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lunedì 31 luglio 2017

Ripulito coercitivamente, ma con amore sotterraneo


E rimango in estasi a guardare quella madonna bionda che mi cavalca godendo sommmessa, accanto alla finestra da cui si osserva la Riviera Romagnola dall’alto della Suite dell’Impero dell’Oro e ancora non mi capacito di averle chiesto aiuto e averlo ottenuto, in perfetto stile malavitoso, la tana imperiale full design, il guardiano a quattro ante gentilissimo, il professore dall’accento veneto con le sembianze di un sinistro professor Stratman di Intrigo a Stoccolma, che accorre di domenica mattina a prescrivermi la teoria infinita di flebo, endovene, pastiglie, una liturgia farmacologica consumata, destinata a quei personaggi a cui non appartengo, ma efficace, ripulente, rapida e pericolosa, sicuramente costosissima e lei, la Ade, maglia di questo tessuto molto, ma molto serio, donna di potere, ricca, sporca, ingranaggio asservito a un meccanismo pericoloso fatto di tonnellate della roba di cui mi ha ripulito e ragazze e alberghi e discoteche e un efficiente e nascosto esercito armato, che parla una lingua carpatica.

“Cicciammore mi sei mancato” - mugola durante l’amplesso clandestino che mi suggerisce implicitamente di aver un prezzo altissimo, se scoperto – “Anche tu Adelina amore” e resto sbalordito dalla genialità di una donna che contrasta il rilassamento del seno con una mastoplastica riduttiva che le dona adolescenziali tettine piccole e a goccia, all’insù senza protesi, senza cicatrici, magnifiche, ipnotizzanti.

“Non devi più esagerare con le sostanze, sai Cicci, che quelle che trovi sono merda pura”, ossimoro estremo che sigla senza appello la verità.
E ci rivestiamo veloci, senza aver strafatto, senza numeri estremi, solo un amplesso che ci ha ricongiunti come un bacio di quelli che nella vita se ne hai dati due hai un culo neanche tuo.

Ripulito.
Una settimana nella “clinica” della Ade, un appartamento di una bellezza estetica insuperabile, col fido ed imponente Redo, bodyguard dall’abilità infermieristica insuperabile, programmato per la missione “Tazio non deve morire”, che in giacca scura mi infilzava nell’ago cannula verde ogni sorta di flacone e sacca, somministrandomi sciroppi, pastiglie e dio sa cosa.

Portandomi colazioni, pranzi e cene da ristorante di ultra lusso, in assenza totale di alcolici, in presenza costante di bilanciamenti dietologici perfetti, così come il loro sapore indimenticabile.

E la Ade era altrove, “impegnata con le serate”, salvo balzare inaspettatamente per verificare di persona i progressi del suo protetto, come una madre premurosa, un’amante segreta, una potenza a cui Redo attestava timoroso riconoscimento di status.

E poi il saluto finale, sulla dormeuse Le Corbusier di pelle bianca, Redo in libera uscita, quasi quello che la Ade mi stava donando fosse l’attestato d’amore con cui mi riconsegnava vivo alla mia approssimativa ed improbabile vita.

E a bordo della mia consumatissima Yaris long term rent, ho lasciato stamattina il buio garage sotterraneo, sciogliendomi nel traffico stradale, mescolandomi ai vacanzieri ad ogni titolo, accendendomi la prima Marlboro da otto giorni, fumandola con gusto mentre alla radio passavano i Radio Head, inforcando l’autostrada che mi ha riportato nel nulla da cui sono venuto.

