Olè, olè, olè e allora eccoti, Maggie delle mie seghe interminabili, eccoti che non mi deludi in questa tarda mattinata bella calda, eccoti vertiginosamente sandalata da minchiaiola scandalosa, unghie bianco perlato, che esci dalla botteghetta e mi vieni incontro con la gonna al ginocchio carta da zucchero e la camicEtta bianca senza maniche sotto la quale si vede il reggiseno bianco importante di lavorazione, eccoti che mi sudi al bar sotto l’ombrellone e mi aloni appena di bagnato sensuale lo scollo sotto l’ascella ed eccoti che mi fai tirare anche il buco del culo al pensiero di leccarti sudata e di annusarti sotto le dita dei piedi.
“Quand’è che passi a Nizza” mi dice poco prima al telefono la MissMilly umorale che io, caparbio come un montone di marmo, ho richiamato. Ma come “Quand’è che passi a Nizza” stracazzo berbero, che va bene che la geografia è giurassica, ma a Nizza bisogna volerci venire perché non ci si passa per niuna ragione al mondo e faccio presente la cosa, così come sottolineo appena seccato che l’ultima volta non è che avessi ricevuto chissà quale incoraggiamento o segno di piacere nel sentirmi e lì mi becco del “Tazio sciocchino” che detto da quella voce sorridente e calda, maialescamente sussurrata, mi fa increspare il perineo come fosse un capezzolo e la cosa mi turba di piacere femminaschio.
E la Maggie intanto? Siede con l’occhiale da sole in Panavision Multisala incastonato nel cranio che mi ricorda Pamela Prati e chiacchiera fittafitta di argomenti di mio nullo interesse per i quali però, come sempre, fingo di provare un’attenzione pressoché accademica e la conversazione si snoda e io posso rimirare quei piedi scaldacazzi dalle belle dita lunghe e le belle unghie e perdermi a immaginare l’aroma sudato che a mio avviso deve essere molto maschio e, parallelamente, a visualizzare in diverse variazioni il suo pube, ora peloso, ora pelosissimo, ora glabro, ora strippato, ora qualsiasi cosa, ma sempre con la mia minchia di sopra, ma vi dirò che non avverto feeling, non sento trasporto, mi tratta proprio da conoscente, non apre, non lascia la mano, non ride, non concede, non.
Passa a Nizza, dice la Sublime Pervertita Patologica.
Ebbè certo, stupido me, come non averci pensato.
Seppur infastidito cerco di carpire informazioni su cosa, come, dove, chi, quando, perché e per come ella staziona colà e la bella Padrona Porca e Depravata sorride morbida e mi lascia intuire solo poche, ma sentite, cosucce del tipo che in quel momento è in spiaggia con addosso un tanga ridottissimo che le contiene a malapena i peli e la mente mi si intasa di monumentali tette e superbe natiche, di nerissima villosa e carnosa fica puzzolente, ma non mi perdo d’animo e resisto, continuando a pressare l’indagine e scopro che sì, è lì a Nizza perché sta con un tizio francese, che lei non si prostituisce più da un bel pochetto, ma che sarebbe anche dispostissima a ricominciare datosi che la vita della mantenuta di ultra lusso la annoia mortalmente (potete bestemmiare liberamente, l’ho fatto anche io al telefono con lei, a raffica) e poi rimembriamo i bei lerci tempi andati, i clisteri di detersivo per i pavimenti, le bevute di piscia collettiva, la sua schiava nera, le mie sodomie a maschioni urlanti condotte come se il culo che stavo sfondando fosse il suo, Divina Dea, che mi affiancava mentre inculavo violento e lurido, spingendomi ad essere preciso nei dettagli e alla fine chiedo se, qualora dovesse succedere (e torno a dire “se”), una mia salita a Nizza, questa sia imprescindibilmente legata alla conoscenza obbligatoria del merlo francese e mi viene risposto con una molle risata pornografica che ovviamente no, che si tratterebbe di qualche giorno trascorso con “libertina discrezione” tra vecchi amici lontano da Nizza a rimembrare meglio i bei sudici tempi andati e la volete sapere una cosa amisgi?, mi ci ha quasi convinto a salire a Nizza al più presto, cazzo di quella merda vigliacca.
E la Maggie intanto?
Ella rotea alienata la caviglia destra, quella della gamba destra che scavalla la sinistra ed in tal senso mi parla di Renzi, di Civati, del jobs act, del Movimento a Cinque Stelle e io mi sento di aver voglia di infilarle il cazzo nell’appiccicoso buco del culo sudato stringendole stretti i fianchi come fosse una fattrice al parto, mentre il mio scroto viene farcito di questi interessantissimi discorsi di politicammerda e mi chiedo se può essere ancora plausibile ritenere di poterla chiavare, questa bella cavallona cougarona, avvertendo una sorta di crisi di nervi data dalla dissociazione progressiva tra il centro dei miei interessi carnali bestiali e la sconfinata prateria di cazzate che mi viene somministrata con tono monocorde, politicamente impegnato e noiosamente dissuadente e allora mi appello allo spirito del Taziosaurus Coitis che dorme in fondo alla caverna degli orrori e decido di capovolgere la situazione portandola sul crinale della rottura, sul pericoloso filo del rasoio dal quale ci si può fare soprattutto un bel taglione netto dei coglioni, ma sinceramente basta, non ne posso più di ascoltar di emorroidi gonfie e così attacco, secco, basso, di tackle, spiazzando, virando, avviando una strambata che manco Cino Ricci le ha mai viste così sapienti e le prendo la mano e le bacio le dita, gelandole sulla lingua il soliluquio dell’insussistenza, ricavandomi lo spazio per mormorarle lentamente e sensualmente, da Grandissimo Laido Figlio di Puttana Bastardo Falso Corrotto e Fariseo (quale solo io so deliziosamente essere) che provo una magnetica attrazione nei suoi confronti e che rimango estasiato ad ascoltarla e a guardarla, che anche se mi leggesse il bugiardino dell’Oki per ore lo troverei attraente e sensuale e tutto diventa diverso, si tinge di rossore e risate, di “ma dai scemo!” a segno di un apprezzamento vivace delle mie parole ed il tono scivola dapprima sullo scherzoso, ma poi io incalzo, rafficando una quantità di immani cazzate che nemmeno me le ricordo e delle quali io stesso mi stupisco di esserne fertile produttore, ma che piantano la bella Femmina lì, con gli occhi sorridenti e brillanti a farsi tormentare le dita dalle mie, divertita, interessata, lusingata di signorili apprezzamenti sul suo corpo e i suoi modi magnetici, e non mollo, cesello, intarsio, tornisco e raffino, smonto scene di sabatiadi passate e le rimonto con un raffinato tocco di regia consumata e finalmente, SI’!, finalmente si flirta! cazzo marcio di quella travona della Barbie frocissima, finalmente usciamo dallo schema e quella caviglia smette di roteare mentre lei mi ascolta sino all’ultima sillaba, ebbra delle bugie che da sempre vuole scolarsi avida e poi, modulando la voce coi toni soavi del filarino, mi dice che la prendo in giro, che non si sente così sexy e bella e attraente e interessante e io mi addresso per il secondo giro, per la ripetizione, per la replica e giuro e spergiuro che PER ME è vero, minacciando di mettermi in ginocchio per essere creduto ed è fatta, fatta, fatta, fatta, finalmente la caldaia non è più in blocco, finalmente il concetto “Tazio Uomo Adulto Single piacere moltamente molto Margherita Donna Adulta Single”, è chiaro, solido, divertente e flirtaiolo e si tramuta con uno schiocco di dita in cena, stasera, ore ventuno, dopo il suo yoga (va a yoga! Mi voglio ammazzare!) e io sarò un dio greco, bellissimo come solo un Uomo stupendo come il Tazio che vive col suo tempo e la performàns sa essere, corteggiante e intelligente, non frettoloso, perché no, non è stasera, noooooo, NOOOOOOOOOOOOOOO AMISGIIIIIIIIII, ma sarà DOMANI sera la sera in cui sferrerò l’attacco mortale liberando il Taziosaurus Trapanis, riportandola a cena di nuovo, ma senza gruppone questo sabato, in una nuova solitaria spericolata che, come da calendario delle convenzioni internazionali, può legalmente sfociare nella ficcagione selvatica passando dal via e ritirando anche la bella ventimila lire che nessuno può ostare nulla.
E a Nizza?
A Nizza c’è la Padrona che m’Attizza, che aspetta che il TazioPornoDimmerda si dia da fare per procurarle l’occasione utile a cornificare con soddisfazione uterina devastante il francese agiato, per umiliarlo con lo sviluppo carbonaro di blasfeme ghiottonerie sessuali depravate coperte dalla cifra di “libertina discrezione” che, in Italia come in Francia, non vuol dire un cazzo se non “vieni su, porcoddio, che ho bisogno sanguinario di megaminchia di grosso calibro e di uno spostato mentale che la sappia usare bene come solo tu sai fare, perchè ho bisogno di fare la sozza come piace a me e anche a te”.
Non male il risvolto di questo disinvolto mattinale, non male, non male.
Si incomincia a giocare con le cose vere, bene, bene, bene.
Grandissimo Tazio, superberrimo.
As always.
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venerdì 8 maggio 2015
lunedì 27 aprile 2015
L'ispettore Salivant
Ma io mi domando, benedettocroce, c’hai l’indirizzo di Piacenza e ancora cincischi con pseudo contatti locali che dovrebbero, in una lontana teoria, fornirti ipotetici numeri cellulari attivi e, quant’è comico, ti bulli d’aver scoperto che Milly la Divina vive a Piacenza che lo sapevo anche io prima di chiederti il favore?
Tralascio la pateticità stanca della serata e l’avanzare di una senescenza inattesa che ha decretato la fine della pizzagione alle ore ventidue e trentatre senza nemmeno un accenno ad ipotetiche culagioni e ficcagioni accessorie.
