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domenica 16 luglio 2017

Ylenia ti amo


Nella notte calda e solitaria, guido ascoltando i Simple Minds.
Camicia aperta, finestrino aperto, mi sale la voglia, accosto, sfodero il cazzo sotto il lampione giallo e meno, scappello e incappello, lo intosto, mi eccito, mi piaccio, il negrobianco, che cazzo da animale, che cappella, ma dai che si parte, vado a troie, stradali, luride, sudate, stupende.

Guido lento verso la zona e mi accarezzo la minchia, cambio automatico ti amo, senti come tira, mi tira il carro, eccone due, no, più avanti, che posso accostare parlando al finestrino mio, mostrando, esibendomi davanti a una sconosciuta, proviamo quella, sì quella mi arrapa.

“Ciao ammore icomestai? Uh! Sei già pronto ammore, che beggazo che hai, tanta voglia stassera, ma Ylenia ti toglie voglia ammore, sono 70 in macchina boca e figa coguanto…”
“Ascolta tesora, io ti pago anche di più, ma voglio leccarti tutta, dalla testa ai piedi, completamente nuda e poi voglio il culo…”

Si guarda intorno e ci pensa.

“Trecento e facciamo anche un po’ di  roba buona…” – e le faccio il segno internazionale del VickSinex.
Tu hai? Tu fai vedere…” – e mostro di straforo.
“Andiamo…” – e fa il giro della macchina e sale.
“Ho io posto sicuro no problemi, dire strada” – e mi sale l’ansia di venire sgozzato da due rumeni fatti di crack che mi inculano i soldi e la bamba, ma procedo con la minchia di marmo e Ylenia si accende una sigaretta e fa scivolare la sinistra sulla mazza ferrata, carezzandola con garbo.

“Tanto arapato eh? Senti come tira gazo, duro duro” – e ride segandomi leggera con la manina calda. Stupendo.

Nel capannone abbandonato, senza muri e senza porte, sapete quei capannoni che se io fossi un poliziotto in pensione e in dialisi controllerei di continuo?, beh nel capannone ci facciamo due belle curette inalanti veloci, così, per l’inverno, generose, poi lentamente comincio a divorarla come un Pitonsaurus TRex, leccandola, annusandola, facendole diventare i capezzoli due cazzi, che buon odore di femmina giovane da sesso, sudata, apri le gambe amore che te la lecco, depilata, ma con pistina di atterraggio, dio ma quante piste stasera, che traffico aereo, ma anche che sguazzo qui in mezzo, dolce e acida, piscia e lubrificante, odore di fica e puzzo di cesso, divina, secondo me gode davvero quando le lavoro il bottoncino, poi giù, fammi visitare il culetto amore, fammi sentire le crespelle carnose, amarognole, calde, ti contorci e spalanchi eh, ti piace Ylenia rumena zozzona eh? la cura inalante ti ha mandato a palla, come me, che la sto facendo dal pomeriggio, ma io prendo gli antibiotici anche, girati sulla pancia che ti mangio il culo, chiappe molli, ma belle e graziose, segno del costume perizomeo, guarda lì che bocciolone, non vedo l’ora di farmelo, ma intanto giù, via i sabot tacco novantasei e su i piedi, come i piedi no?, non esistono no qui amore, senti che delizia, senti la pelle sudata, la pelle a pezzetti sotto le dita, polverosa e che bel profumo di formaggino fresco di femmina, non stagionato, ti lavi, brava, è il mestiere che logora, senti amore, le senti abbastanza aperte le vie aeree? O è il caso che insistiamo con la cura?, meglio insistere, sono d’accordo.

E insistiamo.

Che botta cristoddio, se anche la polizia fosse in macchina me ne chiaverei, senti, ansimante Ylenia, facciamo cento zucche in più e saltiamo la storia del goldone e blahbla, che fa caldo e poi mi suda il cazzo?, e tiro fuori le cento zucche, mentre lei si dà all’ugola d’oro e mi tira una bocca di qualità medio bassa, ma accetta lo scoperto e la chiavo cabrio senza tanti preamboli.

E’ carina, anzi è proprio bellina, mi piace tanto, no, anzi, tantissimo e la bacio, provo un intenerimento abnorme, una voragine sentimentale e la abbraccio mentre mi abbranca con le gambe i fianchi, ti faccio male amore? “No è belo con-tinua…”, mi fa piacere che madame gradisca, sento che la amo, dal cuore, la voglio, la traforo triturando trucioli, mi abbraccia e la bacio di istinto e lei mi bacia aprendo la bocca, oh!, ma che stranezza, che bella intimità, pompo come un subwoofer innamorato pazzo e lei mugola un dolce canto rumeno, scritto dal Conte Dracula, molto carino, orecchiabile, ritmato da un movimento di bacino, un ballo propiziatorio, credo, ma dai che son contento Yle che sei venuta, sai? ma adesso dammi il buchino odoroso che anche io voglio riempirti di sborrona calda e si rigira, mentre io la fermo, su un fianco amore, entra meglio, mentre sapiente maestro di glandigitalidizzazizzazione, cerco il punto di rottura e spingo, piano, carezzandola, dicendole che è proprio bella e mi piace tanto, ma tantotantotanto e le innesto il  mostro nel culo, mentre lei si rende conto dell’enormità a cui assiste attonita e si attacca alla portiera con le manine, male amore?, no, continuo?, sì, entra, entro, senti come strozza col muscoletto sensuale e poi zac, l’ampiezza tenera del budello odoroso, ma senti che incularella che ci stiamo imbastendo Yle eh? e mi muovo lento, lascio che i muscoli si arrendano e poi comincio a fottere quel culetto dalle chiappe molline, mentre lei riversa il capo all’indietro, guancina sudata a guanciona sudata, ansima, la bacio e le strizzo le mammellette incazzate, la inculo, ti faccio male amore?, “No tu bravo, tu fare bene….” eccerto Ylenia, mica sono un puttaniere così, io sono IL puttaniere, fidati.

E cerca le mie mani e mi stringe con le sue, mentre io aumento il pompaggio e lei cerca di aprirsi più che può, mentre l’odorino di fossa biologica sale lento e caldo, a segnale che il tappo è tolto e si può cominciare a pompar la fogna.
Oh, Ylenia zozzona, ma quanto ti piace il supercazzone nel sederino eh? ciuccia adesso, ciucciamelo col culo, che voglio svuotarti nell’intestino i coglioni, dai, dai, dai e sborro grugnendo, mentre la mia odalisca stradale spinge il culo all’indietro per agevolare il mio, di espurgo.

***

“Ma tu paga putane per farle godere e snifare?” – mi chiede sudata marcia, mentre tenta di rinfrescarsi con delle merde di salviettine umidificate, che gliele avrà fatte il pappa a sputi, considerando che son secche e senza profumo, boh.

“Sì” – rispondo io sistemandomi – “ma solo quelle buone, sai, io sono Babbo Nasale” - e lì si ride che non vi dico.
Le annuso per l’ultima volta i formaggini piccolini e delicati come forma e come stagionatura, unghiettine rosse, lei dice nonononononono, ride, si rivolta zampettando come un satiro e mi dà un biglietto, fatto alla stazione, con su il suo nome e il cellulare.

La amo.

E’ splendida e dolcissima. E anche una ragazza tanto cara. Tanto. Eh.
Ma io sono su Saturno, che se stiamo lì un altro po’ me la spoglio e me la richiavo.
E ho amato a mille una cosa, che i puttanieri che mi leggono apprezzeranno: ha messo il cellulare in silenzioso e non ha risposto mai, anche se quel coso illuminava la borsa ogni tre secondi.

Brava.
Bella serata, era da tanto. Grazie Yle, ti amo.
E bacino e sorriso e via.
La amo!

Ah le donne! Come si fa a non amarle, quando son così sincere?
Ha!












martedì 20 settembre 2016

Anzela e Tazzzzzio

E allora lo scazzo si è ripercosso come frustata di fune spezzata sulla mia buffa esistenza allorchè ho appreso che, come funesta fine, il lunediale meschino delle taziadi trascorse nella, spero, temporanea agenzia asilante, ha riservato un prolungamento forzato sino alle ventitre e zero due, causa consegna lavoro promozionante tomaie dozzinali, nonché deprimenti.
Fuggi fuggi del manipolo 0ed io, meschino, con lo stomaco vuoto e le palle piene che fo, nella solitudine forzata, lontano da casa e dagli affetti più cari?

