Ah amisgi che numerossi mi seguite da cassa che è anche mi cassa, porchè mi cassa es tu cassa e tu cassa es mi cassa, che bella meriggiata di primavera timida ho trascorso sulle silvestri ripe del fiume porcone che scorre lontano lontano, ma poi neanche così lontano che in meno di un’orata si è là.
Che bel ritrovarsi a casa, tra gli usi e gli (s)costumi che hanno formato la mia gioventù sino alla maturità totalmente immatura di oggi, che bello questo appianamento delle differenze in chiave socialista reale che conduce alla concretizzazione dell’utopico assioma che recita che ciò che è tuo è parecchiamente mio e la ultraminchia che è mia è sicuramente di tua moglie, ma anche un po’ tua se lo vuoa e se mi vuoa, sconosciuto amico dalle invidiabili corna barocche che siedi nudo con la tua femmina di pura Carne di Sozza Suina Viziosa in Calore nuda accanto, ambedue stagionati e sfrizzolati dal morbino del mostrare l’intimo osceno e questo è esattamente il fulcrum della maestosa filosofia superiore che trascende i paradigmi ottusi della società miope, rendendo assolutamente irresistibile l’età, l’imperfezione, la cellulite, il rilassamento dei tessuti, poiché ciò che è difetto per gli standardizzati cervelli morenti è esaltante pregio per noi Eletti Sacerdoti dell’Oscena Sozzura Deviante Amorale.
Senza parole compaio dalle frasche e siedo nudo sul plaid di verde tartan accanto alla Suina Stagionata che scosta le natiche ancora candide per accogliermi accanto a sé, calando l’asciugamano che grottescamente parava sulle spalle come supposta protezione agli sguardi, ben sapendo invece dell’accentratore risultato opposto, ed io esibisco sfacciato il mio Gran Pezzo di Carne di Porco in tutta la sua scappellata dura magnificenza e un laido sorriso di lei dietro l’occhialone da sole è sintomo dell’inizio della manipolazione genitale alla quale mi dedico con vivacissima ed entusiastica passione, trafficando tra quelle molli cosce a ravanar il plissettato pube nudo, caldo e tenero, mentre il Ramificato Consorte traffica sul suo patetico pisellino rinsecchito e le danze anonime travolgono i sensi, con l’acqua porcona che gorgoglia, la ficona sudante che sciacquetta, la manina strizzante la minchiona ultraterrena e il maritone sbavante da ogni poro conosciuto e sconosciuto.
Bello, superbo e divino sentir l’anticata mano porca che fa appassionata sega esperta mentre il mio occhio cade sulle tozze ditina dei piedi e la mia bocca guadagna la suzione di quei ditali di carne induriti come marmo che svettano sui seni candidi e molli e il grugnir di blasfemi apprezzamenti reciproci al limite della bestemmia ci infoia e ci imbestia, conducendoci a un incollaggio epidermico sensuale, contrapposto dall’armeggiar veloce di duro cazzo e aperta fica, sotto gli occhi estasiati del Fortunato Cornuto che, superata la timidezza iniziale, allunga la pargoletta mano accanto a quella della Puttanissima Consorte per saggiare la consistenza di Mastro Tarello allo stato Ultrasolido.
Bello. Belli il veto e la regola dettati da Madame Sozzona: no lingua, no baci, no leccate di sessi, ma solo manipolazione epilettica e allora che manipolazione epilettica sia, mia Vacca Sozzissima, ancorché codesto armeggiar sguaiato e sapiente mi conduce allo schizzo sborrone di lì a poco, schizzo sborrone che irrora le sue cellulitiche e divine cosce e anche il ginocchio rinsecchito del Corneo Marito stabulante in posizione troppo vicina per evitarlo.
Sono a casa, maestosa casa, sublime casa che mi disintossica di tante torbide pene d’oltre cortina, dove il sesso mercenario è zeppo di perfette forme, ma intriso soprattutto di sbiadite essenze e sono esaltato, compiaciuto, strabiliato da tanta crudeltà sessuale, carne frolla d’uso pubblico che saluto alzandomi senza nemmeno tante cerimonie, ritornando nel fittizio del boschizio per poi dileguarmi tra le gelide frasche che par che butti a piovere ed io ho una serata davanti a me, da condividere con amici porci e depravati nella blasonata Domiziopoli, patria del rotacismo erotico. Casa.
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