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lunedì 18 marzo 2013

Fanny e le altre. Il ritorno del Granporco

Eccomi rientrato nella mia cameretta del mio alberghetto, dopo una gioiosa giornata di felicità travolgente con i giovani spensierati dai caratteri frizzanti che mi a-do-ra-no. Spero che 'sta menata si componga in tempi rapidi, perchè comincio a rompermi il coglione.
Seccature a parte, vi aggiorno su ciò che è successo durante la latitanza weekendiana, che è da venerdì sera che non scrivo.
Quella sera, abitudinario patologico, sono andato a cena al Solito Bistrot, raffinata versione della Solita che ho lasciato al paesello. E lì, a una cert'ora, è arrivata la Fanny, la mia bella MILF francese dallo sguardo laido e dal capello biondo cenere.

Dovete sapere, così per una classificazione sommaria e generale che spero non infastidisca nessuno, che le donne parigine si dividono in diverse categorie.
La prima categoria è quella delle donne impegnate e su questa non ci spendiamo molto tempo.
La seconda sono le donne disponibili, che sono rilassanti all'approccio, poco cervellotiche e per nulla "strateghe" all'italiana. Sono donne che se hanno voglia ci stanno e non importa se è la prima uscita o il primo quarto d'ora che ci si è visti, ma ci stanno, perchè (cosa molto importante) partono dal concetto che non devono giustificare nulla a nessuno. E questa è l'emancipazione che io amo.
La terza categoria sono le predatrici. Le predatrici come hobby hanno il cazzo. Vi sono moltissimi locali in cui i maschi vanno a farsi preda e loro a predare. L'età della categoria è eterogenea: vi sono predatrici di 20 anni come di 60 e altrettanto dicasi per le prede.
La quarta categoria sono le prostitute. Parigi è una città meravigliosa sul fronte della prostituzione e, per uno come me che ne è morbosamente attratto, è un autentico paradiso.

La mia bella MILF parigina non è una predatrice, pur avendomi abbordato lei, ma è certamente una disponibile. E posso dirvi con assoluta certezza che a letto sa quello che fa, oh sì che lo sa, oh sì. Per cui è stato un venerdì sera di sanissima attività fisica grazie alla quale abbiamo espulso sudore, tossine, liquidi, peti e saliva. Mi fa arrapare come un caribù neozelandese, vuoi per la parlata, vuoi per quella casa dai soffitti alti sedici metri, vuoi che ha dei bei piedi ossuti, vuoi che le rughe mi impalano come una trivella, vuoi che non le basta mai, vuoi che eravamo sbronzi, vuoi tutto quello che vuoi, ma è stato un venerdì sera da cerchiare sull'agenda col pennarello rosso, anche se l'agenda è quella dell'iPhone.
Ho dormito lì, che se una donna parigina non ti caccia a calci nei coglioni alla fine, vuol proprio dire che, o tu, o il tuo cazzo, o l'insieme, hanno fatto il punto. Poi, sabato mattina, mi ha congedato perchè partiva per andare in un posto impronunciabile e non memorizzabile, a trovare sua sorella.

E io sabato mattina stavo proprio bene, ma bene bene.
Sono andato a vedere un'appartamento che da fuori era superbo e dentro una topaia di merda che il Miramonti è l'Excelsior in confronto.
Poi ho fatto shopping, qualche telefonata seduto da Flor tirando lentamente sera, per poi andare a cena al Solito Bistrot.
E mentre mangiavo le solite cose al Solito Bistrot, ho formulato dei ragionamenti di squisita sagacia e raffinata arguzia.
Mi sono detto che, in una metropoli, la differenza tra il turista e lo straniero è che lo straniero sa andare a troie pay nella metropoli, mentre il turista è un semplice gonzo abbindolabile. Ho poi cesellato il già prezioso concetto con una considerazione: manco da Parigi da moltissimo e le cose potrebbero essere cambiate.
Per cui, l'uomo pragmatico, l'uomo che sa vivere il suo tempo e la performàns, quando è nel dubbio approfondisce.