Mi incuneo triste nel vicino localaccio pieno di boriosi lestofanti che bevono e ridono, nell’odore di briciole arse per incuria della sciatta locandiera, un toast e una birretta, pronti che arrivano.
E dopo di loro alcuni Single Barrel, che debbo dimenticar la sorte ria, quand’ecco che al banco mi si affianca una giunonica MILF dagli occhi azzurrissimi, la carnagione biscottata e una chioma leonina assai appariscente.

Bevi?, le chiedo avvertendo fumi di zolfo e meretricio, e beviamo, libiamo, pantaloni di pelle nera con cernierine al ginocchio e zatteroni settanta style, ma pure potevano essere del settanta original, come ti chiami, Tazio, Anzela piazere, ma cosa fai qui Tazzzio, ma bevo con te Angela e si ride, bianchissimi denti rifatti, zampette di gallina che si increspano e mi tira d’improvviso il cazzo con quel profumo dolcissimo e dozzinale, consunta bagascia stagionata da dio, che peschi coglioni spaiati come me.

Ma io SONO coglione e io ci sto, ci sto, ci sto sempre e allora Tazzzzzzzio, sentimo qua, ma sei solo?, secondo te Anzela?, ma allora zerchi compagnia? e carezza lurida la pelle soave del mio avambraccio regale, mo sì Anzela, e tu la offri? la compagnia intendo, e giù ridi che di battute così quando mai se ne son sentite, che sagoma che sono, e allora è una rosa mezz’ora da me Tazzzio, una rosa?, cento sacchi mezz’ora e chi sei? Angela Merkel? no sentimo Anzela, famo a capisse come diciamo noi nella bassa, è mezzanotte, sei a secco che se no chi cazzo te lo faceva fare di rimorchiare me, c’hai un’età che non è che mi vai a far budget sul marciapaisis a quest’ora che è umido, donc ti do una rosa e un bocciolo e facciamo tre ore che me mi van via come il pane, me, con quelle mammellone che c’avrai la sesta e che nel complesso, seppur stagionata (da dio), sei una bella vigliaccona da pompar nel didietro, a proposito, lo prendi raidue da te? lo prendo, lo prendo, ma amore, una rosa e mezza per tre ore che è tardi… non facciam niente stasera, allora sentimo qua Anzela l’ideona che zò avuto, ti caccio una rosa bella sana sana e ci ficchiam dentro due orette che se prendi raidue van via come niente, che su raidue fan sempre dei bei film a quest’ora, no Tazzio, vado, grazie del luischi, figurati Anzela, vado anch’io che si è fatta quell’ora.

E dove vado?
Affanculo vado, ecco dove vado.

Allegria e spensieratezza, amisgi!, che laif is nau.

lunedì 1 giugno 2015

Amore mi scappa la cacca che me la sto facendo addosso

 Sabato tardomeriggiale

Sabato tardissimo pomeriggio, avevo appena schiacciato un pisolo ristoratore quando, d’improvviso, il campanello suona e il citofono mi riporta alla mente i tempi andati.
“Cicciammore sono io la Ade, fammi salire che mi sto cagando addosso” e la locuzione non era intesa a metaforizzare uno stato di paura, ma riferiva proprio ad un incontenibile stato di riempimento fecale del tratto finale del tubo digerente, per cui apro con lusingato entusiasmo.

La furia sale correndo, figa come non mai, salutandomi appena, cercando con parossismo la porta mentre scandivo, inascoltato, un meccanico “DAVANTI-A-TE- E’-LA-PORTA-DAVANTI-A-TE”  e poi la vedo svanire rumorosa nel cesso, finalmente.
E da lì la odo scaricare la cagata impetuosa che la tormentava, mentre accanto alle rudi scorregge sonore e aggressive, proprie di un camionista ceco che si alimenta di soli wurstel, crauti e birra, è stato con estremo piacere che ho udito la voce soave della Poetessa dell’Ano declamare bestemmie crudeli utili a rafforzare il concetto che se non faceva presto si sarebbe cagata addosso di lì a un secondo.

Che utile che mi sono sentito.

Poi scrosci di sciacquone, getti di bidet, profumo di bagnoschiuma, richieste di permesso d’uso del mio asciugamano e, alla mistica fine, una donna stupenda, nuda sotto e vestita sopra, con in mano gli indumenti mancanti e i sandali, compare sull’uscio che richiude dietro a sé e mormora sorridente “Grazie Cicci, ti devo la vita, non la tenevo più più più… se vuoi puoi incularmi, adesso, che sono vuota come una zampogna e sento anche di più il cazzo.”
Che son parole di sopraffina fattura letteraria, se ci pensate, una sintesi estrema dei Grandi Classici del Novecento e che solamente uno stolto avrebbe sprecato adducendo ragioni di tempo scarso e così io, che stolto non sono affatto, l’ho ingroppata sul letto come la scotta di una vela in mano a un babbuino, allungandole prepotente, ed a secco (dettaglio oramai ininfluente nella Ade, dato l’abuso del suo muscolo anale) tutto il cazzo duro che mi aveva fatto pietrificare con la sua laida troiaggine scatologica, aprendole il culo come meritava e necessitava, sbattendola come una bandiera sotto il Maestrale Tarellare di forza Ventitre, godendo di quella Femmina Suprema che in cambio di un cesso per cagare si fa scopare l’intestino con tutta la golosa violenza dell’impalatore.

E veniamo urlando come scimmie catarrine e mi pregio di spruzzare il mio preziosissimo sperma sulle natiche erotiche della catarrina femmina che ne pare lusingata e/o inorgoglita, a giudicare dai guizzi bovini di lingua e i gorgoglii gutturali.

“Che bella l’inculata appena dopo aver cagato Cicci” mi confida rimuovendo le tracce spermatiche con cura, come se io non mandassi a memoria i tremila clisteri che le ho somministrato proprio in vista di sodomie ben dilatate.

“Ci rimane sempre da provare la mela amore” sottolineo preparandomi le cose per il post doccia.
“Mmmh la mela… maialone… ma lo sai che da quando me lo hai detto non riesco a togliermela dalla testa?” incalza soddisfatta del richiamo della memoria, mentre la mia preoccupazione principale è come riuscire a  togliergliela dal culo, qualora strani contrazioni intestinali dovessero bloccarne la fuoriuscita.

Preoccupazioni apparentemente opposte, ma in realtà perfettamente identiche.
Grande metafora del vivere.
(Sottile questa eh, sottilissima)

mercoledì 20 maggio 2015

Carriere sfolgoranti

La Sonjasugna si prostituisce, me lo ha detto la Susy prima che sono andato a salutarla.
A salutarla.
Diciamo che sono andato a capire se stasera si faceva chiavare come al solito.
Vedi la Sonjasugna, eh.
Bravissima, ottima decisione, la stimo come non avrei mai sospettato di poterla stimare.
Forse ci andrò anche, adesso che so che fa la puttana e so dove batte.
Una bella notizia, oggi, finalmente.
Ci voleva.

domenica 17 maggio 2015

Chill out

E capisco cosa mancava alla ex casa Reguzzoni perchè diventasse totalmente Tazietti: mancava la figa, la figa fresca, la figa giovane, la figa nuda, la figa sfacciata, sregolata, senza limiti, perfetto elemento collante tra scampoli già perfetti dati dal Divindivano nuovamente in blasonata auge, dalla libreria ricercatamente librante, lo stereo suonante, un nuovo Sony da 50 pollici porneggiante senza audio, le luci studiate, il pavimento di legno antico e segnato, la bossa accarezzante che ben si accosta al mugolio di noi due cervi in accoppiamento che trombiamo assassini in un furor di stupende tette terremotanti e poi il whisky barricato, il bong rimesso in uso, l'erba deliziosa, l'MD della mia concubina, le righine timide che batte con la carta di credito e le nasatone forti, tirate da nudoni come ci piace stare.

Finalmente un po' di umanità vera, di sincerità, di sentimento, di profumo corporale, di ascelle carnose e bagnate, di sotto alluci intensamente odorosi, di ani polposi anch'essi dolciastramente odorosi, di carni lucidate da lubrificanti commestibili, di capelli arruffati, cappelle prossime all'esplosione violacea, di occhi gonfi e serissimi, quasi sinistri per il sensuale trucco crollato, di bocche ansimanti, di blasfemie, di azzeccate induzioni al turpiloquio che, liberatorio, diviene irrinunciabile componente della monta sguaiata, siglata a due firme in fondo alla pagina “Ho bisogno di chiavare vigliaccamente” e tutto ciò è, finalmente, reale.

