche pupille, un'asiatichina in mutande che si aggirava febbrile per la sua merdosa cucina. Orbene, seppur nella certezza che tale visione non avrebbe mosso sentimento alcuno in nessun altro esemplare di maschio al mio posto e dicocciò per una serie di semplici ragioni che vanno dalla mutanda che era proprio una mutanda mutanda, spingendosi sino al culo che, come di consueto, non è mai il cavallo di battaglia di un'asiatica, proseguendo poi lungo il tema del cavallo che, ahilei, la giovine ce l'ha basso, ma pur tuttavia, tale visione congiunta alla considerazione che, d'accordo i difetti, ma sotto quel sottile tessuto bianco son celati pur sempre i sacri fori odorosi del piacere, il Pirellone mi si è intostato di brutto, con piglio insolente, richiamandomi severo all'esigenza di una sega immediata, che è segno che siamo al limite della tenuta, siamo fuori dai parametri di Maastricht, siamo non conformi a Basilea 2, siamo non congrui agli studi di settore e quindi bisogna intervenire subito, per cui oggi, assolutamente ed inderogabilmente, devo andare a troie.

Voi mi direte, cari amisgi che numerossi mi seguite da cassa, ma perchè invece di andare a troie non chiami la Fulvia, oppure la Mietta, oppure ti impegni quel tanto e chiami la Malika, poverina, che c'ha pure del bisogno forse, oppure rolli la rubrica e chiami quella laida depravata dimmerda della SquawMarina, oppure dai un appuntamento alla Siusy che con lei basta la parola, perchè Tazio?, perchè con tutta 'sta roba in frigo vai a fare ancora la spesa?

Vi ringrazio della domanda, mi date l'occasione di affrontare un argomento a me assai caro: la pigrizia. Coltivo la pigrizia con soddisfazione, perchè la pigrizia mi fa acuire l'intuito, mi fa trovare le soluzioni al minor sforzo e l'andare a puttane è una soluzione eccellente: guidi, vedi, chiedi, carichi, fai e scarichi. Talvolta, nelle situazioni più fortunate non devi nemmeno caricare e scaricare, perchè la monta si tiene nella vettura, magari lasciata accesa perchè non ha senso spegnerla per poi doverla riaccendere.

Per cui sì Fulvia, Mietta, Malika, Squaw, Siusy, ma attenzione, che alcune sono già lavorate ed altre in lavorazione. Per cui ecco che il previdente pigro dice: se domani sera sei fuori in lavorazione, stasera prenditi una troia che ti rilassi.

E poi oggi c'ho una voglia d'oriente, bella evidente, qui sul grosso clitoride.
Vi amo.

giovedì 18 ottobre 2012

Se qualcuno coglie un fiore per te

Alle ventitre e quattordici, che stavo zappando il satellite e anche il digitale che non c'era una beata mazza di nulla, un messaggino entra nel culo del mio parlàfono che vibra godurioso come un alce culattona.
Era un messaggino d'oltre manica che recava una sola parola: "Skype?".

Bene, mi dico, due chiacchiere con la mia caccoletta odorosa ci stanno. E così rispondo "Sure!" e mi addresso al Mac. Piripiripiripò e vualà, sono nel soggiornino della casina di Londrina e quella lì con le cuffiette affogate nei ricci è la mia sozzettina che mi dice ciao e mi schiocca un bacio a tre centimetri della telecamera.
Ma che belli il progresso e la tecnologia, però, a pensarci eh. Sì, lo so, sono i vecchi bacucchi che hanno dei momenti di presa di coscienza su queste cose, ma oh, a me m'era venuto. Indosso anche io l'aggeggio e chiacchieriamo, ciascuno rollando la porra per conto suo, ma insomma, sempre meglio che nada de todo.

