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domenica 25 novembre 2012

Il sabato della consapevolezza

Il profilarsi di un sabato sera qualunque, probabilmente noioso, sicuramente corto, di quelli da passare veloci, tracannando un paio di bicchieri di vino per poi schiantarmi su un canale turco dai bei colori non mi spaventava affatto, poichè sono permeato ed intriso di rotte e mete e, quindi, la tappa contingente non assume più il sapore essenziale di un tempo in cui erigevo il presente a risultato finale.

Ore ventidue e trentasette, nel winebar affollato mille facce note e meno note, ma poi arriva il Costa, che è come un fratello per me,  accompagnato da due improbabili bimbeminkia dall'appeal sessuale pari a quello della falciatrice del Guazzaloca, che mi invita ad un appuntamento infernale in una discoteca discarica ed io dico no, no grazie Costina del mio cuor, ma anche il Tazio ha un punto di arresto e vai tranquillo, ci sentiamo domani e lui, con la sua corte dei miracoli masticante caucciù alla fragola radioattiva, si incammina verso i paradisi artificiali promessi dalle due bambi di peluche cinese tossico che la danno via come se non fosse manco loro.

Staziono e leggo il Carlino nell'angolo dei dimenticati, che di per sè è pratica ardua in mezzo al tumulto della gioventù spensierata, quando d'incanto, materializzatasi probabilmente dal bidoncino del rusco sotto il bancone, mi si para innanzi la Siusy in tutto lo splendore della spaghettata aglio e olio versata in testa, avvolta in una ecopelliccia leopardata da cui spuntano le gambe ignude terminanti in due stivaletti del cazzo lasciati aperti, palesemente ubriaca, o drogata, o tutte e due le cose.
"Ciao bell'uomo cosa fai?" mi chiede melliflua come il Sobrepin Tosse ed io la osservo ed in un lampo il manager spietato che è in me fa due conti e si dice che una troia quella sera sarebbe un costo puro, indetraibile ed indeducibile e non inscrivibile tra i cespiti ammortizzabili e poi, considerata la ristrettezza di liquidità, sarebbe immorale destinare dei fondi alla ficcagione nel momento in cui si sacrifica la salita al paradiso londinese, fermo restando che la ficcagione, per quanto insoddisfacente, si pone sempre ad un livello superiore alla segagione e quindi, applicando le regole base del problem solving, individuo nella Siusytroia la soluzione low cost e così, nel fotogramma successivo, le sto mangiando il buco del culo sul mio letto, con lei che si dimena e gorgheggia piacere animale.

Odore, odore di genitali, di ano, di intestino, caldi e dilatati, odore di corpo, di carne, di sudore controllato, di lurido, calda pelle liscia, volgare, oscena, con quella macchia blu di una botta sulla coscia, la pelle gialla delle piante dei piedi, il muscolo scuro luccicante di saliva, la ricrescita sciatta dei peli del pube, odore, piacere, calore, le dita dei piedi nodose e robuste, la carne tremula intarsiata di rassicurante cellulite sensuale e materna, i capezzoli crespi e sparati di fuori, le sporte carnose e morbide, liquide, i capelli disposti a shangai ovunque, l'arco di schiena erotica proteso a spingere in fuori l'area sacra che cela i buchi destinati al dio cazzo, le entro dentro e mi scotto l'uccello dal calore sublime che sprigiona la sua pubblica fica gonfia di voglia animale e vengo percorso da un brivido mitragliante che mi corre dalla cappella sin sotto i coglioni e si spara nel nervo spinale e mi percuote la nuca e mi inonda il cervello ed appena è passato lo sballo iniziale, che le impasto la cula divina chiavando come un porco affamato, rivelo a me stesso, con sincera ed apprezzabile onestà intellettuale, che quella vacca schifosa, quella disprezzabile nullità esistenziale, mi provoca piaceri sì intensi da mandarmi nell'orbita esterna del pianeta Zitrone e mentre sento l'uccello scivolare nel viscido muco delizioso mi appiccico alla sua schiena palpandole le mammelle di scrofa nutrice e le mormoro all'orecchio sozzure e complimenti assai più elevati ed estesi di quanto sia l'effettiva realtà e godo dei suoi denti bianchi che spuntano dal molle sorriso e le chiedo di dirmi quanto le piaccia prendere il mio cazzo ed è un trionfo, un florilegio di semplici luride frasi piacevoli e sento il cazzo duro sino alle vertebre lombari, mentre mi rivela elementari voglie improvvise che la colgono nel vomitevole bar quando entro, la voglia di farsi chiavare davanti a tutti, mortificandoli, sferzandoli dicendo loro che è inutile, perfettamente inutile, che cerchino di chiavarla, perchè lei è adusa al massimo e non sa che farsene dei loro meschini e tristi cazzetti, perchè è la mia la Minchia Suprema che la fa godere e mentre la lascio vomitare le sue appetitose e turpi fantasie, le piazzo nel culo il Grancazzo, spingendo forte, facendola urlare di dolore e poi di piacere e l'odore, il profumo del culo aperto, l'odore di stalla e di bestia e lei mi dice che sente che viene e io la voglio schiacciare nella mortificazione e nel fango e le chiedo, le impongo, le ordino di bestemmiare quando viene e la cosa la sublima, la esalta di lercio, la arrapa da bestia e di lì a poco sgorga il porcodio vengo, ripetuto, reiterato, variato in diocane, modulato in porcamadonna, che mi soddisfa, non tanto per l'offesa sacra, che è tema avulso dal contesto e di mio nullo interesse, quanto per la perdita di ogni controllo e ciò è semplicemente sublime per la bestia che dentro di me sente l'esigenza di sfamarsi dello sfascio morale della Susy, sfascio che non proviene dal prendere mille cazzi alla volta, ma dall'abbandonare ogni ormeggio sicuro per navigare nel mare procelloso fidandosi di un capitano pazzo e forse pericoloso.

***

"Susy, tu lo sai che sono fidanzato vero?"
"Sì, con quella ragazza coi capelli ricci, giusto?"
"Sì, esatto. Te ne parlo perchè vorrei che tutto fosse chiaro, mi capisci?"
"Beh lo so da un pezzo, cos'è che deve essere chiaro?"
"Deve essere chiaro che, se a un certo momento, questo gioco dovesse farti del male, io non voglio fartene"
e mi chiedo perchè cazzo mi inerpico lungo questo inutile cammino faticoso che contiene nella sua essenza la più grande vigliaccata maschile.
"Tazio, veh che io, nonostante tutto quello che si dice in giro, che lo so eh cosa gira, non sono mica una troia che va con tutti eh. Te a me mi piaci un casino, ma son cazzi miei gestire la faccenda, per cui dormi sereno, va bene così, non ti preoccupare." e mi bacia sulla guancia ed io mi ripulisco la mente e mi dico che sì, che è un'oggettività, una concreta realtà, una precisa circostanza ed un aspetto non trascurabile il fatto che io sono, senza tema di smentita, un gran pezzo di merda.

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