Ma la faccenda del cellulare, santissimoiddio? E coraggio Renè, fai funzionare la testa, che se l’Italia è unammerda è anche per l’assenza di iniziativa anche nelle questioni più pratiche.
Quindi prima, alle ore nove, affronto le pagine bianche e reperisco il numero di telefono fisso legato all’indirizzo piacentino. Mi risponde un educato signore che mi rende edotto del fatto che Miss Milly non vive più lì dai tempi di Pirro re dell’Epiro e che si è trasferita in una generica Nizza.
Faccio presente di essere della banca e che avrei bisogno di contattare la signora, irrintracciabile al cellulare in mio possesso (di cui, a prova provante della mia sincerità bancaria, scandisco le cifre) per delle firme necessarie e chiedo, con rispettosa educazione, se fosse possibile avere qualche indicazione accessoria per contattarla in tempi rapidi data la delicatezza del momento ed ecco che come d’incanto compare un cellulare francese, attivissimo, lasciatogli dalla Divina Dea dell’Erotismo per eventualità d’ogni tipo.
Sapendo bene che la Divina sarebbe stata messa al corrente in tempo zero che “la banca” era in possesso del suo cellulare, ho provveduto a telefonarle subito, cogliendola ancora assonnata e sortendo un’accoglienza gelidina e sintetica come il Terital.
Chissenechiava.
Se non mi vuole tra i coglioni telefonici blocca il mio numero o cambia il suo.
Difficile che io cambi il mio, per dire.
Nessun problema, nessuno.
Non da parte mia, almeno.
Mavaffanculo, in ogni merdoso caso.
Tralascio la pateticità stanca della serata e l’avanzare di una senescenza inattesa che ha decretato la fine della pizzagione alle ore ventidue e trentatre senza nemmeno un accenno ad ipotetiche culagioni e ficcagioni accessorie.
Ma la faccenda del cellulare, santissimoiddio? E coraggio Renè, fai funzionare la testa, che se l’Italia è unammerda è anche per l’assenza di iniziativa anche nelle questioni più pratiche.
Quindi prima, alle ore nove, affronto le pagine bianche e reperisco il numero di telefono fisso legato all’indirizzo piacentino. Mi risponde un educato signore che mi rende edotto del fatto che Miss Milly non vive più lì dai tempi di Pirro re dell’Epiro e che si è trasferita in una generica Nizza.
Faccio presente di essere della banca e che avrei bisogno di contattare la signora, irrintracciabile al cellulare in mio possesso (di cui, a prova provante della mia sincerità bancaria, scandisco le cifre) per delle firme necessarie e chiedo, con rispettosa educazione, se fosse possibile avere qualche indicazione accessoria per contattarla in tempi rapidi data la delicatezza del momento ed ecco che come d’incanto compare un cellulare francese, attivissimo, lasciatogli dalla Divina Dea dell’Erotismo per eventualità d’ogni tipo.
Sapendo bene che la Divina sarebbe stata messa al corrente in tempo zero che “la banca” era in possesso del suo cellulare, ho provveduto a telefonarle subito, cogliendola ancora assonnata e sortendo un’accoglienza gelidina e sintetica come il Terital.
Chissenechiava.
Se non mi vuole tra i coglioni telefonici blocca il mio numero o cambia il suo.
Difficile che io cambi il mio, per dire.
Nessun problema, nessuno.
Non da parte mia, almeno.
Mavaffanculo, in ogni merdoso caso.
domenica 5 aprile 2015
Miss Mandorlina
Sabato Santo, interno notte.
“Lick” mi intima la bellicosa mistress asiatica indicandomi col frustino le sue stupende dita dei piedi dalle lunghe unghie laccate di nero, leggermente ricurve, sbordanti dal paradossale zatteroneplatformfuckmyassholeshoes.
E io lecco, devoto, nudo, sudato, puzzolente, arrapato, ventre a terra, col cazzo di ferro che sfrega sulla pornografica gomma rossa del pavimento del suo budoir allestito per pervertiti come me.
Lecco e lei si siede sui talloni, spatasciandomi la sorca lucida di lubrificante davanti al naso, insultandomi in inglese con voce forte, ferma, acuta.
Il suo clitoride è grosso come una nocciolina, scappellato e turgido, una poesia visiva.
E lecco mentre lei mi passa il frustino tra le natiche, chiamandomi “fuckin’ bitch”.
Godo.
Godo di sottomissione, anche se questa dominazione ha commerciali tinte teatrali, ma io godo lo stesso, mi sento Tazia, mi sento porca, ho voglia.
Godo quando mi fa alzare la testa tirandomela in alto per i capelli e mi inonda improvvisamente la faccia con una pisciata rovente nel corso della quale, causa posizione, il suo ano si estroflette seducente, sibilando uno sgraziato peto erotico. Ingoio, annuso, muovo il bacino sul pavimento e godo, godo, godo.
Ogni tanto ci vuole, amici.
E’ educativo essere riposizionati, resettati, aggiornati nel sistema operativo, ricondizionati per poi essere riconsegnati alle proprie (dis)funzioni con rinnovato vigore.
“Spread your ass faggott” ordina, mentre senza tante cerimonie quel grosso strapon lubrificatissimo mi pompa il budello a fondo, con ritmo battente, abilmente manovrato dalla sensuale asiatichina. Certo che lo spalanco padrona, voglio che tu veda quanto troia sono, pompami che non ne ho mai abbastanza nel culo, sodomizzami, umiliami, sottomettimi che sbavo di piacere. Fottimi, fottimi, fottimi di brutto e senza pietà, inculami a sangue.
E mentre le sue anche ondeggiano per incularmi, la sua mano guantata di PVC strozza il mio grancazzo anellato, viola dal desiderio e lei mugola soddisfatta segandomi sgraziata.
Delizie.
Piacevoli delizie anche se non così sofisticate come le vorrei, come quelle che ho avuto da Maestre Sublimi che mi hanno chiavato il cervello prima che il culo e che ora più che mai, mentre sborro urlando col cazzo dolorosamente piegato all’indietro sapienteente strapazzato da Madame Mandorla, ricordo con un dolore nel cuore.
Ogni gesto della Mandorlina ha avuto un paragone blasonato che l’ha relegata al ruolo di prostituta, di classe ok, ma pur sempre una qualsiasi prostituta che anziché vestirsi da scolaretta troia, ha scelto di mettere autoreggenti di latex e di destreggiarsi (con diginitosissima abilità) lungo gli irti crinali del bdsm.
Chissà Miss Milly dove sarà.
Chissà.
E mentre torno al mio albergone di ultralusso, lasciando il bordello di ultralusso che non è l’Humble Brothel and Hotel For Italians Sfigat, penso che oggi, allo stato attuale, con le potenzialità attuali, potrei, potrei e potrei questo e quello e disegno col gessetto grigio nel cielo nero di mamma Praga scenari che mi agitano e sento il bisogno di ritrovarla, la mia adorata Miss Milly, ma non so da che parte cominciare.
Anche se…
“Lick” mi intima la bellicosa mistress asiatica indicandomi col frustino le sue stupende dita dei piedi dalle lunghe unghie laccate di nero, leggermente ricurve, sbordanti dal paradossale zatteroneplatformfuckmyassholeshoes.
E io lecco, devoto, nudo, sudato, puzzolente, arrapato, ventre a terra, col cazzo di ferro che sfrega sulla pornografica gomma rossa del pavimento del suo budoir allestito per pervertiti come me.
Lecco e lei si siede sui talloni, spatasciandomi la sorca lucida di lubrificante davanti al naso, insultandomi in inglese con voce forte, ferma, acuta.
Il suo clitoride è grosso come una nocciolina, scappellato e turgido, una poesia visiva.
E lecco mentre lei mi passa il frustino tra le natiche, chiamandomi “fuckin’ bitch”.
Godo.
Godo di sottomissione, anche se questa dominazione ha commerciali tinte teatrali, ma io godo lo stesso, mi sento Tazia, mi sento porca, ho voglia.
Godo quando mi fa alzare la testa tirandomela in alto per i capelli e mi inonda improvvisamente la faccia con una pisciata rovente nel corso della quale, causa posizione, il suo ano si estroflette seducente, sibilando uno sgraziato peto erotico. Ingoio, annuso, muovo il bacino sul pavimento e godo, godo, godo.
Ogni tanto ci vuole, amici.
E’ educativo essere riposizionati, resettati, aggiornati nel sistema operativo, ricondizionati per poi essere riconsegnati alle proprie (dis)funzioni con rinnovato vigore.
“Spread your ass faggott” ordina, mentre senza tante cerimonie quel grosso strapon lubrificatissimo mi pompa il budello a fondo, con ritmo battente, abilmente manovrato dalla sensuale asiatichina. Certo che lo spalanco padrona, voglio che tu veda quanto troia sono, pompami che non ne ho mai abbastanza nel culo, sodomizzami, umiliami, sottomettimi che sbavo di piacere. Fottimi, fottimi, fottimi di brutto e senza pietà, inculami a sangue.
E mentre le sue anche ondeggiano per incularmi, la sua mano guantata di PVC strozza il mio grancazzo anellato, viola dal desiderio e lei mugola soddisfatta segandomi sgraziata.
Delizie.
Piacevoli delizie anche se non così sofisticate come le vorrei, come quelle che ho avuto da Maestre Sublimi che mi hanno chiavato il cervello prima che il culo e che ora più che mai, mentre sborro urlando col cazzo dolorosamente piegato all’indietro sapienteente strapazzato da Madame Mandorla, ricordo con un dolore nel cuore.
Ogni gesto della Mandorlina ha avuto un paragone blasonato che l’ha relegata al ruolo di prostituta, di classe ok, ma pur sempre una qualsiasi prostituta che anziché vestirsi da scolaretta troia, ha scelto di mettere autoreggenti di latex e di destreggiarsi (con diginitosissima abilità) lungo gli irti crinali del bdsm.