Fumiamo, chiacchieriamo, ci raccontiamo, ridiamo, sbadigliamo e poi a un tratto mi prende un arrazzo improvviso e una voglia viscerale di sussurrare porcherie immonde alla Skizzetta, la quale dal principio ride, ma poi pian pianino comincia a mormorare "madoooonnnna Taz" che io lo so che quando si va invocando la Vergine, si sta diventando un po' vacche e così persisto, perseguo, incalzo e mi ritrovo con un mattarello che se c'era Giovanni Rana mi assumeva subito mettendomi alla direzione della divisione SfogliaVelo, ma Giovanni non c'era e così , con l'abilità di produttore nota worldwide, trovo l'angolazione perfetta per mostrarlo alla Skizza, la quale non rimane indifferente e comincia a grugnire e snocciolare in maniera assolutamente dettagliata la checklist di cose che avrebbe fatto al mio Pistone se solo avesse potuto e, da lì, il delirio.

Ah la tecnologia!, la tecnologia!, che permette a due umani distanti 1600 chilometri di denudarsi e masturbarsi come due calamari in calore, sbrodolando nelle cuffiette dell'altro i più turpi programmi per la settimana della ricongiunzione, tempestandosi l'un l'altro i neuroni con situazioni complesse, ma non impossibili, dalla sauna porno allo swinger club, dal massaggio Nuru per coppie, all'acquisto di ingenti quantità di giocattoli in un sexy shop dove è ammessa la nudità ed il sesso tra gli scaffali, a gloryhole e peep show e avanti, avanti, avanti, sino a che la tensione era tale che animalescamente sono cominciati a fioccare i primi piani e i dettagli, gli insulti, il turpiloquio e la bestemmia e poi, dai cazzomerda che vengo troia, maiale schifoso schizzo frocio di merda, troia bastarda ti farei cagare l'anima a colpi di cazzo nel culo e, serenamente, avvolti dall'ammore e dalla tenera passione, veniamo come due armadilli ipertesi.

E poi rimaniamo lì, col fiatone, nudi con le cuffiette in testa e questo quadro mi evoca un po' di surreale tristezza.

"Sai che la tipa qua" e fa segno verso la casa della cavallona a cui darei una botta "deve averci il Sybian?" mi dice con la faccina lurida.
"E tu come fai a saperlo?"
"Perchè oggi sono rientrata alle sei che sono uscita prima e dalle scale sentivo come un motoscafo, un rombo sordo insomma e poi a un certo punto ho cominciato a sentire che veniva, che sembrava che la stessero sgozzando"
e sorride marcia.
"Un vibratore non fa tutto quel casino, è un Sybian" aggiunge facendo di no con la testa, sempre sorridendo lurida.
"Potreste diventare amiche" le dico con un video porno genere lez mature/younger che mi si confeziona nella mente.
Si avvicina allo schermo, seria.
"SEI UN PORCO!!" e poi click, chiude Skype.

Al che, pur compiacendomi della sua instabilità mentale, la richiamo. Piripiripiripò e piripiripiripò e piripiripiripò e piripiripiripò e stavo per prendere il telefono e scarnificarla quando la connessione si apre e mi trovo in primo piano il sacro culo nudo della Skiz, con i suoi sacri buchi in evidenza e, sorpresa delle sorprese, nel sacro buco del culo vi era infilata una penna biro che termina con un fiore di plastica e una vocina bambina minkia in cuffia mi dice "Ero andata a cogliere un fiore per te amore porco".

E' una squilibrata, è evidente. D'altra parte se non lo fosse non potrebbe stare con me e io con lei.
Io adoro il suo squilibrio e non potrei più vivere senza.
Massimo il 27 sono su, mi manca troppo.

Ha colto un fiore per me, che cara.
Quando si è romantici come noi è un attimo.

