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venerdì 21 settembre 2012

In un turbinio di tette la sera giunse, TazionoTazionoTaziono

E la sera comincia a tingere quando la Betta entra con quattro carte in mano che le devo firmare e, mentre vergo il mio nome in bella scrittura, mi faccio due conti e mi rendo conto che in bottega ci siamo solo io e lei poiché questo, quello e quell'altro sono in luoghi di non ritorno e mentre sono alla terza firma, che minio con svolazzi impreziosenti, faccio scivolare l'occhio di sotto e vedo il suo alluce, appaiato con l'illice, che fa bella mostra di sé dal buco dei sabot e dentro di me sento il risveglio della giungla, della tundra e della savana, sento la risaia in rivolta, la filanda in fiamme, la pineta che arde e la palude che bolle, sento il monito saggio del macellaio mannaro che mi esorta a non sprecare il bendiddio e godere di carne tremula e molle, di odori, di liquidi, di peli, di sudori mal sopiti e mi ereggo agguantandola, trapanandole la gola con uno slinguo degno della miglior razza bovina, slinguo che la coglie impreparata dapprima e competitiva dappoi e mentre odo un lamentoso "Tazio no, Tazio qui no, Tazio dai, Tazio fermo" scavo nella carne pancea trovando il malefico bottone del dermojeans epiteliale e, rompendomi un'unghia, lo faccio scivolare fuori dall'asola, al fine di scuoiarle di dosso pantaloni e mutandine, arrotolandoli alla caviglia, per tuffarmi a bocca aperta nella meravigliosa Foresta Nera ficale, cercando di rianimare l'ipertrofico cazzo che in breve svetta tra le mie labbra, scappellato, carnoso, elongato e turgido, miracolo della Natura Generosa che lascia a bocca aperta, esortando con le sue meraviglie a sbocchinare a più non posso.
 
"TazioTazioTazioTazionoTazioquino"
ripeti l'incessante ed inutile mantra, ma intanto dimeni il bacino e, con le caviglie appaiate apri le gambe offrendomi la sorcona gonfia da leccare e sbocchinare, da annusare pisciona e odorosa ed è un attimo, un flash, una frazione infinitesimale dell'universo di Maxwell moltiplicato per la costante di Planck, fratto la variabile di Katz che sei a novanta aggrappata al bordo della mia scrivania che ti fai fottere alla pecora e io osservo, nella beatitudine dell'arte, fors'anche con un principio di sindrome di Stendhal, il mio Tarello Ultrasonico Turbo Randazzo Rampazzo che scivola dentro e fuori dalla tua ficona scura e gonfia, proprio in mezzo a quelle chiappe bagnate che valorizzano ed esaltano l'artistica bestialità ammutolente del tuo buco del culo peloso che si schiude ad ogni affondo fendente che la mia Spada di Roccia ti infligge.

"TazioTazioTazioTazionoTazioquinoTazio" e ansimi come un alce, come un caribù, come un facocero africano, come un'ornitorinca neozelandese troia ed io sbatto, svango, profano, trivello e caroto, mentre in multitasking ci liberiamo degli indumenti che non appartengono alla nostra civiltà, ai nostri costumi primitivi della valle di Neander e ignudi e selvaggi ci avviluppiamo sul divanetto guascone, fottendo come due assatanati, leccandoci come fossimo Calippi ed io godo, godo dell'amaro del deodorante sulle tue ascelle, mentre tu sollevi la mammella stile Impero dirigendola verso la bocca per succhiarti il capezzolone rugoso e mi prende lo sturbo ed accelero, sollevandoti le gambe sulle spalle, che è il modo in cui amo chiavare più di ogni altro al mondo, annusandoti i piedi mentre tu, pudica, arricci le dita nel timore che essi puzzino, ma è troppo tardi, mia cara, perché mentre frullo a percussione la tua sorca bollente, godo di quell'odore maschile, che è cosa che capita dopo un intero giorno nei sabot infernali ed è stupendo conoscerti, mia Betta adorata e lecco tra le dita e fotto e percuoto e tu ti seghi il cazzetto e poi emetti un suono gutturale simile al richiamo del mammut siberiano in calore e vieni urlando il mio nome e ciò mi rende orguogliuoso e poi mi diventi un ossesso e mi imponi, mi ordini, esigi senza remissioni della pena che io venga, subito, immediatamente e ti scivolo fuori levigando il pennone e ti chiedo scomposto dove avresti piacere che riversassi il contenuto del mio volatile e tu raggruppi le sporte carnose, abbandoni il capo all'indietro ed io schizzo grugnendo e sbattendo la cappella sulle sporte medesime, ben irrorate di sperma curativo.

***
Ritorni dal bagno, nuda, poiché ti sei precipitata a cancellare ogni traccia che nemmeno col Luminol troverebbero uno spermatozoo. Ti vesti compulsiva, veloce, non dici una parola, troppo intenta a ricomporti, mentre io fumo svaccato sulla sedia giocherellando col cazzo ancora turgido.  
Poi ti alzi, ti sistemi i capelli e mi guardi con un sorrisetto suino. Ti avvicini, mormori che è tardi e che devi andare, ti chini a baciarmi e mi palpi l'uccello, mi baci e mi dici in un soffio "Finalmente sei tornato al mondo Taz".
Superbetta Ultracosmica.
Ai lov iu.

3 commenti:

  1. ma che davvero? la bettina ha ceduto?? wow!

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  2. Beh, la Betta cedette a suo tempo, c'era ancora la neve. Lo strappo alla regola del "in ufficio mai e poi mai" quello sì è una novità.

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  3. ha ragione la Betta... é questo il Tazio che conosciamo ;)

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