Chissà Miss Milly dove sarà.
Chissà.
E mentre torno al mio albergone di ultralusso, lasciando il bordello di ultralusso che non è l’Humble Brothel and Hotel For Italians Sfigat, penso che oggi, allo stato attuale, con le potenzialità attuali, potrei, potrei e potrei questo e quello e disegno col gessetto grigio nel cielo nero di mamma Praga scenari che mi agitano e sento il bisogno di ritrovarla, la mia adorata Miss Milly, ma non so da che parte cominciare.
Anche se…
domenica 15 marzo 2015
Considerando
Che io ormai l’ho capita ben che bene la fazenda con le mie due fidanzate eh, che una “c’ha da fare” tutto il giorno e anche tutte le sere con la sua “organizzazione eventi” che “cicci è il mio lavoro, ma ti presto la macchina se vuoi che me non mi serve” e quell’altra invece che ogni sera c’ha ‘na favola nuova da raccontarmi, ma che invece se di giorno mi presentassi alla palestra dell’ardimento in qualsiasi momento, si troverebbe ben che sempre quella mezz’oretta in cui farsi scanalare la cerbiatta pornopelosa nell’ufficetto chiuso a chiave.
C’è ben il suo bel poco da fare: il passato passa e solo gli stolti ignari presuntuosi come me pensano che, se lasciano e se ne vanno, quando tornano trovano la fila a leccargli i coglioni, perchè la vita è questa qui: il Max che si sposa mandandomi le partecipazioni, il Lumbe che c’ha un filarino fresco fresco su cui lavora solerte a piene mani inesperte, quello che se ne è andato, quella che cazzo ne so, facce nuove, bar rifatti, facce che non conosco che mi salutano, facce che conosco che non mi salutano, la vita è un fiume che si muove e tu o sei pesce di quel fiume oppure, se esci a fare il figo nel fiume di là, quando torni è un “vemò chi ghè, ciao ciao, come stai, è da una vita” e vaffanculo.
Tratto e negozio nella lurida notte con la puttana slovacca che batte laggiù e dò sfoggio di ceco che lei ride che s’ammazza, un po’ perchè essendo slovacca sarebbe la fighetta che parla un po’ diverso di suo che attizza i cechi, un po’ perchè le quattro cagate che dico devono averci la cadenza di Stanlio e, in un negoziato, Stanlio non è mica il più autorevole conduttore, ma alla fine lei ride, le sono simpatico e le piaccio e così ci troviamo la quadra e entriamo nel sedile di dietro, fameliche bestie, a ficcare tutti nudi come animali, senza preservativo, sulla bella pelle preziosa della macchina della Ade e ti devo dire, cara la mia SloVacca, che io son un gran bell’esperto di troie, e te mi puoi raccontare tutti i muggiti della vecchia fattoria per prendermi per il culo, ma se sbatti sul mio grembo rumorosa, cercandomi con le mani le mie mani e d’improvviso ti muovi sinuosa che sei uno spettacolo e mi bagni i coglioni beh, mia SloVacca, vuol dire che stai godendo maiala al midollo e se mentre ti sento godere ti slappo in bocca la lingua e mi vai in apnea con la tua serpentella che guizza nella mia, facendo blasfema e sacrilega eccezione al mandato sovrano della troia che dice “mai slinguare col cliente!”, vuol proprio dire che ‘sta tronca di minchia ti piace da pazzi così come il suo possessore e portatore sano e allora sudiamo e grugniamo, bella troia stradale, che ti faccio vibrare il bel corpicino pulitissimo liscio e inodore, inodore anche quando sudi lucida sui fianchi e bagnata sotto le braccia e dopo un’oretta che mi dedico e ti curo che di più non sono capace, ti sento che parti e dimeni il bacino sguaiata ed ipnotica, venendo in un urlo ansimato e io ti ci sborro di dentro a torrenti schizzanti, componendo con te un coretto animale che ci infoia abbestia selvaggia e mi sento ingrifato come un dio bestia cannibale e poi ci puliamo i liquidi sozzi e chiacchieriamo leggeri e ci baciamo dolcissimi da adolescenti al fioretto di maggio e poi me ne torno a casa a schiantarmi nudo sul futon, docciato e profumato e penso.
Penso che lunedì il commercialista e l’avvocato mi danno risposte e che se c’ho i documenti che aspetto monto al più presto sull’aeroplano e volo a Praga, che cazzo me ne frega. Torno a perfezionare il ceco e a rimirare sculettanti chiappe nude usufruibili senza permesso che mi deambulano a una spanna dal cazzo, nel piccolo bordello situato nella vecchia e romantica Praga infernale, bordelletto romantico popolato di troie rumene, moldave e ungheresi che fan finta di essere ceche per i polli italiani che, alla fine delle loro tristi monte, si proiettano rumorosi nel ristorante incorporato a mangiare i rigatoni al ragù e a dormire a grappolini nelle apposite camerette e la domenica sera ripartono felici per tornare a casa tronfi dell’aver annusato sorche esotiche, che così il lunedì mattina possono far la teatrinata al collega maritato, nell’ufficetto meschino, facendo i gran trombeur e la vita, vualà, chiude il cerchio del fiume anche per loro e a me resta solo l’amore del Costafrate, col quale ancora divido avventure d’affari sballate e col quale, ancora, è sensuale strusciarci puttane pornografiche, leccandoci avidi i genitali rasati e l’intenso sudore da uomo, penetrandoci da veri maschi i corpi eccitati, in gran segreto, in una delle stanzetta del bordelletto umido ma onesto.
Va ammesso, amisgi che un tempo numerossi mi seguivate da cassa, che a tutto c’è una fine e un inizio nuovo e va detto, Viaggiatore, che vorrei anche io aver da scrivere (e forse ancor prima da vivere) stralci della provincia inzaccherata di marchese, piscia, sborra, merda e tortellini, ma temo che da quando l’ho lasciata, questa maiala di merda della provincia busona mi abbia cancellato, evolvendo (?) senza di me, offesa e stizzita dal mio osare di abbandonarla e allora mi accontento dei soldi che c’ho (e son tanti stavolta, ma tanti tanti e non resisto dal farci lo sborone dopo tanta miseria vigliacca) e col rimpianto di pelle negra africana sudata che difficilissimamente riuscirò a tornare a leccare (anche se quello è il mio sogno di vita) mi stabilirò per un pochino a est, dove il sesso consumabile la fa da padrone e mi consente di ficcare la minchia d'amblè in corpi anonimi, sfregando in mucose straniere la mia voglia patologica di fica e di orgasmo, perchè è così che va, non c’è niente da fare, mio bel Viaggiatore piemontese raffinato che mi mandi in delirio culattone solo a guardarti il solco della schiena.
Per un po’ sarò un pendolare d’affari con l’affare che pendola, che in bizclass si sposta da là a qua e da qua a là, grufolando suino tra i perizomi macchiati di erotica suga bianca sgocciolata dalle fiche di vacca delle giovani odalische campagnole che si danno per soldi in città, ma si danno anche anche per amor del cazzo e del chiavare (va detto per onestà, amisgi) e poi mi concentrerò ad approfondire se val proprio la pena di indagare su Alina e la mia pseudo paternità moscovita, che se ho proprio voglia di mettere al mondo dei piccoli Tazi o delle piccole Tazie c’ho la fila rumenomoldavaucrainarussacecaslovacca
che non aspetta altro, perchè qui nel paese dei Farlocchi di tutto quello che non c’ho bisogno ce n’è da riempire i fossi e di quel che, invece, c’avrei bisogno non se ne vede traccia da mò e così io, Tazio Tazietti della famiglia Randelli Manganellati della Cappella, ho decretato solenne, stanotte, che la bottega è chiusa, stop, fine, cessata attività di ricerca del sentimento e dell’amore perchè mi sono sfracellato i coglioni dei miei sentimenti e delle mie attese che, amisgi, vengono regolarmente avvolti nel sacchettino e mollati civilmente nell’apposito cestino, perchè si prega la gentile clientela di non gettare nel cesso niente che non sia piscia o merda.
E così nei prossimi prendo appena posso e parto, vado nel clima più freddino, ma tanto nel bordelletto paradisiaco è caldo e le giovani puttanazze sculano nude e posso stare nudo anche io, che noi la primavera e l’estate ce la comperiamo o ce la facciamo in casa, così come l’amore, la pasta al ragù, le fidanzate e i fidanzati, che noi nel bordello non ci manca niente, nemmeno l’erbetta spinelluccia o robette più sofisticate, che di quel che voglio le sculanti schiavette non esitano a prodigarsi per darmi e vado a vivere nel limbo dei dannati, dannati e felici, capendo sempre più intensamente la Milly e mangiandomi il fegato ed il pancreas di non riuscire più a rintracciarla, perchè di tutto questo vomito assurdo quel che rimpiango di non aver approfondito di più (e per cui oggi mi ci mangerei il capitale che ammucchio come un criceto cocainomane) è lo stile, l’eleganza, la spietata crudeltà erotica di quella Donna Sublime che chissà dov’è e chissà che fa.
E scrivo e mi tira il cazzo, mi tira da far male, pensando alla Milly e ai suoi fetidi piedi divini, ai culi nudi che ondeggiano anche adesso a Praghemilia, all’odore di pelle nuda, al sapore del cazzo del Costa, al bruciore nel culo dopo essermi fatto sbattere da gruppi di anonimi maschi in una notte di meravigliosa orgia culattona sfogandomi come la troiona in calore che sono e mi chiedo, porcoddio, quanto cazzo vivrò ancora in questo mondo dimmerda, quanto tempo ancora dovrò sopravvivere a questa continua sollecitazione dell’incompiuto e dell’insoddisfatto, mischiando l’ansimare di godimento a quello della fatica di esistere senza dare nulla al mondo e senza variare di un millimetro il suo scorrere lento, che tanto scorrerebbe lento lo stesso e penso alla mia sempre amatissima ex moglie Vale e a quel suo modo troiesco di rientrare a casa togliendosi le mutande, accendendo una Marlboro e asciugandosi rapida un bourbon mentre si preparava la doccia, che chissà di quante sborrate secche era coperta, quella ninfomane maligna puttana e troia e divinamente crudele madonna dei cazzi, e a pensarla mi scappello e rincappello furioso, scrivendovi, con le mani bagnate di gocce limpide, voglioso di scoparvi tutti e tutte, ficcando, sbattendo, inculandovi fino a farvi schizzare piscia dalla pressione, immaginando poi le vostre mani che servono la cena e voi con quel dolorino nel retto che vi inarca appena la bocca in un sozzo sorriso al ricordo della Bestia Sovrana che vi ha montato con furia satanica, che non ne ha mai abbastanza, che non è mai appagato, che non è mai felice e che non è mai sazio, ma che rimane suo malgrado immutatamente Tazio.
