Pagine

Visualizzazione post con etichetta emorroidi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta emorroidi. Mostra tutti i post

martedì 7 marzo 2017

Osessione insensata

Seduti all’OqN (Osteria quella Nuova) mi inzuppo di Brachetto ascoltando due esseri che blaterano tristi ed affranti sulle loro disgrazie amorose. L’uno, il Max, incapace di drizzare la barra del timone di una barca nuziale destinata a schiantarsi sugli scogli, l’altro, il Sa-aaarti, tentennante sul riallacciare i rapporti con una Antonella santa&puttana che gli lancia una dubbia gomena a mare.
Mi rivedo, ancor più idiota, mentre nuoto affannato dietro al turbotraghetto sei piani con a bordo la Schizza che naviga lesta verso mari caldi del sud.

Mi chiedo perché l’uno, il Max, anziché affannarsi al timone non si tuffi raggiungendo la riva prima del naufragio, magari seguito dall’altro, il Sa-aaarti che , anziché afferrare quella gomena marcia non segua l’amico, direzione la sabbia, un mojito e una canna di panama red.
Mi chiedo anche perché io, il Tazietti, non ho smesso prima di nuotare dietro al turbotraghetto a sei piani, ma nel mentre mi prende un dolorino allo stomaco.

Da cui deduco che anche loro siano afflitti da ulcere all’anima di non facile guarigione.
Saremo noi italiani?
Provincialotti al punto che il rapporto di coppia assume la foggia di un pilastro inamovibile (ma perché?) tolto il quale, o crollato il quale, la nostra identità personale ne esce mutilata ed incompleta, per indecifrabili algoritimi illogici?
Sarà l’aria?
Sarà l’acqua?
Sarà la gara delle colpe in cui siamo maestri?

Sta di fatto che no.
Non diventiamo “peggiori” senza quella donna che tanto sollazzo fisico e morale ci dava, no.
L’amore per una donna è sovrastimato, deformato, pericoloso,  insussitente.
E’ una dolce frivolezza che allieta le giornate, ma mai l’esistenza, è un supplemento gratuito che ci dona serenità temporanea e noi uomini, per uno strano incantesimo infantile, pretendiamo la replicabilità eterna di una cosa che ci vede cambiare anche noi, giorno per giorno.

E non mi si foderi lo scroto dicendomi che ogni giorno l’amore muta in qualcosa di diverso e sempre nuovo, perché noi è l’innamoramento che vogliamo, non l’amore mutevole al mutare (yawn).
E quando finisce tutto, ripensiamo all’innamoramento e, giustamente, soffriamo.
Brachetto, oste della malora, Brachetto.

Sì.

giovedì 15 settembre 2016

Stalker

Se io dico una cosa, no, non intendevo ciò che ho detto. O meglio, lo intendevo se la Concia è d’accordo, viceversa sono guardato con lo sguardo di “poverino, su, su, che vedrai che la disfunzione cerebrale guarisce e torni a dire cose assennate”.
E io mi spezzo un po’ il coglione, che lo sapete che sono tendenzialmente calmo e meditativo, ma quando sopraggiunge il lontanissimo limite sbotto con un “perbacco”.
D’altra parte, chi pare avere una mente sanissima e una pazienza sconfinata (con me) fatica ad intendere che       questo non-rapporto non può evolvere in un non-rapporto2.0, ma può solo regredire in un non-rapporto0.0 e che io, dal mio cinquanta per cento di compartecipazione, sono proprio a zero, nada, nisba, niet, ciao.

Che due coglioni, di cui uno spezzato.
Mi smazzo una giornata dimmerda qui nel capoluogo di provincia taziale e poi guido come uno sherpa sino a Taziopoli e poi entro nella tazhaus e squilla il parlafonofissile (che lei lo sa a che ora ci sono, cazzomerda se lo sa) e lì mi squaglio, mi demolecolarizzo, sublimo in un fumo acre e verdastro subendomi ore di telefonata inutile perché anche se lei è convinta che siamo ancora assieme, io sono convinto che invece no, ed è un bel problema ragazùa.
Perché, contrariamente a qualsiasi buonsenso, lei crede che parlando e parlando e parlando e parlando io mi convinca del contrario.

Ma da oggi quindici di settembre del duemilasedici, la tazioclasse è finita e la taziodisponibilità esaurita, tant’è che le ho messaggiato testè che se non la fa bastevole sin qui, io ho i messaggi e le registrazioni (e come si fanno? Boh) e la querelo per stalking.

Fine.
Evaffanculoporcamerda.

