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martedì 11 ottobre 2016

Venrdì 7 ottobre [Parte seconda]: L'assedio

“Senti, ma se ci fermassimo a mangiare qualcosa, che a stomaco ignudo ci siamo calati tre americani, che manca solo un francese, un tedesco e un italiano e Berlusconi che la sa l’ultima?”.
Si può fare, mi dice ridendo ‘mbriachella e semi stesa sul sedile nipponico, tant’è che mi fermo in una pizzeria del cazzo dal nome ignoto e ci accoccoliamo ad un tavolino da due dove ci portano tosti due belle birrazze medie che, si sa, ammazzano gli americani.
Mangiamo, ridiamo, mitraglio cazzate come un fedayn di ancestrale memoria e beviamo, beviamo e beviamo che ammazza quanto trangugia questa linguista certificata, senza fare una pence, dritta liscia come un rugbysta al terzo tempo, che mi fa venire in mente la Schiz nelle giornate auguste trascorse a Borgoverde, nei tempi dello sfarzo culeo imperiale che mai più tornerà.
 
Ma quanto ridere Tazio, era una vita che non ridevo così da quasi farmela addosso, che immagine frizzantina che mi strumpallazza la fava randazza rampolla, che con quei jeans l’idea…, ma no Tazio, no, Tazio nonononononono, Lino il gommista ti vulcanizza, radializza, ti rende tubeless, run on flat, ti svalvola e ti sbatte in strada, con o senza battistrada, ti cambia i bulbi oculari in termici e poi ti vende ai cinesi che ci fanno altri centomilamiliardi di chilometri con la pelle del tuo culo arrotolata a una camera d’aria ricavata col tuo intestino tenue. Tazio no.

“Senti, Mia, io adesso la metto lì e poi tu eventualmente la sposti, o la butti, ma a ‘sta cazzo di festa del cazzo dobbiamo proprio veraveramente andarci o possiamo bigiare? Và che te la firmo io la giustifica eh. ” e lei ride con gli occhi natalizi che c’hanno i riflessi dei manga e mi sussurra con un sorriso “Facciamo quello che vuoi tu, per me va benissimo” e allora dillo, Mia, che a te della frase “non indurlo in tentazione amen” non te ne può chiavare di meno, perché se facciamo quello che voglio io andiamo a casa mia e ci spalmiamo sul divindivano a rinverdirgli i fasti dell’impero culeo giovanile di cui sopra, senza garanzia alcuna di contenimento del Taziosaurus Rex che sento grugnire laggiù nella grotta.

“Ti piace la bossanova jazz?” – “Mai ascoltata.” – “E’ arrivato il momento che tu sappia, Mia. Andiamo a casa mia che te la imparo.”
E ride.
E si va.
 
Già.

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