La cena delle merde

"Che fine ha fatto la Nica?" mi chiede il Ruggi arpionando a ripetizione la lattuga nella terrina di vetro dozzinale della Solita.
"Più vista e più sentita" rispondo a bocca piena.
"Bella figa" sentenzia tagliando un pezzo di costata.
"Decisamente" rispondo.
Poi, dopo un po', non resisto alla tentazione.
"Ma tu te la sei chiavata?"
Alza gli occhi, mi guarda dritto e mi dice "Certo che me la sono chiavata. Tu ti chiavavi la Ade…"
E' giusto, inutile nasconderci. Ci tocchiamo gli ani andando a baldracche e poi ci mentiamo sull'evidenza?
"Beh, mi sono chiavato anche tua sorella se è per quello" rispondo riportando il risultato due a uno.
"Non abbastanza, evidentemente" mi risponde cupo, senza fare una pens, riferendosi all'indole fastidiosa della Personaggia.
"Rotture di cazzo?" chiedo telegrafico.
"Sempre peggio. Anzi, Taz, se ti andasse di ricominciare a chiavartela te ne sarei grato, che la ornitocarenza là sta facendo dei danni micidiali."
Ornitocarenza, mi piace il Ruggi, ogni tanto.
"Ti manca la Ade?" chiedo dopo un po'.
Respira a fondo, guardando a destra, la bocca piegata all'ingiù, poi risponde secco: "E' compolessa la cosa" e inforna una forchettata di insalata.
"Il rammarico è di aver sbagliato tutto, di non aver gestito il rapporto in modo che lei diventasse migliore, non so se mi spiego. Ma la Ade degli ultimi anni non mi manca, no."
Triste considerazione la sua. A volte sarebbe meglio che chi se ne va ti mancasse. A quel modo il passato avrebbe una dignità, ma anche qui la cosa è complessa.
"E la Lidia? L'hai più sentita-barra-trombata?" e lui scoppia in una risata a bocca piena.
"Te l'aveva detto la Ade?"
"Yes"
"No, zero, più vista e sentita."

Faccio una pausa, raccolgo la palla, mi pianto a centro campo, stoppo e tiro il mio terzo goal.
"Le piace violento…" e attendo la reazione del mio avversario, che scoppia in una risata e mi dice che era sicuro che fossi andato a tocciare anche là.
Rimessa in gioco, scarto secco, palla al piede e tiro di nuovo.
"Alla Giulia, invece, piacciono altre cose…" e qui parte Tardelli, Tardelli, Tardelli, gooooooooooooool, campione del mondo, campione del mondo.
Mi guarda senza dire niente, le mani sul tavolo con in mano forchetta e coltello. Espressione azzerata che lentamente effettua un morphing verso la faccia cattiva del Ruggi, che quando fa la faccia cattiva sembra proprio cattivo, perchè il Ruggi E' cattivo quando decide di essere cattivo. E poi sibila.
"Troia bastarda… e a me mi infarciva di no piagnucolando che era sposata e intanto si faceva montare da te… son tutte troie p*****o" e io ghigno, fiero delle mie prodezze.
Verso del rosso a tutti e due e continuiamo a cenare, dopo aver dipinto lo sfacelo e lo sfracello di ogni cosa ad opera nostra.
"Siamo stati dei pezzi di merda, Ruggi." dichiaro. E attendo.
"Eh già" borbotta guardando il pavimento, con espirazione sibilante, la mente attraversata da chissà quali pensieri mostruosi.

E a me rosica un dubbio. Una nota debole. Ho usato la forma "Siamo stati", quasi in via d'assoluzione.
Ma, probabilmente, dovremmo dirci che lo siamo ancora dei pezzi di merda.
Bastardi senza senso.

mercoledì 17 ottobre 2012

La casa e la tenda

Mi ha telefonato la Silvana, la Donnabestia. Mi ha telefonato per sapere come mai non mi si vede più nella Casa e non mi si sente più da tempo.
Ha ragione, sono latitante, evaporato, distante. Imbastisco una frottola sul tanto lavoro e sulle frequenti trasferte a Londra e sbuffo, mi scuso con voce desolata, e completo la panatura di balle con "mi mancate, sapete, mi spiace, ma è un periodaccio". Sono una zoccola. Sì, lo so bene. Ma non avevo cazzi di spiegarle la realtà.
Perché la realtà è che mi sento disturbato.
Da dopo il terremoto ho visto quelle liturgie libertine come una solenne sberla in faccia a chi, a pochi chilometri, ha perso un pezzo di vita.
Loro là nelle tende e noi qui a fare il Decamerone in veste post atomica con venature pre vittoriane, insomma mi stride come un'unghia sulla lavagna.
Non è che si deve diventare atarassici perchè altri hanno avuto una disgrazia, intendiamoci. I terremotati chiavano, mica hanno smesso (del tutto).
Il fatto che mi disturba è la contrapposizione di un costoso superfluo rinunciabile verso l'ineluttabilità di ground zero.
Non so se riesco a spiegarmi e ho il sospetto che, stavolta che sono serio, stiate ridendo di più di quando faccio il coglionazzo.

