Bon jour, bon jour, bon
jour.
E’ sabato, è passata la settimana della malattia, sono debole, ma
complessivamente felice.
La serata di ieri è stata perfetta, mantenuta entro limiti consoni con
il mio processo di acquisizione di nuova consapevolezza, senza sacrificio di
sudiciume morale. E’ un avanzamento di rilevante successo.
Osservo il Miramonti dalla finestra della mia cucina e lo vedo a
livelli di decadenza impressionanti.
Là, dove l’ottimo Cazzulati ha trascorso gli ultimi momenti della sua
vita, pare non esservi nuova vita.
Lì, dove nude carni mature si esibivano quotidianamente al fine di esortare
le mie giovani e sublimi carni ad esibirsi, non c’è che una tenda che cela.
Accanto a me non c’è più la signora che ferrava i cavalli in cucina, me
lo ha detto la sensualissima ed irresistibile Lucia Perrone. E’ andata ad
abitare con la figlia a Faenza.
A casa del Pestalozzi trafila l’acqua da una tubatura dal piano di
sopra e pare non si trovi nessuno dell’amministrazione di questa stalla sociale
per venire ad effettuare il lavoro di manutenzione.
Il Pestalozzi, costituendo l’eccezione che conferma la regola di
Scilvio che pervede che l’Italia sia costituita da benestanti, non c’ha una
palanca per effettuarsi i lavori da solo. Però non è che si può lasciare lì,
perché va marcio il mondo e poi, secondo me, è tanto meglio verificare che
cazzo c’è dentro a quel muro.
In settimana ci mando Max, facendogli dire che è della ditta che fa
manutenzione allo stabile, così non urto la sua sensibilità e non mortifico la
sua dignità, ma risolviamo ‘sto problema.