No?

venerdì 15 maggio 2015

Il pranzo della merda

Che bel pranzo.
Un essere dalla testa rasata, grosso come due esseri dalla testa rasata, ingolla una minestra in brodo rovente senza nemmeno alzare gli occhi dal piatto. Un ex guascone ex simpatico e ex cazzaro dall’ex cuore buono, trasformatosi oggi in un odioso roditore bullo e cafone dal cuore di merda, pontifica in una lingua extraterrestre attorno a questioni di quattrini che (ma pensa un po’) sono anche (soprattutto aggiungerei a ragion veduta) i miei quattrini. Con una pseudo padronanza imprenditoriale, resa agghiacciante dalla oceanica ignoranza da ritardato al midollo, prospetta con sicumera grottesca scenari “astuti” che sono, a dir poco, di una assurdità apocalittica ed aggiunge, come non bastasse, dei “dranguill Taz dà ret al Costa” che mi mettono freddo alla schiena.
Siede di traverso, non mangia, martoria uno stuzzicadenti a bocca aperta guardandomi da faina drogata (secondo me ha pippato una riga di troppo) in attesa di un mio esteso consenso.

“Non lo so, ho bisogno di pensare” riesco a dire solamente.

Ma questo viene interpretato come un’esortazione a procedere nel convincimento e la dissennata litania si propaga ancora, mentre l’essere doppio mangia qualsiasi cosa, occhi fissi nel piatto, zero parole, atteggiandosi da duro ritardato (la parte uno gli richiede più impegno della due) che accompagna il “capo” a far visita allo “stronzo che crea casini”, come se io quella testa di cazzo rancida del Vosco non lo conoscessi bene.

“Supponiamo che io non ci stia” – azzardo a secco mentre il Chiar.mo Prof. Costa era all’apice dell’orgasmo dell’astuzia economico-finanziaria.
 “Come non gi shtai?” – chiede l’amadriade minchiocefala.  “Non ci sto vuole dire questo: non mi interessa lo sviluppo che prospetti, non intralcio di sicuro, ma voglio indietro la mia parte corretta opportunamente di alcuni fattori di cui si parlerà al momento opportuno. Ecco cosa vuole dire che io non ci sto.”

Panorama reattivo vasto: dalla pacca sulla spalla con sorrisone amicale, alla risata isterica, alla serietà improvvisa, all’incazzatura mal celata (momento in cui testa pelata alza gli occhi dalla quinta mela che mangiava per fissarmi afasico) alla minaccia neanche tanto velata, al rinfaccio, alla repentina alzata in piedi con lancio di luride banconote stropicciate sul tavolo (bastava pagasse il conto, mica occorreva facesse una OPA su BNP Paribas) e abbandono dell’allegro consesso con frasi da film:  “Bellomio te lo gonziglio da amigo di pensare acciò che avvuoi fare, fitati. Ci ai una zettiman che io me ne scendo quacchecionn ciù e quant tonn ci vediamo LAH’ a PRACA e non QUAH, che è LAH’ A PRAC che è il lavorare e  i solt che calcola che li facc io anche pettè, ricottatelo. Ci vediamo allo sposalizio dommani stammibbene.”
Molto Quentin Tarantino de noantri devo dire.
Poi parte con la Yukon guidata da due uomini con la testa rasata al posto di guida.

E lo sapevo io che era troppo bello, qui, perché potesse durare. Troppo.
Vabbè, calma. Che piove ed è un attimo scivolare.

Arrivano i mostri

E’ arrivato.
E’ arrivato col lacchè Vosco, con cui si alterna alla guida. E domani alle sedici parte per tornare nei paesi bassi. Me lo dice tra il rotto il cazzo e quello che ha i coglioni rotti con me. Poi comanda il pranzo, io, lui e il Vosco, ma non alla Solita. A una trattoria di Fecazzone che così si parla di “biznes”.
Mi sento male, ho orridi presagi.
Parto.

lunedì 11 maggio 2015

Spiegatemelo bene voi, perché io non ci capisco veramente un gran cazzo

Venerdì sera.