Grazie Adelina.
E basta, il resto delle emozioni son cose mie.

giovedì 23 marzo 2017

giovedì 22 settembre 2016

Mercoledì sera degli schiaffi e dello squallore

E allora raggiungo quell’antro della strega, come da indicazioni telefoniche cellulari e la trovo che mi aspetta nel corridoio del seminterrato, in ciabatte e prendisole turchese di cui aveva infilato una pinza della gonna nell’elastico delle mutande, al fine di accorciarne la lunghezza e scoprire le dozzinali gambe abbronzatissime. Ciabatta sciatta fino a una porta di metallo, capelli di un nero corvino paradossale, gli occhiali da sole (di notte?) in testa come fossero un cerchiello e poi entriamo. Pago il dovuto, mi spoglio nudo che già c’avevo il cazzo barzotto per la situazione e lei, dopo aver armeggiato con delle cose su un mobiletto di plastica ad incastro, in un guizzo si priva del prendisole e scopre due mammellone morbide, dai capezzoli grandi e scuri, che smottano sul ventre in una foggia erotica, ancor più oscena per la presenza di un tanga ingrigito dal quale facevano capolino nerissimi e folti peli pubici.
E dopo essersi rumorosamente liberata delle ciabatte ciabattanti si insinua sul letto tra le mie gambe senza uno sguardo, prendendomi in bocca il cazzo, cominciando a succhiare con qualche suono qui e lì.

“Lanapoletana” come è nota a tutti.

Età indecifrabile, forse compresa tra i quaranta e i quarantacinque. Sublime suggitrice di minchia cabriolet, con supplemento. Niente ingoio, solo succhio a risucchio e mano sapiente che lavora le palle. Nessuna parola, nessuna occhiata. Le tette dondolano sulle mie cosce e io decido di fare l’ospite, il turista, non mi impongo, lascio che faccia nei suoi tempi, con quei risucchi sempre più aggressivi, con quella boccona calda e bagnata, con quella mano inanellata come quella della madonnadelcarminebenedettissimo, con quella pelle scurissima e macchiata di bellissime efelidi e vengo, vengo silenzioso, vengo tutto quel che c’era da venire mentre la mano sostituiva la bocca, segando alla giusta intonazione, né troppo, né troppo poco.
Poi salviette umidificate a mazzetti, il turchese che copre l’ambra, mi rivesto, usciamo, la seguo, poi fuori, ciao, ciao, fine.

***
Era mercoledì che era serata carte al Bar di Bistrazzo, ma anche se il Sarti era là niente chiavare perché domani si lavora, adesso che ha un lavoro part-time. Mondo fermo, impressionati, che l’Antonella lavora, si hai capito bene mondo, ella la-vo-ra, giuro.
Vieni qui a trovarmi, stocazzo Antonella, mica sono io che cciòiprobblemi mia cara, quella sei tu, quindi o esci o stai, cazzi tuoi, Tazio a domicilio stop, fine, nisba.
E si è incazzata poiché “non capisco”.
Fine dell’amore cuore vita gioia tesoro, vaffanculo.

E allora sono uscito e mi sono ricordato della Lanapoletana, che per ragioni ceche e slovacche non ho mai frequentato.

E oggi è giovedì, penultimo giorno di merda della settimana di merda.

Dopo chiamo la Ade.
Solo lei può rovesciare il tavolo.

Solo lei.

venerdì 16 settembre 2016

Punto della disperazione

Bene.
E’ venerdì. Domani non dovrò venire qui e ciò mi rincuora. Da stamattina, in cui non sto facendo un cazzo assoluto, ho iniziato a mandare curricula, ma vi rendete il conto?
Uno spammone bestiale a tutte, ma sottolineo tutte, le realtà che potrebbero prendermi e darmi dei soldi per sopravvivere. Perché qui, vi giuro, mi muore un neurone al minuto.

Nessun attacco Conciano ieri sera, molto bene, credo che per un po’ il mio sms lasci la quiete nella mia vita, anche se ho la sensazione che si tratti di una tregua più che di una resa.
In ogni caso checcazzomenefrega, farò il cazzodimmerda che ci sarà da fare.