La resina d'autunno

Bonjourbonjourbonjour.
Questa mattina sono uscito di casa, mi sono fermato dal giornalaio, ho comperato il giornale e poi sono partito per farmi i soliti quattro passi salutari fino alla bottega, bello come solo io so essere, jeans, Clark, giubbotto Chevignon storico, occhiali da sole in testa, foulard nella nuance del viola regalatomi dalla Skizza.
Son lì che impreziosisco la bellezza architettonica e storica di Taziopoli quando, all'improvviso, da una bottega di estetista esce una tizia sui quaranta, biondo cenere con la coda lasca, giubbotto Belstaff color panna, borsone a tracolla, pantalone gessato grigio a sigaretta, foularone di sostegno, camicia bianca col collo alzato, le scarpe in mano, peeptoe 12 tinta panna con la tomaia che scende sino alla suola e, ai piedi, due infradito da estetista fucsia e viola, sapete, di quelle leggerissime usa e getta, smalto scarlatto lucidissimo.
Piedi assai più che discreti con delle belle vene sul collo, dita regolari, alluce arrapante, belli insomma, scopabilissimi. Così come pure lei, abbronzata da isole Lampados, sfiorita quel tanto che la piegheresti in due per annusarle il culo.
Inzomm, una bella figa.

Approccia il gippone Mercedes grigio che ha piantato, come da protocollo, sul marciapiedi davanti alla bottega e comincia a caricare scarpe e borsa ed io sopraggiungo recando mazzi di irresistibile charme e le chiedo che tempo faceva a Riccione stamattina e se c'era tanta gente in spiaggia al che lei ride e mi dice "Ho appena fatto la resina" che mi spinge a rivelarle che, per essere un abete, la vedevo parecchio bene e allora ridi, ha--ha--ha, mi faccio spiegare che cazzo è la resina, pur sapendolo alla perfezione, fumi?, sì ma le ho finite, ne ho una se vuoi, ma senti tu non sei l'amica della Federica?, ma Federica chi, la Federica quella che mi sono appena inventato offrendo lo spunto per chiacchierare e chiacchierare e chiacchierare, dai che prendiamo un caffè, ma mica posso venire così, massì, ma dai, ma su, ma giù e, ovviamente, ci viene, piacere Tazio, piacere Fulvia, gran macchina la Fulvia, che io tra Giulia e Fulvia mi aspetto di conoscere presto un'Alfetta che mi faccia tante cose porchette o Porschette, ci sediamo e parto a scavare lieve e subdolo e con l'ìnganno scopro che è single causa divorzio e fa l'architetta, bella topa mi dico guardandole i piedi dondolanti con le bizzarre flipflop, poi la guardo in faccia bene e mi ricorda l'ottimamente scopabile Barbara De Rossi, anche per il dettaglio mammella stile impero.

Devo scappare, devo scappare, ma dove cazzo vuoi scappare con quelle ciabattine bizzarre, mi chiedo, ma poi le chiedo il numero di telefono, giusto in caso sai mai vai mai a sapere che sul "no" di "telefono" mi stava già dettando il prefisso, ecco qua, ti faccio un squillino, ora c'hai anche il mio, senti Fulvia che piacere davvero, piacere mio Tazio, io ti chiamo eh Fulvia?, chiamami sì, anche forse con la "V" e sale a bordo del destriero teutonico indossando l'occhiale da sole e sciogliendo le code ai cavalli e in un rombo di classe, va.

Il quesito è sempre quello: ma la Fulvia, la brogna, ce l'avrà pelosa o lissia?
Per scoprirlo non vi sarà che il metodo classico, millesimato, gran cuvè.
Olé.

martedì 16 ottobre 2012

Milagro de la crissi

E' tempo di crisi. Di grande, grandissima, crisi. Che ci obbliga ad adattarci, a capovolgere i punti di vista, i ruoli, le posizioni.
Ore fa mi ha chiamato la Adedue, la puttana ispanica che allegramente mi chiavavo prima che migrasse nella frizzantissima Bergamo. Mi ha chiamato per dirmi che, adesso, non è più a Bergamo, ma nel capoluogo di provincia taziale e che sta avvisando tutti di questa sopraggiunta novità. Mi ha poi detto che, in qualità di cliente VIP, ho diritto alle tariffe speciali ultraribassate al midollo e avrò anche accesso alla saletta lounge, angolo fumatori, primo drink in omaggio e wi-fi, più tessera longfucker, coi quali punti potrò vincere un pompino con dito nel culo, gratuito, da parte di sua cugina Lourdes che si pronuncia come si scrive in spagnolo, sappiatelo.