“Dimmi che per te sono una chiavata e via, una delle tante” - le chiedo piantandole con foga la minchia nel buco fradicio marcio della fica - “ti eccita vero? Vorresti tanto che fossi una troia che la dà in giro a tutti vero?” - “Sì, da impazzire, ma dimmi che lo sei” - “Sì lo sono, sono una gran troia, ma tu figlio di puttana bastardo scopi così bene con questo cazzo mostruoso che dovrei essere pazza a farmi dare una sola botta e via” e si gode, si sguazza, si ficca, ci si gira, si sniffa, si beve, si beve, si beve, si fuma dal bong che “me lo infilerei tutto nella figa dalla voglia che mi metti” segando il tubo da cui sciama il fumo, sbracando, perdendo l'ormeggio, lo spazio, il tempo e la morale, gioendo di quelle ditina dei piedi scimmiescamente abbarbicate alla mia fava violacea mentre la sua ficona aperta, pelata e inscurita dal sangue mi guarda tenera e allora giù, dentro, sbattendo, di fianco, tenendole sollevata la gamba - “ti potrei inculare da messi così” - “perchè non lo fai?”, stretto forellino che cede e la fava inzaccherata di fica, saliva e KY entra nel budello della merda non certamente vergine, ma proprio per nulla vergine e pompo nei suoi rochi urli animali di piacevole dolore, ricamati di gutturali neoclassici “mi stai spaccando il culo pezzo di merda”, dispersi nel mare del vuoto ed è così che deve essere cazzo, troia che mi fai godere come un alce frocio, altro che notti emiliane e grilli e pigiami dimmerda foderati di finzione calcolata, altro che sussurri di 'sto cazzo e rotoballe di maria a lubrificare il nulla, ecco la figa assoluta, amorale, sguaiata, vogliosa di cazzo e orgasmo, disponibile, lurida, decorativa, imprescindibile, porca e, soprattutto, dannatamente giovane.

“Se vuoi ho un'amica arredatrice che ti può aiutare con la casa al capoluogo” - biascica spompata che è ormai l'alba - “ma è troia quanto te? Si fa chiavare subito come te?” - chiedo succhiandole le dita dei piedi puzzolenti di guerriglia - “Sì, anche se sono più porca io, ma lei ci sa fare bene” - “e allora presentamela subito che ci  facciamo una porcata a tre” - e si ride, perchè è sveglia, furba, falsa, senza sentimenti, un numero, una sera, un niente, un nulla fatto di carne da sesso stupenda ed è questa la mia donna obiettivo, altro che amicizie deludenti e offensive mascherate da Dame di San Vincenzo, this is my church and this is my religion, mi ripeto mentre lei appunta che - “appena torna da Roma usciamo tutti e tre” - “ma allora ti piace anche la figa” chiedo bavoso e un sorriso con sospiro bovino chiude con un sussurrato “a me piace tutto quello che mi fa venire” e a me viene un po' in mente anche la vecchia fattoria dove c'è il cane, il maiale e il cavallo e questo è verismo, onestismo, obbietivismo, sincerismo e vaffanculismo  degli scalini e vaffanculo soprattutto me che ho doti sublimi che mi consentono di convincerla a sussurrare sozza un artistico - “chiavami ancora porcoddio” - che è estetica di rarissima fattura oscena, apprezzabile visceralmente solo da una ridotta minoranza di minorati sessodipendenti sbandanti come me di cui lei, se mi frequenterà, diverrà parte integrante con meriti ed on(d)ori, anche se io so già che non la cercherò MAI più perchè, cari amisgi, dovete sapere che una sola era, è e resterà l'imbattuta originale e le altre sono tutte copie cinesi e io mi sono rotto i coglioni di aver capito COSA dovrei fare, cioè affrontare con fatica immane mille e mille e mille volte la strada modenese al termine della quale mi verranno sbattute in faccia porte, portoni e portali senza nessuna garanzia di rianimare il passato così com'era anche nella più rosea delle eventualità, e così chiavo la Sara come una bestia, porcoddio, perchè voglio che venga da svenimento e voglio diventare, domani, l'argomento della piazza del capoluogo, nella buffa e infantile convizione di costruire una fama che mi possa precedere, dimenticando lucciole, grilli, erbe, cazzate, prese per il culo e strumentalizzazioni dimmerda.

Più figa ci vuole in questa casa, più figa, tanta più figa no pay e tutta giovane.
Più troianesimo estremo, estetico, arredante e lenente, impreziosente e soddisfacente, disimpegnante e, soprattutto, non illudente.
Con le illusioni ho dato abbastanza, direi.
Sì mi sento di dire di sì.

lunedì 11 maggio 2015

Il prandiale del sabato maschiale taziale

 Sabato mezzogiorno

Formazione: io a capo tavola e dalla mia destra a seguire: il Max-libero-ma-poi-deve-andare-velocemente, Virus-Ceccherini, l’Umbe, Zack, il Sa-aaarti.
“T’ha spompato per benino” mi dice il Virus lento e riverente affrontando una coscia di galletto che gli unge le mani.
“Non c’è male” rispondo io con pacatezza, combattendo il senso di vomito.
Nessuno sapeva della serata al restorant de clas con quella, grazie a dio.
Altrimenti sarei stato ucciso di interrogatorio.
Si pranza, si rutta, si parla di sesso anale e poi il Max abbandona il fine desco e allora giù di riunione carbonara.
“Oh ragass, muoversi adesso.” dice il reverendo Sa-aaarti concitato.
Si è entrati nell’argomento “addio al celibato di Max”.
A parte il fatto che mi scomporrei assai di più per essere invitato all’addio al nubilato della Nadia (vi confesso) e che mi sentirei anche di reggere in contemporanea lei e un tre-quattro delle sue amichette, la faccenda adesso è agli sgoccioli.
La maialata, che è in progetto dall’età minoica, ormai non ha più margine. Martedì sera è la data, decisa e inalienabile ed è per questo che si lavora sui dettagli.
Inutile dirvi che non ci andrò, rendendomi irreperibile all’ultimo minuto, anche se nessuno sa nulla.
Ciò che invece mi ha fatto piacere è che il Max sia stato ultrafelice del mio regalo-viaggiodinoche.
“Non dovevi, cazzo” mi dice commosso in separata sede quando arrivo.
“Massì che dovevo, perché volevo e potevo” rispondo “vorrà dire che mi ripagherai con una vostra foto nudi sulla meravigliosa spiaggia roquera” e lì si ride, ma intanto speriamo che mi prenda in parola.

Tanto io all’addio al celibato non ci vado.

La bagascia termica

Venerdì notte / Sabato mattina

Che bell’oggetto, l’iPhone. Mi ha consentito di bloccare l’utente Maggie e di percorrere in assoluta tranquillità la misera tratta stradale di meno di quaranta chilometri che separano il restorant de clas dalle Terme.
In fin dei conti, essendo terminata la cena della preconoscenza alle precoci ore ventidue e trentasette minuti, rimaneva del tempo per concedersi una piccola distrazione medicamentosa dalla seccatura dianzi vissuta.

E allora alle Terme, deciso, si va.
Le Terme, sublime luogo di mens sana in corpore sano per qualsiasi categoria di umano le frequenti: dall’ottuagenario alla ricerca di benefici alla prostata, all’appena più che quarantenne alla ricerca di benefici alla prostata, magari più immediati e magari anche parecchio dissociati dal complesso tema della termalità collinare oggi.

***

Al banco d’acciaio e pelle scamosciata marrone, mentre le lucine disco sfarfallano e Sylvester cinguetta You make me feel mighty real,  si siede accanto a me la Femmina SeSuale, piaZere SCimona, piacere Tazio, ma che bell’accento italiano, amica bagascia ultra cinquantenne abbronzata come un Ringo al cioccolato e plissettata come un ippopotamo, col taglio frisè biondo platino tardi anni ottanta. Ah! sei di Lugo, ma accidenti che meraviglia! e dimmi, bagascia ultra cinquantenne di Lugo, come fai a sopravvivere con la concorrenza sovietica quasi prepuberale che riempie ogni spazio intermolecolare del circondario? Mo perché io sono italiana e ci so fare anche del gran bene e allora mi hai convinto, amica bagasciona, parliamo di soldi senza vergogna che non vedo l’ora di infilarti il naso nel buco del culo ricco di ghiandole ferormoniche e così ne parliamo, pattuiamo durata, richiesta, performance, no amica bagascia, non c’arrivo manco se rompo il maialino e allora dimmi tu Tazio e il Tazio dice: tutto scoperto, clistere, faccia, ingoio, piedi, primo e secondo canale, sport acquatici, overnight tranquillo in alberghetto a mio carico, mille pezzi secchi e poi procurami della botta che voglio che ci divertiamo abbestia e lei aggiunge due pezzi e accetta dicendomi che la botta ce l’ha già seco e allora via verso l’alberghetto lurido e disonesto.