Fronte Antonella: tutto tace, anzi no, tutto uozzappa cagate da scuola media, alle quali rispondo con frasi degne del ripetente bullo che va a scuola in motorino perché c’ha un anno in più.
Dalla psicoterapia alla pediatria, qui c’abbiamo tutto alla TazioClinic.

Sono così scoglionato che la voglia di fottere mi è andata sotto i tacchi delle scarpe di uno che andava in Afghanistan e ciao bella ciao.
D’altra parte non ho neanche niente di molle caldo e bagnato in cui infilarmi, ad eccezione della mia compagna di classe (se decide di non andare a catechismo) o della professoressa se decide di prendermi a ripetizione di disturbi della personalità. Che curerebbe a melanzane alla parmigggiana  e veloci scopate alla missionaria. Peccato che non mi dispensi anche dei “gesummaria” alla memoria imperitura di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

E per rinvigorirmi non vi sarebbe che una persona, lo sapete.
Per sporcarmi nuovamente di peccato e perdizione, di droga e mignotte di lusso, di fuoristrada che pagano l’ICI e soldi truffati, condendo il tutto con chiose mantovane talvolta esilaranti.
La Ade.

Ma chissà dove cazzo sarà la Ade.
Boh.


Provo a lavorare.

lunedì 1 giugno 2015

Amore mi scappa la cacca che me la sto facendo addosso

 Sabato tardomeriggiale

Sabato tardissimo pomeriggio, avevo appena schiacciato un pisolo ristoratore quando, d’improvviso, il campanello suona e il citofono mi riporta alla mente i tempi andati.
“Cicciammore sono io la Ade, fammi salire che mi sto cagando addosso” e la locuzione non era intesa a metaforizzare uno stato di paura, ma riferiva proprio ad un incontenibile stato di riempimento fecale del tratto finale del tubo digerente, per cui apro con lusingato entusiasmo.

La furia sale correndo, figa come non mai, salutandomi appena, cercando con parossismo la porta mentre scandivo, inascoltato, un meccanico “DAVANTI-A-TE- E’-LA-PORTA-DAVANTI-A-TE”  e poi la vedo svanire rumorosa nel cesso, finalmente.
E da lì la odo scaricare la cagata impetuosa che la tormentava, mentre accanto alle rudi scorregge sonore e aggressive, proprie di un camionista ceco che si alimenta di soli wurstel, crauti e birra, è stato con estremo piacere che ho udito la voce soave della Poetessa dell’Ano declamare bestemmie crudeli utili a rafforzare il concetto che se non faceva presto si sarebbe cagata addosso di lì a un secondo.

Che utile che mi sono sentito.

Poi scrosci di sciacquone, getti di bidet, profumo di bagnoschiuma, richieste di permesso d’uso del mio asciugamano e, alla mistica fine, una donna stupenda, nuda sotto e vestita sopra, con in mano gli indumenti mancanti e i sandali, compare sull’uscio che richiude dietro a sé e mormora sorridente “Grazie Cicci, ti devo la vita, non la tenevo più più più… se vuoi puoi incularmi, adesso, che sono vuota come una zampogna e sento anche di più il cazzo.”
Che son parole di sopraffina fattura letteraria, se ci pensate, una sintesi estrema dei Grandi Classici del Novecento e che solamente uno stolto avrebbe sprecato adducendo ragioni di tempo scarso e così io, che stolto non sono affatto, l’ho ingroppata sul letto come la scotta di una vela in mano a un babbuino, allungandole prepotente, ed a secco (dettaglio oramai ininfluente nella Ade, dato l’abuso del suo muscolo anale) tutto il cazzo duro che mi aveva fatto pietrificare con la sua laida troiaggine scatologica, aprendole il culo come meritava e necessitava, sbattendola come una bandiera sotto il Maestrale Tarellare di forza Ventitre, godendo di quella Femmina Suprema che in cambio di un cesso per cagare si fa scopare l’intestino con tutta la golosa violenza dell’impalatore.

