Dekiergegaardizziamoci, come esortava Gadda, caliamoci nel piacere dell’esplorazione delle sozze viscere femminili, persino laggiù dove i miasmi possono raggiungere toni insopportabili, sopportiamoli come pegno dovuto al godere ed al piacere, sotterriamo gli imperativi assoluti, travolgiamo il pensiero kantiano e affondiamo la verga come fosse la spada dell’angelo dell’assoluto, riconoscenti ed in debito con colei che tanto gratuito godere ci concede, esaltiamola, non curiamoci di ciò che dice, ma veneriamo ciò che ci concede, amica di pari attitudini compresa, aggrovigliamoci, estendiamoci, purifichiamoci sfregando il glande ipertrofizzato contro le carni molli e odorose delle Muse del Sozzo, Sozzo che non deve depurarsi e divenire candore, ma deve essere isolato e ostentato come un diadema raro, raro come la Vocazione al Puttanesimo che rende la Virtù frigida essenza dei non talentuosi, che annullano e parificano minimizzando i massimi ed esaltando l’astensione ed il premio dell’aldilà, pur di non cimentarsi e confrontarsi col virtuosismo del talento vaginale che porta il premio in terra, tra le cosce di una Sunzona arrapata che dona l’assenza della coscienza meglio di una droga, droga che, peraltro, lei consuma a volontà ed a rischio.
Ancelle del Sozzo, Vestali della Sunzonia, dee immortali che tramandate il vostro verbo affascinando nuove adepte pronte ad immolare un’anonima fica privata al pubblico che, per più versi d’osservazione, ne gode decantandone doti di piacere assoluto, Dee dell’Immortalità dell’uomo cosciente e consapevole, voi, voi dee meritate schizzi di succo d’uomo e venerazione incontrastata.
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«Puttana sacrata alla notte, notte tu stessa; in te il creatore risplende di luce propria. Puttana, sei la salvezza. Dixi et salvavi animam meam»
Italo Tavolato
«Puttana sacrata alla notte, notte tu stessa; in te il creatore risplende di luce propria. Puttana, sei la salvezza. Dixi et salvavi animam meam»
Italo Tavolato
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