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venerdì 16 giugno 2017

Tornano

Maiale inglesi allietano.


Triclinio emiliano nella notte infuocata nel retro della Solita.
Gestione familiare, menu turistico, consumo autistico, vesto pantaloni della tuta senza mutande per dar sfoggio di forma, calzo infradito sensuali, ecco il maschio bisex che vive col suo tempo e con la performàns.
La piccola Troiatea scoscia vogliosa in braccio al Maxmanzo che la palpa ovunque, ma tanto sono assieme e io mi introito ripensando sognante alle grandi tette a campana della maialainglese molto attempata, ma non per questo smorzata, certamente non annacquata, sicuramente alcolizzata, sempre ubriaca, ingorda di cazzo e sborra, troia tritatutto, culo aperto come un garage col telecomando, ah che nostalgia delle belle monte animali notturne nel capanno di Manlio, che corpo quel maschio, Manlio Bagni Marittimi, che vorrei vedere che fossero Bagni Montani, in spiaggia a Zirvia, che bella la breve Vacanza Taziale all’insegna del trash sgocciolante come scolo di marinai busoni, alcool a fiumi, marocco e maria a ruscelli, tanfo di ascelle e piedi sudati nell’angusto anfratto di legno marcio, groppi di corpi viscidi e mugolanti nel buio bollente, che nostalgia, che saudade, quand’ecco che nello scorrere vacuo ed identico delle parole inutili trionfa un concetto, secco, pregno, spiazzante, acuto, degno di pausa riflessiva.

“Oh, ragazua, guardate che comunque tornano i peli, mi spiace”.
“Cioè?” – risponde malauguratamente lo Zack gazzettaro ancora immerso nella Rosa.
“Cioè la passerina rasata non va più, adesso va la pelosa” – sentenzia, malfermo sui suoi neuroni, il Saaaarti.
Sono anziano, non ci sto più dietro.
"Ohè bambolo, ma checcazzo stai dicendo? ‘Va – non va’, non è mica una cravatta la figa, veh!”
“Epure…” – conclude il modenese dall’aria scheggiata come un parabrezza sotto un cavalcavia.

Che meraviglia.
Seduti al caldo torrido di una pseudofrasca notturna, una coppia lercia si struscia come incestuosi cuccioli di pechinese e a me si imbarzottisce la Minchia Randazza e Rampazza, guardando il collo del piede della sozzetta, così intarsiato di vene, così celato (seppur a me molto noto) dalle fetide ‘spadrille’ arancione uovo.

Ma se invece di favellar di fica, mi chiedo pragmaticamente suino, la si andasse tutti a montare da qualche parte, ma magari anche qui, sul tavolino, in mezzo ai bicchieri, aspirandola come una ciotola di patatine rancide condivise in gruppo assieme all’ennesimo Negroni che tanto giova al cor e ai naviganti non intenerisce nulla, tantomeno la Minchia Zampogna?

E invece no, si favella di peli, di porno e di figa, raccogliendo persino un non richiesto "a me fa schifo pelosa" della giovine virgulta di cazzo randello, come se avesse iniziato a rasarsi alle elementari, rimanendo per questo ignara del fatto che la donna viva in mezzo alle gambe è pelosa, talvolta pelosissima, talaltra meno, e che il pelo non fa “schifo”, è pelo, è sesso, è odore è sugna genitale.

E sento l’esigenza intima di richiederle un pompino, ma é assieme al Maxotango e non oserei mai, ma mai mai, sicchè aspetto che La Leggenda Del Manzo Bevitore vada all’appuntamento con la sua rumorosa pisciata, per sussurrarle all’orecchio sceneggiatura, coreografia e pornografia che ho scritto a pugno scorsoio per noi e lei si morde un labbro (boccale), sorridendomi febbricitante di voglie da cloaca mefitica come i suoi luridi piedi deliziosi.

La madam inglese sarà ritornata all’ovile brexit? Nel capanno di Manlio regnerà il silenzio?
E la Tea schifosamente arrapante ammicca in mia direzione, pur essendo nuovamente sulle ginocchia di Maxcalì dalle mille mani che sembra distinguere solo tettine inesistenti e birre medie.

Come se quelle tettine di pietra necessitassero di massaggi rassodanti.
Come se quel Maxetilico necessitasse di fica.
Persino se fuori moda, come l’altro Etiluomo ha saggiamente e coltamente sottolineato.

D’altronde, se non sono i Sarti a saper di tendenze, no?
Dio che cazzo di voglia troia.
Andrò a puttane, pelose o depilate, non importa.
Quel che importa è la salute.