Vi amo.
C’è ben il suo bel poco da fare: il passato passa e solo gli stolti ignari presuntuosi come me pensano che, se lasciano e se ne vanno, quando tornano trovano la fila a leccargli i coglioni, perchè la vita è questa qui: il Max che si sposa mandandomi le partecipazioni, il Lumbe che c’ha un filarino fresco fresco su cui lavora solerte a piene mani inesperte, quello che se ne è andato, quella che cazzo ne so, facce nuove, bar rifatti, facce che non conosco che mi salutano, facce che conosco che non mi salutano, la vita è un fiume che si muove e tu o sei pesce di quel fiume oppure, se esci a fare il figo nel fiume di là, quando torni è un “vemò chi ghè, ciao ciao, come stai, è da una vita” e vaffanculo.
Tratto e negozio nella lurida notte con la puttana slovacca che batte laggiù e dò sfoggio di ceco che lei ride che s’ammazza, un po’ perchè essendo slovacca sarebbe la fighetta che parla un po’ diverso di suo che attizza i cechi, un po’ perchè le quattro cagate che dico devono averci la cadenza di Stanlio e, in un negoziato, Stanlio non è mica il più autorevole conduttore, ma alla fine lei ride, le sono simpatico e le piaccio e così ci troviamo la quadra e entriamo nel sedile di dietro, fameliche bestie, a ficcare tutti nudi come animali, senza preservativo, sulla bella pelle preziosa della macchina della Ade e ti devo dire, cara la mia SloVacca, che io son un gran bell’esperto di troie, e te mi puoi raccontare tutti i muggiti della vecchia fattoria per prendermi per il culo, ma se sbatti sul mio grembo rumorosa, cercandomi con le mani le mie mani e d’improvviso ti muovi sinuosa che sei uno spettacolo e mi bagni i coglioni beh, mia SloVacca, vuol dire che stai godendo maiala al midollo e se mentre ti sento godere ti slappo in bocca la lingua e mi vai in apnea con la tua serpentella che guizza nella mia, facendo blasfema e sacrilega eccezione al mandato sovrano della troia che dice “mai slinguare col cliente!”, vuol proprio dire che ‘sta tronca di minchia ti piace da pazzi così come il suo possessore e portatore sano e allora sudiamo e grugniamo, bella troia stradale, che ti faccio vibrare il bel corpicino pulitissimo liscio e inodore, inodore anche quando sudi lucida sui fianchi e bagnata sotto le braccia e dopo un’oretta che mi dedico e ti curo che di più non sono capace, ti sento che parti e dimeni il bacino sguaiata ed ipnotica, venendo in un urlo ansimato e io ti ci sborro di dentro a torrenti schizzanti, componendo con te un coretto animale che ci infoia abbestia selvaggia e mi sento ingrifato come un dio bestia cannibale e poi ci puliamo i liquidi sozzi e chiacchieriamo leggeri e ci baciamo dolcissimi da adolescenti al fioretto di maggio e poi me ne torno a casa a schiantarmi nudo sul futon, docciato e profumato e penso.
Penso che lunedì il commercialista e l’avvocato mi danno risposte e che se c’ho i documenti che aspetto monto al più presto sull’aeroplano e volo a Praga, che cazzo me ne frega. Torno a perfezionare il ceco e a rimirare sculettanti chiappe nude usufruibili senza permesso che mi deambulano a una spanna dal cazzo, nel piccolo bordello situato nella vecchia e romantica Praga infernale, bordelletto romantico popolato di troie rumene, moldave e ungheresi che fan finta di essere ceche per i polli italiani che, alla fine delle loro tristi monte, si proiettano rumorosi nel ristorante incorporato a mangiare i rigatoni al ragù e a dormire a grappolini nelle apposite camerette e la domenica sera ripartono felici per tornare a casa tronfi dell’aver annusato sorche esotiche, che così il lunedì mattina possono far la teatrinata al collega maritato, nell’ufficetto meschino, facendo i gran trombeur e la vita, vualà, chiude il cerchio del fiume anche per loro e a me resta solo l’amore del Costafrate, col quale ancora divido avventure d’affari sballate e col quale, ancora, è sensuale strusciarci puttane pornografiche, leccandoci avidi i genitali rasati e l’intenso sudore da uomo, penetrandoci da veri maschi i corpi eccitati, in gran segreto, in una delle stanzetta del bordelletto umido ma onesto.
Va ammesso, amisgi che un tempo numerossi mi seguivate da cassa, che a tutto c’è una fine e un inizio nuovo e va detto, Viaggiatore, che vorrei anche io aver da scrivere (e forse ancor prima da vivere) stralci della provincia inzaccherata di marchese, piscia, sborra, merda e tortellini, ma temo che da quando l’ho lasciata, questa maiala di merda della provincia busona mi abbia cancellato, evolvendo (?) senza di me, offesa e stizzita dal mio osare di abbandonarla e allora mi accontento dei soldi che c’ho (e son tanti stavolta, ma tanti tanti e non resisto dal farci lo sborone dopo tanta miseria vigliacca) e col rimpianto di pelle negra africana sudata che difficilissimamente riuscirò a tornare a leccare (anche se quello è il mio sogno di vita) mi stabilirò per un pochino a est, dove il sesso consumabile la fa da padrone e mi consente di ficcare la minchia d'amblè in corpi anonimi, sfregando in mucose straniere la mia voglia patologica di fica e di orgasmo, perchè è così che va, non c’è niente da fare, mio bel Viaggiatore piemontese raffinato che mi mandi in delirio culattone solo a guardarti il solco della schiena.
Per un po’ sarò un pendolare d’affari con l’affare che pendola, che in bizclass si sposta da là a qua e da qua a là, grufolando suino tra i perizomi macchiati di erotica suga bianca sgocciolata dalle fiche di vacca delle giovani odalische campagnole che si danno per soldi in città, ma si danno anche anche per amor del cazzo e del chiavare (va detto per onestà, amisgi) e poi mi concentrerò ad approfondire se val proprio la pena di indagare su Alina e la mia pseudo paternità moscovita, che se ho proprio voglia di mettere al mondo dei piccoli Tazi o delle piccole Tazie c’ho la fila rumenomoldavaucrainarussacecaslovacca
che non aspetta altro, perchè qui nel paese dei Farlocchi di tutto quello che non c’ho bisogno ce n’è da riempire i fossi e di quel che, invece, c’avrei bisogno non se ne vede traccia da mò e così io, Tazio Tazietti della famiglia Randelli Manganellati della Cappella, ho decretato solenne, stanotte, che la bottega è chiusa, stop, fine, cessata attività di ricerca del sentimento e dell’amore perchè mi sono sfracellato i coglioni dei miei sentimenti e delle mie attese che, amisgi, vengono regolarmente avvolti nel sacchettino e mollati civilmente nell’apposito cestino, perchè si prega la gentile clientela di non gettare nel cesso niente che non sia piscia o merda.
E così nei prossimi prendo appena posso e parto, vado nel clima più freddino, ma tanto nel bordelletto paradisiaco è caldo e le giovani puttanazze sculano nude e posso stare nudo anche io, che noi la primavera e l’estate ce la comperiamo o ce la facciamo in casa, così come l’amore, la pasta al ragù, le fidanzate e i fidanzati, che noi nel bordello non ci manca niente, nemmeno l’erbetta spinelluccia o robette più sofisticate, che di quel che voglio le sculanti schiavette non esitano a prodigarsi per darmi e vado a vivere nel limbo dei dannati, dannati e felici, capendo sempre più intensamente la Milly e mangiandomi il fegato ed il pancreas di non riuscire più a rintracciarla, perchè di tutto questo vomito assurdo quel che rimpiango di non aver approfondito di più (e per cui oggi mi ci mangerei il capitale che ammucchio come un criceto cocainomane) è lo stile, l’eleganza, la spietata crudeltà erotica di quella Donna Sublime che chissà dov’è e chissà che fa.
E scrivo e mi tira il cazzo, mi tira da far male, pensando alla Milly e ai suoi fetidi piedi divini, ai culi nudi che ondeggiano anche adesso a Praghemilia, all’odore di pelle nuda, al sapore del cazzo del Costa, al bruciore nel culo dopo essermi fatto sbattere da gruppi di anonimi maschi in una notte di meravigliosa orgia culattona sfogandomi come la troiona in calore che sono e mi chiedo, porcoddio, quanto cazzo vivrò ancora in questo mondo dimmerda, quanto tempo ancora dovrò sopravvivere a questa continua sollecitazione dell’incompiuto e dell’insoddisfatto, mischiando l’ansimare di godimento a quello della fatica di esistere senza dare nulla al mondo e senza variare di un millimetro il suo scorrere lento, che tanto scorrerebbe lento lo stesso e penso alla mia sempre amatissima ex moglie Vale e a quel suo modo troiesco di rientrare a casa togliendosi le mutande, accendendo una Marlboro e asciugandosi rapida un bourbon mentre si preparava la doccia, che chissà di quante sborrate secche era coperta, quella ninfomane maligna puttana e troia e divinamente crudele madonna dei cazzi, e a pensarla mi scappello e rincappello furioso, scrivendovi, con le mani bagnate di gocce limpide, voglioso di scoparvi tutti e tutte, ficcando, sbattendo, inculandovi fino a farvi schizzare piscia dalla pressione, immaginando poi le vostre mani che servono la cena e voi con quel dolorino nel retto che vi inarca appena la bocca in un sozzo sorriso al ricordo della Bestia Sovrana che vi ha montato con furia satanica, che non ne ha mai abbastanza, che non è mai appagato, che non è mai felice e che non è mai sazio, ma che rimane suo malgrado immutatamente Tazio.
