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venerdì 29 maggio 2015

Le serate della pozzanghera

Una si chiama Sara, una si chiama Maya, una viene da qui vicino e una pure, anche se nello specifico lavora a Roma, una l’ho conosciuta e strachiavata il giorno del miatroiamonio e una l’ho appena conosciuta, quella che conosco carnalmente stavolta è vestita da freakettona e non porta il reggiseno sotto la t-shirt, nonostante le mammellone dondolanti e duramente appuntite, quella che ho appena conosciuto è vestita da freakettona e non porta il reggiseno a ragion veduta delle contenute mammellette. Tutti e tre siamo uniti da un comune interesse che si snoda da seduti sul Divindivano, a strafarci di una tonnellata di squisita erba additivata chimicamente portata dalla Sara e fumata dal mio bong estasiante, che ogni tanto subisce una sega mimata dalla Sara stessa che emette anche degli scimmiottati “aaaah” da pornoporca a bocca aperta e sorridente.

“Oh Taz, ma sai che stamattina a pausa caffè mi sono beccata la cazziatona dalla Nadia per essermene andata con te dal matrimonio?”.
Ma non ci posso credere che sia arrivata a tanto e poi quello pazzo sono io eh?
”E Perché?” – chiedo - “Mi fa ‘oh vè madamina, và che sei stata invitata per stare alla festa, non per andare a chiavare  col primo stronzo che capitava’ “ e ride come una matta e ha ragione, lei che non le girano i coglioni.

“Ma è fuori ‘sta tipa” - chiede molle la Maya – “E’ fuori da delirio, da legare, forse anche da sopprimere, anzi da sopprimere assieme a tutti i suoi amici/adepti” – rispondo garbatamente.
“Sì ma io le ho detto” – continua la Sara – “ ‘Oh ma te c’hai idea di che due coglioni mi stavo facendo alla tua cazzo di festa di merda, visto dove mi hai messa a sedere? Ti serviva almeno una figa per far numero a quel tavolo di sfigati come il male eh? ” e cade su un fianco ridendo, mentre io credo che, se questa è la  verità, ciò abbia un tantino incrinato la stupenda amicizia che c’era tra le due.

Le ascelle nude e lisce della Maya, che fanno capolino dal gilet con gli specchietti,  profumano di ormoni selvatici e sudore e ‘sta rossa scarmigliata, pallida, con quel tatuaggio sul polso e i piedi sporchi di scalzitudine, con le unghie lunghe da zingara porca (e sporca), mi arrapa a bestia e fumiamo, fumiamo, che sembra che siano andati a fuoco dei copertoni nella stanza.

“Forse ha bisogno di una bella pacca di cazzo nero duro nel culo” sentenzia con criterio assennato la arredatrice scarmigliata prestata alla Capitale, passandomi il bong da accendere.
“Forse anche due, tutti e due nel culo” ridacchia la Sara di rimando.

Ma tu guarda che bel terzetto che componiamo, così, senza preavvisi e preparazioni.
Le vecchie care cose genuine di un tempo, piene di spontaneità giovanile, che superano e suonano alla porta proprio quando la Lidia c’aveva un noiosissimo “malditestaaaaaaa che non ti dico neanche…” di matura fattura adulta e poi la presenza dell’erbazzone superbo additivato che favorisce la socialità  e che fa perdere anche la timidezza, aiuta ed arreda e, così, mi ritrovo spontaneo ad aver messo il cazzo mezzo barzotto tra i piedi lerci della Maya che si lascia fare rammollita, mentre la Sara si toglie la maglietta (che caldo è caldo eh, ci sono quattordici gradi fuori eh) e trita rapida una pistina di borotalco magico e poi la fa scomparire *puf* in una nasatona da prestigiatrice con le tette nude che mi mette allegria rampazza alla fava rampolla, che si allunga importante tra le piante dei piedi della strafatta Rossa che commenta seria le mie dimensioni con un “minchia...” appena sussurrato e poi tutto comincia, finalmentevogliaddio, a degenerare.

La bocca della Sara parte d’improvviso leccando cazzo e dita dei piedi dell'amica sporca, senza favoristismi, mentre la Rossa collabora scorrendo le dita luride lungo la canna, confidando all’amica “E’ da una vita che non prendo il cazzo” ed io mi sbottono la camicia rimanendo a petto nudo “Mmmmh che bello che sei figone mio”, commenta sempre la Rossa, mentre io mi scompongo giusto per lasciar scivolare pantaloni e mutande sul pavimento di legno antico e vissuto e la Sara mi sega con la sinistra e mi entra con due dita nell buco del culo con la destra e le mammellette della Rossa fanno d’improvviso il loro bel debutto, coi capezzolini piccoli e rosa, duri che sembrano lamponi pallidi e mi slingua bovina, mentre si libera in un guizzo dei pantaloni di stile orientale sotto i quali, ovviamente, non indossa antiestetiche mutande che possano distorcere l’arte del folto triangolo pel di carota, che così bello e compatto si staglia sulla sua pelle candida.

Che bella serata, accidenti.
Il bong si riaccende fumoso mentre la bocca della Sara porta a durezza d’esercizio il Cazzo Maestrale Gonfio nelle Vene di Bolina e la Rossa mi passa il tubo di vetro dedicandosi a succhiarmi i coglioni sino quasi a staccarmeli, come se sapesse che i succhioni dolorosi fatti così mi portano all’estasi e io fumo e passo alla Sara che siede per accendere e io scorro le dita tra le chiappe magre della Rossa, cercandole il buco del culo, mentre lei spompina con compulsione degna di Stravinskij ed è tutta pura armonia coreografica, come nelle migliori performance di Moses Pendleton.

