J'ai deux amours, mon pays et Paris.
E dopo cena mi sorge la necessità di digerire la canard ed allora mi avventuro a passeggiare e ad un tratto vedo un negozio aperto, uno di quelli che vendono gioielli di basso costo, bigiotteria ed affini e, siccome ha le porte tenute aperte, entro. Così, per sport. Per cazzoneria, per noia. E mi metto a girare meditabondo osservando i banchi illuminati e poi, d'improvviso, la vedo e mi colpisce. Una bella magrebina, ma bella bella, riccia riccia, con il visino illuminato dal bancone espositivo e la guardo e lei, alzando gli occhi, vede che la guardo e mi guarda e io giro e la guardo e lei gira e ogni tanto mi guarda e così prendo la decisione e sfodero un sorriso Colgate e faccio un timido ciao veloce con la manina e lei ride e mi guarda e io rido e la guardo e 'sta menata si trascina per un bel dieci minuti, sinché d'improvviso lei, traditrice, si gira mi fa ciao ed esce in strada e se ne va.
Che non esiste, diciamocelo.
Per cui via, superrazzi ultrafotonici on e attraverso il negozio e esco come la furia dell'apocalisse, ma non occorreva, perchè lei era semplicemente lì, in contemplazione della vetrina accanto e allora la stampo, idiota come solo io so essere e lei ride, di denti candidi e una vocina sottile sottile e chiacchieriamo.
J'ai deux amours, mon pays et Paris.
A Parigi ciò che deve compiersi si compie senza intralci.
A Parigi c'è onestà intellettuale, nessuna prova, nessuna demo. O è, o non è.
E ci penso appena mentre lecco quelle piccole tettine dai capezzoli di cioccolato ricoperte di pelle ambrata di miele odoroso, calda, liscia, morbida, lecco i piedi belli da bambina, chiari sulla pianta, le entro dentro in un soffio, è larga, pelosissima, bagnata, carnosa, acre e seducente. La scopo forte, mi abbraccia, i ricci ispidi, l'alito profumato di pastis, le ascelle appena ispide, esotiche e salate, la pelle deliziosa da succhiare, il volto che si fa serio di piacere serio, sbatto, fotto, fotto, fotto, tra i suoi sensualissimi "oui" sussurrati, le unghie piantate nella schiena, la lingua rosa che lecca le belle labbra, la succhio, le scopo la bocca con la lingua, la giro, di fianco, di dietro, di sopra, bella, nudissima, caldissima, la mangio, la lecco, le infilo la lingua nel buco del culo scuro, carnoso, estroflesso, e lei viene in un pianto tenero e grazioso, un tono delicato, soave e musicale e poi balza come una fiera, mi spoglia della gomma impersonale e attacca un gran pompino rumoroso, con le guance depresse e la pelle un poco lucida e le scoppio nella bocca e lei, abile, lascia uscire la sborrata che mi cola lungo l'asta e lei sega, succhia e mugola, spalma sborra sulle tette e le dita le si imperlano di lucido, come il mento e le tettine e poi basta, ci si schianta ad ansimare, nella mia stanzetta anonima, che comincio già ad amare.
Che poesia.
Nessuno chiede niente a nessuno.
Ci siamo piaciuti, avevamo voglia di farlo, l'abbiamo fatto.
Mi ritrovo nudo, seduto sul letto, tenendo la mano a quella stupenda magrebina che mi guarda sorridente, vestita di tutto punto perchè sta andando e poi si china, mi bacia, mi sussurra che le è piaciuto e poi conclude, sulla porta, dicendo che ci si vede in giro.
E se ne va.
J'ai deux amours, mon pays et Paris.
Questa città è divina, divina, divina.
Una città divina per Tazio il Divino.
Vualà.
penso che una delle cose più intriganti siano proprio i mormorii sensuali dell'amore o del sesso in altre lingue...ultimamente mi affascinano, non so.
RispondiElimina