Vi amo.
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Ubicazione:
Provincia busona
mercoledì 29 gennaio 2014
Risorse
L'aver risentito la Milly ha riacceso in me esigenze articolate, suddivise in categorie precise, categorie a loro volta strutturate in sottocategorie dettagliate, con dettagli catalogabili con criteri uno a uno o uno a molti e mentre ieri sera sotto la doccia consideravo questo ordine di perfezione surreale, la minchia mi si è scappellata, pensando alla sua fagianona pelosa, ai suoi piedi, ai suoi occhi e così, a minchia randazza parallela al pavimento, ho rollato la rubri (a Milano si deve tagliare la parte finale delle paro) ho schiacciato il verdone e l'ho chiamata al cellu.
"Ciao Tazione!"
"Ciao Millona!"
E la rendo edotta delle condizioni del mio Supercazzofavazzorandazzo e lei mugola sorridente e mi strozzo la cappella pensando di allungarle il mio Femoredidinosauro nel culo e glielo dico pure e la sento respirare sozza, al che lei mi chiede Milano dove, Milano Milano Milano, rispondo solerte e poi dico e tu dove e lei mi dice Piacenza, al momento.
"Piacenza?" - "Eh sì, purtroppo"
"Ma cazzo, ma senti, stasera lavori? Hai clienti?" - "Uno alle dieci, un'ora."
"E uno alle undici esatte, che sono io!" - "Ma che te cliente, cazzooooo, ma davvero vieni?"
E da lì le battute si sono liquefatte luride, con tinte portuali e bestemmie e mi piace la Milly. Perchè la Milly è una risorsa, una potente risorsa. Si piega, ma non si spezza mai. Si cheta, ma poi riparte ruggendo. E' puttana da marciapiedi e signora del libertinaggio. E' tenera amante e spietata carnefice. Lurida topa di fogna e profumata orchidea del peccato.
***
Due e venti del mattino di oggi.
Nudi, in piedi, uno davanti all'altra, io con le mani legate dietro la schiena e la minchia dura come la kriptonite.
"Vuoi provarla una cosina 'forte'?" mi chiede con le occhiaie sudicie, bella come un delirio.
"Sì" rispondo senza chiedere.
"Allarga le gambe e non muoverti"
"Sì"
E lei porta indietro la tornita gamba di destra, sollevandola velocissima in un calcio a piede nudo sui miei coglioni.
Cado in ginocchio dal dolore.
Mi prende i capelli e mi sussurra "Piaciuto?" e non posso che rispondere un "Sì" sofferto, perchè era vero.
"Tocca a te adesso… prendimi a calci la figa" con un sorriso malato.
E mentre mi rialzo, barcollante, mentre lei è pronta davanti a me a gambe larghe, sibila: "Più forte che puoi".
E io la accontento, facendola accasciare sul pavimento in un rantolo di dolore.
La Milly è una risorsa.
Di sopravvivenza.
Assoluta.
"Ciao Tazione!"
"Ciao Millona!"
E la rendo edotta delle condizioni del mio Supercazzofavazzorandazzo e lei mugola sorridente e mi strozzo la cappella pensando di allungarle il mio Femoredidinosauro nel culo e glielo dico pure e la sento respirare sozza, al che lei mi chiede Milano dove, Milano Milano Milano, rispondo solerte e poi dico e tu dove e lei mi dice Piacenza, al momento.
"Piacenza?" - "Eh sì, purtroppo"
"Ma cazzo, ma senti, stasera lavori? Hai clienti?" - "Uno alle dieci, un'ora."
"E uno alle undici esatte, che sono io!" - "Ma che te cliente, cazzooooo, ma davvero vieni?"
E da lì le battute si sono liquefatte luride, con tinte portuali e bestemmie e mi piace la Milly. Perchè la Milly è una risorsa, una potente risorsa. Si piega, ma non si spezza mai. Si cheta, ma poi riparte ruggendo. E' puttana da marciapiedi e signora del libertinaggio. E' tenera amante e spietata carnefice. Lurida topa di fogna e profumata orchidea del peccato.
***
Due e venti del mattino di oggi.
Nudi, in piedi, uno davanti all'altra, io con le mani legate dietro la schiena e la minchia dura come la kriptonite.
"Vuoi provarla una cosina 'forte'?" mi chiede con le occhiaie sudicie, bella come un delirio.
"Sì" rispondo senza chiedere.
"Allarga le gambe e non muoverti"
"Sì"
E lei porta indietro la tornita gamba di destra, sollevandola velocissima in un calcio a piede nudo sui miei coglioni.
Cado in ginocchio dal dolore.
Mi prende i capelli e mi sussurra "Piaciuto?" e non posso che rispondere un "Sì" sofferto, perchè era vero.
"Tocca a te adesso… prendimi a calci la figa" con un sorriso malato.
E mentre mi rialzo, barcollante, mentre lei è pronta davanti a me a gambe larghe, sibila: "Più forte che puoi".
E io la accontento, facendola accasciare sul pavimento in un rantolo di dolore.
La Milly è una risorsa.
Di sopravvivenza.
Assoluta.
martedì 28 gennaio 2014
Sic transit
Cado sul letto del mio hotel superlusso 70s ieri sera alle dieci, quando d'improvviso il pArlàfono squilla e vibra, percorso da un sozzo piacere intestinale, lampeggiando sullo screen un nome che avevo dato per disperso dalle tremolanti notti dannunziane: Milly.
Rispondo.
Dall'altro capo una donna che ansima, in palese eccitazione sessuale, mi dice "Ciao… amore… come stai? … " e ansima, ansima, ansima. "Milly!" esordisco io, squillante "che piacere! Io sto bene, ma tu? Tutto ok?", con quella limpida idiozia allegra propria di Topolino e qualche altro citrullo.
"Tutto bene… il mio schiavo mi sta scopando alla pecora… è ingrifato come un toro… volevo mi sentissi godere… ", che è un pensiero delicato, se ci pensate.
"Ne sono onorato, Milly" ribatto con americana idiozia "spero tu ne goda moltissimo".
"Cazzo sì Tazio…" cupa e quasi al collasso bronchiario "vorrei il tuo cazzo nel culo… a secco… mentre lui mi scopa la figa… " e capisco che la situazione volge ad un'immantinete conclusione. Infatti, di lì a qualche secondo, Miss Milly comincia a ringhiare come una cagna, insultando lo schiavo che, pur non proferendo parola, grugnisce come un cinghiale maremmano, a imperituro segno della sua venuta.
Pausa.
Silenzio, ma non completo. Ordini secchi, mal percepibili dal telefono forse mollato rovescio sul materasso, ma poi dopo un po', ecco.
Click, flamm, sbuff. Sigaretta.
"Come stai Tazio?"
"Di merda, Milly. Pensa che per campare sono a Milano a fare il galoppino e vivo in albergo. E tu?"
"Di merda, Tazio. Pensa che per vivere faccio la puttana, ma il mercato è pigro."
"E lo schiavo?" chiedo io, Topolino.
"Un hobby" dice lei, Crudelia.
Miss Milly è caduta, come le dee.
Niente più Casa, niente più Madame Inquieta, niente più Habana, niente.
Modesta zoccola di provincia senza giro, specializzata in sozzure dolorose.
Malata di piacere, come me.
Non ho osato chiedere l'età dello "schiavo".
Ma mi sono immaginato un panzuto funzionario di banca pallido-verdastro, dalla peluria grigiastra, con in testa un improbabile cappuccetto di scai con una cernierina Rìrì.
Sic transit.
Rispondo.
Dall'altro capo una donna che ansima, in palese eccitazione sessuale, mi dice "Ciao… amore… come stai? … " e ansima, ansima, ansima. "Milly!" esordisco io, squillante "che piacere! Io sto bene, ma tu? Tutto ok?", con quella limpida idiozia allegra propria di Topolino e qualche altro citrullo.
"Tutto bene… il mio schiavo mi sta scopando alla pecora… è ingrifato come un toro… volevo mi sentissi godere… ", che è un pensiero delicato, se ci pensate.
"Ne sono onorato, Milly" ribatto con americana idiozia "spero tu ne goda moltissimo".
"Cazzo sì Tazio…" cupa e quasi al collasso bronchiario "vorrei il tuo cazzo nel culo… a secco… mentre lui mi scopa la figa… " e capisco che la situazione volge ad un'immantinete conclusione. Infatti, di lì a qualche secondo, Miss Milly comincia a ringhiare come una cagna, insultando lo schiavo che, pur non proferendo parola, grugnisce come un cinghiale maremmano, a imperituro segno della sua venuta.
Pausa.
Silenzio, ma non completo. Ordini secchi, mal percepibili dal telefono forse mollato rovescio sul materasso, ma poi dopo un po', ecco.
Click, flamm, sbuff. Sigaretta.
"Come stai Tazio?"
"Di merda, Milly. Pensa che per campare sono a Milano a fare il galoppino e vivo in albergo. E tu?"
"Di merda, Tazio. Pensa che per vivere faccio la puttana, ma il mercato è pigro."
"E lo schiavo?" chiedo io, Topolino.
"Un hobby" dice lei, Crudelia.
Miss Milly è caduta, come le dee.
Niente più Casa, niente più Madame Inquieta, niente più Habana, niente.
Modesta zoccola di provincia senza giro, specializzata in sozzure dolorose.
