E allora raggiungo quell’antro della strega, come da
indicazioni telefoniche cellulari e la trovo che mi aspetta nel corridoio del
seminterrato, in ciabatte e prendisole turchese di cui aveva infilato una pinza
della gonna nell’elastico delle mutande, al fine di accorciarne la lunghezza e
scoprire le dozzinali gambe abbronzatissime. Ciabatta sciatta fino a una porta
di metallo, capelli di un nero corvino paradossale, gli occhiali da sole (di
notte?) in testa come fossero un cerchiello e poi entriamo. Pago il dovuto, mi
spoglio nudo che già c’avevo il cazzo barzotto per la situazione e lei, dopo
aver armeggiato con delle cose su un mobiletto di plastica ad incastro, in un
guizzo si priva del prendisole e scopre due mammellone morbide, dai capezzoli
grandi e scuri, che smottano sul ventre in una foggia erotica, ancor più oscena
per la presenza di un tanga ingrigito dal quale facevano capolino nerissimi e
folti peli pubici.
E dopo essersi rumorosamente liberata delle ciabatte
ciabattanti si insinua sul letto tra le mie gambe senza uno sguardo,
prendendomi in bocca il cazzo, cominciando a succhiare con qualche suono qui e
lì.
“Lanapoletana”
come è nota a tutti.
Età indecifrabile, forse compresa tra i quaranta e i
quarantacinque. Sublime suggitrice di minchia cabriolet, con supplemento.
Niente ingoio, solo succhio a risucchio e mano sapiente che lavora le palle.
Nessuna parola, nessuna occhiata. Le tette dondolano sulle mie cosce e io
decido di fare l’ospite, il turista, non mi impongo, lascio che faccia nei suoi
tempi, con quei risucchi sempre più aggressivi, con quella boccona calda e
bagnata, con quella mano inanellata come quella della
madonnadelcarminebenedettissimo, con quella pelle scurissima e macchiata di
bellissime efelidi e vengo, vengo silenzioso, vengo tutto quel che c’era da
venire mentre la mano sostituiva la bocca, segando alla giusta intonazione, né troppo,
né troppo poco.
Poi salviette umidificate a mazzetti, il turchese che copre
l’ambra, mi rivesto, usciamo, la seguo, poi fuori, ciao, ciao, fine.
***
Era mercoledì che era serata carte al Bar di Bistrazzo, ma
anche se il Sarti era là niente chiavare perché domani si lavora, adesso che ha
un lavoro part-time. Mondo fermo, impressionati, che l’Antonella lavora, si hai
capito bene mondo, ella la-vo-ra, giuro.
Vieni qui a trovarmi, stocazzo
Antonella, mica sono io che cciòiprobblemi
mia cara, quella sei tu, quindi o esci o stai, cazzi tuoi, Tazio a domicilio
stop, fine, nisba.
E si è incazzata poiché “non capisco”.
Fine dell’amore cuore vita gioia tesoro, vaffanculo.
E allora sono uscito e mi sono ricordato della Lanapoletana, che per ragioni ceche e
slovacche non ho mai frequentato.
E oggi è giovedì, penultimo giorno di merda della settimana
di merda.
Dopo chiamo la Ade.
Solo lei può rovesciare il tavolo.
Solo lei.
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