Un Negroni per tutti, please.
Alla Salute.

lunedì 20 febbraio 2017

La felicità ed i suoi cieli


E allora capita e succede e l’uomo che vive col suo tempo e la performàns non deve certo essere schizzinoso, perché la dama è la dama, ed è pur vero che quanto detto può esser valido anche per gli scacchi, ma in questo caso lo scacco l’ho subito io e quindi, ella, dice che or si giuoca a dama, tenendo conto che, sì, gallina nuova fa le uova, ma pur sempre va sottolineato il fatto della broda e la Siusyzozza di broda ne sa qualcosa e, mentre ebbra di bevande insane e sostanze arcane assunte nel localozzo sozzo, si avvinghia come l’edera al corpo mio, per introdurmi nel cavo orale la assai ben nota lingua da bovide, le palpo quelle zinne zingare che non trovano mai casa, poiché la casa dov’è?, che di reggiseni ce ne guardiamo come dalla peste suina, che tanto abbiamo solo una quinta e il reggiseno, si sa, va messo dalla settima in poi.

**

Perizoma ingrigito ficcato nella bernarda opulenta e nella cula rizdora, la cinghiala della bassa si arrotola sul materasso ignudo della futura casa nuziale spoglia, per recuperare quella graziosa pipetta di vetro al cui interno ella stessa ha posto il materiale fissile ed accende la fiamma sotto la bizzarra sferetta aperta, dando un tirone e passandomela, per dedicarsi solerte alla suzione del Cotecone Imperiale di cui, ella stessa in auto, sfregandolo nel tentativo di farne uscire il Genio, mi ha confermato una nostalgia canaglia, di me amico nel bar, che chiunque che la fotte non sbaglia, che se gliela chiede poi tutto lei dà.

E zò.
Quella roba mi monta nella crania come un tram assassino che si proietta nella vetrina numero settantaquattro di centovetrine e il mio Ultracazzo le trapana la fregna sugosa e sguisciosa mentre lei sbrodola gemiti e grugniti e siamo fatti duri come due cardini settecenteschi e le abbranco le ingrassate natiche cellulitiche contemporanee e sbatto come uno sbattipanni kazako, guadagnando una porno logorrea che nemmeno Joe D’Amato e lei anche, magari più sgrammaticata, magari più povera nelle figure retoriche, ma assolutamente in sintonia con la sinfonia per fregna e cazzo in SiFaFaRe diretta dal Maestro Glandazio de Testicolis.

Non so scandire le fasi, è già tanto che scandisca le frasi, ma posso sintetizzare con un eloquente ficaculoficaboccaculoboccaculoculoculosborraboccalecca e sinché iò Buon Dio non è sceso a dire basta che non riusciva a dormire, tanta ne avevo e di più gliene ho data, rendendola felice e sorridente di quello stesso sorriso coglione che dovevo avere io, a botta fresca (e non mi riferisco alla monta).

Bentornato Tazio” muggisce la pezzata bionda in un afflato amoroso.
“Grazie Siusy, ma davvero ti sposi?” – “Sì, sono al settimo cielo!!”

Eco, amisgi che a flotte mi seguitte da cassa, questo è l’amoransgi, questa è la sinceritansgi, che comosione, che feliz navidad.
La vita è bellansgi.

Peccato che io non c’ho capito un cazzo.


