Passo la pausa pranzo al telefono col Loca, che lui e la ciurma, composta dai soliti guasconi, mi sono a Bari per un servizio. Sicché dai che ti ridai mi si fanno le due e mezzo che mi arriva l'appuntamento, chiudo coi guasconi e prendo rapido un caffettino placa fame e poi il personaggio arriva, ci sediamo, altro caffè, vai di menate e mi si fanno le tre e tre quarti. Poi il personaggio schioda che c'aveva daffà e io finalmente posso ingurgitare qualcosa, che ieri sera sono andato di panino aeroportuale britannico che non ve lo racconto nemmeno. Faccio ciao ciao con la manina alla Betta e scendo e quando sono all'ultimo scalino mi ricordo che è oggi è il cazzo di lunedì del cazzo e il cazzo di Bar Centrale del cazzo è cazzo chiuso cazzo, cazzosissimamente chiuso, chiusissimamente cazzo.
Per cui, volente o nolente, anziché girare a destra giro a sinistra ed imbocco la porta di quell'allevamento industriale di salmonella e coli fecali che è il Vomit Paradise Lounge della Sozza Siusy, in arte LaBaristadallatettalunga.
Per ragioni varie da parte mia e per ragioni precise del Costa e della Ciurma, qui al Vomit Paradise Lounge non ci siamo praticamente venuti più. Però io con lei non c'ho nessuno scazzo e quindi, essendo cliente pagante, accedo con la spensieratezza leggiadra di una scorreggia mollata nel vento dei Caraibi.
"Chi non muore si rivede" esordisce la putrida donzella da dietro al banco.
"Mogli e buoi dei paesi tuoi" rispondo tentando con fatica di parificarmi al livello culturale di cui è intriso quel piacevole bistrot.
"Come stai?" le chiedo accoccolandomi sullo sgabello fuori linea banco, vicino alla porticina di legno d'entrata e uscita del medesimo, afferrando il Resto del Carlino e cominciando una squadratura sommaria della bovina laida che, al di là, sculava mammifera servendo caffè.
"Ah io bene eh! Sempre bene qua! Tu piuttosto? Ti sei sposato?" e ride cogliona, ignara del pericolo reale di recisione dei capezzoli, dato il bel lunedì che c'ho.
Poi i ratti seduti al banco escono per infilare nuovamente la condotta fognaria da cui erano usciti e la Mucca arriva da me asciugandosi le mani con un putrefatto asciughino di color isabellino, che pare sia la tinta ufficiale lì dentro.
Ai piedi infradito da bancarella color malva con stampati dei fiorellini microscopici sulle bretelline di plastica lucida, hot pants di jeans tagliati in casa da cui escono le tasche, canottierina gialla con spalline a filo e budella di panza che esce dal bordo di sotto della canottiera per andare a fagocitare, come un novello Blob, la cintura dei pantaloncini hand made (cut). Lurida, putrida, dozzinale, sciatta e mortalmente attraente.
Soppeso qualche embrione di pensiero, rallegrandomi con me stesso che qualche forma di schifosa vita è ancora presente nelle matasse di inutili dendriti del mio sistema nervoso.
"Mi metti su un toast?" le chiedo smorzando qualsiasi esordio pseudosmart della brachicefala, la quale si arresta, scimmiotta un dietro front parodiato, squittendo stridula un patetico "agli ordini!" per andare ad immergersi nel lurido banco da cui pesca l'arma batteriologica che bramavo per pranzo.
"Da bere?" - "Birrino" e lei comincia a spinare, sbilanciando il peso sulla gamba destra, con conseguente estroflessione dell'anca che comporta una invero gradevole asimmetria destra del sensuale culo maiale a chiappa lunga, facendolo diventare ancor più interessante grazie alla curvatura concava della schiena dovuta alla spinta in avanti della pancia suina, mentre nel contempo la gamba sinistra si ripiega appena, appoggiandosi alla destra ed il piede (il superbo piede, vorrei ricordarlo) scivola fuori dalla dozzinale infradito inguardabile, per posare le dita (le superbe dita, vorrei ricordarlo nuovamente) dalle lunghe unghie smaltate di un bel rosso scarlatto brillante, steso certamente di recente, sul bordo della ciabattina cinese, cinese nella più deprimente delle accezioni.
Ripiego il Carlino e odo levarsi dagli anfratti cavernosi dell'inospitale steppa del pianeta Urethron un roco grido della Bestia, del possente Taziosaurus Rex, provandone io stesso paura. Ma anche sorridendo sollevato, poiché la Creatura è viva ed è qui con me. Considero, nel contempo, che oggi è lunedì e alla Casa ci si va di martedì, perché di lunedì non ci si è mai andati alla Casa e mentre riverso sui miei neuroni indolenziti questi saggi spunti di riflessione, la osservo che incede verso di me col birrino in mano, birrino scortato posteriormente da due sporte vuote di carne sessuale dondolante che mi generano un istante di commozione.
Si ferma e lo appoggia su uno strapuntino d'acciaio vicino alla macchina del caffè e io traccio un quadro d'unione ultrarapido, un MiniBridge che mi collega diversi oggetti del desiderio torbido: pelle abbronzata, sudore, sporte, cula, piedi, smalto, cavigliera, puttana carnivora cannibale insaziabile e, mentre Wagner infuria nel mio cervello, le agguanto una tettazza impastandone la mollezza casearia, mormorando con tono da maniaco sessuale "A che ora stacchi stasera?" con l'occhio spermatozoico ed un accenno di bava sulle labbra.
Sortisco un sorriso più lercio della discarica di Malagrotta e, mentre inattendibili ed improbabili tentativi di allontanarmi dal suo petto da zoccola si susseguivano molli ed inutili, la voce sibilante mi comunicava, con le esce scesciuali "Lo sciai, eshco alla sciolita ora, alle otto e mezza che chiudo". Mi affretto a sganciare la presa causa avventore e le dico "Allora aspettami qua davanti che andiamo a mangiare assieme" e provo un inturgidimento della minchia che mi ridona il buonumore, perché stasera io non c'ho bisogno di raffinati merletti erotici, io c'ho bisogno della maiala porcazza sporca e puzzolente che mi fa entrare in tutti i suoi deliziosi viscidi buchi maleodoranti per donarmi il sommo piacere della depravazione laida e antigienica.
Trangugio il toast, scolo il birrino, chiedo quant'è, mi risponde "a posto", chiedo sommesso se siamo d'accordo, mi strizza l'occhio sorridendo ed esco felice, felice di aver ritrovato gli antichi sapori delle tradizioni proletarie da recuperare.
Ha!
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