Arriva l’ora X, ci troviamo direttamente al restorànt de clas individuato dal Tazietti, io sono bello molto più di Adone, lei è giù da guerra che rimango con la mandibola pendula, ci sediamo, ha-ha-ha, he-he-he, clima rilassato, caldo, flirt che continua signorile e persino d’altri tempi, con un Tazio Cavaliere che mi mancava solo il cavallo animale a far compagnia a quello dei pantaloni e una Maggie Gran Dama che sensuale tinge di sfumature accattivanti la conversazione. Poi antipasto delizioso, si cena all’aperto, ma in un angolo intimo, bevendo Vedova, si affronta il meraviglioso primo, si chiacchiera morbidi, poi lei si accende la trentaseiesima sigaretta sotto il bersò e, mentre io le carezzo le dita in segno di disarmata devozione, l’Avvocatessa si fa seria e procede monocorde alla lettura della scrittura privata tra le parti alla quale io avrei dovuto apporre la mia firma. Inenarrabili punti intervallati da incisi interminabili in cui viene ribadito un concetto cardine affiancato da una complessa ontologia tassonomica di sottoconcetti paracardinizi, riassumibili (in molto meno dei trentatre minuti che l’Avvocatessa ha impegnato) in un: tutta questa corte mi imbarazza e non la capisco, io non ci sono abituata, non vorrei che ti fossi messo in testa cose affrettate, sei interessante, sì lo ammetto, ma dobbiamo conoscerci mooooolto bene e per conoscere moooooolto bene una persona io ci metto tanto, tanto, tanto, tempo.

Tempismo e location perfetti, with compliments. 
E’ così che funziona, infatti: si flirta, si accetta la cena importante (non era certo una pizza ignorante, credetemi), ci si va tirate come una scalda cazzi da premier league, si sorseggia champagne al lumino di candela sotto il bersò, avvolti dalla nube tabagica e poi, d’improvviso, senza alcun motivo, si strizzano nervosamente gli occhietti incorniciati dalle borse nicotiniche per procedere solerti a congelare tutto con un manualetto triste di regole per il disuso fondate sulla lenta conoscenza reciproca, che hanno un effetto dirompente sul mio scroto che deflagra e le dico, con un sorriso plastico vicino alla paralisi da ischemia cerebrale, che mi trovo d’accordo come nemmeno si immagina e che, proprio per il mio assoluto ed incondizionato allineamento alla questione così opportunamente, elegantemente e cordialmente  introdotta, propongo di interrompere la cena in quel momento preciso ed esatto, sbattendocene del secondo, proprio per non affastellare in troppo breve tempo la conoscenza, disintegrando (come giustamente segnalato) l’imbarazzante, inusuale ed incomprensibile flirt, per riposizionare i nostro probabile quasi rapporto lungo più chiare “Norme transitorie in materia di rapporti interpersonali” e la aiuto velocissimo ad indossare l’elegante giacca color corda e mi reco a razzo alla cassa a saldare il conto, lasciandola come una minchia di sale a pormi ridicoli e falsi quesiti del tipo “Mi spieghi perché ti sei incazzato adesso?” come a dire “mi spieghi come mai, tra I TUOI trentaduemila atteggiamenti incomprensibili e stupidi ora c’è ANCHE l’incazzatura?”

Gradirei un vostro commento per comprendere.
Ho finito i vaffanculo e anche tutte le bestemmie multilingua che conosco a menadito.
Pazzesco.

lunedì 9 dicembre 2013

Uno solo, grazie.

Il uainzbarz è un autentico calderone di cassoela stagionatella (ma ben tenuta) che spesso procede senza pastoie burocratiche e accorcia significativamente il tempo della pratica.
Certo, ciò che dalla televendita appare un affarone poi affarone in senso buono non è, diventando un affarone pesantissimo da gestire.

La Marti siede al banco col jeans strizzatutto e il sandalo portato a pelle, sgranozza delle porcherie e beve uno Chardonnay offerto da me medisimo.

E si conversa di quanto la bella figa meditante sia conscia che il fatto di avere quarantatre anni blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah di essere separata da maggio  blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah per colpa di quello stronzo  blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah perchè è un gran bastardo capisci  blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah, possa generare una certa noia nell'interlocutore, ma non lo fa apposta, se ne duole, ma anche il fatto di avere quarantatre anni blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah di essere separata da maggio  blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah per colpa di quello stronzo  blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah perchè è un gran bastardo capisci  blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah, fa parte della sua vita e se questo fosse motivo di una rottura tra di noi le spiacerebbe davvero, ma davvero tantissimo.

Alt.
Momento.
Rottura tra noi.
Mi si gela il prepuzio e procedo serrato con una richiesta di informazione.

"Scusa, Marti, non ho capito: rottura tra te e chi?"
Sguardo della morte, pallore isterico, silenzio di tomba.
"Sei stronzo, io sto parlando seriamente. Io sono qui che ti parlo e spiego blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blahblah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah  blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blahblah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blahblah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah  blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blahblah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blahblah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blahblah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah  blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blahblah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blahblah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blahblah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah  blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blahblah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah e tu fai lo stronzo"

E poi ho provato un dolore, un dolore vero, avvolto di dispiacere e rammarico.
Veder andare via quei sandali portati a pelle non è stato facile, no.
Cameriera, Chardonnay.
No, uno solo grazie.
Dolore passato, grazie a Dio.