Il miracolo Monti si compie, il cambiamento è dentro di noi e le puttane telefonano ai clienti "Hola Tazzzzzzio como estai, estassera come si meso? Te volevo dire che stassera sollamende alle prime cinque chiavate c'è in omagio una bottiglia de Cardenal Mendozzzzzaaaaaa " e questo è ancora niente, il miracolo sarà gaudioso quando le putte si cercheranno clienti nuovi al telefono, scorrendosi l'elenco dalla A alla Z: "Holllaaaa aqui è l'Adele che parla, Adele la puta, parlo col segnor Nevio Ardizzoni? Holllllaaaa segnor Nevio, como le dicevo io soi puta e chiamavvo per fisare un apuntamiento, niente de embegnadivo se intiende, solo una demostracion grattuìta, che se dopo trova gradimiento se puede parlar de tarife, ma la prima esta GOMUNGUE gratiss".

Cambiamenti, rivoluzioni, anche il sesso vacilla, per cui non stupitevi se una sera suonerà il telefono di casa e, dall'altra parte sentirete partire Je t'aime che fa da base al live: "Ciao sono la Manola… sono tutta nuda e calda e te lo voglio far diventare duro… se vuoi avercelo duro con la Manola premi uno, amore, tariffa al minuto…" perchè non è niente, è solo un telefono erotico che fa lo scouting per nuove opportunities.

Appunti sparsi dal lunedì sera

Il vernissage - In attesa del talento sconosciuto
Esiste una differenza basilare tra talento e tecnica. La Tarty ci dà dentro di brutto, produce come una factory di Schifano, a manetta. Tutte opere che non offendono mai l'occhio, equilibrate, ben realizzate, armoniche, ma frutto di esclusiva e precissisima applicazione della tecnica appresa al corso di pittura. Ed è stata fortunata, perchè chi le ha insegnato la tecnica era davvero bravo. Ma ora è giunto il momento di togliersi le mutande e di metterci qualcosa di suo che, se c'è, con tutta quella tecnica può dare risultati sorprendenti. Ma c'è?
In ogni caso, bellissimo. Tre amiche, tutte single, che riempiono le serate di amici e di arte. Mi piace molto 'sta cosa, davvero, davvero.

GipsyQueenMietta - La donna vera
Che figona. Bella, strizzata nei jeans, arrampicata sui tacconi, senza calze, "non le metto mai, nemmeno con la neve", scollatissima, tette, culo, ricci, bocca. Un troione da premio Pecorella, bella, bella, bella. Giriamo la mostra, non s'appiccica mai, ma nemmeno mi perde, vicinissimamente distante, lo apprezzo, guardiamo, commentiamo, poi si stacca e saluta l'Artemisia, poi torna, ti rompi?, nemmeno un po', poi si fanno le dieci, mangiamo un boccone veloce che poi devo andare che domattina alle cinque parto per Roma, ma certo, andiamo.

Una pizza ignorante, come si era detto a suo tempo e mi racconta i suoi cazzi, energica. E mi rendo conto che la Gipsy non ammicca, non sottintende, non allucca (Costa docet), insomma, resta vera e verace, con venature volgarissime, specie quando s'infervora ed allora ecco che il diocantante diventa successivamente diocanta e poi, per comodità, perde pure l'ultima ta, sostituendola con una più versatile e di chiosa che consente un abbinamento ton-sur-ton con lo stupefatto camadò!, che par quasi francese ed invece è modenese, perchè la Gipsy ha sangue di Moooodna.
E la serata scorre senza il fraseggio sottinteso che si snoda dal concetto primario "io avere fica, tu avere cazzo, noi fare ficazzo?", ma scorre morbida, intima, amichevole, diretta e spontanea e, insomma, fermo restando che me la chiaverei di ultrabrutto, il registro della serata è stato estremamente piacevole, rilassante, vorrei quasi dire confortante.
Resta irrisolto il quesito di base: ma la Gipsy, la brogna, ce l'avrà pelosa o lissia?
Che tanto basterebbe chiederglielo che lei me lo direbbe dritta come un fuso, diocantante.
 