sabato 17 settembre 2016

La Traviata

E allora?, ma dai, ma sul serio, è partito per fare la doppia guida col pullman, la gita, la rava e la fava, va a Roma, esticazzi però, che meta arditissima, coi pellegrini, ma che mito di uomo, ma dai!, e torna domenica?, vieni qui allora, che ti aspetto, ma così come sei, che più nuda e sudata che sei, più mi tira la biga con tutti i cavalli da tiro del re e arrivi e sorridi e c’hai la tutina economica, ma sotto le tette increspate e la pelle, la carne da sesso e odori di buono e hai la voglia affamata, ti strusci e mi spoglio e vualà siam belli che pronti a fare la ficca paesana, e mi seghi e mi sorridi mugolando e succhi, ma che bocca che c’hai Antopompinella, se mi piace?, di brutto, se sei brava?, di brutto, ma girati dai, porgimi la cula frociona da porca in calore col segno del mare e mostrami che bucone della ficona pelosa che c’hai, cristo santo è la voragine nera, lascia che ti mangi le salsicce di labbrone da vacca che c’hai, come godi, che bisogno di porcate che c’ho Antolina e tu ridi e mi chiedi ah sì?, sì sì, prendi il cazzo per l’intanto, così, alla pecora sozza, ma sì, ma dai che fa agreste Antominchiella, spingi indietro, madonna che botte che tiri che le chiappe fan ciaf, ma che cula santiddio e tu ridi godendo che è bello da sentire e io sbatto fino in fondo, finché non fai ahi, che è lì che godiamo come marmotte mignotte mannare, ma che cula, ti inculerei, no no, mi fa male, lo so, me l’hai detto e allora monta su, cavalca sta grancippa di cazzo nodoso e tu monti e sbatti la fregna barbuta biondastra sul mio pube implume e alzi le braccia per far su i capelli alla Lady Godiva e sei proprio una bella troia lo sai? Ah sì sono troia? Sei una troia da sesso vigliacco stupenda e cavalchi e sbatti, poi ti pieghi in avanti e mi slingui la bocca e mi sussurri sorridendo sono troia, la tua troia, che pare che con il pronome possessivo non sia peccato, va bene, la mia, la mia vacca, sì, la mia cagna, sì, la mia puttana in calore, sììì, mi tira il carro di brutto, losentosìììì, voglio che mi pisci sul cazzo, sììììì che porco che sei porco, porco, poooorco, voglio sentire che mi coli la piscia sui coglioni, sììììììììììì, maiale, dai sbatti che vengo troia cagna suina, sìììììììììììììììvengo, ancheioooo, rantoli, morsi, bacino scomposto che sfrappola il cazzo nelle viscere sfatte, che bello, che duro, ti tira ancora, lo senti?, se lo sento?, lo so che continua a tirarmi e lo sai anche tu, maiala di merda, e ridi sozza e traviata, finalmente, sei drogata di cazzo supremo, niente sarà mai più la stessa cosa, vieni nella doccia che ti richiavo e giù, in piedi, la gamba sul ferro e poi pecora e poi cavallo, dai mignotta pisciami sul cazzo chiavando, non ci riesco, prova puttana, che porco schifoso e fai sgusciare la minchia sollevandoti un po’ e fai partire schizzetti gentili e timidi e poi, nel silenzio sovrano della porcata iniziatica, il getto ritorto che sibila e inonda e guardi a bocca pendula la barba pelosa che ti si inzuppa oscena di piscia dorata e odorosa e poi smetti e ti rinfili la mazza e sbatti da cagna, scapigliata e morbosa, sinuosa, ammorbata, traviata e mi dici maiale, porco, pervertito, depravato e pompi come un cilindro V8 e scoppi in una venuta che ti scuote, maiala lurida e lercia, che ti voglio ciucciare le dita dei piedi pisciate e stavolta non sei inodore come una garza chirurgica, che in mezzo alle dita c’è un lontano sentore di Brie e Camembert e non lo temi, mi offri, mentre mi sego leccando da cane e ti schizzo sul pelo grugnendo e venendo e come vengo, cazzomerda, non smetto di venire di dentro e menando sozzone ti punto e ti infilo e ti porto in missione, missionaria dalle tette irte e capezzolute e sbatto e pompo e poi smetto.

***
A letto, inondati di odore di maschio e di femmina sozzi che copulano a cazzo senza fini figliali, ci baciamo sublimi, lenti e mollicci, ammorbati e vogliosi, colposi e eccitati e torni a toccarmi la minchia per renderla dura e lentamente cogli lo scopo, mi rendi pronto alla pugna, traviata, corrotta e ghigni eccitata per la parentesi orinaria, mai fatta, mai, mai, ma pensata, quello sì, che ho visto i porno che lo facevano e non avevo mai capito che fosse così… e ti riempio la bocca di carne e di vene, ti ingiungo di usare la lingua, autoritario e padrone e ti piace, mollemente sdraiata sulla riva del fiume che non torna più indietro e si alimenta di sudore e essudati, ma soprattutto di lacrime acri.


Benvenuta, Traviata.

venerdì 29 maggio 2015

Le serate della pozzanghera

Una si chiama Sara, una si chiama Maya, una viene da qui vicino e una pure, anche se nello specifico lavora a Roma, una l’ho conosciuta e strachiavata il giorno del miatroiamonio e una l’ho appena conosciuta, quella che conosco carnalmente stavolta è vestita da freakettona e non porta il reggiseno sotto la t-shirt, nonostante le mammellone dondolanti e duramente appuntite, quella che ho appena conosciuto è vestita da freakettona e non porta il reggiseno a ragion veduta delle contenute mammellette. Tutti e tre siamo uniti da un comune interesse che si snoda da seduti sul Divindivano, a strafarci di una tonnellata di squisita erba additivata chimicamente portata dalla Sara e fumata dal mio bong estasiante, che ogni tanto subisce una sega mimata dalla Sara stessa che emette anche degli scimmiottati “aaaah” da pornoporca a bocca aperta e sorridente.

