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giovedì 15 settembre 2016

Stalker

Se io dico una cosa, no, non intendevo ciò che ho detto. O meglio, lo intendevo se la Concia è d’accordo, viceversa sono guardato con lo sguardo di “poverino, su, su, che vedrai che la disfunzione cerebrale guarisce e torni a dire cose assennate”.
E io mi spezzo un po’ il coglione, che lo sapete che sono tendenzialmente calmo e meditativo, ma quando sopraggiunge il lontanissimo limite sbotto con un “perbacco”.
D’altra parte, chi pare avere una mente sanissima e una pazienza sconfinata (con me) fatica ad intendere che       questo non-rapporto non può evolvere in un non-rapporto2.0, ma può solo regredire in un non-rapporto0.0 e che io, dal mio cinquanta per cento di compartecipazione, sono proprio a zero, nada, nisba, niet, ciao.

Che due coglioni, di cui uno spezzato.
Mi smazzo una giornata dimmerda qui nel capoluogo di provincia taziale e poi guido come uno sherpa sino a Taziopoli e poi entro nella tazhaus e squilla il parlafonofissile (che lei lo sa a che ora ci sono, cazzomerda se lo sa) e lì mi squaglio, mi demolecolarizzo, sublimo in un fumo acre e verdastro subendomi ore di telefonata inutile perché anche se lei è convinta che siamo ancora assieme, io sono convinto che invece no, ed è un bel problema ragazùa.
Perché, contrariamente a qualsiasi buonsenso, lei crede che parlando e parlando e parlando e parlando io mi convinca del contrario.

Ma da oggi quindici di settembre del duemilasedici, la tazioclasse è finita e la taziodisponibilità esaurita, tant’è che le ho messaggiato testè che se non la fa bastevole sin qui, io ho i messaggi e le registrazioni (e come si fanno? Boh) e la querelo per stalking.

Fine.
Evaffanculoporcamerda.

No?

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