Pagine

martedì 5 maggio 2015

Vita che va e vita che viene

Ebbene sì.
E che diamine di fatica riuscire a sedersi e a sintetizzare i fatti, i punti, gli eventi, le sfumature, le attese, le pulsioni e le vittorie di questi ultimi convulsi giorni così intensi e così forieri di mille spunti di riflessione e di mille atteggiamenti da interpretare e di mille emozioni da riclassificare e una vita da rimodulare, partendo anche dalle graditissime nuove abitudini consolidatesi immediatamente come se fossero antichissime le loro araldiche radici: gli amici, i ritrovi, i convivi, le dame, l’arme e gli onor.

Sabato Taziale all’insegna dell’Amarcord, seduto centralmente al bar Centrale a tessere scene mentali lesbo butch aventi come protagonista l’affascinante, tendinea, elegante, mascolina ed altissima proprietaria Raffaella detta Raffa, tessitura interrotta a più riprese dalla comparsa di figure del passato che si sono susseguite come attori nell’atto finale di una commedia in scena per l’ennesima serata: la Giulia trafelata di male esistenziale che perfettamente si ricolloca in quella nicchia in cui è la lana che copre, ma è la penna che svela, tristemente affettuosa come se ci fossimo visti il dì prima, la Emy così bella così gambestupende e così pulita che mi bacia facendo aderire le sue morbide labbra buccali alle mie, fresca d’allegria, sgravata da zavorre dell’assurdo (il Loca, per sempre), generosa del suo nuovo numero di telefono e disponibile alla pizza ignorante che tante ve n’è da raccontarsi, la Schizza turbinante ed annoiatamente seria che, abrogando il ciao iniziale in maniera molto kewl, ma anche molto giracollions da parte mia, esordisce con un “Ma tu non eri a Praga?” e poi diviene vortice d’azione mentre ancora stavo formulando la battuta di risposta, poiché la attendevano in- seconda-fila-scappo-ciao, la Betta lontana che sgrana sorridente occhi segreti tra sacchetti di sedani e marmocchio e marito e amici e tra di noi gli sguardi e i sorrisi e la malinconia che mi morde il cuore e mi fa scolare altri due Campari a suggello dell’imperituro impegno a ricontattarla assolutamente, non per fini sessuali, ma per il piacere di un abbraccio di cui sento di avere bisogno. Specie da lei.

E segue poi il pranzo maschiale del sabato alla Solita, col Sa-aaarti, Zack, Umbe, Virus-Ceccherini ad esclusione di Max, assente per motivi giustificati dal turbinio di fioristi e tulle e banchi, posti, menu, vestiti, sarto e ogni cazzo di diavoleria asciuga quattrini consumata a sacrificio del viaggio di nozze che alle ore tredici e diciassette, mentre il Sa-aaarti mi aggiorna sui puttanali di tale “Lanapoletana” esercitante nelle PEEP di Sguazzalara dopo il ponte sul fiume sulla destra, prendo l’irrevocabile decisione di regalare il volo nuziale a titolo personale a Max e Mammelluta Signora, individuando quella soluzione di viaggio a Los Roques confacente alle attese di due che si sposano per l’unica volta della loro vita (mi auguro con calore) o per tutte le mattine della medesima (e me lo auguro con calore ancor superiore ed una piccola morte di dentro, da qualche parte).

In alto a sinistra nella piazza, simbolo della mia sgangherata vita, mi salutano scrostate le finestre a gelosia dell’appartamento della defunta signora Reguzzoni che ho strappato agli eredi dopo interminabili trattative condotte anche dall’estero tramite il mio agente immobiliare preferito (i più attenti si ricorderanno un accenno in tale senso, qualche tempo fa) e che ora è formalmente mio, mio e solo mio e che attende alcuni piccoli lavori di sistemazione e l’entrata del mio misero mobilio attualmente parcheggiato nell’umido e disonesto garage del Costa, con il Divindivano in cerca di autore, la libreria di design smaniosa di librare, più una lampada Arco Flos che, cazzomerda, oggi posso permettermi nella versione originale con blocchetto di cemento e vaffanculo tutto, che sono i dettagli che rendono la vita meritevole d’essere vissuta.