“Oh Taz, ma sai che stamattina a pausa caffè mi sono beccata la cazziatona dalla Nadia per essermene andata con te dal matrimonio?”.
Ma non ci posso credere che sia arrivata a tanto e poi quello pazzo sono io eh?
”E Perché?” – chiedo - “Mi fa ‘oh vè madamina, và che sei stata invitata per stare alla festa, non per andare a chiavare  col primo stronzo che capitava’ “ e ride come una matta e ha ragione, lei che non le girano i coglioni.

“Ma è fuori ‘sta tipa” - chiede molle la Maya – “E’ fuori da delirio, da legare, forse anche da sopprimere, anzi da sopprimere assieme a tutti i suoi amici/adepti” – rispondo garbatamente.
“Sì ma io le ho detto” – continua la Sara – “ ‘Oh ma te c’hai idea di che due coglioni mi stavo facendo alla tua cazzo di festa di merda, visto dove mi hai messa a sedere? Ti serviva almeno una figa per far numero a quel tavolo di sfigati come il male eh? ” e cade su un fianco ridendo, mentre io credo che, se questa è la  verità, ciò abbia un tantino incrinato la stupenda amicizia che c’era tra le due.

Le ascelle nude e lisce della Maya, che fanno capolino dal gilet con gli specchietti,  profumano di ormoni selvatici e sudore e ‘sta rossa scarmigliata, pallida, con quel tatuaggio sul polso e i piedi sporchi di scalzitudine, con le unghie lunghe da zingara porca (e sporca), mi arrapa a bestia e fumiamo, fumiamo, che sembra che siano andati a fuoco dei copertoni nella stanza.

“Forse ha bisogno di una bella pacca di cazzo nero duro nel culo” sentenzia con criterio assennato la arredatrice scarmigliata prestata alla Capitale, passandomi il bong da accendere.
“Forse anche due, tutti e due nel culo” ridacchia la Sara di rimando.

Ma tu guarda che bel terzetto che componiamo, così, senza preavvisi e preparazioni.
Le vecchie care cose genuine di un tempo, piene di spontaneità giovanile, che superano e suonano alla porta proprio quando la Lidia c’aveva un noiosissimo “malditestaaaaaaa che non ti dico neanche…” di matura fattura adulta e poi la presenza dell’erbazzone superbo additivato che favorisce la socialità  e che fa perdere anche la timidezza, aiuta ed arreda e, così, mi ritrovo spontaneo ad aver messo il cazzo mezzo barzotto tra i piedi lerci della Maya che si lascia fare rammollita, mentre la Sara si toglie la maglietta (che caldo è caldo eh, ci sono quattordici gradi fuori eh) e trita rapida una pistina di borotalco magico e poi la fa scomparire *puf* in una nasatona da prestigiatrice con le tette nude che mi mette allegria rampazza alla fava rampolla, che si allunga importante tra le piante dei piedi della strafatta Rossa che commenta seria le mie dimensioni con un “minchia...” appena sussurrato e poi tutto comincia, finalmentevogliaddio, a degenerare.

La bocca della Sara parte d’improvviso leccando cazzo e dita dei piedi dell'amica sporca, senza favoristismi, mentre la Rossa collabora scorrendo le dita luride lungo la canna, confidando all’amica “E’ da una vita che non prendo il cazzo” ed io mi sbottono la camicia rimanendo a petto nudo “Mmmmh che bello che sei figone mio”, commenta sempre la Rossa, mentre io mi scompongo giusto per lasciar scivolare pantaloni e mutande sul pavimento di legno antico e vissuto e la Sara mi sega con la sinistra e mi entra con due dita nell buco del culo con la destra e le mammellette della Rossa fanno d’improvviso il loro bel debutto, coi capezzolini piccoli e rosa, duri che sembrano lamponi pallidi e mi slingua bovina, mentre si libera in un guizzo dei pantaloni di stile orientale sotto i quali, ovviamente, non indossa antiestetiche mutande che possano distorcere l’arte del folto triangolo pel di carota, che così bello e compatto si staglia sulla sua pelle candida.