Bella la Rossa di schiena a gambe spalancate, con la Sara che le spalanca senza riguardi la fica bagnata, sputandovi in mezzo rumorosa, lasciando un sottile filo di bava densa che fa da ponte tibetano tra un labbro e l’altro. Ma che bello essere guidato dalla mano della stessa Sara ad imboccare quel nero buco viscido e slabbrato per entrarvi imponente, insolente e prepotente, mentre la Rossa inarca la schiena a occhi chiusi sibilando “cazzo” e l’amica Sara la corregge sorridendole suina, stringendole le guance, facendole aprire la bocca per sputarle dentro, dicendole “porcoddio devi dire troia…”  ed io sollevo le gambe della Rossa sino ad appoggiarmele sulle spalle, estasiato del puzzo intenso dei suoi piedi freak e la Sara si accomoda a sedere sulla sua bocca, rivolta verso di me, cercando la mia lingua, leccando con me quelle dita con le lunghe unghie gialle da zingara sensuale, ondeggiando il bacino per sentire ed apprezzare meglio il lavoro di bocca che l’amica le sta facendo ed io adorerei sentire il tintinnio di una pisciata in quella bocca aperta e leccante, ma a vi sarà un tempo per tutto.

Che tettone la Sara, che meraviglia elongarle i capezzoli con un pizzico mentre lei aspira aria tra i denti bestemmiando laida ad occhi chiusi senza smettere di ondeggiare, stringendo le mani intrecciate dietro al mio collo, gaudente di dolore e piacere, bella come solo una puttana orientale sa essere.
Chiavare fumati, delizia delle delizie, in un triangolo osceno senza limiti, avvolti dall’odore sudato dei nostri corpi, provando posizioni e cambi, dalla Rossa alla Sara, dal culo della Sara alla bocca aspirante e suggente della Rossa, come nei pornazzi di serie D di fattura americana, sborrando sui peli di una e godendo della lingua dell’altra che ripulisce famelica le tracce del mio seme di maschio, il bong che si riaccende, le pistine magiche che si ricompongono e poi scompaiono ad opera delle maghelle simpaticissime e la serata va, felice, serena, molle, mentre la Rossa mi lavora da Maestra di Lingua Anale il buco del culo e la Sara si ingozza di cazzo fino a barrire eleganti rutti e conati di vomito, girandosi con uno scatto improvviso per riprendere la minchia nella fica bollente e poi bong e poi talco e sborra e fica su fica a sfregare assatanate e poi sessantanove lesbo e buchi del culo da esplorare e bong e coca e poi la Caporetto, la fine, la disfatta, la resa, lo svacco, il silenzio, i respiri, corpi abbandonati come coreografici pupazzi irridenti la selvaggia sessualità dianzi consumata.

***
“Cosa fai ‘sto ponte?” mi chiede anestetizzata la Sara.
“Boh, penso che non farò un cazzo, non so” rispondo pensando in un lampo alla Lidia e all’Oki.
“Noi andiamo a sfasciarci a Ibiza di una montagna di roba e di sesso” grugnisce la Rossa tracciando un arco con la mano nell’aria a rappresentare la montagna di roba che si faranno. “Vieni con noi che ci spacchiamo di brutto e chiaviamo tutto il giorno”.

Mah. Il progetto non è da buttare, a dire il vero.
Penso all’inquietante e golosa situazione isolana, ma poi rifletto e torno in me.
Mi parlo da amico e mi ricordo che sono appena tornato a scivolare nella pozzanghera torbida con donne vuote e, quindi, devo uscirne per non buttarmi via ed estinguermi, come dice la Lidia.
Era più o meno così, vero?
E comunque c’è poco da trafficare, se lo dice la Lidia (che ha studiato), sarà vero.
Ma è vero di sicuro, dai.
No?
Ma sì, dai, è vero.
O no?
Boh.
Ma cosa, poi?

11 commenti:

  1. Queste donne vuote (senza nessuna accezione negativa, ben inteso) e sudicie van bene per farsi travolgere nel momento, bagnarvisi dentro dalla testa ai piedi lasciando ogni poro aperto... ma poi farle scorrere via, non di certo farsi travolgere e trasportare dalla corrente.

    Però questo mal di testa della Lidia, propinato lì dall'inizio del post quasi con nonchalance, lascia in testa un piccolo e fastidioso tarlo di dubbio nei confronti della signora, che io mai ho compreso bene.

    Rimango in attesa di sviluppi piacevoli e positivi ;)

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  2. Stavo appunto per chiederti chi fosse Lidia...che colpo da maestro.

    B

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    1. Ciao sorellina.
      Ci sono avariati post su di lei, molto recenti.
      E' quella.

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  3. Tu mi turbi con 'sti racconti Fra' Tazio Da Ficazzone....
    cazzo se mi turbi e sconvolgi il mio pseudo equilibrio di uomo medio(cre) ma solo all'apparenza.

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  4. Mi fai strippare la mente....il cazzo ha bisogno del contatto fisico....
    GQ

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  5. Avevo letto i post recenti, ma volevo sapere meglio ;)

    B

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  6. Bella 'Zio, ma quando torni? Davvero. Ti stiamo aspettando tutti.
    Dai ormai avrai finito di festeggiare la festa della donna. Anche se la vera festa della donna è il 6 Gennaio....
    E' in arrivo la primavera, una mite primavera. Ritorna tra noi.
    Che se vince Trump in America ne vedremo delle belle.
    Ciao GQ

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