Malata di piacere, come me.
Non ho osato chiedere l'età dello "schiavo".
Ma mi sono immaginato un panzuto funzionario di banca pallido-verdastro, dalla peluria grigiastra, con in testa un improbabile cappuccetto di scai con una cernierina Rìrì.
Sic transit.
martedì 16 aprile 2013
Dernière nuit in Casa
Eccoci qui, di fronte all'ultima notte a Casablanca.
Domani sera sarò in aeroporto e poi via, a Dakar, nel cuore della noche. Della mattina, veramente, che arrivo attorno alle due.
Avevo proposto a Massoud una cenetta romantica, ma il maschione ha degli impegni. Bah, peggio per lui. La sua puttana da domani non ci sarà più e lui rimpiangerà a morte il mio liscissimo e vorace culo sudamericano.
Oggi, così per scrupolo, ho acceso il parlàfono. E vi ho trovato dentro un messaggio della Milly, cosa davvero straordinaria. Inquieta è morta. Giovedì c'è il suo funerale, ma io sono un po' fuori mano, giovedì, per fortuna. Incredibile come la notizia non mi abbia mosso nessuna emozione. Mi fa piacere non avere avuto emozioni, non mi scompone che sia morta.
E su quest'onda di umanità profonda che mi ha travolto ho pensato che se anche morisse la Milly, probabilmente, non avrei emozioni. Ma forse sì. Ma non lo so.
Boh.
Parlando di cose veramente serie, invece: stasera folleggio con le prostitute, così per cambiare. E sono in forte imbarazzo: maschietti, giovani pulzelle o la collaudatissima e meritevole Dalila? Il buonsenso che mi guida costantemente dice che sarebbe cosa giusta assaggiare ciascuna di queste prelibatezze, che da domani Morocco stop, che vado nell'Africa Nera dalla fica nera.
Finalmente.
Domani sera sarò in aeroporto e poi via, a Dakar, nel cuore della noche. Della mattina, veramente, che arrivo attorno alle due.
Avevo proposto a Massoud una cenetta romantica, ma il maschione ha degli impegni. Bah, peggio per lui. La sua puttana da domani non ci sarà più e lui rimpiangerà a morte il mio liscissimo e vorace culo sudamericano.
Oggi, così per scrupolo, ho acceso il parlàfono. E vi ho trovato dentro un messaggio della Milly, cosa davvero straordinaria. Inquieta è morta. Giovedì c'è il suo funerale, ma io sono un po' fuori mano, giovedì, per fortuna. Incredibile come la notizia non mi abbia mosso nessuna emozione. Mi fa piacere non avere avuto emozioni, non mi scompone che sia morta.
E su quest'onda di umanità profonda che mi ha travolto ho pensato che se anche morisse la Milly, probabilmente, non avrei emozioni. Ma forse sì. Ma non lo so.
Boh.
Parlando di cose veramente serie, invece: stasera folleggio con le prostitute, così per cambiare. E sono in forte imbarazzo: maschietti, giovani pulzelle o la collaudatissima e meritevole Dalila? Il buonsenso che mi guida costantemente dice che sarebbe cosa giusta assaggiare ciascuna di queste prelibatezze, che da domani Morocco stop, che vado nell'Africa Nera dalla fica nera.
Finalmente.
mercoledì 5 settembre 2012
Notti equatoriali
Nel luglio bestiale la chiamo. Parlottiamo e mi viene voglia di vederla.
"Senti, cosa dici, vengo lì da te e ti faccio da mangiare che secondo me non mangi niente con 'sto caldo."
Sorride. "Amore, ho paura che non c'ho niente nel frigo, al massimo puoi farmi da mangiare del Gatorade."
Sorrido. "Ma che c'entra, vengo lì e facciamo la spesa e poi ti faccio da mangiare"
Sorride. "Ce l'hai sempre la piscina, vero?" mi sussurra in un desiderio carnale di freschezza.
Sorrido. "Se non l'hanno demolita dovrebbe essere là, stamattina c'era."
"Dai vengo io da te che mi fai da mangiare e poi ci mettiamo in ammollo."
Impossibile non notarla. Impossibile. Anche nel supermercato degli automi alienati, che si muovono come se fossero soli in mezzo alla moltitudine, non si può non notarla. A metà tra la pubblicità della Coca Cola degli anni cinquanta e la migliore Serena Grandi degli anni ottanta, mi precede spingendo il carrello, arrampicata sui vertiginosi sabot di legno, il culo compresso negli short tinta panna, la schiena nuda e abbronzata interrotta dal groppo della camicetta turchese annodata sulla spina dorsale e dietro al collo, i capelli annidati in una figura geometrica impossibile, le mammelle impacchettate e protese verso il trionfo di un Canale di Suez plastico e sudato.
Inusuale.
Inusuale normalità quotidiana. Inusuale fare la spesa con quella Femmina Mammifera di cui tutto si può sospettare tranne che sia a conoscenza dell'esistenza di un supermercato composto da scaffali e cibi ed ancor più inusuale è scoprire che la Femmina Mammifera è a conoscenza di marche, prodotti, ortaggi e ricette.
La cassiera scorre i prodotti sullo scanner senza toglierle gli occhi da dosso, perché vi sono esseri umani talmente intrisi di sensualità e bellezza che rendono secondaria l'appartenenza alle file degli eterosessuali, dei bisessuali o degli omosessuali, divenendo desiderabili da tutti e da tutte, quasi fossero idoli pansessuali e lei è così.
Insalata greca, gamberi dell'Atlantico marinati con sale, olio evo e limone, formaggio e olive, pizza pugliese e Chardonnay ghiacciato che, pure se fa un caldo infernale, non può mancare. Niente luce sotto la veranda, basta l'illuminazione della piscina, ci si vede bene in faccia appena gli occhi si abituano, ma lo sai che sei uguale a Ava Gardner, sé Ava Gardner, ma ti giuro e mi guarda con quegli occhi scuri e torbidi che divengono elemento separato da quel sorriso bollente e contagioso, perché gli occhi da soli farebbero un'affascinante paura e la bocca sorridente un rassicurante calore.
Parliamo poco, ci guardiamo molto e sorridiamo come due liceali rincoglioniti, ciascuno con il proprio bel ragionamento in testa, un bel ragionamento che stupirebbe assai quell'altro, ma ciascuno ben abbarbicato alla certezza che è meglio non dire, per non complicare, per non guastare, per non mutare il precario equilibrio naturale.
Mangia i gamberi con le mani e io la stimo, mentre mi guarda e poi guarda il gambero e con piglio maschile e mi dice che son da sposare e io le dico che pure lei è da sposare con il pacco di quattrini che ha in banca e lei ride di splendidi denti e occhi strizzati, appoggiandosi all'indietro con il gambero elegantemente retto dalle eleganti dita dell'elegante mano. E sudiamo, proletariamente, sudiamo a fontana.
Sudiamo calore e Chardonnay micidiale, lucidi, con una giornata infinita appiccicata addosso e poi, a un tratto inatteso, lei si alza e mi dice che bisogna farlo subito il bagno, prima che inizi la digestione e mette mano ai groppi e si sgroppa la camicia, scendendo dall'Olimpo dei sabot, sbucciandosi gli short di dosso e sfoderandosi il perizoma nero che rivela la fica animale pelosa e poi si avvia mammifera lungo il vialetto, mentre io verso due vodke ghiacciate tenendo d'occhio quel nudo capolavoro erotico che entra nell'acqua guardandomi con un sorriso ammiccante.
Poso le vodke sul bordo mentre lei incrocia le braccia sullo stesso bordo e vi posa il viso bagnato d'acqua e capelli e io mi spoglio, osservato, gradito, desiderato ed entro anche io nel refrigerio agognato, galleggiando sul bordo accanto a lei e i riflessi la rendono sublime come la dea che, nei fatti indiscussi ed indiscutibili, è. La tocco e mi bacia, ci baciamo alla vodka gelata, carezzandoci lievi e poi lei sorride e scatta avvitandosi in su, sedendosi sul bordo, ed apre le gambe e io assaggio il suo sapore del giovedì, tra peli bagnati e labbra sudate, godendo di profumo e sapore di femmina mentre lei sussurra roca e sorridente, accarezzandomi la testa, che la lecco meglio di una donna e nel surreale mondo in cui siamo prigionieri, quello è un riconoscimento di assoluto prestigio.
Scopiamo nell'acqua mischiando piaceri termici a piaceri sessuali, mugolando ciascuno in bocca a quell'altro, gocciolando, interrotti solamente dai gorgoglii gastrici della piscina che ingoia se stessa e la tengo stretta a cavallo, impalandola fonda mentre si aggrappa al mio collo e mi guarda nell'anima con quegli occhi assassini che sono assassini anche quando tentano di dire cose che assassine non sono. E poi usciamo e fumiamo, stesi sul bordo come se fossimo ad Acapulco e la trovo di una bellezza destabilizzante e sento che le convinzioni viscerali della mattina vacillano e, forse, è bello anche quello, è bello far vacillare la struttura come una casa col terremoto e poi rallegrarsi che anche con quella scossa, anche con quella forte scossa, nulla è crollato.
"Ti fermi stanotte?" chiedo conoscendo perfettamente la risposta.
"No tesoro, vado a casa" mi dice con un sorriso, risalendo sui sabot.
Poi mi bacia e mi ringrazia dicendomi che è stato bellissimo ed è un gran vero, è stato proprio bellissimo.
La accompagno alla macchina, aprendo la porta di quella deliziosa Mercedes Roadster del 1984 color champagne e lei sale facendo ronfare gli otto cilindri quattromilanovecento a benzina, mettendosi le cinture e prendendomi la mano.
"Tazio"
"Dimmi"
"Non fartela scappare. Sali a trovarla."
E poi, sorridente e radiosa, mette la retro e scompare nella notte rovente.
"Dammi uno squillo quando sei in casa" urlo come una massaia apprensiva e lei mi sfanala per dirmi di sì.