Per cui conto silvuplè e fammi un bene: chiamami un taxi.
Dall'autiere dell'automezzo pubblico mi sono fatto condurre a Pigalle, ovviamente. Era il primo luogo da testare. Salto a pié pari tutte quelle cazzate fasulle destinati ai turisti e poco oltre il Moulin Rouge infilo una certa stradina interessante, nei miei ricordi, zeppa di carinissimi bar luridi nei quali sostavano decinaia e decinaia di zoccole parecchissimamente semisvestite ed in attesa di contrattare col puttaniere doc, col puttaniere che sa quello che vuole e quello che vuole pagarlo e quando si raggiunge l'elegante accordo le dee ti conducono in piccoli camerini nel retro o nel superiore o nell'inferiore del lurido baretto medesimo.
E c'è poco da fare, la grandezza di un popolo la si misura anche dalla capacità di tenere vive le tradizioni, modernizzandole.
Funziona tutto come un tempo, oui oui e anche un po' oink oink. Pelle nera a cannone, asiatiche a cannone, ma dei pezzi di figa da cader per terra, poi il baretto dei trans, con una brasiliana che era estasiante come la Madonna del Parabrezza, che come aperitivo di benvenuto ti prende la mano portandola sotto la mini di vernice rossa affinchè tu possa apprezzare la dimensione della salsiccia che le penzola tra le gambe, affrettandosi a precisare che le diventa non duro, ma di più. Sono stato molto tentato, vi dirò. Ma mica me ne vado domani da Parigi.

Poi entro nell'ennesimo baruzzo, poco distante, un tantino defilato e appena varco la soglia vengo intercettato da uno stacco di coscia di ebano che si chiude con un piede dalle unghie importanti e cresciute mezzo centimetro oltre il dito, smalto nero perlato metalizzato, sandalo assassino e poi salgo e che figa da conversione cazzomerda, capelli rasati alla cantante dei Morcheeba, viso dolcissimo e due occhioni da cerbiatta che mi sono seduto in un secondo secco, presentandomi, offrendole da bere, chiacchierando, inondandola di complimenti, facendo finta che non fosse una puttana. Che delirio dei sensi, che statua, che creatura di Dio superba.
Poi lei mi prende la mano e mi dice il suo rate, che manco contratto, dico sì, da, ok, oui, vaben, nden.
E usciamo e attraversiamo la strada e ci perdiamo nella torva notte del peccato sino a un portoncino rovinato che mi faceva drizzare la minchia anche quello.
Che femmina ragazzi.
Che figa assoluta.
Che dea.

Ho pagato un piccolo sovrapprezzo (piccolo, dio, parliamone) e l'ho tenuta quasi quattro ore.
Quattro ore in cui gliel'ho messo anche nel naso e nelle orecchie e, con un impegno che non so per quanto tempo ancora il mio fisico potrà permettere, sono riuscito a farla venire. Che sorrisone mentre veniva, che bella, che pantera, che pelle, che profumo (vero, purtroppo).
E poi lei è tornata al baretto, io a Pigalle, dove ho preso un taxi e me ne sono tornato nella mia cameretta del mio alberghetto.

Lo so, siete arrivati sin qui continuando a chiedervi come mai non sono andato a Londra, che in un'ora e venti si è là.
Non ci sono andato perchè mi sono accorto, casualmente e per una circostanza improvvisa, che anche da Londra in un'ora e venti si è qua.
Ingredibbile, amisgi, anche io all'inizio sono rimasto di sasso.
Per cui mi sono detto, fuor d'ogni polemica, stante che il tempo Parigi Londra è lo stesso Londra Parigi e stante anche che il Tazietti viaggia in Primalussosfrenato, ma che un'ora e venti la si affronta agevolmente anche nell'ottima seconda con prezzi a partire da 40 euri, se nessuno da Londra ha raggiunto Parigi, vuol dire che qualcuno c'aveva daffà a Londra. O era ancora sazio del Ramsay della settimana precedente.

Per cui ho trascorso la domenica nel cazzeggio, chicchierando a lungo con Hammed (uno dei proprietari dell'alberghetto) un algerino di un metro e novanta piuttosto manzo e, secondo il mio sesto senso di donna, piuttosto appassionato di luganeghe crude. Abbiam favellato di politica, femmine e puttane.
E alla fine mi ha sussurrato, complice, che se mi va il servizio in camera, potrebbe mandarmi su Bertille che con cento fa tutto e ha un gran talento.
E stamattina, colazionando prima di partire per raggiungere l'emozionante groove, ho guardato Bertille che serviva il caffè e mi sono detto ebbrava Bertille. 
Perchè Bertille non è esattamente una figa, ma ha l'irresistibile magnetismo della puttana.
L'amoralità rende belli.

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