Ma senti
Ma scolta, contamo ben di Londra e io conto, spiego, svelo, dichiaro, tutte le carte scoperte, si interessa, chiede e rispondo, c'è stata, ma da turista che è diverso di sicuro, credo di sì, io ci sono andato ad abitare part time direttamente, mi manca forse il turismo, ma anche no.
Poi lancio la spada, adesso tocca a me, ma senti Mietta e se sabato facessimo un'altra pizza ignorante?, ah, ma non vai su?, no, questo sabato no, che fra dieci giorni salgo per una settimana che altrimenti mi sveno, ma allora se sei qui volentieri, non ti prendere impegni eh, ma no, ma se abbiamo appena detto che mangiamo una pizza, eh già, c'hai ragione e la guardo sculare bovina su quei tacconi da troiona che le allungherei una ventina di centimetri di minchia nel buco del culo, ma poi mi ripiglio, mi riumanizzo e vado alla vettura come il signore rinascimentale che sono.
Mietta mi rilassa.
Mi agita terribilmente la minchia, così all'improvviso, ma minchia a parte, tutto il resto è rilassato. 
E ciò è bene.

lunedì 15 ottobre 2012

Prevedibile

Un'amica, a cui tengo molto, conclude una mail assolutamente carina con "adorante ed odorosa".
La Betty indossa una maglia blu con la cernierina tipo ciclista e lascia, ovviamente, la cernierina aperta per far prendere aria ad un rotondeggiante e carnoso Canale di Suez di assoluto rispetto.
La Siusytroia, giù al Vomit Paradise, non c'era quando sono andato a prendere il caffè. E' arrivata mentre sfogliavo il Carlino e, sotto i miei occhi, là, nell'angolino dei paria dove sosto abitualmente, l'angolino vicino alla porta del ripostiglio, si è tolta le Allstar per indossare le ciabattazze da barista, indugiando a piedi nudi sul lurido pavimento.

Sono prevedibile, sono un libro aperto.
Tutte queste femmine, verso le quali mi scuso anzitempo per il grossolano accomunamento con la Siusytroia, sanno.
Siusytroia compresa. Sanno che Tazio è come un interruttore a sfioramento, tu lo sfiori e lui accende. Accende la pelle del cazzo che scivola all'indietro, scoprendo la cappella. Perchè così è andata in tutte e tre i distanti episodi.

Essere prevedibile non mi turba nemmeno un po'.
E' fonte di gioia e spunto per soavi seghe solitarie, per cui non ho nulla di cui lamentarmi. Mi piace essere prevedibile, perchè le donne sono come le fiere, annusano l'odore del sangue, magari nel mio caso l'odore dello sperma e non sanno trattenersi e fanno cosine che sanno che avranno un effetto sul porco ruspante, perchè alla fine, siamo tutti un po' prevedibili e questo è molto tenero e piacevole.

La GipsyMiettaQueen mi ha testé telefonato. Un bel pensiero, credo, quello di invitarmi questa sera al vernissage della Tarty, la TartarugaDelleGalapagos, che inaugura una mostra di pittura sua e di tre sue amiche in una galleria del capoluogo di provincia taziale.
Ci andrò con entusiasmo, perché sono convinto che Mietta necessiti di studiare il mio grado di prevedibilità, per poi trarne assoluto sollazzo, persino cattivo talvolta, persino crudele. Ed io ne godrò infinitamente, poichè sarò soddisfatto di riscontrare che la mia prevedibilità ha originato prevedibili stuzzichii.

E' lunedì, sono acciaccato da una dormita mal riuscita, piove, fa freddo e ho una voglia di chiavare che mi spacco.
E' il lunedì autunno taziale, con tutte le sue features.
Ed anche questo era prevedibile.