E veniamo urlando come scimmie catarrine e mi pregio di spruzzare il mio preziosissimo sperma sulle natiche erotiche della catarrina femmina che ne pare lusingata e/o inorgoglita, a giudicare dai guizzi bovini di lingua e i gorgoglii gutturali.

“Che bella l’inculata appena dopo aver cagato Cicci” mi confida rimuovendo le tracce spermatiche con cura, come se io non mandassi a memoria i tremila clisteri che le ho somministrato proprio in vista di sodomie ben dilatate.

“Ci rimane sempre da provare la mela amore” sottolineo preparandomi le cose per il post doccia.
“Mmmh la mela… maialone… ma lo sai che da quando me lo hai detto non riesco a togliermela dalla testa?” incalza soddisfatta del richiamo della memoria, mentre la mia preoccupazione principale è come riuscire a  togliergliela dal culo, qualora strani contrazioni intestinali dovessero bloccarne la fuoriuscita.

Preoccupazioni apparentemente opposte, ma in realtà perfettamente identiche.
Grande metafora del vivere.
(Sottile questa eh, sottilissima)

martedì 12 maggio 2015

La solitudine solitaria dell'Uomo solo

Alla fine delle fini, l’Uomo diviene solo.
Solo, alieno dal gruppone ruttaiolo che si sbrega di numeri lesbo, travoni, mignotte in sala, alcol, sudore e canne di basso livello qualitativo.
Solo senza dare un avviso, un segnale, garantendo subdolamente la sua presenza come assolutamente certa sino alla fine, evaporando sin dall’inizio.
Egli scompare. Nel nulla.
Irrintracciabile al cellulare, introvabile a casa sulla piazza maestra, introvabile a casa nel capoluogo di provincia, dissolto, scomparso, smaterializzato, magnete attrattivo di vaffanculotestadicazzostronzo e di bestemmie e maledizioni, ma nonostante ciò, egli non è e non sarà.

Perché l’Uomo deve essere solo.

L’Uomo cura i dettagli, cambia persino auto all’autonoleggio nella tarda mattinata (era dovuto, ma nella scena complessiva mi appariva bello e calzante usare il dettaglio), prendendo il possesso di una prestigiosa, elegante e lussuosissima FIAT Punto bianca, auto americana blasonatissima, degna del suo rango di Uomo in Dissolvenza.
Nessun indizio, nessuna traccia, nulla. Solo.

Anche la Donna Altrui che lo redarguisce con un “Ma dai, vacci, guarda che io stasera esco con le ragazze eh” come a dire “non pensare che ci sarò per te” non immagina della smolecolarizzazione dell’Uomo che si dissolverà in iperfantastiliardi di particelle subatomiche che si dissolveranno e saranno qui, in nessun dove ed in ogni dove. La Donna Altrui che lo redarguisce lo fa infantilmente, sperando in cuor suo che, a un tratto della prima notte, un messaggio dica “vediamoci” essendo sin d'ora pronta a dire sì, ma non stasera, no, non questa notte di antimateria.

Stanotte l’Uomo scompare. Da solo.

E l’Uomo scompare annidandosi in buchi neri di profondità incommensurabili, dove spazio e tempo assumono significati relativi che travalicano la scienza, persino quella di Antonino Zichichi. L’Uomo scompare affidandosi ala maestria di una famosissima Maga che sa far scomparire moltissime cose, anche di grandissime dimensioni.
Egli le telefona a pomeriggio ottenendo il suo benevolo appoggio alla smaterializzazione antimaterica.

