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giovedì 22 settembre 2016

Mercoledì sera degli schiaffi e dello squallore

E allora raggiungo quell’antro della strega, come da indicazioni telefoniche cellulari e la trovo che mi aspetta nel corridoio del seminterrato, in ciabatte e prendisole turchese di cui aveva infilato una pinza della gonna nell’elastico delle mutande, al fine di accorciarne la lunghezza e scoprire le dozzinali gambe abbronzatissime. Ciabatta sciatta fino a una porta di metallo, capelli di un nero corvino paradossale, gli occhiali da sole (di notte?) in testa come fossero un cerchiello e poi entriamo. Pago il dovuto, mi spoglio nudo che già c’avevo il cazzo barzotto per la situazione e lei, dopo aver armeggiato con delle cose su un mobiletto di plastica ad incastro, in un guizzo si priva del prendisole e scopre due mammellone morbide, dai capezzoli grandi e scuri, che smottano sul ventre in una foggia erotica, ancor più oscena per la presenza di un tanga ingrigito dal quale facevano capolino nerissimi e folti peli pubici.
E dopo essersi rumorosamente liberata delle ciabatte ciabattanti si insinua sul letto tra le mie gambe senza uno sguardo, prendendomi in bocca il cazzo, cominciando a succhiare con qualche suono qui e lì.

“Lanapoletana” come è nota a tutti.

Età indecifrabile, forse compresa tra i quaranta e i quarantacinque. Sublime suggitrice di minchia cabriolet, con supplemento. Niente ingoio, solo succhio a risucchio e mano sapiente che lavora le palle. Nessuna parola, nessuna occhiata. Le tette dondolano sulle mie cosce e io decido di fare l’ospite, il turista, non mi impongo, lascio che faccia nei suoi tempi, con quei risucchi sempre più aggressivi, con quella boccona calda e bagnata, con quella mano inanellata come quella della madonnadelcarminebenedettissimo, con quella pelle scurissima e macchiata di bellissime efelidi e vengo, vengo silenzioso, vengo tutto quel che c’era da venire mentre la mano sostituiva la bocca, segando alla giusta intonazione, né troppo, né troppo poco.
Poi salviette umidificate a mazzetti, il turchese che copre l’ambra, mi rivesto, usciamo, la seguo, poi fuori, ciao, ciao, fine.

***
Era mercoledì che era serata carte al Bar di Bistrazzo, ma anche se il Sarti era là niente chiavare perché domani si lavora, adesso che ha un lavoro part-time. Mondo fermo, impressionati, che l’Antonella lavora, si hai capito bene mondo, ella la-vo-ra, giuro.
Vieni qui a trovarmi, stocazzo Antonella, mica sono io che cciòiprobblemi mia cara, quella sei tu, quindi o esci o stai, cazzi tuoi, Tazio a domicilio stop, fine, nisba.
E si è incazzata poiché “non capisco”.
Fine dell’amore cuore vita gioia tesoro, vaffanculo.

E allora sono uscito e mi sono ricordato della Lanapoletana, che per ragioni ceche e slovacche non ho mai frequentato.

E oggi è giovedì, penultimo giorno di merda della settimana di merda.

Dopo chiamo la Ade.
Solo lei può rovesciare il tavolo.

Solo lei.

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