Che bella serata, accidenti.
Il bong si riaccende fumoso mentre la bocca della Sara porta a durezza d’esercizio il Cazzo Maestrale Gonfio nelle Vene di Bolina e la Rossa mi passa il tubo di vetro dedicandosi a succhiarmi i coglioni sino quasi a staccarmeli, come se sapesse che i succhioni dolorosi fatti così mi portano all’estasi e io fumo e passo alla Sara che siede per accendere e io scorro le dita tra le chiappe magre della Rossa, cercandole il buco del culo, mentre lei spompina con compulsione degna di Stravinskij ed è tutta pura armonia coreografica, come nelle migliori performance di Moses Pendleton.

Bella la Rossa di schiena a gambe spalancate, con la Sara che le spalanca senza riguardi la fica bagnata, sputandovi in mezzo rumorosa, lasciando un sottile filo di bava densa che fa da ponte tibetano tra un labbro e l’altro. Ma che bello essere guidato dalla mano della stessa Sara ad imboccare quel nero buco viscido e slabbrato per entrarvi imponente, insolente e prepotente, mentre la Rossa inarca la schiena a occhi chiusi sibilando “cazzo” e l’amica Sara la corregge sorridendole suina, stringendole le guance, facendole aprire la bocca per sputarle dentro, dicendole “porcoddio devi dire troia…”  ed io sollevo le gambe della Rossa sino ad appoggiarmele sulle spalle, estasiato del puzzo intenso dei suoi piedi freak e la Sara si accomoda a sedere sulla sua bocca, rivolta verso di me, cercando la mia lingua, leccando con me quelle dita con le lunghe unghie gialle da zingara sensuale, ondeggiando il bacino per sentire ed apprezzare meglio il lavoro di bocca che l’amica le sta facendo ed io adorerei sentire il tintinnio di una pisciata in quella bocca aperta e leccante, ma a vi sarà un tempo per tutto.

Che tettone la Sara, che meraviglia elongarle i capezzoli con un pizzico mentre lei aspira aria tra i denti bestemmiando laida ad occhi chiusi senza smettere di ondeggiare, stringendo le mani intrecciate dietro al mio collo, gaudente di dolore e piacere, bella come solo una puttana orientale sa essere.
Chiavare fumati, delizia delle delizie, in un triangolo osceno senza limiti, avvolti dall’odore sudato dei nostri corpi, provando posizioni e cambi, dalla Rossa alla Sara, dal culo della Sara alla bocca aspirante e suggente della Rossa, come nei pornazzi di serie D di fattura americana, sborrando sui peli di una e godendo della lingua dell’altra che ripulisce famelica le tracce del mio seme di maschio, il bong che si riaccende, le pistine magiche che si ricompongono e poi scompaiono ad opera delle maghelle simpaticissime e la serata va, felice, serena, molle, mentre la Rossa mi lavora da Maestra di Lingua Anale il buco del culo e la Sara si ingozza di cazzo fino a barrire eleganti rutti e conati di vomito, girandosi con uno scatto improvviso per riprendere la minchia nella fica bollente e poi bong e poi talco e sborra e fica su fica a sfregare assatanate e poi sessantanove lesbo e buchi del culo da esplorare e bong e coca e poi la Caporetto, la fine, la disfatta, la resa, lo svacco, il silenzio, i respiri, corpi abbandonati come coreografici pupazzi irridenti la selvaggia sessualità dianzi consumata.

***
“Cosa fai ‘sto ponte?” mi chiede anestetizzata la Sara.
“Boh, penso che non farò un cazzo, non so” rispondo pensando in un lampo alla Lidia e all’Oki.
“Noi andiamo a sfasciarci a Ibiza di una montagna di roba e di sesso” grugnisce la Rossa tracciando un arco con la mano nell’aria a rappresentare la montagna di roba che si faranno. “Vieni con noi che ci spacchiamo di brutto e chiaviamo tutto il giorno”.

Mah. Il progetto non è da buttare, a dire il vero.
Penso all’inquietante e golosa situazione isolana, ma poi rifletto e torno in me.
Mi parlo da amico e mi ricordo che sono appena tornato a scivolare nella pozzanghera torbida con donne vuote e, quindi, devo uscirne per non buttarmi via ed estinguermi, come dice la Lidia.
Era più o meno così, vero?
E comunque c’è poco da trafficare, se lo dice la Lidia (che ha studiato), sarà vero.
Ma è vero di sicuro, dai.
No?
Ma sì, dai, è vero.
O no?
Boh.
Ma cosa, poi?