Che bella suineria senza fronzoli, cazzommerda.
Dritti al dunque, ben infarinati e ben disinibiti, così mi piace, così mi voleva, amica bagascia di Lugo senza freni d’alcun genere, che delizioso risveglio familiare con te, vacca nuda che sembri morta spiaggiata di pancia e la filippina in camera che ci prega di rimuovere velocemente i culi dalla stanza.
Ore dieci.
Sgommare, amica bagascia, che ho un pranzo importante a cui non rinuncerei mai.
Sì, certo, lasciami il numero, certo.
Che tanto non ti richiamerò mai.

lunedì 27 aprile 2015

Cazzo di qua, cazzo di là

Cazzo se piove. E fa anche freddo.
L’unica nota di rilievo positivo è che mi dicono che oramai da qualche mese la Solita tiene aperto sempre. Sempre. Per cui anche di lunedì, infrangendo l’antico assioma lunedì > Osteria quella Nuova e/o winebar. Il winebar poi è morto, per cui La Solita, asso pigliatutto, vince a cappotto ed il banco perde. Che si strafoghino di paella karaoke all’Osteria quella Nuova. Dozzinali.
Chissà quanto cazzo ci vuole a rimettere in piedi il winebar. Che poi bisogna pensare che se ha chiuso è fallito e se è fallito ci sono i debiti e che se è fallito per i debiti la gente non c’andava, boh, non so, ma mi viene salomonicamente da dire checcazzomenesbatte che c’ho altro per la testa.

Cazzo se piove.
Mi soffermo meditabondo ad osservare dalla finestra l’asfalto picchiettato di gocce di pioggia mentre comprimo il glande nudo tra pollice ed indice, chiedendomi con curiosità scientifica se la Maggie anche oggi avrà il sandalo porconudo oppure andrà calzando deprimenti scarpe antipioggia. Mah. Certo che se avessi il suo numero di cellulare glielo potrei anche chiedere, ma sull’onda anomala della grigliata convivialasessuataamicale non mi sono sentito di chiederglielo. Certo, basterebbe rivolgersi all’Antonella ed il giuoco sarebbe fatto, ma preferisco che la voglia sozza mi salga oltre il livello di guardia e i muretti di contenimento, in maniera da liberare il Taziosauro Bestiax in tutta la sua impetuosa ed irrinunciabile violenza eroticiselvatica.
Soffrire per poi godere come cinghialibestia, ecco l’assioma.

L’Antonella, santa donna. Sopportare quel gran puttaniere distratto del Sa-aaarti ci vuole proprio della gran pazienza, anche perché la distrazione nei truschini ficcaioli può risultare oltremodo offensiva per la parte lesa, che si ritrova sì cornacea, ma senza nemmeno l’onore delle armi, poiché il Sa-aarti agisce senza cura dei dettagli nascondenti.
E se la fica rumena stradale gli fa ‘sto effetto, che cosa ci si deve fare?

Cazzo se piove.
Mi son piallato di seghe oggi, nove per l’esattezza, tra il pensiero delle bombe ipertrofiche e sbarazzelle della Nadia, tra il pensiero fugace di un momento culaceo dell’Antonella piegata a novanta a prendere il pane e diverse angolazioni della mise fottimidurodibruttocazzomerdachenoncelafacciopiù della Maggie.
Ho ritrovato i piaceri della felpa black block con corallo sopra e nudo sotto, la mia condizione naturale di segaiolo in clima fresco. Che meraviglia.

Domattina banca, chissà che anticipiamo i tempi, cosa che mi aggraderebbe parecchio. Penso si possa fare, visto che è da un po’ che ci smanazziamo di sopra e oramai ho consegnato anche fotocopia del campione delle mie feci. Vedremo.

Nessun uozzappo allieta il mio display; forse è ora di farla finita coi film in cinemaschizzoscope e tirare innanz, facendo magari prua verso il bar della Sudiciona Siusy in orario di chiusuraoreventi, togliendomi le vogliette sozze e contro natura che l’aria di casa mi mette a mazzetti, oppure virando verso la palestra dell’ardimento nella quale inchiodare al muro la proprietariAle abusando del suo ano strettissimo fottendomene dai suoi dolori (chechiccazzosenesbatte), oppure  approdare ad un randevù al tennisclebb con la Gran Maestra del Grande Culante d’Italia Adele dolce Fiele, ammesso che il suo carnet sia provvisto di un posto minchia per il sottoscritto.

Cazzo se piove.
Cazzo che voglia.
Cazzo che bello.

giovedì 9 aprile 2015

Progettualità signorile

“Ma allora tu qui ci vieni spesso!” dico dopo averlo sentito parlare in rumeno nella hall dell’albergo-stazione-intergalattica-del-danaro al rientro.
“Beh sì è da parecchio. Diciamo che ci vengo il minimo indispensabile perché io odio la Romania, ma gli affari sono affari”
Eccerto.
E allora stamattina, giusto per immedesimarmi di più in quegli affari, senza fatica trovo QUESTO simpatico articoletto che mi ha tanto aiutato a capire gli immani sforzi imprenditoriali di un uomo con cittadinanza olandese. Paese in cui ha domiciliato molte delle sue società che si appoggiano tutte a banche del Lussemburgo che là, pare, il clima deteriori meno le banconote.
In Italia, il Ruggi, non c’ha neanche più i ricordi.
Direi che il pezzo sulle motivazioni del Ruggirumeno possa essere completo.

“Ma tu” mi chiede versando del J.D. single barrel a entrambi, sedendo comodamente nella suite imperialdivina “in queste lande sfigatissime cosa ci fai?”
“Beh, sono anche io qui per affari” dico con una certa serietà “da un po’ sono entrato in società con amici italiani e cechi nella gestione di un bordello con annesso hotel a Praga. E’ un’attività italians-driven, per la maggior parte del flusso di entrata.”
E invece di sortire ammirata condivisione tra colleghi, a momenti mi sputa il JD in faccia dal ridere. Mi fa giurare sedici volte che non lo stavo menando pel culo, poi si fa serio e inizia a delirare.

“La società spero non sia solo una e non sia domiciliate in cechia” mi sfuda con occhio mefistofelico, torbido e beffardo.
Dico che sì, che sono registrate a Praga e lui ride chiedendomi se sono coglione e, da lì, parte un pippone che mi dà il capogiro attorno allo scorporo della società in un’immobiliare ceca che detiene i muri (perché in cechia il settore immobiliare blah blah blah e snocciola percentuali) il cui asset è detenuto al 100% da una società lituana (perchè lì blah blah blah) che controlla il 90% della società slovacca (e non ceca caro Tazio, perchè blah blah blah) che gestisce l’albergo e il “night” e io sento il sonno che mi avvinghia come l’edera perché io di ‘ste cose non c’ho mai capito una mazza e mai ci capirò. Ciò che so è che non sono il socio di maggioranza e quindi non decido una minchia e che quelle buste gialle che ritiro ogni giorno contengono dai 3 ai 4 stipendi di un operaio e la cosa, da buon vetero comunista, un po’ mi mette anche a disagio, ma poi, da buon vetero comunista, mi passa subito.

“Domani sera se ci va di culo c’è anche la Divina” e me lo dice con un sorriso al neon e la notizia mi libera subito dall’edera. Sì, perché dovete sapere che da sempre il Ruggi è segretamente innamorato di Sandra Romain, la famosa pornostar rumena, che ora conosce grazie all’amico dell’amico e che costei, oramai ritirata dal porno, di tanto in tanto si concede come coordinatrice di festini come quello che il Ruggi ha organizzato per stasera in due e due quattro.
Staremo a vedere. Non mi spiacerebbe affatto assaggiarla, la Romain, vi dirò.

