Ed alle venti la decisione era presa, nessun mendicante si sarebbe
affacciato ai loro inutilmente costosi cellulari, collezionando rifiuti o
raccattando benevole concessioni. Non sarei stato io quel mendicante, perché
per una volta, una schifosa maledetta volta, qualcuna di quelle troie avrebbe
potuto premere il mio numero chiedendo dello stato di avanzamento della mia
decomposizione indecorosa, proponendomi di accelerarla con la mollezza nociva
della loro carne pubblica.
E invece no. E allora ho deciso io.
La Casa senza Milly è diventata un meschino bordello clandestino di
provincia, ora che è retto pro tempore da quella puttana in disarmo di “Miss”
Cora, riciclata dal marciapiede verso un qualcosa che non comprende, ma che
avverte che può condurla ad una monetizzazione che i suoi quasi quarant’anni
non potrebbero più garantirle, dovendo competere con diafane statuette perfette
dell’est, disponibili a qualsiasi cosa.
Inquieta non c’era.
La Sofia non c’era.
La “vacanza” di Miss Milly abbassa le garanzie ed il meglio di quel
posto attende l’operazione chirurgica al setto nasale per ricomparire. Che fine
avrà fatto lo schiavo avariato? Lo avranno fatto ammazzare da albanesi ubriachi
e strafatti di crack o gli avranno concesso l’indulto, nella considerazione
dell’evidente concorso di colpa?
Mi accoglie una Sorella molto gentile e penso che la Squaw qui dentro
avrebbe di che asciugare le bave superiori ed inferiori, coadiuvata da alcune
lezioni di comportamento standard. Ma non ce la porterò mai, sono arcistufo di
fare cose per gli altri, che si fotta la Squaw e le sue masturbate violente
ispirate alla recisione del clitoride con un trinciapollo.
Per il resto, mera troiaggine di basso rango, sfogata in un contesto
depenalizzante, il marito sta lì, guarda e ce l’ha duro e sdogana il coniugale
appetito estemporaneo, in una domenica nevosa in cui quattro stalloni le
trapanano ogni foro dilatabile con vigore sin troppo triviale. Lo stile è morto,
Cora è una merda. Mi manca Inquieta. Mi manca molto. Avrei parecchio da
discutere con lei, spaccandoci ambedue con il suo narghilè speziatissimo.
Uno stallone che conosco, Alcyator, spacca il culo a un ometto meschino
mentre la moglie, una orrenda provincialotta, porcara, arricchita, coperta di
ori come la Madonna di Loreto, in preda alla lebbra della libido lo incita a
sfondarlo come una troia.
No, lo stile è morto, domani chiamerò Miss Milly, poiché deve
sapere a che bassezza si è giunti.
Quel posto è la sua creatura e, come ogni opera dell’intelletto, deve
essere salvaguardata.
Me ne vado, torno nella roba bianca scivolosa e gelata, me ne vado a
casa.
Breve viaggio, molti pensieri, alcuni fotogrammi, è tardi, tardissimo.
All’ultimo momento, devio.
E le suono il campanello. Tarda a rispondere, dormiva, ma mi fa salire,
stupita. Non c’è stato nessun uomo, solo la solitudine cercata, fatta di pizza
a domicilio e televisione defaticante, niente e nessun altro.
Le apro la giacca da camera e lei mi guarda con gli occhi
dell’assassina che mi stregano.
Non le dico nulla, non mi dice nulla. Sollevo la sua mano destra e
porto le dita al mio naso. Chiedo solo se si è masturbata, mi risponde con un
cenno assertivo del capo.
Il letto che odora di sonno e pelle e corpo e capelli e senza nessun
preliminare, senza baci, senza carezze, senza permessi, le apro le gambe e
infilo il cazzo in quella macchia di pelo, mentre i suoi occhi da assassina mi
fissano senza perdermi di vista un secondo. E cominciamo a chiavare.
Senza enfasi, senza isterismo, senza parossismo.
Un normale ficcare uno sopra l’altra, ritmato, piacevole, denso di
respiri, privo di parole, solo sguardi fissi e poi il suo orgasmo, accompagnato
da un mio sbattere violento, durante in quale sono venuto al momento in cui
dovevo venire senza forzarmi a virtuosismi eclettici. Le sono venuto dentro
mentre veniva, normale, usuale, persino banale.
Poi la sua voce, ansimante.
“Sei venuto a usarmi?”
“Sì”
“Allora vuol dire che sono la tua puttana?”
“Sì, penso di sì”
“Fottimi ancora, allora”
E, non essendo mai uscito dalla sua figa, ricomincio lentamente, sinché
non mi torna duro e fottiamo.
Maledetto ghiaccio, maledetta neve. Comincio a soffrire di
claustrofobia.
E vengo con lei, ancora, leccandole le ascelle appena odorose, con i
suoi piedi caldi sui polpacci.
Sono entrato nel delirio.
E mi ci trovo perfettamente a mio agio.
Mi piace molto il verbo 'usare' in fatto di sesso. Nessuna donna intelligente si sente offesa nel sentirselo dire. Anzi, quelle 'particolarmente' intelligenti lo chiedono proprio.
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