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sabato 20 aprile 2013

Mattuppe

Mattuppensa, dico.
Ho checkoutato l'albergoninternazionaldissanguante e ho preso un taxi, prima che il Ponze mi placcasse al bar. Sono salito e ho chiesto al simpatico taxista che cazzo avrebbe fatto lui al mio posto, in termini di reazione col Ponze.
E mentre gli raccontavo lui rideva, rideva, che c'hanno 'na risata sti ragazzi qua che ti fa saltare via. E abbiamo chiacchierato e, a un certo punto gli ho detto di proseguire, di menarmi in giro per Dakar e poi ci siamo fermati a pranzo assieme in un posto che conosceva lui e in sei minuti ero in un mare di pelle nera, tutta maschia, ma mi sono divertito come un pollo.
Io sono il Toubab, mi fa un piacere pazzesco. Non "el negher", ma Toubab.
Sentite come suona elegante, charmoso? Che gente, cazzarola, mi piacciono da morire.
Leghisti, segnatevela, magari vi farà felici.

Il pranzo è durato come un matrimonio, ma senza bomboniere. Tutti attorno al tavolo a pianificare il mio viaggio. Eravamo in dodici? E abbiamo avuto dieci ipotesi, ciascuna più sgangherata delle altre, fantastico, non mi sono divertito così dai tempi dell'appendicite, credetemi. E ognuno la esponeva con quel tono ultimativo, disperato, artistico, teatrale e sofferto, rumoroso e drammatico. Fermo il fatto che non gliene chiavava di meno. Avrei voluto ammazzarli.
Io continuavo a chiedere, anche con fermezza, se qualcuno fosse interessato, a pagamento, a portarmi a questa cazzo di fottuta Saint-Louis, ma niente. Mi prendevano per il culo per come parlo dimmerda il francese. E poi sedevo nel Gran Consiglio dei Saggi Economisti, tutti giù a sbiasciare tra francese e wolof la soluzione più economica.

Che gente, che posto, che giornata, li adoro.
Poi, alla fine, Maurice il tassista mi ha infilato nel dedalo di villi intestinali della Dakar vera, portandomi al Libellule, albergo gestito da suo cognato Ibrahem. E durante il tragitto mi ha detto che lui, volendo, a Saint-Louis mi ci porta. Grande Maurice, ne ero matematicamente certo. Per cui, alla fine, ci siamo trovati io, Maurice, Ibrahem e Sara, giunonica moglie d'ebano della silfide Ibrahem e io ero il Toubab e loro degli dei e sono volati i numeri di cellulare, le risate, i bagliori dei denti e io ho deciso che vivrò qui per sempre.

Adesso non è per fare il coglionazzo italiano eh, ma ocio.
Ho una camera spaziosa, bella, con una vista magica sull'incrocio infernale, un bagno condiviso ok, prima colazione e cena compresa, quando voglio, con Ibra e Sara nella loro cucina. Questo in virtù del fatto che sono fratello adottivo di Maurice e che ho pagato dodici pranzi al prezzo di due tramezzini e una birra e un tour personale per Dakar al prezzo di due pacchetti di Marlboro.

Qui c'ho un agitatore sul soffitto, tutto è pulitissimo, loro sono spaziali come fratellanza, belli, simpatici, caldi e sereni, ma vi voglio anche dire in euro cosa pago al giorno all inclusive: 8,50 euro, al cambio. Sì, avete letto giusto, 8,50.
Ottoeuroecinquanta.
Ah. E c'è anche il wifi. Incluso, intendo. In Senegal. Il wifi. Incluso. Negli ottoeuroecinquanta.

Non ritenete anche voi che il concetto di 'decrescita felice'  meriti una riflessione?
Un pochino sì, dai, diciamocelo.

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