“Oh Tazietti senti qui  che progettino che mi ronza: io e te venerdì sera partiamo da questa mmerda con l’ultimo volo per Amsterdam. Ci piazziamo belli come il sole a casa mia e lì ci rintroniamo come dei paracarri con della roba seria, mica quella che trovi nei coffee-shop. Poi ti presento un paio di femminuzze che mi dirai grazie. Ma aspetta: domenica sera, max lunedì mattina prendiamo l’aereo e voliamo a Bordeaux, dove ti faccio vedere i vigneti, le cantine e la Maison d’Hote e conosci anche Ninì” e sorride.

Parliamone, che lunedì c’ho scuola.
Però l’idea di una calata nel Bordeaux mi mette allegria e mi stimola.
Vanno centellinate queste opportunità, nel mare magnum delle mie paranoie.

venerdì 3 aprile 2015

A ciascuno il suo

Il Costa dopo breve pausa nella bassa per sfoggiare il suo traghetto americano è ripartito per il villaggio ed ora è inserito, con tutti gli onori del caso, nel Consiglio dei Saggi della Tribù.
E’ arrivato colà alla volta di ieri sera, sanosano, che con quella “vettura” non sembra neanche di aver fatto tutti quei pochi duemila chilometri.
Ieri sera prima abbuffata tra la più ristretta cerchia di consanguinei, stasera un paio di anelli di estensione, domani sera un altro paio e domenica e lunedì trionfo panoramico di ogni grado di parentela, amicizia, semplice conoscenza con ammissione al desco anche dei “nonciconosciamomapassavodiqua”.

La Cuccinattroia è in calore animale liquescente da lunedì ed è calda e pronta all’uso in qualsiasi luogo, modo, momento e quantità alla faccia di quel “grancornutazzo” di suo marito, che pare non avere minimamente fiutato l’approssimarsi dello tsunami di sborra che travolgerà la sua irreprensibile consorte ad opera incestuosa del cuccinodipraca.

Tempo previsto di rientro del bardo: non prima del prossimo weekend, vuoi perché la strada è la strada, ma vuoi anche che la fica della cuccina è una tangenziale trafficabilissima, per cui già che è di mano, perché non sollazzarsi la nerchia a dovere  tra i fetidi pelazzi suini della meridionale verace? Ebbeatoallui, minghia.
L’ho rassicurato sull’andamento del fior di bordello che ha lasciato qui a malincuore e l’ho aggiornato che i primi transfughi italiani stanno sopraggiungendo a frotte ad impreziosire l’acustica del locale con le imitazioni più fedeli dell'urlo dell'orango in arrapamento irreversibile.

“BBenebbene, Tà, chemmidici lo facciamo bbene il biznez astapasqua allò?”
Lo facciamo da dio, Costaminchia, pur essendo io totalmente estraneo alla gestione, molto presente alla riscossione e, a tratti sporadici, alla fruizione gratuita.
A ciascuno il suo.

martedì 31 marzo 2015

Easter eggs

Domattina alle ore zeroquattropuntozerozero il Costa parte a bordo della sua economicissima GMC Yukon 32.000 a benzina per raggiungere il paesello natio. Appena 1900 chilometri in macchina, una sciocchezza, ma volete mettere la soddisfazione di varcare la soglia del villaggio sotto gli sguardi adoranti di tutta la tribù che lo osanna a bordo di quella monumentale GMC? Non ha prezzo, né in termini di fatica, né in termini di danaro. Penso lo faranno sindaco, anche.

Ieri sera una seria di uazzappi non partiti da me hanno dolentemente sintetizzato una situazione pasquale imperniata verso Roma a trovare mammà che si è trasferita colà da che papychina è morto a settembre, sentitissime condoglianze, un vuoto incolmabile per la Cina tutta.

Argomento complesso quello pasquale, lo so.
Sono nel regno del troianesimo ultraprofessionistico esercitato dalle donne caucasiche più belle del pianeta, talvolta così belle che mi si spegne il dizionario nel cerebro e mi va in blocco una valvola cardiaca, ma questo mica al cabaret o nella platea di Miss Repubblica Ceca, basta già un semplice supermercato per farmi trasudare sperma da dietro alle orecchie, perché le ceche sono le Turbostrafighe Turboassolute e anche piuttosto disinvoltelle nei costumi, ma io sono Mastrominchione e sogno una Pasqua in famiglia, come se avessi mai speso un piconanoerg per tendere ad averne una, nemmeno ora che PARE io ne abbia in cantiere una nell’algida Mosca, ma nonostante ciò mi struggo e mi intristisco di solitudine, pur guardandomi bene dall’andare lassù a verificare la mia paternità, anche se tale decisione non appare così assoluta da pormi al riparo dal desiderare di averne una, limitandomi persino a pensare (come stamattina) di prendermene una già fatta, di famiglia, come quella di Bara, che si è rivelata una MILF da Ascensione di Nostro Signore degli Anelli al Nirvana del Tuca Tuca, purtroppamente sposatissima e madrissima, ma la sua milfaggine indurente mi farebbe risultare accettabile anche la presenza del maritozzo (un culo di maschio non guasta mai) e delle figliozze che da cotanta madre potrebbero essere delle Lolite da crisi ecumenica.

Che fare, dunque?
Strambare e tentare di insinuarsi nelle mutande a vita alta con le cappette sui bordi di Venka, che ce la deve avere pelosa come una nutria e già il pensiero mi ingrifa come una Xalopendra Istrionata, oppure sciogliermi nell’inferno dell’Humble Brothel popolato da odiosi italiani sfigati e urlanti che per Pasqua vengono a disossidarsi la minchia triste oltre cortina, girando nudo e col cazzo costantemente dritto umiliandoli, infilando gratuitamente camere su camere fino a sborrare uno schizzo di sangue, oppure cosa?
Cosa eh?
Cosa?
Aiutatemi, maledetti  voi.

***
Ma il  Costa, la cuggina strabottana, se la trapanerà al paesello?
Pensiero sudicio e desiderio osceno di cose incestuose.
Vado a farmi una sega, và.

domenica 29 marzo 2015

Praga e l'inchiostro onirico

Laddove la sensuale, sfacciata e oscena Praga vada inducendo ricordi nitidi di inchiostrati passati che nemmeno il buco del culo arrossato e sfondato della giovane candida troia che ha dianzi accettato d’essere sbattuta con furore belluino nel cesso del bar Rocket dove ha ceduto il suo bel corpo di non professionista in cambio di centosei vodke e 25.000 corone, orbene, in tale condizione risulta ancor lecito e sensato, al puttaniere italico dal cazzo di enorme dimensione, valutare l’ipotesi di cercare quella arabescata puttana sublime che tanto sollazzo gli diede e che ora compare insolente nella sua mente offuscata dalle tre fumate di eroina in compagnia della suddetta candida troia, oppure appare più sensato il godere del risultato ottenuto con un’emerita sconosciuta bramosa di farsi sodomizzare, totalmente nuda, appoggiando le mani ai sozzi orinali a muro di quel lurido bar dimmerda?

Ah che quesiti atroci, appena leniti dall’osservare quelle ditina dei piedi separarsi dalla pressione del corpo su quelle piastrelle bianche e nere impreziosite di strappi di carta igienica zuppi di piscia maschile.

Nessuna parola mia ella intende e nessuna sua intendo io, ma il linguaggio del danaro, dell’alcol, della droga e del sozzo superano ogni barriera linguistica e così Fioccodineve mi da il suo arrossato e svangato buco del culo da fottere a pelle sinchè sborra non ci interrompa, mentre io presso come un maglio sognando il buco del culo merdoso di quella stupenda creatura tatuata che il mio dissennato agire ha lasciato dissolvere nel limbo degli archetipi.

Che buco rosso e dilatato, che arte, che artisti, quel budello di merda mi ammalia con le sue ombre e i suoi afrori bestiali quando scivolo artatamente fuori per osservare il progredire dei lavori e, signori, quelle ditina candide che tormentano la vagina che donerà la vita al figlio di un operaio che ella sposerà innocente, sono camei di finissima fattezza.

Vieni Fioccodineve, girati e inginocchiati, che al Tazio internazionale gli prende un morso all’anima che gli procura dolore atroce, vieni e inginocchiati nella piscia, così, bella, tutta nuda e bianca, con quella faccia da drogata troia, vieni e prendi in bocca il cazzone ancora aromatizzato del tuo bell’intestino umido e succhia, succhia forte, succhia e ingoia, pulisci e strizza, sega, lecca, lasciati riempire la bocca di sborra ed ingoia, mentre io socchiudo gli occhi e penso a fotogrammi sbiaditi che mi graffiano e mi fanno godere di affilato dolore.