Straordinaria, stupefacente, destabilizzante ed irraggiungibile.
Milly.
"Senti, cosa dici, vengo lì da te e ti faccio da mangiare che secondo me non mangi niente con 'sto caldo."
Sorride. "Amore, ho paura che non c'ho niente nel frigo, al massimo puoi farmi da mangiare del Gatorade."
Sorrido. "Ma che c'entra, vengo lì e facciamo la spesa e poi ti faccio da mangiare"
Sorride. "Ce l'hai sempre la piscina, vero?" mi sussurra in un desiderio carnale di freschezza.
Sorrido. "Se non l'hanno demolita dovrebbe essere là, stamattina c'era."
"Dai vengo io da te che mi fai da mangiare e poi ci mettiamo in ammollo."
Impossibile non notarla. Impossibile. Anche nel supermercato degli automi alienati, che si muovono come se fossero soli in mezzo alla moltitudine, non si può non notarla. A metà tra la pubblicità della Coca Cola degli anni cinquanta e la migliore Serena Grandi degli anni ottanta, mi precede spingendo il carrello, arrampicata sui vertiginosi sabot di legno, il culo compresso negli short tinta panna, la schiena nuda e abbronzata interrotta dal groppo della camicetta turchese annodata sulla spina dorsale e dietro al collo, i capelli annidati in una figura geometrica impossibile, le mammelle impacchettate e protese verso il trionfo di un Canale di Suez plastico e sudato.
Inusuale.
Inusuale normalità quotidiana. Inusuale fare la spesa con quella Femmina Mammifera di cui tutto si può sospettare tranne che sia a conoscenza dell'esistenza di un supermercato composto da scaffali e cibi ed ancor più inusuale è scoprire che la Femmina Mammifera è a conoscenza di marche, prodotti, ortaggi e ricette.
La cassiera scorre i prodotti sullo scanner senza toglierle gli occhi da dosso, perché vi sono esseri umani talmente intrisi di sensualità e bellezza che rendono secondaria l'appartenenza alle file degli eterosessuali, dei bisessuali o degli omosessuali, divenendo desiderabili da tutti e da tutte, quasi fossero idoli pansessuali e lei è così.
Insalata greca, gamberi dell'Atlantico marinati con sale, olio evo e limone, formaggio e olive, pizza pugliese e Chardonnay ghiacciato che, pure se fa un caldo infernale, non può mancare. Niente luce sotto la veranda, basta l'illuminazione della piscina, ci si vede bene in faccia appena gli occhi si abituano, ma lo sai che sei uguale a Ava Gardner, sé Ava Gardner, ma ti giuro e mi guarda con quegli occhi scuri e torbidi che divengono elemento separato da quel sorriso bollente e contagioso, perché gli occhi da soli farebbero un'affascinante paura e la bocca sorridente un rassicurante calore.
Parliamo poco, ci guardiamo molto e sorridiamo come due liceali rincoglioniti, ciascuno con il proprio bel ragionamento in testa, un bel ragionamento che stupirebbe assai quell'altro, ma ciascuno ben abbarbicato alla certezza che è meglio non dire, per non complicare, per non guastare, per non mutare il precario equilibrio naturale.
Mangia i gamberi con le mani e io la stimo, mentre mi guarda e poi guarda il gambero e con piglio maschile e mi dice che son da sposare e io le dico che pure lei è da sposare con il pacco di quattrini che ha in banca e lei ride di splendidi denti e occhi strizzati, appoggiandosi all'indietro con il gambero elegantemente retto dalle eleganti dita dell'elegante mano. E sudiamo, proletariamente, sudiamo a fontana.
Sudiamo calore e Chardonnay micidiale, lucidi, con una giornata infinita appiccicata addosso e poi, a un tratto inatteso, lei si alza e mi dice che bisogna farlo subito il bagno, prima che inizi la digestione e mette mano ai groppi e si sgroppa la camicia, scendendo dall'Olimpo dei sabot, sbucciandosi gli short di dosso e sfoderandosi il perizoma nero che rivela la fica animale pelosa e poi si avvia mammifera lungo il vialetto, mentre io verso due vodke ghiacciate tenendo d'occhio quel nudo capolavoro erotico che entra nell'acqua guardandomi con un sorriso ammiccante.
Poso le vodke sul bordo mentre lei incrocia le braccia sullo stesso bordo e vi posa il viso bagnato d'acqua e capelli e io mi spoglio, osservato, gradito, desiderato ed entro anche io nel refrigerio agognato, galleggiando sul bordo accanto a lei e i riflessi la rendono sublime come la dea che, nei fatti indiscussi ed indiscutibili, è. La tocco e mi bacia, ci baciamo alla vodka gelata, carezzandoci lievi e poi lei sorride e scatta avvitandosi in su, sedendosi sul bordo, ed apre le gambe e io assaggio il suo sapore del giovedì, tra peli bagnati e labbra sudate, godendo di profumo e sapore di femmina mentre lei sussurra roca e sorridente, accarezzandomi la testa, che la lecco meglio di una donna e nel surreale mondo in cui siamo prigionieri, quello è un riconoscimento di assoluto prestigio.
Scopiamo nell'acqua mischiando piaceri termici a piaceri sessuali, mugolando ciascuno in bocca a quell'altro, gocciolando, interrotti solamente dai gorgoglii gastrici della piscina che ingoia se stessa e la tengo stretta a cavallo, impalandola fonda mentre si aggrappa al mio collo e mi guarda nell'anima con quegli occhi assassini che sono assassini anche quando tentano di dire cose che assassine non sono. E poi usciamo e fumiamo, stesi sul bordo come se fossimo ad Acapulco e la trovo di una bellezza destabilizzante e sento che le convinzioni viscerali della mattina vacillano e, forse, è bello anche quello, è bello far vacillare la struttura come una casa col terremoto e poi rallegrarsi che anche con quella scossa, anche con quella forte scossa, nulla è crollato.
"Ti fermi stanotte?" chiedo conoscendo perfettamente la risposta.
"No tesoro, vado a casa" mi dice con un sorriso, risalendo sui sabot.
Poi mi bacia e mi ringrazia dicendomi che è stato bellissimo ed è un gran vero, è stato proprio bellissimo.
La accompagno alla macchina, aprendo la porta di quella deliziosa Mercedes Roadster del 1984 color champagne e lei sale facendo ronfare gli otto cilindri quattromilanovecento a benzina, mettendosi le cinture e prendendomi la mano.
"Tazio"
"Dimmi"
"Non fartela scappare. Sali a trovarla."
E poi, sorridente e radiosa, mette la retro e scompare nella notte rovente.
"Dammi uno squillo quando sei in casa" urlo come una massaia apprensiva e lei mi sfanala per dirmi di sì.
Straordinaria, stupefacente, destabilizzante ed irraggiungibile.
Milly.
mercoledì 16 maggio 2012
Conversazioni nell'Universo Parallelo
“Ho deciso di abbassare la soglia
di selettività, Tazio” – mi dice Milly infossata nel vecchio divano di pelle,
con addosso la vestaglia di seta nera semiaperta – “e così ho ricontattato alcuni esclusi dell’anno scorso. Una parte
erano quelli che c’erano qui stasera”
Mi informo su quali fossero i precedenti criteri di selezione.
“Non c’era un criterio
matematico, si consideravano molti elementi, non ultimo quello della
possibilità, per alcuni, di essere riconosciuto da altri che avrebbero potuto
usare la notizia contro di loro. Veti dal consiglio, se vuoi.”
Capisco. Bisogna avere soldi e essere o innocui o amici degli amici
degli amici.
Habana siede ai suoi piedi, sul tappeto, aggrappata al suo polpaccio,
con addosso una camicia a quadri da uomo, molto, ma molto più ampia di lei.
L’uomo se ne sarà andato e la camicia sarà restata, in assonanza con la
vestaglia di Milly. I capelli le stanno ricrescendo, è stupenda in ogni modo.
“A che punto sei con la
meditazione sulle feste Milly?” chiedo anche per organizzarmi.
“Buono. Anzi ottimo, direi. Ti
aggiorno. Le feste non verranno fatte qui, ma in Villa […]. Ho ottenuto l’uso
da uno dei soci benemeriti. Verrà fissato un giorno della settimana, che credo
sarà il venerdì, che così anche se si fa mattina il giorno dopo è un sabato. Le
feste saranno a pagamento, ma certo non per te Tazio. Ogni venerdì una festa,
alcune a tema, altre semplici feste di gala danzanti con buffet”
Semplici feste di gala danzanti
con buffet. Fatico a isolare il minimalismo dalla frase.
Grandiosa, però, l’idea delle feste in quella Villa. E’ enorme, dai
miei ricordi. Ci sono entrato solo una volta, sei milioni di anni fa. Molte
potenzialità, sì, molte.
Poi scende in dettagli economici. Prezzo per persona, persone
potenziali. Un botto. A quel punto chiedo diretto quant’è la quota associativa
annuale. Moltiplico per i soci, aggiungo le feste e rimango basito.
Mi guarda con un ghigno satanico.
“Vuoi sposarmi adesso, amore,
vero?” e ride, portando la mano dietro la nuca di Habana, tirandola a sé, e
la Bella d’Ebano capisce al volo, scivola sinuosa tra le gambe di Milly che si
spalancano e comincia a leccarle le fica, mentre l’Imperatrice si accende una
fetida Gauloise.
E geme lieve, soffiando il fumo
verso l’alto.
Adoro i post serata nella zona demilitarizzata degli appartamenti
millyani.
“Hai una data di debutto?” le
chiedo.
“Non ancora” - mormora
palesemente distratta dalla lingua rosa che le guizza rapida tra i peli corvini
– “ci sono alcuni lavori di completamento,
imbiancature, tappezzerie, arredi che devono essere completati. Penso verso la
fine del mese prossimo, approssimativamente” e poi aspira aria tra i denti,
guardando il viso di Habana con un sorriso, carezzandole la testa ispida di
capelli in crescita.