E segue poi il Convivio del Sabato Serale lungo il fiume a mangiar del pesce, con la Maggie molto casgiual in ballerine nere decalzate e jeans di morbido twill cinese nella nuance del turquoise che così bene definisce le forme della corposa cula a pecorinabile chiappa lunga da femmina MILF, e nelle mie nari si materializza l’afrore delle navi della compagnia delle Indie che trasportano distillato di sudore erotico di piedi di femmina sessuale e carne e pelle e dita odorose da leccare e, con stratagemmi linguistici di facilità deliziosa, che suscitano l’ilarità del gruppone, strappo, sgarbisco e rapino a volto scoperto un numero di cellulare che sancisce il taglio del nastro della Grande Opera di traforo della sua sorca bisognosa di trivella intarsiata di vene cazzee, il cui progetto è già pronto ed attende solo il cartello di cantiere recante il nome del committente e del direttore dei lavori.

Vita che va e vita che viene, con in tasca un biglietto aereo che a tardo pomeriggio mi ricondurrà a Praga per una capatina brevissima che tornerà a materializzarmi ai tavolini del Centrale non più tardi di giovedì a metà pomeriggio e, a ben vedere, questa soluzione di up and down like a yoyo è la più intelligente e furba e utile e sana e rinfrancante e basta.

Vita che va e vita che viene e il Mattinale della Domenica Taziale vede la Lidia davanti a me separata solo da un bicchiere di Campari tra i festosi tavolini lesbici e poi, non chiedetemi come e non chiedetemi soprattutto il perché, nella scena successiva che doveva essere fatta di due innocue  “fette di prosciutto da me” mi ritrovo nudo e durissimo, aggrovigliato al suo violento corpicino nudo e liscissimo ad assaggiare, godendo da bestia,  il succo acidulo della sua fica perfettamente depilata e gonfia di sozze voglie depravate a trascorrere ore, interminabili ore a chiavare e a ficcare come non ficcavo e chiavavo da tempo, senza lesinare la componente accesamente violenta a quel corpo a corpo interminabile in cui persino polsiere sadomaso e manette sono comparse a sostenere il malato livello e a generare bave ringhianti che hanno reso la demoniaca monta belluina un pezzo di particolare identità espressiva che non rimpiango né rinnego, ma non per questo ritengo ve ne sarà una ripetizione prossima nel tempo.

Vita che va e vita che viene e il culo generoso della Barbarella, giovanissima camerierina new entry della Solita, fuso in quelle leggins color antracite riaccende i miei motori a turboelicacazzea e mi spinge, senza alcuna prova sostenibile da qualunque barlume di logica, ad interpretare in quel bagliore dei suoi nerissimi occhi l’invito ad osare, ad avanzare guerriero verso il processo di fusione del mio volto nel suo spacco culeo paradisiaco e questo essere arrapato selvaggiamente, sempre e costantemente, mi induce a pensare che sarà l’aria, o forse l’acqua, o forse il circolo spiralato della vita a riportarmi ad essere ciò che sono, con le malinconie, le gioie, le soddisfazioni e le delusioni di una vita adesiva che va e che viene e che quando si stacca fa male, ma quando si riposiziona più aderente di prima assume il senso compiuto di ciò che senso non ha e, proprio per questo, va chiamata vita.

3 commenti:

  1. Che bella indigestione di superba provincia taziale ;)

    RispondiElimina
  2. Giulia= Peppemerda
    Lidia=Luchino
    o sbaglio?
    Non vorrei essere un pò arrugginito
    Bella 'Zio

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non sbagli zio.
      Ade = Ruggi, ma quello te lo ricordavi.

      Elimina