“Ade devo nascondermi, mi ospiti solo per stanotte?”
“Cazzo Cicci, sei nellammerda?”
“Più o meno”
“Dammi qualche ora cicciamore, che ci pensa la sia Ade al suo cicciammore”


E, amisgi, la sia Ade ci ha pensato lei. Sì. Perché Ella tutto può.
E l’Uomo alle ventuno esatte scompare sotto l’incantesimo adeliano dell'antimateria.
Pfffffsssgggghhhhhhhhhppffffff…
Ha!

lunedì 27 aprile 2015

Cazzo di qua, cazzo di là

Cazzo se piove. E fa anche freddo.
L’unica nota di rilievo positivo è che mi dicono che oramai da qualche mese la Solita tiene aperto sempre. Sempre. Per cui anche di lunedì, infrangendo l’antico assioma lunedì > Osteria quella Nuova e/o winebar. Il winebar poi è morto, per cui La Solita, asso pigliatutto, vince a cappotto ed il banco perde. Che si strafoghino di paella karaoke all’Osteria quella Nuova. Dozzinali.
Chissà quanto cazzo ci vuole a rimettere in piedi il winebar. Che poi bisogna pensare che se ha chiuso è fallito e se è fallito ci sono i debiti e che se è fallito per i debiti la gente non c’andava, boh, non so, ma mi viene salomonicamente da dire checcazzomenesbatte che c’ho altro per la testa.

Cazzo se piove.
Mi soffermo meditabondo ad osservare dalla finestra l’asfalto picchiettato di gocce di pioggia mentre comprimo il glande nudo tra pollice ed indice, chiedendomi con curiosità scientifica se la Maggie anche oggi avrà il sandalo porconudo oppure andrà calzando deprimenti scarpe antipioggia. Mah. Certo che se avessi il suo numero di cellulare glielo potrei anche chiedere, ma sull’onda anomala della grigliata convivialasessuataamicale non mi sono sentito di chiederglielo. Certo, basterebbe rivolgersi all’Antonella ed il giuoco sarebbe fatto, ma preferisco che la voglia sozza mi salga oltre il livello di guardia e i muretti di contenimento, in maniera da liberare il Taziosauro Bestiax in tutta la sua impetuosa ed irrinunciabile violenza eroticiselvatica.
Soffrire per poi godere come cinghialibestia, ecco l’assioma.

L’Antonella, santa donna. Sopportare quel gran puttaniere distratto del Sa-aaarti ci vuole proprio della gran pazienza, anche perché la distrazione nei truschini ficcaioli può risultare oltremodo offensiva per la parte lesa, che si ritrova sì cornacea, ma senza nemmeno l’onore delle armi, poiché il Sa-aarti agisce senza cura dei dettagli nascondenti.
E se la fica rumena stradale gli fa ‘sto effetto, che cosa ci si deve fare?

Cazzo se piove.
Mi son piallato di seghe oggi, nove per l’esattezza, tra il pensiero delle bombe ipertrofiche e sbarazzelle della Nadia, tra il pensiero fugace di un momento culaceo dell’Antonella piegata a novanta a prendere il pane e diverse angolazioni della mise fottimidurodibruttocazzomerdachenoncelafacciopiù della Maggie.
Ho ritrovato i piaceri della felpa black block con corallo sopra e nudo sotto, la mia condizione naturale di segaiolo in clima fresco. Che meraviglia.

Domattina banca, chissà che anticipiamo i tempi, cosa che mi aggraderebbe parecchio. Penso si possa fare, visto che è da un po’ che ci smanazziamo di sopra e oramai ho consegnato anche fotocopia del campione delle mie feci. Vedremo.

Nessun uozzappo allieta il mio display; forse è ora di farla finita coi film in cinemaschizzoscope e tirare innanz, facendo magari prua verso il bar della Sudiciona Siusy in orario di chiusuraoreventi, togliendomi le vogliette sozze e contro natura che l’aria di casa mi mette a mazzetti, oppure virando verso la palestra dell’ardimento nella quale inchiodare al muro la proprietariAle abusando del suo ano strettissimo fottendomene dai suoi dolori (chechiccazzosenesbatte), oppure  approdare ad un randevù al tennisclebb con la Gran Maestra del Grande Culante d’Italia Adele dolce Fiele, ammesso che il suo carnet sia provvisto di un posto minchia per il sottoscritto.

