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lunedì 20 febbraio 2017

La felicità ed i suoi cieli


E allora capita e succede e l’uomo che vive col suo tempo e la performàns non deve certo essere schizzinoso, perché la dama è la dama, ed è pur vero che quanto detto può esser valido anche per gli scacchi, ma in questo caso lo scacco l’ho subito io e quindi, ella, dice che or si giuoca a dama, tenendo conto che, sì, gallina nuova fa le uova, ma pur sempre va sottolineato il fatto della broda e la Siusyzozza di broda ne sa qualcosa e, mentre ebbra di bevande insane e sostanze arcane assunte nel localozzo sozzo, si avvinghia come l’edera al corpo mio, per introdurmi nel cavo orale la assai ben nota lingua da bovide, le palpo quelle zinne zingare che non trovano mai casa, poiché la casa dov’è?, che di reggiseni ce ne guardiamo come dalla peste suina, che tanto abbiamo solo una quinta e il reggiseno, si sa, va messo dalla settima in poi.

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Perizoma ingrigito ficcato nella bernarda opulenta e nella cula rizdora, la cinghiala della bassa si arrotola sul materasso ignudo della futura casa nuziale spoglia, per recuperare quella graziosa pipetta di vetro al cui interno ella stessa ha posto il materiale fissile ed accende la fiamma sotto la bizzarra sferetta aperta, dando un tirone e passandomela, per dedicarsi solerte alla suzione del Cotecone Imperiale di cui, ella stessa in auto, sfregandolo nel tentativo di farne uscire il Genio, mi ha confermato una nostalgia canaglia, di me amico nel bar, che chiunque che la fotte non sbaglia, che se gliela chiede poi tutto lei dà.

E zò.
Quella roba mi monta nella crania come un tram assassino che si proietta nella vetrina numero settantaquattro di centovetrine e il mio Ultracazzo le trapana la fregna sugosa e sguisciosa mentre lei sbrodola gemiti e grugniti e siamo fatti duri come due cardini settecenteschi e le abbranco le ingrassate natiche cellulitiche contemporanee e sbatto come uno sbattipanni kazako, guadagnando una porno logorrea che nemmeno Joe D’Amato e lei anche, magari più sgrammaticata, magari più povera nelle figure retoriche, ma assolutamente in sintonia con la sinfonia per fregna e cazzo in SiFaFaRe diretta dal Maestro Glandazio de Testicolis.

Non so scandire le fasi, è già tanto che scandisca le frasi, ma posso sintetizzare con un eloquente ficaculoficaboccaculoboccaculoculoculosborraboccalecca e sinché iò Buon Dio non è sceso a dire basta che non riusciva a dormire, tanta ne avevo e di più gliene ho data, rendendola felice e sorridente di quello stesso sorriso coglione che dovevo avere io, a botta fresca (e non mi riferisco alla monta).

Bentornato Tazio” muggisce la pezzata bionda in un afflato amoroso.
“Grazie Siusy, ma davvero ti sposi?” – “Sì, sono al settimo cielo!!”

Eco, amisgi che a flotte mi seguitte da cassa, questo è l’amoransgi, questa è la sinceritansgi, che comosione, che feliz navidad.
La vita è bellansgi.

Peccato che io non c’ho capito un cazzo.


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