Bella Praga.

martedì 24 marzo 2015

Bentornato, Tazietto

"E allora Tà, ghe mi raggonti? Te le sei sbudellate le bottane lacciù?”
Una di notte, viaggiamo comodi e silenziosi su un enorme coso americano nuovo di zecca che puzza di plastica e nylon e occhieggia dagli strumenti una luce azzurrina diffusa che rende la faccia del Costa simile a quella di Kirk nei momenti più impegnativi. Sono stanco morto, il viaggio è stato una merda. Mai più da Bologna, mai più.

“Mi sono sbudellato solo la tua ex morosa Susy, che le altre manco mi hanno cagato di striscio a parte un ‘oh ciao, che bello’ “
“Minghia Tà pure tu che cazz t’haspettav il tappet rozz? So tre secoli che non di fai biù vedere allà. E la bottanona come shta? C’ha sempr fame di minghia ah? Che maiala bottana troia porcoddio, ahahahahahahaha” e ride ride ride, ride sereno, proiettato a velocità da sedia elettrica sulla strada che dall’aeroporto porta a Praga.

“E qui? Novità?” chiedo interessato.
“Maaaaaaaaaah niend di ghe, due crucc che avevano rotto il cazz la settimana scoss che erano fatti come delle bbestie e allora il Vosco e i racazz li hanno spaccati, impacchettati e sbattut fuori, poi niend, la Galina va fortizzim, gettonatizzim, chiava come na macchin da cuerr santalamadonnasantissim, mai la camera vuota che faccio fatica a farmi fare un bombino alle tre del pomericc, mentre quella rumena, quella come minghia si ghiama, dai quella piccoletta mora coi capelli lunghi, pallidissima con le minnette piccole, vabbè non imbord vafangulo, quell proprio non funziona Tà. Ci devi parlare tè Tà che se no la dobbiamo mandare via che ci fa rimettere”

“Si chiama Gema”
“Ecco Gema vaffanculo porcoddio proprio lei, parlaci Tà”
“E ci parlo, ma mica sono uno psicoterapeuta mago, se non ci sa fare, non ci sa fare”
“Teh parlaci gumba, fammi questacottesia”
E te la farò ‘sta cortesia, cosa devo dire. Tanto parla in italiano.

E poi arriva Praga e le luci e noi ci fiondiamo dentro come dei rapinatori a velocità mostruosa, che il Costa guida come Driver l’Imprendibile, anche se nessuno ha intenzione di prenderci.
Come mi sento integrato in questo mondo di classe e in queste attività raffinate, come mi sento estasiato da questo lessico ricercato da queste figure retoriche, insomma, mi sento proprio in famiglia.

“Costa cosa fai a Pasqua?” chiedo mentre dribbliamo ogni cosa che si muove nelle vie più storiche della città.
“Maaaaaah io gi bensavo di farmi una discesa a casa per rilassarmi quacc ciorn ma non ho ancora decis e tu?”
“Io la solita minchia Costa.”
“E allora prendiamo e ce ne andiamo ammare assieme Tààààà e ci sbattiamo i goglioni eddai Tà”
Controllo sul telefonino: piove a cannone a Pasqua laggiù, minima 12 massima 16, ma che cazzo andiamo ammare? Andiamo ammare con Schettino se lo avvisiamo.

Poi, finalmente, arriviamo.
Porta sul retro, ci sediamo a tavola, vino rosso, salame calabrese “che questi cazz di cechi fanno di manciare merda schifos, mancia, mancia gumba che è robbabuon” (tutto vero) e facciamo una merendina così, mentre Costafrate rolla le mie pastiglie per dormire.

Ci poteva essere accoglienza più familiare e calorosa?
No, credetemi.

No.
Casa.

mercoledì 18 marzo 2015

Considerazioni sane e ipotesi ben equilibrate

Bonjour.
Che ore travagliate. Ovviamente ieri sera non c’è stata nessuna Ale e nessuna Ade, come da copione. Ho mangiato una pizza da solo e poi ho camminato.
Sono passato sotto La Casa, che dista dalla mia casa poche centinaia di metri.
Buio totale, con addirittura il campanello schiacciato dentro sino ad affondare nella bottoniera. Evidentemente qualcuno s’è rotto le palle di un via vai carbonaro di nullo effetto. Per cui nessuna possibilità, nemmeno quella illusoria di potervi sussurrare l’Ex Corde Fortitudo nella speranza di sortire il “clack” della serratura, come un tempo.

E così i pensieri sono divenuti malinconici e sono andati aggrovigliandosi in ordine sparso: la Milly dov’è, la Frank dov’è, dov’è Alcyator, dove sono tutti. E da lì le “strategie di recupero”: potrei ricontattare la Coppia Bestia per avere delle notizie della Milly, forzare il Costa a scoprire dove si rintana la Frank a Milano, ma fortunatamente la mia parte razionale (seppur atrofizzata) mi blocca e mi dice: e poi?

Il passato è passato e di lui rimangono solo i ricordi, non c’è niente da fare. Questa discesa nei luoghi del paesello me lo sbatte in faccia ad ogni piè sospinto ed io, oramai, credo di aver ceduto ed essermene fatto una ragione. Nessun alloro per il ritorno del Taziol Prodigo, nessun vitello grasso da accoppare per magnarselo, nessuna festa, niente.

Certo, potrei andare a ravanare nel fondo del filtro melmoso dello scarico e andare a buttare una sarda marcia alla Siusiporno per vedere cosa succede; ma se non succede niente? E se anche lei mi assestasse un sonoro due di picche? Credo che a volte sia più saggio tenersi lontani dalle delusioni, ma poi mi insaggisco ancor di più e mi dico che può anche essere interessante saperle ridimensionare e ricollocare nel loro ruolo di ininfluenti illusioni. E lungo questa saggezza plutarchica si sviluppa il ricordo di quella cula dallo spacco giallastro che mi infoia e mi spinge ad andare a sorbire nel pomeriggio un caffettino al Paradiso del Vibrione Colerico e si vedrà.

Al telefono, prima, la Ade mi dice che “al 90%” sabato sera facciamo il seratone e io le comunico che il 90% non mi basta, al che lei si secca e mi dice che per lei, invece, assicurare il 90% è già uno sforzo notevole, sicché io la sgravio dallo “sforzo notevole” e la rilasso dicendo che che sabato sera ci riteniamo liberi, lei si incazza, io pure, nessuno dice niente e ci si saluta.

E allora metto in moto il cervello e considero che avendo in mano tutta la documentazione che attendevo ed essendo in possesso di una simpatica Yaris a noleggio, se per questi giorni non imbastisco una letamaiata satanica degna di tale nome faccio prua verso il Guglielmo Marconi e mi praghizzo.

Però stavolta faccio sul serio, non da cazzone.
D’accordo che vivo nel bordelletto, d’accordo che ne sarò socio, ma io devo mettermi in regola seria e costruttiva: voglio iscrivermi ad un corso per imparare bene sia il ceco che il russo, per essere così agevolato nel 70% dell’est europeo. Voglio integrarmi in Praga come dio comanda, pensando (perché no?) di aprirmi una piccola galleria d’arte moderna, riservata ai locali e ai turisti, nella quale (perché no?) ricominciare a dipingere e ad esporre (perché no?).

E tutto questo mi tranquillizza e mi energizza, senza nulla togliere ai progetti spermatici odierni di un caffettino al paesello e di uno spompinazzo alesco al palestrello e di una bella puttana stradale per il dopocena.
Mi pare di essere ben savio, o no?

domenica 15 marzo 2015

Considerando

Che io ormai l’ho capita ben che bene la fazenda con le mie due fidanzate eh, che una “c’ha da fare” tutto il giorno e anche tutte le sere con la sua “organizzazione eventi” che “cicci è il mio lavoro, ma ti presto la macchina se vuoi che me non mi serve” e quell’altra invece che ogni sera c’ha ‘na favola nuova da raccontarmi, ma che invece se di giorno mi presentassi alla palestra dell’ardimento in qualsiasi momento, si troverebbe ben che sempre quella mezz’oretta in cui farsi scanalare la cerbiatta pornopelosa nell’ufficetto chiuso a chiave.

C’è ben il suo bel poco da fare: il passato passa e solo gli stolti ignari presuntuosi come me pensano che, se lasciano e se ne vanno, quando tornano trovano la fila a leccargli i coglioni, perchè la vita è questa qui: il Max che si sposa mandandomi le partecipazioni, il Lumbe che c’ha un filarino fresco fresco su cui lavora solerte a piene mani inesperte, quello che se ne è andato, quella che cazzo ne so, facce nuove, bar rifatti, facce che non conosco che mi salutano, facce che conosco che non mi salutano, la vita è un fiume che si muove e tu o sei pesce di quel fiume oppure, se esci a fare il figo nel fiume di là, quando torni è un “vemò chi ghè, ciao ciao, come stai, è da una vita” e vaffanculo.

