Ecco qui la sintesi dell'esperienza. Millesettecentosettanta chilometri a ridosso dei confini della Mauritania, del Mali, costeggiando il il Ghambia orientale, spingendomi a sud sino ai confini della Guiné-Bissau, risalendo per attraversane i confini del Ghambia, attraversandolo, per uscirne e rientrare in Sénégal, prolungando il tragitto per poi rientrare a Dakar, al Libellule.
Cos'ho visto? Cos'ho vissuto? Tante cose. Sicuramente troppe di inspiegabili.
A Saint Louis il nostro spaccino mi ha offerto ad un prezzaccio-solo-le-prime-dieci-telefonate una Tokarev TT-33 con cento colpi e due caricatori, che ho comperato. Per dire a Ninà fidati, sono un uomo vero e anche per lottare prima di morire, in caso occorresse.
Ho visto serpenti e foreste, deserto, aree umide, ho annusato odori mai annusati, ho dormito dentro a delle stalle, nella merda, nei letti, in un albergo, ho mangiato di tutto, senza chiedere, senza dare parola agli occhi preoccupati dell'africana pentita mia guida, mi è venuta la dissenteria, la febbre altissima, ho dovuto far guidare lei serrando la Tokarev vicina ai coglioni, provando paura, ma anche la voglia che l'evento serio, quello concreto, quello vero, quello definitivo, si verificasse.
E poi, attraversando il Ghambia, mi sono sentito meglio.
Dopo più di un migliaio di chilometri si è intonata al diapason la blue note. Molto meno entusiasmante di quanto mi attendessi, inutile a comporre un incredibile boogie, ma utile a capire una cosa certa e netta: la zavorra va lasciata a terra, poichè fa consumare inutilmente e rallenta.
Bravo Taz, finalmente, dirà qualcuno o qualcuna, ma anche no.
Certo, bravo, bella visione, ma quello che è sorprendente è che ho capito che la zavorra che va lasciata a terra non è quella che viene dal passato, ma quella che ci attendiamo venire dal futuro, credendo che sia salvifica e benefica per noi.
Tra Dioumbel e Thies, oramai a casa a Dakar, ho guardato Ninà che dormiva.
Gratitudine, necessità di sdebitarmi, pulsione di ringraziarla? No, thanks.
Ho deciso che l'avrei riportata dove l'ho presa, rimandola a dormire nel suo letto perchè io non le devo niente.
Semmai è lei che deve qualcosa a me, dato che le ho mostrato il paese del cazzo in cui vive, mantenendola ogni giorno.
Ma lei ha già dato, ed io ho ancora tratti umani, alla fine.
Venderò la Tokarev (insanguinata chissà dove) tramite Maurice e anche la macchina e riprenderò a girare in auto di gruppo, forse me ne andrò, prenderò un aereo verso sud, verso nord, verso est o verso ovest, ma comunque ed in ogni caso senza zavorra prenotata o ansiosa di prenotarsi, perchè il Tazio ha chiuso i portelli ed è al completo.
Per sempre.
Ed è cosa buona e giusta, a questo punto della mia vita.
"me myself and I" questa tua etichetta mi è sempre piaciuta molto, in tutto questo tempo mi si è realmente arpionata alla corteccia cerebrale e spesso non mi rendo neanche conto di pronunciarla mentalmente. Come un tormentone quattrostagioni.
RispondiEliminaMi è sempre piaciuta così tanto perché è dal "me myself and I" che si raggiunge il nirvana del "non me ne frega un cazzo".
Tazio, ricordati di me nel testamento spirituale, voglio tutti i DVD delle tue donnine, per vederle insieme ad un'amica a me cara, che non forse non ammetterò mai a me stesso che sia più di un'amica ma forse meno di quello che desidera lei.
RispondiEliminaGQ
chissà che da questo viaggio
RispondiEliminanon ci ritorni saggio.
ciao, amigo. non dimenticare di aggiornarci, ogni tanto. ché qua, se no, si sta in pensiero. perché noi ti vogliamo bene.
a volte le aspettative nel futuro sono tutto meno che salvifiche, è proprio vero, più speriamo più rischiamo di rimanere delusi, meglio cercare di avere una reale visione delle cose, terra terra.
RispondiEliminache cmq non avremo mai eh, però quantomeno ci si prova.
sempre più riflessivo, taz.
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