“Notizie di Inquieta?” – le
chiedo assestandomi sulla seduta, perché alla Bella d’Ebano è scivolata la
camicia scoprendo una spalla e quella pelle nera e quello slurpare rumoroso, zuppo
e compulsivo me l’hanno fatto diventare durissimo ed avrei bisogno di tirarlo fuori
per dargli sollievo.
“Quella vecchia troia. Sembra
che…” – ed interrompe per mugolare a bocca aperta sorridendo alla vitellina
leccante – “… sembra che voglia aprirsi
un Circolo.. su…suo…” – e geme di nuovo scivolando sulla seduta per offrire
di più la fica alla divinità nera – “… ma
io me ne sbatto… tirerò fuori qualcosa di impe…di imperiale da qui… non la temo
di cer..to” – ed ondeggia il bacino, arricciando le dita dei piedi. E io
conosco bene quelle dita dei piedi e so che quando si arricciano Milly comincia
ad essere vicina. Come non capirla, d’altra parte, con una vitellina così
dedicata e devota che le slurpa salivosa la fica infilandole le dita in tutti i
buchi dilatati.
“Ti sei chiavato la su…sua tro…ia?”
mi chiede scomposta, con palese riferimento a Svetlana.
“No” rispondo godendo di vederla godere.
“Cosa aspetti? Fattela… vai a… a
prend…derla…” mi dice abbandonandosi sullo schienale, oramai incapace di
sostenere la conversazione. Subdola Milly, a questo punto si fa senza
esclusione di colpi, vero?
Adoro i post serata qui.
Taccio e le guardo. E penso che questo è un vero Universo Parallelo e
che lei è veramente un’Imperatrice.
E dopo un certo tempo Milly si tira i capezzoli sino a deformarli, con
l’acconciatura disfatta riversa all’indietro, squarciando l’aria con un urlo
violento, sollevando i piedi da terra, con quelle belle dita arricciate.
Sì, è un meraviglioso Universo Parallelo.
E io ne faccio parte attiva.
Delizia.
giovedì 10 maggio 2012
Coup de théâtre
Una
serata di maggior presenza della sera precedente. Chiacchiero nel Salone Principale
con la Coppia Bestia, la Signora Dai Capelli Corti e l’Amante. Le Musiciste
suonano, la Violinista è lì.
Poi
Alcyator e Raphaèl entrano, prendendo una dormeuse e la posizionano al centro.
Stazionandovi accanto, composti, quasi sull’attenti.
E
di lì ad un minuto arriva lei, la Padrona. Con addosso solo quella tunica nera
col cappuccio che vedo spesso addosso ad Habana, ed un vertiginoso paio di
platform, che so essere sempre di Habana. Che però, questa sera, non ha bisogno
di niente di tutto questo, perché è completamente nuda, con la mascherina nera,
il collare e il guinzaglio tenuto dalla Padrona, le cavigliere e le polsiere di
cuoio allacciate dietro la schiena, scalza. La Padrona e la sua Schiava di
Ebano.
Habana
sosta in piedi, eretta, nudissima, col guinzaglio che le pende in mezzo ai
seni. E
tutti la guardiamo, bellissima, aliena, statuaria.
Miss
Milly le libera i polsi e le sussurra all’orecchio, e lei scatta a sfilarle la
tunica da sopra la testa, rapidissima. E Milly, per la prima volta da non so
quanto tempo, compare completamente nuda a tutti gli ospiti. Si lecca la mano
destra ed inizia a masturbarsi delicatamente, passando in rassegna davanti a
tutti, issata su quelle vertigini nere, lasciandoci ammutoliti, seduti,
immobili. Poi, una volta davanti a me, alza il dito indice della mano destra,
indicandomi, e poi ritorna al centro.
Ed
Habana viene felina da me a prendermi per mano per condurmi dalla Padrona, nel
centro della stanza.
“Fammi godere. Ora.” dice Miss
Milly con voce fredda e stentorea, distinguibile da tutti.
“Fammi godere”, non “Scopami”. Perfetta scelta della frase,
perfetta.
Ed
Alcyator, Raphaèl ed Habana mi spogliano, mentre la Padrona, seduta sulla
dormeuse a gambe aperte, ostenta un’oscena masturbazione.
Davanti
a tutti.
Una
Maestra.
Un
evento estemporaneo, inatteso, forte.
Una
cosa che rimbalzerà tra i telefonini di tutti, domani.
La
Padrona ha eletto un prescelto e lo ha scopato, davanti a tutti.
Mi
sono fatto cavalcare furiosamente, rumorosamente, violentemente, bestialmente.
Nessun
rapporto orale, Milly non succhia nessuno. Lei è la Padrona. Lei si fa leccare,
ma non succhia.
Lei
cavalca, ordina, secca, a voce altissima, assume la posizione, si attende
impegno, performance, durezza, resistenza, brutalità scomposta, assenza di
sentimentalismi. Ed io le ho dato tutto questo, sentendola godere veramente,
perché io conosco come gode veramente Milly. Ed io ho goduto visceralmente a
performare duro davanti a tutti. Mi sono sentito un dio, ho finito per crederci
di essere stato veramente il prescelto, pur sapendo benissimo che al mio posto
non ci sarebbe stato nessun altro, perché Milly è schizzinosa e selettiva. Ma
quella era l’unica finzione. Il resto era tutto vero. E tutti sono finiti per
credere veramente che, la prossima volta, pur non sapendo quando sarà, al mio
posto potrebbe esserci uno di loro.
“Adesso voglio vederti sborrare. Sega!” ordina ed
io eseguo. Mi masturbo furioso, a gambe larghe, semi steso, davanti a lei. Mi
schizzo sulla pancia non appena appoggia il piede nudo sulla mia coscia,
tormentandosi la passera pelosa, simulando un orgasmo rabbioso e compresso.
Che
so essere finto. Ma lo so solo io.
Pausa
di sospensione, rimango ansimante. Tutti sospesi.
L’Amante
scatta in piedi e lancia l’applauso. Entusiasta. Viene seguito da tutti i
presenti, che si alzano in piedi. Standing ovation. Milly sorridente si fa
rimettere la tunica da Habana. Jezebel, arrivata dopo, mi passa un asciugamano.
Le Musiciste suonano Vivaldi. E’ il delirio collettivo.
Miss Milly c’è.
Eccome se c’è.
mercoledì 9 maggio 2012
Consulenze notturne
Sono
oramai le due e io sono stanco, mi brucia un po’ la cappella e avrei voglia di
farmi una sega annusando i piedi di Haby. Invece devo chiamare a raccolta i
miei due neuroni e partorire delle idee utili a rinnovare la passione nei suoi
clienti abituali, ad invogliare i dormienti e ad accalappiarne dei nuovi.
E
allora se deve essere sia.
Le
faccio presente, innanzitutto, che la Casa va rinnovata e rinfrescata. Ci sono
pezzi di carta da parati scollati, la corsia rossa è lisa, il salotto verde
richiede di essere tappezzato con della pelle nuova. E lei mi dice che è già in
programma e di proseguire.
E
io proseguo.

Poi
da cosa nasce cosa. Si attrezza una stanza discreta in cui i più esibizionisti
possano esprimersi.
E
lei deve essere mozzafiato, deve essere l’ospite perfetta, che gestisce e
pilota.
Le
feste sono, a mio avviso, il veicolo del cambiamento. E anche dello
svecchiamento. Perché l’età si sta sempre più alzando e il nemico numero uno
dei suoi libri sociali è la prostata.
I
temi possono essere diversi: mascherata, exotic and erotic, bdsm, veneziana con
le Musiciste che fanno Vivaldi, fantasy con dei bodypainter. In quel caso la
festa comincia a mezzanotte e dalle venti a mezzanotte tutti sotto a farsi
dipingere.
Io
mi occuperò di produrre degli inviti accattivanti, con una body copy ben
costruita ed immagini stimolanti. Porto lì due o tre modelle a cui aggiungiamo
Habana, che risulta imprescindibile. Lei è The Body, la Pantera, la Schiava.
Nudo con stile, con gusto. Erotismo. Decadenza. Le dico che anche lei dovrebbe
posare molto svestita per quei leaflet, perché deve personalizzare, perché la
Casa è Miss Milly.
E
alla fine sono esausto.
E
mi accendo una sigaretta attendendo l’ira funesta.
“Cena a buffet, camerieri,
rinnovamento, bodypainter, pulizie, soldi, soldi, soldi, soldi” dice
stanca “soldi e fatica da somari, perché
io le ho fatte le feste e lo so che sono distruttive. Però forse hai ragione, è
un modo per andarseli a prendere tutti”
“Parti con una cosa semplice, non
complicata. Parti e vedi che risposta dà questa novità. Lamentano tutti che
l’offerta è bassa.”
“Pezzi di merda”
“Sì, ok, ma se se ne vanno tu sei per
cartoni.”
“Bastardi”
Inginocchiata
per terra, Haby le massaggia i piedi mentre lei si massaggia la tempia
aspettando che l’Oki le faccia effetto. Segue una lunga pausa.
“In quanto tempo potrebbero essere
pronti gli inviti fighi?” mi chiede spossata.
“Mezza giornata per il servizio, un
giorno per l’impaginazione, tre giorni per la stampa. Di quanti inviti
parliamo?” chiedo.
“Un centinaio” mi
risponde senza esitazione.
“In una settimana hai tutto, li
facciamo in digitale”
“Con che tema partiresti?” mi chiede.
“Maschere. E’ il più elastico. E poi
potresti inviare le maschere a tutti, attaccate all’invito, sarebbe fico”
Sorride
fiacca e sussurra “carino”. Segue
pausa. Si accende la fetida Gauloise e emette il verdetto.
“Facciamo questo tentativo allora”
Facciamolo.
Quando
l’Imperatrice chiama, Tazio risponde.
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