Tratto e negozio nella lurida notte con la puttana slovacca che batte laggiù e dò sfoggio di ceco che lei ride che s’ammazza, un po’ perchè essendo slovacca sarebbe la fighetta che parla un po’ diverso di suo che attizza i cechi, un po’ perchè le quattro cagate che dico devono averci la cadenza di Stanlio e, in un negoziato, Stanlio non è mica il più autorevole conduttore, ma alla fine lei ride, le sono simpatico e le piaccio e così ci troviamo la quadra e entriamo nel sedile di dietro, fameliche bestie, a ficcare tutti nudi come animali, senza preservativo, sulla bella pelle preziosa della macchina della Ade e ti devo dire, cara la mia SloVacca, che io son un gran bell’esperto di troie, e te mi puoi raccontare tutti i muggiti della vecchia fattoria per prendermi per il culo, ma se sbatti sul mio grembo rumorosa, cercandomi con le mani le mie mani e d’improvviso ti muovi sinuosa che sei uno spettacolo e mi bagni i coglioni beh, mia SloVacca, vuol dire che stai godendo maiala al midollo e se mentre ti sento godere ti slappo in bocca la lingua e mi vai in apnea con la tua serpentella che guizza nella mia, facendo blasfema e sacrilega eccezione al mandato sovrano della troia che dice “mai slinguare col cliente!”, vuol proprio dire che ‘sta tronca di minchia ti piace da pazzi così come il suo possessore e portatore sano e allora sudiamo e grugniamo, bella troia stradale, che ti faccio vibrare il bel corpicino pulitissimo liscio e inodore, inodore anche quando sudi lucida sui fianchi e bagnata sotto le braccia e dopo un’oretta che mi dedico e ti curo che di più non sono capace, ti sento che parti e dimeni il bacino sguaiata ed ipnotica, venendo in un urlo ansimato e io ti ci sborro di dentro a torrenti schizzanti, componendo con te un coretto animale che ci infoia abbestia selvaggia e mi sento ingrifato come un dio bestia cannibale e poi ci puliamo i liquidi sozzi e chiacchieriamo leggeri e ci baciamo dolcissimi da adolescenti al fioretto di maggio e poi me ne torno a casa a schiantarmi nudo sul futon, docciato e profumato e penso.

Penso che lunedì il commercialista e l’avvocato mi danno risposte e che se c’ho i documenti che aspetto monto al più presto sull’aeroplano e volo a Praga, che cazzo me ne frega. Torno a perfezionare il ceco e a rimirare sculettanti chiappe nude usufruibili senza permesso che mi deambulano a una spanna dal cazzo, nel piccolo bordello situato nella vecchia e romantica Praga infernale, bordelletto romantico popolato di troie rumene, moldave e ungheresi che fan finta di essere ceche per i polli italiani che, alla fine delle loro tristi monte, si proiettano rumorosi nel ristorante incorporato a mangiare i rigatoni al ragù e a dormire a grappolini nelle apposite camerette e la domenica sera ripartono felici per tornare a casa tronfi dell’aver annusato sorche esotiche, che così il lunedì mattina possono far la teatrinata al collega maritato, nell’ufficetto meschino, facendo i gran trombeur e la vita, vualà, chiude il cerchio del fiume anche per loro e a me resta solo l’amore del Costafrate, col quale ancora divido avventure d’affari sballate e col quale, ancora, è sensuale strusciarci puttane pornografiche,  leccandoci avidi i genitali rasati e l’intenso sudore da uomo, penetrandoci da veri maschi i corpi eccitati, in gran segreto, in una delle stanzetta del bordelletto umido ma onesto.

Va ammesso, amisgi che un tempo numerossi mi seguivate da cassa, che a tutto c’è una fine e un inizio nuovo e va detto, Viaggiatore, che vorrei anche io aver da scrivere (e forse ancor prima da vivere) stralci della provincia inzaccherata di marchese, piscia, sborra, merda e tortellini, ma temo che da quando l’ho lasciata, questa maiala di merda della provincia busona mi abbia cancellato, evolvendo (?) senza di me, offesa e stizzita dal mio osare di abbandonarla e allora mi accontento dei soldi che c’ho (e son tanti stavolta, ma tanti tanti e non resisto dal farci lo sborone dopo tanta miseria vigliacca) e col rimpianto di pelle negra africana sudata che difficilissimamente riuscirò a tornare a leccare (anche se quello è il mio sogno di vita) mi stabilirò per un pochino a est, dove il sesso consumabile la fa da padrone e mi consente di ficcare la minchia d'amblè in corpi anonimi, sfregando in mucose straniere la mia voglia patologica di fica e di orgasmo, perchè è così che va, non c’è niente da fare, mio bel Viaggiatore piemontese raffinato che mi mandi in delirio culattone solo a guardarti il solco della schiena.

Per un po’ sarò un pendolare d’affari con l’affare che pendola, che in bizclass si sposta da là a qua e da qua a là, grufolando suino tra i perizomi macchiati di erotica suga bianca sgocciolata dalle fiche di vacca delle giovani odalische campagnole che si danno per soldi in città, ma si danno anche anche per amor del cazzo e del chiavare (va detto per onestà, amisgi) e poi mi concentrerò ad approfondire se val proprio la pena di indagare su Alina e la mia pseudo paternità moscovita, che se ho proprio voglia di mettere al mondo dei piccoli Tazi o delle piccole Tazie c’ho la fila rumenomoldavaucrainarussacecaslovacca
 che non aspetta altro, perchè qui nel paese dei Farlocchi di tutto quello che non c’ho bisogno ce n’è da riempire i fossi e di quel che, invece, c’avrei bisogno non se ne vede traccia da mò e così io, Tazio Tazietti della famiglia Randelli Manganellati della Cappella, ho decretato solenne, stanotte, che la bottega è chiusa, stop, fine, cessata attività di ricerca del sentimento e dell’amore perchè mi sono sfracellato i coglioni dei miei sentimenti e delle mie attese che, amisgi, vengono regolarmente avvolti nel sacchettino e mollati civilmente nell’apposito cestino, perchè si prega la gentile clientela di non gettare nel cesso niente che non sia piscia o merda.

E così nei prossimi prendo appena posso e parto, vado nel clima più freddino, ma tanto nel bordelletto paradisiaco è caldo e le giovani puttanazze sculano nude e posso stare nudo anche io, che noi la primavera e l’estate ce la comperiamo o ce la facciamo in casa, così come l’amore, la pasta al ragù, le fidanzate e i fidanzati, che noi nel bordello non ci manca niente, nemmeno l’erbetta spinelluccia o robette più sofisticate, che di quel che voglio le sculanti schiavette non esitano a prodigarsi per darmi e vado a vivere nel limbo dei dannati, dannati e felici, capendo sempre più intensamente la Milly e mangiandomi il fegato ed il pancreas di non riuscire più a rintracciarla, perchè di tutto questo vomito assurdo quel che rimpiango di non aver approfondito di più (e per cui oggi mi ci mangerei il capitale che ammucchio come un criceto cocainomane) è lo stile, l’eleganza, la spietata crudeltà erotica di quella Donna Sublime che chissà dov’è e chissà che fa.

E scrivo e mi tira il cazzo, mi tira da far male, pensando alla Milly e ai suoi fetidi piedi divini, ai culi nudi che ondeggiano anche adesso a Praghemilia, all’odore di pelle nuda, al sapore del cazzo del Costa, al bruciore nel culo dopo essermi fatto sbattere da gruppi di anonimi maschi in una notte di meravigliosa orgia culattona sfogandomi come la troiona in calore che sono e mi chiedo, porcoddio, quanto cazzo vivrò ancora in questo mondo dimmerda, quanto tempo ancora dovrò sopravvivere a questa continua sollecitazione dell’incompiuto e dell’insoddisfatto, mischiando l’ansimare di godimento a quello della fatica di esistere senza dare nulla al mondo e senza variare di un millimetro il suo scorrere lento, che tanto scorrerebbe lento lo stesso e penso alla mia sempre amatissima ex moglie Vale e a quel suo modo troiesco di rientrare a casa togliendosi le mutande, accendendo una Marlboro e asciugandosi rapida un bourbon mentre si preparava la doccia, che chissà di quante sborrate secche era coperta, quella ninfomane maligna puttana e troia e divinamente crudele madonna dei cazzi, e a pensarla mi scappello e rincappello furioso, scrivendovi, con le mani bagnate di gocce limpide, voglioso di scoparvi tutti e tutte, ficcando, sbattendo, inculandovi fino a farvi schizzare piscia dalla pressione, immaginando poi le vostre mani che servono la cena e voi con quel dolorino nel retto che vi inarca appena la bocca in un sozzo sorriso al ricordo della Bestia Sovrana che vi ha montato con furia satanica, che non ne ha mai abbastanza, che non è mai appagato, che non è mai felice e che non è mai sazio, ma che rimane suo malgrado immutatamente Tazio.