Cazzo se piove.
Cazzo che voglia.
Cazzo che bello.

mercoledì 18 marzo 2015

Considerazioni sane e ipotesi ben equilibrate

Bonjour.
Che ore travagliate. Ovviamente ieri sera non c’è stata nessuna Ale e nessuna Ade, come da copione. Ho mangiato una pizza da solo e poi ho camminato.
Sono passato sotto La Casa, che dista dalla mia casa poche centinaia di metri.
Buio totale, con addirittura il campanello schiacciato dentro sino ad affondare nella bottoniera. Evidentemente qualcuno s’è rotto le palle di un via vai carbonaro di nullo effetto. Per cui nessuna possibilità, nemmeno quella illusoria di potervi sussurrare l’Ex Corde Fortitudo nella speranza di sortire il “clack” della serratura, come un tempo.

E così i pensieri sono divenuti malinconici e sono andati aggrovigliandosi in ordine sparso: la Milly dov’è, la Frank dov’è, dov’è Alcyator, dove sono tutti. E da lì le “strategie di recupero”: potrei ricontattare la Coppia Bestia per avere delle notizie della Milly, forzare il Costa a scoprire dove si rintana la Frank a Milano, ma fortunatamente la mia parte razionale (seppur atrofizzata) mi blocca e mi dice: e poi?

Il passato è passato e di lui rimangono solo i ricordi, non c’è niente da fare. Questa discesa nei luoghi del paesello me lo sbatte in faccia ad ogni piè sospinto ed io, oramai, credo di aver ceduto ed essermene fatto una ragione. Nessun alloro per il ritorno del Taziol Prodigo, nessun vitello grasso da accoppare per magnarselo, nessuna festa, niente.

Certo, potrei andare a ravanare nel fondo del filtro melmoso dello scarico e andare a buttare una sarda marcia alla Siusiporno per vedere cosa succede; ma se non succede niente? E se anche lei mi assestasse un sonoro due di picche? Credo che a volte sia più saggio tenersi lontani dalle delusioni, ma poi mi insaggisco ancor di più e mi dico che può anche essere interessante saperle ridimensionare e ricollocare nel loro ruolo di ininfluenti illusioni. E lungo questa saggezza plutarchica si sviluppa il ricordo di quella cula dallo spacco giallastro che mi infoia e mi spinge ad andare a sorbire nel pomeriggio un caffettino al Paradiso del Vibrione Colerico e si vedrà.

Al telefono, prima, la Ade mi dice che “al 90%” sabato sera facciamo il seratone e io le comunico che il 90% non mi basta, al che lei si secca e mi dice che per lei, invece, assicurare il 90% è già uno sforzo notevole, sicché io la sgravio dallo “sforzo notevole” e la rilasso dicendo che che sabato sera ci riteniamo liberi, lei si incazza, io pure, nessuno dice niente e ci si saluta.

E allora metto in moto il cervello e considero che avendo in mano tutta la documentazione che attendevo ed essendo in possesso di una simpatica Yaris a noleggio, se per questi giorni non imbastisco una letamaiata satanica degna di tale nome faccio prua verso il Guglielmo Marconi e mi praghizzo.

Però stavolta faccio sul serio, non da cazzone.
D’accordo che vivo nel bordelletto, d’accordo che ne sarò socio, ma io devo mettermi in regola seria e costruttiva: voglio iscrivermi ad un corso per imparare bene sia il ceco che il russo, per essere così agevolato nel 70% dell’est europeo. Voglio integrarmi in Praga come dio comanda, pensando (perché no?) di aprirmi una piccola galleria d’arte moderna, riservata ai locali e ai turisti, nella quale (perché no?) ricominciare a dipingere e ad esporre (perché no?).