Life, sometimes, is a pool. Sometimes is a puddle.


Rest in peace


A me gli occhi


Il mercato, la compagna e la casa caldina

Che posto pazzesco.
Ci siamo infilati in quel mercato che ti ubriaca per folla, colori, suoni e odori. Meraviglioso. E' un borough giovane, ma non anagraficamente, perché lì in mezzo c'erano tutte le età, ma per la vitalità che nasce dal nulla. Stupendo. Certo che bisogna stare attenti eh, perché in quel marasma è un attimo che ne esci con un piercing al pisello e un tatuaggio con degli ideogrammi che dicono "sono un coglione".

"Ti piacerebbe che mi facessi il piercing al pisello Skiz?"
"Te lo strappo con queste mani"
e me le mostra, perché il concetto sia inequivocabile.

Camminiamo, comperiamo. Figuratevi quella lì, patita degli anni settanta, là in mezzo. Anche perché poi la roba da vestire costa un cazzo. Poi, però, ti trovi davanti ad un grammofono, palesemente cinese, palesemente un'imitazione del glorioso Voce del Padrone, che a fronte del valore di una sterlina viene venduto a 189.99. 
E' la legge del mercato. Di quel mercato.
Mangiamo cinese, ottimo cinese, a un banco ambulante con una orientalina figa, ma figa figa, che ci serve con un sorrisone. Bello mischiarsi, bello non capire un cazzo di quello che dicono, a volte. Che minestrone di razze, lavori, facce, turisti, voci, lingue e accenti, macchine che scattano, vapori, luci, musiche, che in dieci metri passi dall'indie rock, al metallazzo, al fusion. Bello, cazzo, proprio bello.

"Ti sei messa le mutande?"
"No, dovevo?"
"No"

Gonnona che non saprei manco descrivervela, hippie come poche, clogs coi calzini a righe orizzontali colorate, eskimo e pashmine e borsone, ma mi sembri una di quelle compagne che facevano il segno della figa a tutti e lei ride, ride, ma come il segno della figa? e devo spiegargliela, perché lei è nata vent'anni dopo, ragazzuoli. Già. 
E che freddo cazzo. Di notte si va a due gradi e di giorno non abbiamo mai passato i dieci. Un freddo da bisce. La casa, fortunatamente, è calda e dentro si sta benissimo.

"Non ti si gela la fica là sotto?" chiedo soffiandomi le mani.
"Un pochino"
mi risponde prima di affondare le fauci in un coso che sembra un donut, ma un donut molto aggressivo, molto rock.
"Sei sicura che fosse commestibile e non ornamentale?" chiedo mentre mastica a piene mascelle come un criceto e mi fa gnègnègnè.
Bello, bellissimo.
E che culo, anche. Uno dice Londra, piove, bagnato e invece un cazzo. C'era il sole. Coperto a tratti, ma prevalentemente sole.

Che bel fine settimana. Davvero. Ve lo dico, per la prima volta ho sentito di non avere cazzi di far su gli stracci e di tornare. Anche perché avere una casa non è come stare in albergo. Sei sul tuo, ti fai le cose, dormi, ti svacchi, chiavi e ti incannelli e mangi quando ti gira. Avere una casa ti fa sprofondare nel tessuto urbano, good morning ms alla cavallona che ci abita di fianco, che le darei anche una bottarella, ma è diverso, diversissimo, il quartiere è turistico per il mercato, ma noi abitiamo a un chilometro di distanza e qui ci sono solo londinesi e brutte macchinette e tizi che girano col cane e l'aria è dismessa, rilassata, sonnacchiosa e piacevolissima.

La Chiara è felice, la vedo, la sento. Lei si trova bene qui, lo avverto. Avverto che non sogna di tornare indietro, no. D'altra parte, l'offerta umana, sociale e lavorativa dell'Italia è veramente deprimente.
Il 29 è il suo compleanno. Venticinque anni. Minchia. Quasi quasi mi organizzo un po' i miei casini e vengo quassù per una settimanina, così festeggiamo il compleanno in qualche orgy club estremo.
Minchia che nostalgia, sono proprio una figa.
Vabbè, adesso provo a dormire.
A dumansgi.