Pagine

domenica 12 febbraio 2012

Effemeridi


Efelidi sulle spalle raccontano di sole e d’estate.
Seni a goccia, appena appassiti, increspati di scuri capezzoli irti, estrusi, calchi positivi, piccoli peli che sfuggono allo sguardo di chi cerca, banalmente e senza cultura di sapore, l’insieme noto. Ventre caldo, rotondo, globoso, a tratti molle, mamma mi prendi in braccio, il tuo ombelico è talvolta pubblico, la tua pancia è quasi sempre privata. Vello pubico denso, reciso sommariamente ai bordi per mere esigenza di contenimento canonico, ma non per volontà di comporre la bambola implume che ricalca stereotipi porno anonimi e altrui. Gambe tornite, la cui bellezza sensuale sfugge irridente al tempo che, cannibale, vorrebbe sterminare ogni traccia di sesso, che invece si amplifica, spicca di reni, si erige e scende sui tuoi piedi sconvolgenti di erotismo animale, memoria di sandali e sere e vuoti maschi affamati che tu hai irretito mostrando la parte per il tutto, la nudità delle dita che è nuda come saresti tutta tu se giacessi con loro, dettagli promettenti, campionario elegante, se tanto mi dà tanto, pensaci vuoto maschio da monta, pensa a ciò che stai perdendo, oppure a ciò che stai per avere, ma lasciami annusare, voglio il tuo sudore che non ha sesso, che è uguale su di me e su di te, ma su di te diventa ghiandola, secrezione, ormoni, intimità fisiologica, frattaglie sconvolgenti, sangue, sangue di donna singola ed irripetibile, che se tanta seducente beltà ci ha abituati a sillogismi che portano a profumi ed essenze, il tuo odore mi ricorda che tutto il tuo insieme prezioso, unico, entusiasmante, è fatto per l’accoppiamento animale, che non ha antipasti, né assaggi, né aromi distratti e dissimulanti, ma solo odore, di femmina in calore, di sudore, di sporcizia sfuggita allo sterminio chimico che il costume sociale impone, sporcizia superstite che diviene attrazione fatale ed in quel caso, in quel caso, io mi devo accoppiare con te, senza deroghe né indulti, né ragioni poetiche o spremute di sentimenti banali, perché devo entrare nel tuo corpo facendo aderire la parte di me che è fatta per compensare il vuoto che è in te e mi guardi e sorridi, come faresti al signore laggiù che ti chiede una cosa, ma tutto cambia e ti entro dentro annusandoti, cercando di leggere antiche mappe che solo tu e qualcun altro sapete leggere e sento che sei la porta di un mondo vastissimo di cui sono conscio di non voler sapere nulla, perché ne ho paura e tu sei schiva e restia a raccontarmi cosciente e diretta quale meschinità umana ti attanaglia e ti piega e fa di te la bestia uguale a me e io voglio fare altrettanto, voglio solo giacere con te mentre fuori il tempo promette prigioni di ghiaccio che ci limitano nelle scelte e nella libertà di vincere la claustrofobia dell’inferno che abbiamo di dentro ed allora scappiamo, scappiamo accoppiandoci e fumando droghe orientali che promettono scappatoie serene rimanendo seduti sul posto che ha incisa la nostra forma deforme e l’unica cosa banale, stupida, inutile che mi viene da dire è che sei bellissima e mi seduci disarmandomi.

Ma tu lo sai già.
E a me non rimane che leccarti le lacrime.
Sconvolto dal pensiero che quelle lacrime escono da ghiandole interne al tuo corpo.
Come i nostri irrisolvibili dolori cronici.


1 commento:

  1. oh, mica l'avevo vista la foto all'inzio, non me l'aveva caricata.
    Ma la Nica è sui 40, right?
    ps:mon capitain sai sempre cogliere le sfumature più malinconiche della realtà, ma le trasformi in poesia, tu.

    RispondiElimina