E tutto questo mi tranquillizza e mi energizza, senza nulla togliere ai progetti spermatici odierni di un caffettino al paesello e di uno spompinazzo alesco al palestrello e di una bella puttana stradale per il dopocena.
Mi pare di essere ben savio, o no?

venerdì 6 marzo 2015

Piccoli appunti scritti in piccola punta di piccola penna dalla piccola sfera

.1 Possesso
Il possesso di un bene disegna, nell’immaginario dell’uomo comune incapace di accedervi, un beneficio assai superiore a quello che egli ritrarrà nel momento in cui sarà in grado di possederlo e lo possiederà, poiché in quel momento è intensamente possibile l’instaurarsi di un processo a metà tra il fastidio ed il rimpianto di esserne entrato in possesso.
Staziono ignudo davanti alla bella finestra del bell’appartamento ristrutturato a nuovo, arredato con un letto e basta, situato nella bella palazzina ristrutturata a nuovo che affaccia sulla bella piazza borghese del bel capoluogo di provincia taziale, dove bei giovani stabulano davanti al bar a suggere l’aperitivo e considero che il mutuo è venuto via a un cazzo e ne valeva davvero la pena, pur non essendo io minimamente interessato a tale acquisto, però il contesto riconduce alle radici originali, il bar, l’edicola, il tabaccaio, le maiale dalla figa cannibala e, alla fine, un uomo sano un posto in cui cagare con la porta aperta deve avercelo.

.2 Riproduzione riservata
Al parlàfono una giovine russa in lacrime si fa aiutare da un’amica, che parlicchia italiano, al fine di comunicarmi che ella (la giovine russa in lacrime) è gravida ed io rimango impassibile, seppur convenendo di non essermi mai sottratto dall’eiacularle nella vagina senza alcuna protezione, ma l’avvocato e detective che è in me mi suggerisce la considerazione che se l’ha fatto con me con così tanta facilità, chissà con che stuolo di marinai lebbrosi l’avrà fatto, ma tale teoria, seppur sorreggibile in mille altri casi, vacilla assai in questo e il suo istintivo vacillare mi produce fastidio, sia nel pensare in che tugurio ella vive con mio figlio nel grembo, sia nel dover affrontare, prima o poi, un tema la cui intimità mi induce un’orticaria fastidiosissima. Si vedrà.

.3 Dipende
La Repubblica Ceca che ho conosciuto io è una Mignottocrazia Matriarcale Dipendentista. Poi non so che altra Cechia esista, magari di sublime condotta morale e sopraffina cultura, non ho elementi per negarlo, ma nemmeno notizie per affermarlo. Sta di fatto che nella Cechia mignottocratica matriarcale nella quale mi sono mosso io, qualsiasi (e sottolineo qualsiasi) cosa ha un prezzo. Tutto sta ad avere il tempo e la voglia di scoprirlo, ma tutto è in vendita, perché ciò che vige in ogni approccio, anche il più letamaio, è la parola “Dipende”. Dipende da quanto sganci, da quanti soldi hai, da quanti soldi sei disponibile a spendere in più di quanto prevedevi, dipende dalla tua voglia di rimanere con le tasche vuote senza nemmeno una briciolina di crackers. A quel punto, ma solo a quel punto, comincia la trattativa spesso incerta, spesso infastidita, spesso timida, spesso teatrale, ma assolutamente concludibile.
Perché dipende e se la dipendenza è gradita si fa. La bella ragazza bionda che siede al caffè bevendo un tè coi libri sul tavolino, si fa facilmente agganciare per testare il suo inglese scolastico e all’interminabile ed esasperante fine delle rocambolesche teatralità, accetta di farmi un pompino nel cesso per 2.500 CZK, pompino scoperto, lei mezza nuda, sborrata libera sulle tette botticellesche  e, cosa che le fa onore, esprime un piacevole e spontaneo stupore al cospetto della titanica mazza taziale. “It’s big”, ella squittisce con un sorriso compiaciuto, mentre le manine rapaci assaggiano la consistenza del palo della cuccagna ancora a riposo. Ragazza di gusto. Nonostante qui tutto dipenda, i fondamentali vengono sempre soddisfatti.