Vi amo.   

venerdì 6 marzo 2015

Piccoli appunti scritti in piccola punta di piccola penna dalla piccola sfera

.1 Possesso
Il possesso di un bene disegna, nell’immaginario dell’uomo comune incapace di accedervi, un beneficio assai superiore a quello che egli ritrarrà nel momento in cui sarà in grado di possederlo e lo possiederà, poiché in quel momento è intensamente possibile l’instaurarsi di un processo a metà tra il fastidio ed il rimpianto di esserne entrato in possesso.
Staziono ignudo davanti alla bella finestra del bell’appartamento ristrutturato a nuovo, arredato con un letto e basta, situato nella bella palazzina ristrutturata a nuovo che affaccia sulla bella piazza borghese del bel capoluogo di provincia taziale, dove bei giovani stabulano davanti al bar a suggere l’aperitivo e considero che il mutuo è venuto via a un cazzo e ne valeva davvero la pena, pur non essendo io minimamente interessato a tale acquisto, però il contesto riconduce alle radici originali, il bar, l’edicola, il tabaccaio, le maiale dalla figa cannibala e, alla fine, un uomo sano un posto in cui cagare con la porta aperta deve avercelo.

.2 Riproduzione riservata
Al parlàfono una giovine russa in lacrime si fa aiutare da un’amica, che parlicchia italiano, al fine di comunicarmi che ella (la giovine russa in lacrime) è gravida ed io rimango impassibile, seppur convenendo di non essermi mai sottratto dall’eiacularle nella vagina senza alcuna protezione, ma l’avvocato e detective che è in me mi suggerisce la considerazione che se l’ha fatto con me con così tanta facilità, chissà con che stuolo di marinai lebbrosi l’avrà fatto, ma tale teoria, seppur sorreggibile in mille altri casi, vacilla assai in questo e il suo istintivo vacillare mi produce fastidio, sia nel pensare in che tugurio ella vive con mio figlio nel grembo, sia nel dover affrontare, prima o poi, un tema la cui intimità mi induce un’orticaria fastidiosissima. Si vedrà.

.3 Dipende
La Repubblica Ceca che ho conosciuto io è una Mignottocrazia Matriarcale Dipendentista. Poi non so che altra Cechia esista, magari di sublime condotta morale e sopraffina cultura, non ho elementi per negarlo, ma nemmeno notizie per affermarlo. Sta di fatto che nella Cechia mignottocratica matriarcale nella quale mi sono mosso io, qualsiasi (e sottolineo qualsiasi) cosa ha un prezzo. Tutto sta ad avere il tempo e la voglia di scoprirlo, ma tutto è in vendita, perché ciò che vige in ogni approccio, anche il più letamaio, è la parola “Dipende”. Dipende da quanto sganci, da quanti soldi hai, da quanti soldi sei disponibile a spendere in più di quanto prevedevi, dipende dalla tua voglia di rimanere con le tasche vuote senza nemmeno una briciolina di crackers. A quel punto, ma solo a quel punto, comincia la trattativa spesso incerta, spesso infastidita, spesso timida, spesso teatrale, ma assolutamente concludibile.
Perché dipende e se la dipendenza è gradita si fa. La bella ragazza bionda che siede al caffè bevendo un tè coi libri sul tavolino, si fa facilmente agganciare per testare il suo inglese scolastico e all’interminabile ed esasperante fine delle rocambolesche teatralità, accetta di farmi un pompino nel cesso per 2.500 CZK, pompino scoperto, lei mezza nuda, sborrata libera sulle tette botticellesche  e, cosa che le fa onore, esprime un piacevole e spontaneo stupore al cospetto della titanica mazza taziale. “It’s big”, ella squittisce con un sorriso compiaciuto, mentre le manine rapaci assaggiano la consistenza del palo della cuccagna ancora a riposo. Ragazza di gusto. Nonostante qui tutto dipenda, i fondamentali vengono sempre soddisfatti.

.4 Mix culturali: l'Europa! l'Europa!
E’ una soddisfazione infinita, come italiano, apprendere che il tuo italiano amico fratello Costa si sia accasato con altri italiani fratelli a costituire un business a luci rosse nella splendida Praga, luogo in cui egli, unitamente ai suddetti italici, gestisce un modesto postribolo la cui scuderia si compone di un nutrito mazzo di mignotte rumene, orientato specificamente alla clientela italiana in trasferta alla quale offre via Internet ogni comodità, dal transfer dall’aeroporto all’albergo, al ristorante con cucina italiana, ai pacchetti comitiva e agli sconti destinati ai long fuckers. Un sapore europeo pieno di mille sfumature che farebbe scappellare di gioia persino l’algido Olli Rehn, avido di startup dalla visione estesa.
Sono intensamente bramato, in quell’ambiente ricco di finezza, poiché in me questi Signori vedono la figura carismatica del Direttore, vuoi per il mio aspetto signorile, vuoi perché estremamente non abile nel parlare alcuna lingua dell’est europeo e di sortire, probabilmente per quello, risultati straordinari in termini di comprensione immediata e di azione conseguente. D’altra parte nemmeno i miei committenti italiani parlano alcuna lingua e la comunicazione tra noi è di squisita fattura.
Gonfio d’orgoglio salirò presto ad accettare la direzione di quel meraviglioso luogo intriso di afrori di ascelle, piedi, merda, piscia, cazzi, fiche e sborra, dove la nudità random la fa da padrona e il chiavare è garantito in ogni momento poiché, alla fine, io DIRIGO quello sciame di nutrie in calore e il perforarle a mio piacimento è un dovere, prima che un diritto.

.5 Amore
Ritornando dopo tanto tempo nel capoluogo di provincia taziale, ho avvertito sgorgarmi dal petto un vulcano di sentimenti inarrestabili, imponenti, veri, una pressione infinita di incontrare l’Amore Vero di Sempre, la Dea del Sentimento Sincero che ha fatto di Tazio la persona sensibile che egli oggi è, la persona migliore, la persona sana, la persona che non ha mai cessato di riempirsi la mente delle sue parole stupende e del suo volto soave: la Ade.
Novella Doriana Grigia essa non invecchia affatto e non cessa d’amarmi con l’intensità sincera di sempre, con la pulizia morale che l’ha sempre contraddistinta tra tutte, con la generosità straordinaria con cui mi liscia (non richiesti) mille euri in contanti per comperare un enorme specchio da mettere davanti al meraviglioso futon che arreda il mio minimalista appartamento.
La Ade, l’amore, la mia compagna, la mia fidanzata, la Donna Separata Dalle Mille Risorse che ha attratto all’amo un Pescione che la foraggia grassa al fine di assicurare a sé e ai suoi accoliti sordidi piaceri che la mia Dea, dall’ano slabbrato oltre ogni immaginazione, sa offrirgli.
Che gioia ritrovare la famiglia e gli affetti: la Ade, la Aledellapale, la Isa, la Cicci, la Dany, la Raffy, la Zozzy e la Smerdy, che manco cazzo so chi cazzo siano, ma che evidentemente oggi tingono di ravvivate sfumature questo lurido affresco, mai invecchiato, raffigurante il lurido puttanesimo di provincia insozzato di fresca politica e soldi grondanti, ma di ciò non mi curo poiché io ho l’amore, io l’amo ed ella m’ama e questo è ciò che conta.

E mentre tutto il resto del passato scompare e diviene nebbia dei ricordi dozzinali, la feccia sopravvive ed impera vigorosa ed io sono orgoglioso di farne parte ad ottimo titolo, puttaniere, puttana e puttanante europeo senza scrupoli e senza anima.
Ma con l’amore della Ade.

Bonjour dal Taziofeccia.
Vi amo.