Arrivo stimato per le ore diciannove zerozero zulu e alle
diciannove zerouno zulu era qui, bella come il solleone, garbata, elegante,
sexy, ma con modo, né troppo, né troppo poco, sandalo aperto nero con cinghie larghe
incrociate sulle dita e cinturino dietro al tallone, zeppetta, tacco, pantalone
blu a sigaretta, camicia bianca col collo rivoltato e scollata quel tanto da
dichiarare un Canale di Suez a me ben noto sino allo sbocco panciale,
coprispalla blu cobalto di cotone a maglia larga che fa vedere il bianco della
camicia e coprire decentemente la cula, borsa nera a spalla un po’ demodé, ma
di ottima fattura, capelli raccolti in uno chignon elaborato, occhiali da sole
in testa, RayBan, aviator, specchiati.
Si chiacchiera, ho l’erba, che dice la Kikka, ma niente
solito, slinguo accurato, palpata di tette e poi via, nel mulinello sozzo della
Padania Ex Rossa e Gaudente.
Inodore come materia inesistente, lecco i piedi e godo a
metà, ma so aspettare e intanto mi assaporo il pompino che v’è da dire che li
fa davvero bene e poi apri le gambe che ti impalo, esecuzione immediata, ficona
bisteccona barbuta già zuppa e pronta all’impianto e io ficco e godo che è
bollente e lei gode e le sbrodolo porcate su quel che ho fatto aspettandola,
calcando la mano anche su mezze verità e lei sorride e gode ad occhi socchiusi
e testa all’indietro e arriccia le dita dei piedi mentre viene, abbrancandomi
come una pianta carnivora che non vuole mollare la preda, ma chi molla
Antonerchia, chiavarti è un piacere che persino io non mi spiego.
Canna.
Amica erba che da tempo immemore non ti succhio più, fumosa,
intossicante, appagante, rilassante, eccitante, non nociva, è quella del Virus,
la riconosco a un chilometro, giaciamo, ha fatto le cannette a casa, ma che tesoro,
sorride appagata come una Geisha pronta al suo Signore della Dinastia Minch.
“Facciamo un film
porno?” chiedo passando lo spino annerito, dai profumi esotici “Ma neanche in sogno!” risponde ridendo
e io incalzo “Ma dai, ma sai quanti cazzi
rizzeresti?” – “Non mi interessa, a me basta far rizzare il tuo” e ripassa
il cannino, giocando tenera con la minchia barzotta.
Cucio rapidissimo e penso che forse nemmeno il Fiume Porcone
mai la vedrà in azione e, dopo breve fraseggio rammollito, assumo la notizia
che mai e poi mai e poi mai è successo nemmeno che abbia preso il sole in
topless, ad esclusione degli anni di acerbissima infanzia.
L’Antonella è una ragazza normale, nell’accezione più stimabile
del termine, fa le corna, le piace tanto il cazzo di chi dice lei (poco quello
del Sarti che alberga in passere casuali e diomeneliberi), ha fantasie porn
driven (tra cui la pisciata, come noto) si masturba saltuariamente, possiede un
vibratore base senza diavolerie, ma le piacciono di più le dita, non se lo fa
mettere nel culo, non ha mai avuto esperienze lesbiche, ma forse con la donna “giusta”
e un stato di modesta alterazione potrebbe cedere per sola prova, dove per
donna “giusta” intendesi una trentacinque-quarantenne molto, ma molto fitness,
coi muscoli, ma no culturista, scura di pelle, abbronzata, tette piccolissime,
capelli cortissimi, tutta depilata e molto decisa che fa tutto lei, insomma si
definisce una “bi-curious” (sua definizione porn style, ma per fortuna ride),
guarda i porno, specialmente da sola, certamente saltuariamente, ma non li usa
preterintenzionalmente per masturbarsi, bandisce il sesso nei giorni di lavoro poiché
deconcentra (dice), non le piace il cazzo nero, non è felice, non è soddisfatta
della sua vita, beve troppo (vero) e adora le canne perché le mettono voglia.
“E te vai fuori di testa per i piedi” dice guardandomi
sorridente di tre quarti “Eh sì, ebbene sì” ammetto con facilità, falciato da
un “Lo sapevo da prima prima” – “Ah sì?” dico io con finto stupore “Lo sanno
tutte” risponde felice, girandosi per prendermi la minchia tra i piedi e
cominciare a segarmi.
La mia fama mi precede.
Divinamente noto.
Mi amo.
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