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martedì 30 aprile 2013

Blue note

E allora ieri sera, così all'improvviso, ho sentito il bisogno di rompere quest'isolamento e ho chiamato colui che mai mi sarei sognato di chiamare in altri, ormai lontanissimi, tempi. E lui, che era a Milano ed era appena rientrato in albergo dalla cena, mi ha ascoltato senza fiatare per tutto il tempo che ci ho messo a sintetizzargli (ma neanche tanto) la situazione.
Poi, quando ho finito con il mio solito "ecco", dall'altra parte ho sentito una risatina e un sospiro profondissimo.

"Sai cosa mi ha sempre fatto girare i coglioni Tazio? Che rivendichi il diritto di avere la sindrome di Peter Pan, che sfanculi chiunque te la contesti, ma poi a cose sbollite sei sempre corso da qualcuno a cercare la benedizione, come si fa con un padre. Ma dico, ti rendi conto?"

Il Ruggi non è un fesso. Lo è quando vuole esserlo, quindi ne è cosciente, per cui non lo è affatto. E, infatti, non ha detto una cosa da fesso. Ha detto una verità. Io ho bisogno di conferme, a periodi variabili, quasi dei checkpoint nei quali qualcuno mi aiuti a fare la cernita delle cazzate dalle cose giuste. Una specie di correttore di rotta, possibilmente non della marca cara a Schettino.

"Cosa vuoi che ti dica Tazio? Magari c'hai ragione tu, che cazzo ne so. Magari l'hai infilata tu la cruna dell'ago e l'Africa è la soluzione migliore per tutti i mal di vivere. Stai lì, mangi bene, vivi bene e paghi un cazzo, ti trombi le nere che sono delle fighe scopaiole da paura, ma che cazzo di senso avrebbe pensare ad una soluzione qui. Qui poi, dove la democrazia cristiana è nuovamente al potere. Però non so, c'è qualcosa che mi sfugge, te lo dico con franchezza."

Sfugge a te e sfugge a me, amico mio, cosa credi? Solo che delle due l'una: o a causa di questo dettaglio misterioso, che rappresenta la nota strana, mollo tutto e torno a casa, o cerco di capire se quella nota strana è una blue note, me ne impadronisco e ci faccio sopra un incredibile blues.

"Se torni io e te ci mettiamo in affari Taz. Stavolta ti ci tiro fuori io dalla merda. I soldi non sono un cazzo in mano ai coglioni. Se tu hai soldi in mano ti costruisci il mondo che vuoi, fatto come lo vuoi tu e vedrai che non sarà necessario sacrificare gli amici, potranno avere un loro posto nel tuo mondo e tu diventerai sereno come ti meriti e ti dirò di più, io sono un egoista e siccome non so usarlo il danaro, vorrei che tu costruissi un mondo dove mi posso accomodare anche io."

Incredibile. E commovente. Lui una volta, ere geologiche fa, era questo. Brillante, capace, rapido, intellettualmente non banale, perchè questa arringa è intellettualmente fine, la apprezzo, mi commuove, capisco che la caduta dell'Impero ha fatto uscire dalla crosta di merda il Ruggi di un tempo antico.
Però il tempo passa, non siamo in Sim City, siamo nella nostra cazzo di vita.
Mi ruotano nelle orecchie nomi che, sino a poco tempo fa, mi mettevano un'euforica pelle d'oca: The Mill, Young&Rubicam, Saatchi, TBWA, Leo Burnett, McCANN.
E adesso mi rendo conto che non me ne frega più un cazzo, ho già dato.

Ho i piedi impolverati col segno delle infradito e mentre telefono Nina dorme nel mio letto.
Non so perchè mi sia rimasta appiccicata, ma mi fa piacere. Non glielo chiedo di certo. Forse crede che sia ricco e che la sposerò, ma tra un po' la sveglio e glielo dico, non voglio essere di ostacolo a una prostituta che cerca di sistemarsi, no, mai.

Chiudo col Ruggi che da lui erano le due, dicendogli che gli voglio bene e che rifletterò senz'altro sulle sue parole, perchè è vero.
Poi mi spoglio e raggiungo la schiena di seta nera di Nina, abbracciandola da dietro.
E l'agitatore fa molto Apocalypse now e forse ogni Apocalisse ha il suo agitatore da qualche parte e Nina si sveglia e mi guarda e mi sorride felice.
La tengo stretta e le carezzo il viso e in italiano le chiedo perchè non la amo e perchè non mi ama e lei mi stupisce, dicendomi felice l'unica cosa che sa in italiano "Ti amo Tassiò".

Che bello, Nina è calda, liscia, morbida. Si potrebbe morire dopo quello che ho sentito sul suo corpo. Varrebbe la pena di aver vissuto una vita intera solo l'averla tenuta a dormire sulla mia spalla, con quelle treccine e quel profumo meraviglioso e quel respiro così diverso e così meraviglioso.
Me la porto a Saint-Louis, ho deciso. E lei ci viene senza difficoltà, anzi, è contenta. Non è mai stata a Saint-Louis. E nemmeno io.

"Cerchiamo una blue note, laggiù, Nina" e lei mi guarda con quegli occhioni e il sorriso bambino di chi non capisce, ma non chiede perchè fa lo stesso.
La bellezza salverà il mondo.
Forse è proprio vero.
Forse sì.

2 commenti:

  1. è un'odissea che prima o poi doveva arrivare a questo punto.
    chissà cosa cerchi, e se mai potrai trovare ciò che ti darà pace, taz.
    io te(e me) lo auguro sempre.
    :)

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  2. ah, vedo che non solo il solo a pensarla così.

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