Raphaèl transita dalla Sala del Tè al Salone Principale con in mano un
vassoio con tre bicchieri di champagne, destinati alle Musiciste in pausa. Lo
fermo e dico che lo porto io, come succede nella commedia americana anni
cinquanta. Ed entro con un motivo serio nel Salone Principale dove Milly sta
ancora mettendo a loro agio i Nuovi Arrivati.
Lo appoggio sul pianoforte, sorridente come si conviene ad uno stupendo
esemplare di maschio par mio.
Porgo i bicchieri a ciascuna delle Maestre e approfitto dell’occasione
per approcciare la Violinista.
Facile approfittarne, d’altro canto: le altre due, quando sono in
pausa, si barricano dietro al pianoforte, interponendolo tra gli occhi del Salone
e i loro corpi nudi.
Accenno a un brindisi, ricambiato. La Violinista ha il sorriso sozzo ed
anche lo sguardo, ma stasera quest’ultimo è di difficile individuazione,
considerata la benda di organza.
“E’ difficile suonare con
quella?” chiedo per rompere gli indugi.
“No. Ci si vede bene attraverso e
poi io riuscirei a suonare anche ad occhi chiusi” mi risponde lenta.
La guardo. Mi guarda che la guardo.
Mi incuriosisce quell’importante tatuaggio rotondo sotto l’ombelico,
con quei segni interni strani, diversi dallo stile dei classici tatuaggi.
“Bello quel disegno” – dico mentendo,
accennando con lo sguardo al cerchio – “ha
qualche significato preciso?”
Si accarezza la pancia nel punto in cui è tatuata, la massaggia, la
strizza appena e mi risponde.
“E’ un simbolo azteco
propiziatorio della fertilità femminile” mi risponde massaggiandosi erotica,
con la bocca appena piegata a sorrisino lercio.
E io mi distraggo solo una frazione di secondo, frazione in cui resto
stupefatto a considerare l’immane quantità di troiate che dicono i tatuatori,
che per quante mila ne dicano, tanti mila più uno che se le bevono ne trovano.
“Propiziatorio della fertilità…”
- ripeto, avvertendo un fremito al frenulo – “…e tu sei molto fertile quindi?” - insisto, indagando su quel tema per
me molto erotico.
Beve un sorso di champagne, sorride e poi sussurra lenta, alzando il
mento equino a segno non verbale di essere perfettamente in grado di reggere il
flirt.
“Molto fertile… sono anche in piena
ovulazione, ora …“ e trovo la conversazione sublime.
Mi avvicino al suo orecchio. Voglio non lasciare alcun dubbio su di me.
“Sei molto bella… molto sexy…”
– inizio con un filo di voce nell’orecchio destro che lei mi porge come fosse
una scodella nella quale dovessero gocciolare le mie parole – “…i tuoi piedi sono stupendi e mi seducono…” – informazione che ritengo essenziale fornire sin da subito per
non generare confusione - “…però, se mi è
consentito e vorrai accettare un mio consiglio, io questa” – ed alla parola
‘questa’ scorro il dito sulla strisciolina di peli neri del pube, scorrimento
che la induce istintivamente a spingere appena indietro il sedere per sottrarsi
allo scorrimento medesimo – “…la eliminerei.
Ce l’hai bella, perché distrarre gli sguardi con ornamenti inutili?”
Bagliore di denti bianchi
scoperti dal sorriso debosciato. Mi guarda riprendere la posizione frontale che
avevo abbandonato per far gocciolare le mie parole nella scodella auricolare.
“Dobbiamo ricominciare ora…” dice
prendendo archetto e strumento, senza perdere la piega sozza della bocca.
“Ti tengo d’occhio…” le dico
sorridente, arretrando di un passo con la mano sinistra in tasca, mentre con l’indice
e il medio della destra indico i miei occhi e poi, con il solo indice, punto lei,
con un piglio molto Bruce Willis, che sdrammatizza col ridicolo, fa ridere e
pensare “che simpatico figlio di puttana
porco laido puttaniere che mi vuole scopare” che quando una donna lo pensa di
te, tu sei già col naso a dieci centimetri dal suo sacro buco.
E lei ride, ottimo segno, e porta alla spalla il violino, continuando a
guardarmi laidamente sorridente.
Che bel flirt.
Non mi rimane che tenerla d’occhio, a questo punto.
Me lo dico come se ce ne fosse bisogno.
Cavalla erotica.
Già.
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