.4 Mix culturali: l'Europa! l'Europa!
E’ una soddisfazione infinita, come italiano, apprendere che il tuo italiano amico fratello Costa si sia accasato con altri italiani fratelli a costituire un business a luci rosse nella splendida Praga, luogo in cui egli, unitamente ai suddetti italici, gestisce un modesto postribolo la cui scuderia si compone di un nutrito mazzo di mignotte rumene, orientato specificamente alla clientela italiana in trasferta alla quale offre via Internet ogni comodità, dal transfer dall’aeroporto all’albergo, al ristorante con cucina italiana, ai pacchetti comitiva e agli sconti destinati ai long fuckers. Un sapore europeo pieno di mille sfumature che farebbe scappellare di gioia persino l’algido Olli Rehn, avido di startup dalla visione estesa.
Sono intensamente bramato, in quell’ambiente ricco di finezza, poiché in me questi Signori vedono la figura carismatica del Direttore, vuoi per il mio aspetto signorile, vuoi perché estremamente non abile nel parlare alcuna lingua dell’est europeo e di sortire, probabilmente per quello, risultati straordinari in termini di comprensione immediata e di azione conseguente. D’altra parte nemmeno i miei committenti italiani parlano alcuna lingua e la comunicazione tra noi è di squisita fattura.
Gonfio d’orgoglio salirò presto ad accettare la direzione di quel meraviglioso luogo intriso di afrori di ascelle, piedi, merda, piscia, cazzi, fiche e sborra, dove la nudità random la fa da padrona e il chiavare è garantito in ogni momento poiché, alla fine, io DIRIGO quello sciame di nutrie in calore e il perforarle a mio piacimento è un dovere, prima che un diritto.

.5 Amore
Ritornando dopo tanto tempo nel capoluogo di provincia taziale, ho avvertito sgorgarmi dal petto un vulcano di sentimenti inarrestabili, imponenti, veri, una pressione infinita di incontrare l’Amore Vero di Sempre, la Dea del Sentimento Sincero che ha fatto di Tazio la persona sensibile che egli oggi è, la persona migliore, la persona sana, la persona che non ha mai cessato di riempirsi la mente delle sue parole stupende e del suo volto soave: la Ade.
Novella Doriana Grigia essa non invecchia affatto e non cessa d’amarmi con l’intensità sincera di sempre, con la pulizia morale che l’ha sempre contraddistinta tra tutte, con la generosità straordinaria con cui mi liscia (non richiesti) mille euri in contanti per comperare un enorme specchio da mettere davanti al meraviglioso futon che arreda il mio minimalista appartamento.
La Ade, l’amore, la mia compagna, la mia fidanzata, la Donna Separata Dalle Mille Risorse che ha attratto all’amo un Pescione che la foraggia grassa al fine di assicurare a sé e ai suoi accoliti sordidi piaceri che la mia Dea, dall’ano slabbrato oltre ogni immaginazione, sa offrirgli.
Che gioia ritrovare la famiglia e gli affetti: la Ade, la Aledellapale, la Isa, la Cicci, la Dany, la Raffy, la Zozzy e la Smerdy, che manco cazzo so chi cazzo siano, ma che evidentemente oggi tingono di ravvivate sfumature questo lurido affresco, mai invecchiato, raffigurante il lurido puttanesimo di provincia insozzato di fresca politica e soldi grondanti, ma di ciò non mi curo poiché io ho l’amore, io l’amo ed ella m’ama e questo è ciò che conta.

E mentre tutto il resto del passato scompare e diviene nebbia dei ricordi dozzinali, la feccia sopravvive ed impera vigorosa ed io sono orgoglioso di farne parte ad ottimo titolo, puttaniere, puttana e puttanante europeo senza scrupoli e senza anima.
Ma con l’amore della Ade.

Bonjour dal Taziofeccia.
Vi amo.